domenica 10 aprile 2022

DOPO LA SCIENZA LA STORIA

 

La prima credenza che questa distopia del terzo millennio ha annichilito e’ stata, come abbiamo visto nel precedente articolo, quella sulla scienza, in particolare una branca della scienza : la medicina! Una pratica, la medicina, con nulla di veramente scientifico,  dedotta dal referente di un corpo morto (cadavere) e  sviluppata su di una prassi sintomatologica  iper riduttiva e di una casualita’ tra dolore e rimedio ,assolutamente presupponente. Purtuttavia una simile forzatura negli ultimi secoli e’ assurta a quasi unica responsabile di diffusore di paura, fondata proprio su di questa supposta relazione tra sintomo e farmaco e quindi strumento privilegiato del potere per asservire un numero sempre maggiore di masse. Purtroppo la medicina che e' andata sempre piu’, a colpi di corruttela e menzogne a coprire la quasi totalita’ degli interessi di tale categoria di persone, si e’ identificata con la parola scienza in termini direi totalizzanti, avallati  anche da determinate teorie, ipocrite e scellerate, tipo ad esempio quella di Popper il cui impianto teorico di una pseudo societa’ aperta, falsamente libera e uguale, in nome di un unico valore di scambio fondato sul denaro e diffuso tramite ipertecnologia e paura , e’ stato preso a modello da uno di questi magnati oligarchi George Soros, per tradurre in pratica il progetto di un mondo asservito ai voleri di pochissimi. E’ proprio questa scienza di Popper e anche di Soros e di quelli come lui i vari Schwab, Gates, Rorschild Rockfeller, e’ servita come scusa per cercare di  ridurre in servitu’ l’umanita’e di cui la medicina ne ha costituito la struttura portante, che ha nel giro di pochissimo tempo letteralmente polverizzato la credenza che essa ne fosse invece al servizio. Ovviamente questa distruzione di credenze resta  appannaggio di pochi pochissimi in grado di conservare ragione e obiettivita’, perche’ purtroppo il grosso dell’ umanita’ si e’ lasciato irretire dai due strumenti sopracitati (paura e ipertecnologia) con l’aggiunta del piu’ totale asservimento dei mass media alle forze del potere che, non da oggi ,hanno cominciato a stravolgere la realta’ per farne solo un mezzo di propaganda;  eh gia’ perche’ non e’ con questa pagliacciata di pandemia tutta inventata prima e di guerra poi, che i cosidetti mass media puntano ad una unica verita’ ,quella da loro costruita senza possibilita’ di dissenso: vi e’ sottesa tutta una nuova modalita’ di intendere i rapporti tra uomo e mondo, che rappresenta un qualcosa che piu ‘ che inverare il netto contrario del vecchio assioma di Hegel “Cio’ che e’ reale e’ razionale e cio’ che e’ razionale e’ reale “, ovvero sostituire al razionale l’irrazionale, che e’ diventato in un terzo passaggio  “cio’ che e’ menzogna e’ reale e cio’ che reale e’ una menzogna.” Ecco cosi’ pervenire alla ribalta della seconda delle grandi credenze che questi ultimi due anni hanno sottoposto ad accelerata erosione, un qualcosa che anche esse comincia con la lettera “ S”  : la Storia. Per carita’ sono piu’ di due secoli che si discute sulla “fine “ della storia e proprio un filosofo di cui avevamo fatto cenno per la Scienza, va ad assumere una rilevanza invero fondamentale: Stiamo parlando di Giorgio Hegel , universalmente riconosciuto come il filosofo della Storia, o anche dello Spirito, dove si puo’ anche coniugare i due termini identificando la Storia come Spirito che contiene nei suoi significanti semantici anche quello della “Fine - ”Spirito o Fine“ della storia, una idea che comincia da Hegel, quindi e viene ripresa da parecchi in verie correzioni soprattutto  Kojeve’  che si era soffermato su  quell’immagine di Hegel e Napoleone a Jena, che in verita’ a mio parere rappresenta anche quella particolare tendenza di conclamati geni di rimanere  suggestionati da cose di poco conto, palesemente  banali , quando non addirittura false; 
