martedì 25 luglio 2023

ἐνθουσιασμός IL DIO DENTRO E L'ETA' DELL'ORO

 

Al racconto della storia incentrato su eventi e personaggi, diciamo così di “azione” fa anche riscontro una pratica di rappresentazione sempre piu’ raffinata che e’ stata chiamata “techne’”,  un termine che nella accezione antica aveva pero’ un significato molto piu’ profondo e composito della mera tecnica affermatasi in eta’ dei mercanti, soprattutto con la rivoluzione industriale  (meta’ XVIII secolo) Diciamo che questa Techne’ un concentrato di abilita’ e ispirazione, che magari noi in epoca piu’ recente siamo stati abituati a chiamare “arte”,  e’ anch’essa frutto della coscienza e  in molte delle sue manifestazioni abbisogna dello specifico della scrittura che e’ uno dei piu’ appariscenti strumenti di rappresentazione di specifici aspetti del mondo  - l’epica, i generi teatrali, la poesia - che  però utilizza  anche  quello spazio lasciato vuoto dal venir meno delle voci allucinatorie degli dei, la parte destra del cervello dove tali voci avevano sede, ma dove avevano luogo  anche determinati meccanismi neuronali  tra cui avevamo fatto cenno dello stress, dell’emergenza di una situazione particolare e possiamo aggiungere anche di una sempre piu’ sviluppata intuizione, che sara’ proprio quella che dara’ adito all’insorgere della disposizione artistica. Nella organizzazione della mente bicamerale non c’era bisogno di espressione artistica, perche’ l’intuizione era tutta al servizio del recepimento delle voci degli dei, ma quando questi dei non ci sono piu’ , ecco che rimane  uno spazio vuoto da occupare con qualcosa. Un qualcosa  che magari richiama quelle voci, cerca  di farne il verso, si sforza di utilizzarne l’impianto di suggestione, di convincimento, di fascinazione e trascina con un vigore inusitato  tutta l’essenza stessa della disposizione umana. C’e’ una parola che e’ stata impiegata per descrivere tale stato, una parola in greco antico che piu’ che ad  uno stato somiglia ad un fluire di passione, un sentimento di cui alcuni piu’ che altri sembrano esserne come soggiogati ed e’  “entusiamo  ἐνθουσιασμός,  da ἐνen («in») con theós (θεός, dio) e ousía (οὐσία, essenza), il cui significato letterale e’ “avere un dio dentro”. Tutti in determinate occasioni eccezionali partecipano di questo entusiasmo, di avere questo dio dentro di se’,  ma alcuni individui ne sono piu’ investititi:  sono coloro che sono stati additati come  profeti, sibille, sciamani, stregoni, auguri e in ultima istanza come poeti, musicisti, in una parola che dovrebbe risassumere tutta questa disposizione : “artisti”  persone che in qualche modo stabiliscono una sorta di ponte tra il mondo concreto, pratico e purtroppo anche doloroso della vita cosidetta normale, ordinaria per l’individuo umano e il mondo invece della suggestione, dell’intuizione, dell’estasi proprio del riferimento a quelle antiche voci attribuite agli dei e che noi abbiamo ipotizzato potessero essere delle misteriose entita’ che in un periodo imprecisato della vita del nostro pianeta, abbiano avuto a che fare con i nostri antenati umani e li abbiano incanalati verso una specializzazione che non ha alcun riscontro tra le altre specie degli animali viventi su questo pianeta. La mia ipotesi, diversa da quella dei vari Biglino, Sitkin e non contemplata neppure  dallo stesso Jaynes che e’ lo studioso che ha scoperto l’escamotage della mente bicamerale , e’  che tali entita’ non fossero corporee, ma diciamo cosi’ solamente energetiche e avessero percio’ bisogno di trovare una corporeizzazione per mettere in atto determinate loro necessita’ (ovviamente a noi del tutto sconosciute) : da qui l’ottimo escamotage di un doppio cervello per avere assolti i compiti assegnati ai prescelti animali indigeni, uno metaforico operante per condensazione di significati, l’altro metonimico che invece funzionava per trascinamento di significanti, si da avere degli esecutori molto capaci, dotati anche di loro autonomia, ma sempre rigidamente sotto