già ma è proprio con Kojeve che sono e’ costretti ad approfondire significato e soprattutto significante di quella parola “Spirito”: La battaglia di Jena segna per Hegel una sorta di trionfo degli ideali della Rivoluzione francese, preludio dell’imminente formazione dello «Stato universale e omogeneo» prima ancora che Marx venisse ovviamente percorrendo il solco della dialettica Hegeliana, desse consistenza scientifica (cosidetta scientifica)  all’emancipazione delle masse a livello globale e di assoluta necessità. Se difatti  la Storia è la progressiva soddisfazione del desiderio di riconoscimento, quando l’intera umanità sarà riunita sotto uno Stato garante dei principi di legalità e libertà non resterà altro che rendere universale tale  assioma ovvero dare pratica concretezza ad una concezione unitaria di tutti i popoli, contrassegnato dal diffondersi globalizzato delle norme giuridiche e dall’omologazione degli stili di vita, ridotti ad uno standard che può essere inteso sia come dittatura del proletariato,  sia anche come  “american way of life  ovvero uno standard che è comune sia al comunismo che al liberismo cioè al capitalismo consumista , disvelando una sorta di omonomia . Una  «storia degli effetti»  quella suggerita da Kojève attraverso Hegel  che approda al fin troppo discusso La fine della storia e l’ultimo uomo di Francis Fukuyama (Rizzoli, 1992).. Il concetto di «allineare le province», estendere cioè i principi dello Stato liberale o comunista che sia, e’ questo l’obiettivo del contendere come raggiungimento di un equilibrio  fra morte e vita. Equilibrio inquieto, che si realizza con la formazione delle due figure di signore e servo. Il primo è la coscienza disposta a rischiare la propria vita. Il secondo, avvinto dalla paura per la morte, cede la propria libertà, rifiuta di mettere a repentaglio la propria via, abbandona il proprio desiderio di desiderare, accetta di cedere al signore, riconoscendogli il titolo, o il diritto, di pretendere il soddisfacimento dei propri bisogni pur di riuscire a soddisfare minimamente i propri di bisogni. Detto altrimenti, allo stato nascente, l’uomo non è mai semplicemente uomo. Sempre, necessariamente ed essenzialmente, egli è o Signore o Servo. Se la realtà umana non può generarsi se non come realtà sociale, la società non è umana – almeno alla sua origine – se non a condizione di implicare un elemento di Signoria e un elemento di Servitù, esistenze “autonome” ed esistenze “dipendenti” Quest’equilibro inquieto che è la lotta per il riconoscimento è, secondo Kojève, il motore della storia. Il desiderio di poter desiderare e il desiderio di farsi desiderare innescano e contraddistinguono il rapporto sociale.. Se non c’è desiderio non c’è azione; se non c’è azione non c’è rapporto sociale; senza scelte diverse e asimmetriche da parte delle due autocoscienze implicate non c’è conflitto. Questo conflitto è alla base della nascita della storia umana. Rinunciando a rischiare la propria vita, il servo vota la sua esistenza alle dipendenze di un signore perché accetta di accontentarsi del soddisfacimento dei propri bisogni primari; accetta di barattare, per così dire, la propria libertà con la propria sopravvivenza. Al contempo, il signore, per conservare la sua autonomia, non può uccidere l’esistenza che gli si è volontariamente asservita, ma facendo leva sulla paura della morte, induce e costringe il servo a lavorare. Il lavoro nasce perciò da un atto di violenza perpetrato dal signore sul servo e consente al primo di mantenere costantemente vivo il mezzo attraverso cui avviene il suo riconoscimento. Tuttavia, – questo è il momento cruciale, che segna un punto a favore dell’interpretazione di Kojève – nel lavoro il servo non fa altro che agire sulla natura, trasformare l’oggetto naturale in un manufatto che gli consente di guadagnare l’appagamento dei propri bisogni primari, e di assicurargli quindi la vita animale. Trasformare la cosa naturale in prodotto di un lavoro significa però rendere umana la natura. Hegel afferma che la coscienza servile sopprime il suo attaccamento all’esistenza naturale in tutti i suoi elementi particolari e isolati, sino a eliminare mediante il lavoro quest’esistenza: E lavorando, il Servo diventa signore della Natura. Ora, egli è diventato il servo del Signore solo perché – all’inizio – era servo della Natura, visto che solidarizzava con essa e si subordinava alle sue leggi accettando l’istinto di conservazione. Liberando il Servo dalla Natura, il lavoro lo libera dunque anche da se stesso, dalla natura di Servo: lo libera dal Signore. Nel Mondo naturale, dato, bruto, il Servo è schiavo del Signore. Nel mondo tecnico, trasformato dal suo lavoro, egli regna – o, almeno, regnerà un giorno – da Signore assoluto. È questa Signoria che nasce dal lavoro, dalla trasformazione progressiva del mondo dato e dell’uomo dato in questo Mondo, sarà tutt’altra cosa dalla Signoria “immediata” del Signore. Dunque, l’avvenire e la Storia non appartengono al Signore guerriero che o muore o si mantiene indefinitamente nell’identità con se stesso, bensì al Servo lavoratore. Se l’angoscia della morte, incarnata per il Servo nella persona del Signore guerriero, è la condizione sine qua non del progresso storico, è unicamente il lavoro del Servo che lo realizza e lo perfeziona. La società aperta e i suoi  nemici di Popper  che ho citato mi costringe ad ammettervi un qualche principio di effettivo riscontro, in particolare nel suo esplicarsi in pratica grazie al suo allievo Soros, ma cio' e' fonte di grandissimo disagio e mi inquieta al massimo grado  rimandandomi  anche alle geremiade intellettuali di un Guenon e di un Evola, di un Mircea Eliade di un Drieu de la Rochelle.  
Il punto è che Kojève tira fuori dalle sue elucubrazioni sulla fenomenologia dello Spirito di Hegel, un’epopea. Pensa alla lotta e al lavoro come princìpi-chiave che Hegel avrebbe estratto dalla vita per far nascere l’essere umano. La lotta e annessa vittoria del Signore la chiama antropogenesi. È l’inizio, il vero inizio della storia. Il resto è noto: il servo lavora, il signore comanda. Il servo prende confidenza con la realtà, il signore la perde. Il servo si appropria dei mezzi di produzione, impara infine a lottare e fa la rivoluzione. Stravince e fa lo Stato finale – Kojève lo chiama «universale e omogeneo», pensa a Napoleone e alla Rivoluzione Francese quando commenta Hegel, pensa a Stalin quando proietta sul contemporaneo. Pazienza per le purghe. L’obiettivo è lì, a portata di mano: cittadini tutti uguali, che si riconoscono e agiscono in base a un principio di equità. Fine della storia. Fin qui il pensiero che promana da Hegel nel quale pero’ vorrei rimarcare un abbaglio fondamentale, proprio da quell’incontro a Jena con Napoleone che rappresenterebbe lo Spirito o Fine della Storia. A mio parere siamo lontani mille anni luce dalla verita’ perche’ come si era gia’ detto a proposito della Scienza, il principio non e’ il reale, il razionale o l’irrazionale, bensì il falso, la menzogna, il recitare una parte, l’inganno e tutto lo sforzo messo in atto per perpetrare tale inganno a livello globale. Così il grandissimo filosofo Hegel non riconosce a Jena un mediocre parvenu, il generale che aveva avuto il comando di una Armata solo al prezzo di togliere una scomoda amante al piu’ influente membro del Direttorio e poi puntualmente protetto dai subalterni e piccole scaramucce fatte passare per folgoranti vittorie: Falso tutto falso e lo si rimarca dall’esito finale della prima campagna d’Italia dove appunto l’estro del giovane generale ufficialmente spicca il volo, ma dove a consuntivo l’unica a guadagnarci e’ l’Austria che annette al suo Impero la ricchissima Repubblica di Venezia, mentre la Rivoluzione rappresentata dal Gen. Bonaparte incamera solo delle effimere e ostiche Repubbliche (Cispadana, Cisalpina) che dureranno pochissimo: così non e' lo 
spirito o fine della storia il punto da analizzare, quanto la sua intrinseca essenza di bugia e di falsita’ e quella perniciosa tendenza a stravolgere la verita’ che ci fa sboccare sulla terza credenza che comincia anche essa con la lettera esse : la Scena – la scena che il potere costituito mette in atto per recitare la  parte che piu’ le conviene

 

IL RISVEGLIO DELLA RAGIONE NEL FUTURO ANTERIORE

  Io un buon libro di di saggistica lo leggo mediamente dieci quindici volte, con punte di oltre cento e magari duecento, per saggi davvero ...