controllo. Ecco come funzionava l’eta’ dell’oro : delle entita’ sempre presenti ma  che non si vedevano, pero’ si sentivano tramite  voci allucinatorie innescate dal bisogno e dalle necessita’ sia dell’interagire con l’ambiente, sia di assolvere ai compiti assegnati;  una padronanza crescente del mondo circostante sempre pero’ regolata da queste entita’ che non commettevano errori, ma indicavano sempre la cosa migliore da farsi; una temporalita’ dilatatissima, oltre l’esperienza e presenza di ogni singolo individuo umano, ma che non riguardava le entita’  che mai nessuno aveva visto, ma che  tutti avevano udito e alla quali non era neppure concepibile non “ob-audire”; la risultanza di tutte queste componenti era un mondo estremamente regolare, ordinato,  il cui unico elemento di novita’ era il presentarsi di  una situazione non ancora contemplata dall’abitudine e dalla ripetizione, che in breve veniva assorbita e trasmessa dalle entita’ ai loro attraverso la metonimia secondo asse portante del linguaggio che in sostanza assolveva perfettamente alla funzione di un codice di trasmissione, duplice trasmissione come abbiamo avuto modo di osservare. Gli individui morivano, questo tutte le comunita’ umane se ne rendevano conto, con tutta probabilita’ avevano una vita molto simile a quella attuale, forse piu’ breve per via del fatto che le entita’ contavano su di una efficienza e su capacita’ costanti e affidabili e quindi non erano molto propense a consentire uno stracco eccessivo della persona per effetto della vecchiezza, quindi vite piu’ brevi, ma sempre contrassegnate da assoluta prestanza e nessun decadimento di qualsivoglia capacita’, ma le voci e le sensazioni innescate dalle voci, quelle non morivano, erano eterne, immortali come appunto gli dei la cui presenza era costantemente avvertita da qualsiasi soggetto umano, presenza che veniva avvertita non solo attraverso la propria formazione neuronale, ma anche ricordata attraverso quello che abbiamo esposto in merito all’arte : statue, idoli, spesso e volentieri con tratti distintivi che accentuavano il loro potere allucinatorio, quasi ipnotico : globi oculari enormemente dilatati che ancora oggi sembrano osservarci  dal loro  oramai misterioso silenzio, colori vivaci di antichi templi capaci di innescare improvvise sensazioni, maestosita’ di monumenti e forme particolari, tutte con scopi di rammemorazione o soggezione e non solo elementi esterni, ma anche musiche cadenzate, nenie, cantilene, e tutta una serie di elementi che servivano per aumentare quel potere di suggestione ed anche di soggezione  che rimaneva l’elemento base del rapporto tra entita’ e umani, ma che noi oggi possiamo solo supporre, ma assolutamente non comprendere. In proposito sulla identita’ di tali entita’ io avanzo l’ipotesi che non di viaggiatori  intergalattici dovette trattarsi, ma piuttosto di entita’ energetiche per molti versi assai simili alle stringhe della famosa teoria della fisica quantistica che negli ultimi sessant’anni, per la precisazione dalla loro prima formulazione da parte del fisico Italiano Gabriele Veneziano nel 1968, hanno infiammato il dibattito scientifico anche andando a confluire nella teoria dei multiuniversi formulata da 10 anni prima da Hugh Everett III e approfondita da eminenti studiosi negli anni successivi in particolare dal famosissimo
Stephen Hakwing, che ne ha proposto una variante assai suggestiva, rifacendosi all’integrale sui cammini di Feynmann e ipotizzandone una serie pressocche' infinita di percorsi si da produrre una inflazione  cosmologica, laddove quello che e’ successo per il big bang non farebbe che riproporsi continuamente con espansioni continue e sempre in corso, anche in questo preciso momento.  Questo perché gli effetti quantistici all’origine dell’inflazione, invece di arrestarsi, non farebbero altro che propagarsi all’infinito, innescando a cascata un’inarrestabile ramificazione di processi inflattivi in nuove regioni dell’universo e  dando così origine a una struttura  che per alcuni va equiparata ad un frattale senza fine, per altri a bolle  nella quale ciascuna “bolla” finirebbe per rappresentare un universo a sé e quindi per altri come per Hawking e suoi illustri colleghi tipo  Hertog,Greene, il ricorso alle stringhe,  evolutesi in anni piu’ recenti in superstringhe che in quanto fonti energetiche  potrebbero essere aggregate a membrane 3 D (o più) immerse in uno spazio molto più ampio (iperspazio) laddove ogni  membrana è un universo distinto. Un vero e proprio multiuniverso, dunque, nel quale il nostro particolare universo non sarebbe altro che una bolla, una stringa, una super stringa, una membrana, nella quale, essendo l’inflazione già terminata, si sono potute formare stelle, galassie, pianeti,  esseri come noi ed  anche come quelle famose entita’ che per supersimmetria in un periodo imprecisato potrebbero anche  essersi incontrate tra loro. La straordinarieta’ della teoria di Hawking, cui per dovere va menzionato l’apporto collaborativo del collega Hertog che ha firmato assieme a lui  l’articolo dove tale teoria e’ stata proposta, sta in una sorta di limite che si cerca di porre  all’infinita’ di  questa misteriosa struttura, arrivando così a isolare un insieme circoscritto di universi possibili e alle possibilita’ di interconnessione tra di essi . Secondo la  teoria delle stringhe e delle superstringhe, le ipotesi di natura corpuscolare e ondulatoria della materia non sono alternative. A livello microscopico, la materia appare composta da particelle, in realtà aggregati di cariche energetiche. Ad una dimensione di analisi crescente, queste particelle si presentano composte da energia. Il costituente primo della materia sono stringhe  di energia che vibrano ad una determinata frequenza o lunghezza d'onda caratteristica, e che si aggregano a formare particelle. Gli infiniti universi paralleli potrebbero coesistere nello stesso continuum di dimensioni, vibrando a frequenze differenti. Il numero di dimensioni necessarie è indipendente dal numero di universi, ed è quello richiesto per definire una stringa (al momento 11 dimensioni). Questi universi potrebbero estendersi da un minimo di 4 a tutte le dimensioni in cui è definibile una stringa. Se occupano 4 dimensioni, queste sono il continuo spazio-temporale: nel nostro spazio-tempo, coesisterebbero un numero infinito o meno di universi paralleli di stringhe, che vibrano entro un range di lunghezze d'onda/frequenze caratteristico per ogni universo. Coesistendo nelle stesse nostre 4 dimensioni, tali universi sarebbero soggetti a leggi con significato fisico analogo a quelle del nostro universo. La novità di questa teoria è che gli infiniti universi non vivono in dimensioni parallele  e non necessitano di postulare l’esistenza di piu’ di 4 dimensioni di spazio-tempo, ciò che consente di definire una pluralità di universi indipendenti non è un gruppo di 4 o più dimensioni per ogni universo, ma l'intervallo di lunghezze d'onda caratteristico. L'intervallo teorico di frequenze/lunghezze d'onda per le vibrazioni di una stringa determina anche il numero finito/infinito di universi paralleli definibili. Questi sono calcoli complessi e diciamolo pure di addetti ai Super-Lavori: piu’ terra terra, sia pure con ambizioni spazio/cosmiche, noi torniamo alle nostre supposizioni di interazioni tra umani e entita’ in una accezione che strizza l’occhio a tali ipotesi, non dunque viaggiatori dello spazio con astronavi, tute e caschi, ma semplicemente stringhe di energia vibranti in un range di lunghezza d’onda caratteristico, che per una serie di ragioni del tutto incommensurabili alla nostra mente anche quella odierna, si e’ trovato in supersimmetria con la dimensione di un altro universo indipendente, ma proprio in virtu’ della sua  simmetria, comunicante. Entita’ di diverse dimensioni si sono trovati in un rapporto e da questo rapporto ne e’  promanato un periodo di lunghezza indefinita, che le piu’ antiche civilita’ hanno denominato “eta’ dell’oro” o “eta’ degli dei”   

OTTANTA ANNI da....

Questo articolo nasce come post su FB per ricordare gli ottanta anni della caduta del fascismo 25 luglio 1943 - 25 luglio 2023, un evento analizzato fino al parossismo, anche da me ovviamente che del fascismo sono sempre stato un grande appassionato, ma anche un grande detrattore: sono passati 80 anni e il nostro mondo italiano dopo una apparente ripresa e riqualificazione di immagine - (1958-1968 ) le Ferrari, il boom economico, la Fiat e Valletta, Domenico Modugno e Volare, le Olimpiadi del '60, Olivetti, il Cinema, Marzotto, Enrico Mattei, Il Gattopardo di Visconti, la breve Presidenza di Cesare Merzagora, Duilio Loi e Nino Benvenuti campioni del mondo, Gigi Rizzi che si fa Brigitte Bardot - va verso l'inesorabile degrado fino a riunirsi molto poco idealmente, con l'ignominiosa fuga dell'8 settembre 1943
( picco direi toccato nel 2021 con il governo Draghi "quello del non ti vaccini muori "o anche dello "spegni il condizionatore") Non dimentichiamo mai che se il fascismo cadde, fu per uno di noi che ci riconosciamo nel Fascismo come idea, ma non in Mussolini (Dino Grandi) che fin dal 1923 aveva capito con pochissimi altri Michele Bianchi, Ferruccio Vecchi, Ulisse Igliori e anche Italo Balbo, che Mussolini era stato e rimaneva sempre un patetico socialista desideroso solo di passare al più presto dalla parte dei padroni e disposto per questo a qualsivoglia compromesso, come d'altronde aveva ampiamente dimostrato nel 1914, vendendosi a Francesi e agli industriali dei cannoni per favorire l'innaturale e vigliacca entrata in guerra conto l'alleata Austria. Anche la fondazione dei fasci di combattimento nel 1919 ha molti lati oscuri, ma sorvoliamo valutando tutto sommato il positivo effetto indotto di salutare annichilimento delle nefande idee e prassi comuniste....insomma il sempre beneamato stornello alla "bomba c'è " della Grande Guerra : "fascisti e comunisti
giocavano a scopone la vinsero i fascisti con l'asso di bastone". Così assai spesso una creazione supera di gran lunga il suo ideatore, e vive di linfa propria non più dipendente da chi l'aveva costituita., Anzi per la verità sono altri che raccolgono il testimone per portarlo più avanti, magari alla vittoria, come succede in staffette e gare di durata automobilistica tipo la 24 ore di Le Mans. Quando questa creatura ha imboccato il vicolo cieco della cialtroneria, del conformismo, della piaggeria (vedi la sbilanciata alleanza con la Germania nazista, dopo l'ultimo sussulto dii orgoglio del dopo attentato di Dolfuss (1934), la ridicola campagna di Etiopia con quei paroloni da operetta, le inique leggi razziali del '38, la buffonata di Monaco pure nel '38 ed infine la barzelletta dell'entrata in guerra, vera e propria armata Brancaleone per terra aria e mare condita di plateali smargiassate (vincere e...vinceremo, la pugnalata alla schiena alla Francia, spezzeremo le reni alla Grecia, la campagna di Russi, il celeberrimo ",li fermeremo sul bagnasciuga") insomma non è un caso che proprio uno dei più degni portatori dell'idea giusta dell'originaria creazione, Dino Grandi, abbia detto "Basta" e unico in tutto il panorama nazionale si sia adoperato per fare terminare quella che oramai era diventata una farsa (di certo se fosse stato vivo Italo Balbo lo avrebbe fatto, come minimo due anni prima). Lo sbaglio di Grandi fu quello di non aver ben afferrato la pochezza di dignità, onore, lealtà della Corona Italiana e della assoluta mancanza di ricambio di una classe politica che altro non offriva che un panorama rimasto fermo all'ottobre 1922, Bonomi, Orlando, Sforza "ma i sunt de revenant" disse lo stesso mediocre Vittorio Emanuele III, quando gli fu presentata la lista
dei personaggi che avrebbero dovuto prendere le redini del Paese sostituendo Mussolini. La verità, quella giusta,corretta, ottimale è che si sarebbe dovuto distinguere tra Mussolinismo e Fascismo, accettarne di quest' ultimo, bene o male, una forma di eredità, memori del famoso vecchio adagio "non gettare il bambino assieme all'acqua sporca", affidare il nuovo Governo proprio a chi lo aveva Liberato dal giogo di una dittatura oramai esaurita e facente leva su elementi di prim'ordine che ancora davano lustro al fascismo, tipo Giovanni Bottai, Giacomo Acerbo, Galeazzo Ciano, Ettore Muti, Alberto Beneduce, Giovanni Gentile quindi amalgamarli con personaggi nuovi ed emergenti Giovanni Gronchi, Cesare Merzagora, Raffaele Mattioli, Enrico Cuccia, Enrico Mattei, Amintore Fanfani, Ugo La Malfa, ed anche con personaggi che in qualche modo rappresentavano un raccordo con la tradizione di un passato forse un po' troppo bruscamente interrottosi : l'antica correttezza del vecchio impero asburgico (Alcide De Gasperi), la filosofia che aveva preso distanze dal fascismo (Benedetto Croce) , una classe militare di sicuro prestigio (il Maresciallo Enrico Caviglia, che non dimentichiamolo mai, fu l'unico soldato d'Italia, la mattina del 9 settembre 1943, a non gettare alle ortiche l'uniforme e darsi alla fuga, ma presentarsi al Comando tedesco come più alto in grado presente in Roma e trattare condizioni di resa.)
Insomma ci sarebbe voluto un nuovo composito anche se variegato insieme, che certamente non sarebbe caduto nei marchiani errori e anche spregevoli portamenti che ebbero a protagonisti Re, Classe Militare e capo del Governo M.llo Badoglio (il generale che fu tra i principali responsabili della disfatta di Caporetto nel 1917, come comandante di Corpo d'armata,e della impreparazione militare delle FF.A.A. nel 1940 come Capo di Stato Maggiore Generale, ovvero il più alto incarico militare non solo dell'esercito, ma anche della Marina e dell'Aeronautica) fuggendo ignominiosamente dalla Capitale e lasciando allo sbando il Paese e le sue Forze Armate, senza ordini, disposizioni o direttive.

domenica 23 luglio 2023

IL FANTASMA DI HEGEL

Hegel e' stato detto il, filosofo dello Spirito, io ho sempre considerato un eccedente semantico della parola spirito nel senso di spettro, fantasma, quindi se  dovessi definire con una certa maggiore varieta' tale termine e  conseguentemente  il pensiero di Hegel,  direi che il suo e' un pensiero fantasmatico: egli difatti  nella Fenomenologia dello spirito, parla di coscienza, autocoscienza e ragione come parti o fasi dello spirito , laddove io le potrei anche intendere come parti fantasmatiche del tutto scollegate da una realta'. Prendiamo l’autocoscienza che non e' da lui intesa come coscienza di se stessi, ma si inserisce nel contesto sociale e quindi politico, aggiungendosi quindi alle numerose cose e conoscenze che piu' di un filosofo, pensatore, scienziato, matematico, hanno, prima e dopo di lui, posto non in noi stessi (in-sistere) ma al di fuori, all'esterno di noi (ex-sistere). Comincio' Platone col suo iperuranio o mondo delle idee, inaugurando quindi quel dualismo che ha perseguitato tutto il cammino della conoscenza occidentale (Campanella, Cartesio, Hobbes, Newton, Marx, pero' non Kant che si avvale della sua triplice critica (Ragion pura, Ragion pratica, Giudizio) per uscire da tale impasse. Per Hegel invece, quando il soggetto si confronta con gli altri da sè, entrano in gioco tutta una serie di relazioni, ma anche di conflitti, che pongono in essere il rapporto con l'altro e quindi l’esistenza delle altre autocoscienze. Da qui nasce la figura dialettica servitù-signoria, che come e' noto decretera' la fine della storia, (anche la fine puo' avere un corrispettivo nel termine Spirito) nella accezione del trionfo della prima e quasi ad inverazione della teoria delle quattro eta' del mondo di Esiodo la cui ultima eta' della storia e' appunto "quella dei servi" - Se dovessimo sempre seguire Hegel c'è un altro fattore che il filosofo pone come fine della storia, un fattore di azzeramento di tutti i contrasti in lui stimolato
dall'incontro con Napoleone dopo la battaglia di Jena nel 1806, dove appunto il fatto di non avere piu' rivali, indicherebbe nel Corso una sorta di ineluttabilita' a mò di Legge dell'entropia, degli eventi umani tendenti verso l'appianamento di ogni contrasto . Ora e' notorio quanto sia poca la mia considerazione verso Hegel: fin dai tempi del liceo non ho fatto altro che trovare la sua filosofia velleitaria, rigidamente schematica e sostanzialmente sbagliata. Anche in questo appuntino non mi smentisco - la sua fenomenologia e' di una banalita' disarmante, tra l'altro sarebbe bastato aspettare qualche mese e avrei voluto vedere come avrebbe considerato Napoleone dopo la battaglia di Eylau, per non parlare di un paio di anni dopo in Spagna.
Riguardo la supposta grandezza della funzione autocosciente umana anche qui non si può non cogliere l'infondatezza delle sue tesi . Le critiche alla “ragione strumentale” da parte di alcune correnti filosofiche, per esempio la cosiddetta Scuola di Francoforte o il “secondo” Heidegger. o quelle di certa filosofia orientale che si affida all’intuizione, al “vuoto mentale”, come nello Zen, cercando, quest’ultimo, di fare a meno della ragione nella sua totale estrinsecazione umana, in favore, come detto, di uno stato mentale che d’acchito — analogamente all’intuizione di H. Bergson — comprende le cose, per poi agire nella realtà. Tutti questi e altri approcci analoghi, solo tangenzialmente toccano la tematica specifica dell’autocoscienza, mentre riflettono direttamente sulle attività cognitive deputate, appunto, al calcolo e quindi alle strategie per risolvere problemi reali nella realtà quotidiana, essendo attive anche in assenza di autocoscienza.
A questo riguardo è molto suggestivo il libro che ho citato assai spesso e che è un pò la mia Bibbia procedurale in tema di pensiero e ragionamento “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” dello psichiatra americano Julian Jaynes che, con argomentazioni giustappunto estremamente suggestive, e per me più che convincenti, elenca tutte le funzionalità umane, la concettualizzazione, l’apprendimento di soluzioni pratiche o addirittura il pensiero stesso che possono essere operanti in assenza di autocoscienza. Anche Wilhelm Reich ha espresso considerazioni che conferiscono estrema importanza all’autocoscienza, cui attribuisce la responsabilità dell’allontanamento dalla natura degli umani non più capaci, perchè consapevoli, di abbandonarsi alla pulsazione della stessa natura. La specie umana, da circa centomila anni, non ha subito mutamenti di grande rilievo, si è stabilizzata, il chè vuol dire che un soggetto umano di centomila anni fa è sostanzialmente uguale a noi. A riguardo è interessante ricordare F. Nietzsche e l‘antropologia filosofica — M. Scheler, il Nietzsche cristiano, come diceva di lui Troeltsch e ancora Plessner e Gehlen, che invece parlavano di una natura umana ancora instabile, cioè incompleta e situata nella natura in “posizione eccentrica”, perchè il suo apparato pulsionale-istintuale, pur potente e di certo assolutamente naturale, non è rigidamente determinato come nelle altre specie. A fronte di queste caratteristiche, la capacità culturale umana, prevalentemente razionale, essendo pressochè infinita, è aperta a ogni cambiamento, funzionale o disfunzionale. L’errore, dunque, riguarderebbe l’emergere dell’autocoscienza, o meglio di quelle proprietà cognitive che rendono il soggetto capace di visualizzare se stesso, di ragionare sul suo essere in vita e sulle capacità dei suoi atti volitivi, nonchè porsi il significato del suo stare al mondo, e della sua finitezza solitamente implicato, almeno dal punto di vista storico, con concezioni trascendenti e comunque non totalmente radicate nella realtà contingente. Non è un caso che vengono considerati di derivazione umana i reperti archeologici quando essi siano segni di cerimonie o siti funerari. La consapevolezza della propria morte è caratteristica dell’autocoscienza e quindi essa viene utilizzata come fonte artistica, rituale e religiosa. Queste peculiarità cognitive aprono la strada al soggetto
cosciente di sè, quindi emerge l’individualismo e quelle tendenze dell’agireumano cui genericamente si attribuisce l’attributo
egoistico-egotistico. Il tragico dell’essere umano sta proprio in questo passaggio che implica, di fatto, lo sradicamento da quella comunità che invece gli rende possibile la vita.
Nessun umano potrebbe vivere in solitudine a partire dai primi giorni di vita. Il periodo dell’allattamento e dello svezzamento, vissuto in quasi completa eteronomia, è tra i più lunghi rispetto alle altre specie, proprio perchè ha bisogno di essere accudito strettamente dalla madre o da chi ne fa le veci. Da solo non è in grado di mantenersi in vita. Tutto questo e' stato inesorabilmente scambiato dai filosofi cultori del dualismo per una sorta di paradigma obbligato e quindi all'affermazione di una netta
distinzione tra esterno e interno nella costituzione della coscienza umana e di tutte le sue manifestazioni, e ha dato sempre luoghi a schemi, schemetti, dialettiche campate in aria, di cui forse la esternazione piu' nociva e' stata quella di una sorta di coniugazione tra Hegel e Marx che si rifannno entrambi ai principi di societa' bottegaie fondate sul denaro e con un unico valore, il valore di scambio nel commercio e nell'economia (leggi sopratutto la societa'anglosassone con il passaggio di testimone nella societa' statunitense, secondo i parametri lucidamente individuati dal filosofo e geofisico tedesco Carl Schmitt nel suo saggio Terra e Mare del 1942

mercoledì 5 luglio 2023

NON MARIO MA MARCELLO

 

Affronto questa apparentemente facezia di non volersi piu’ chiamare Mario. Un tempo ero orgogliosissimo di questo nome per il fatto che apparteneva alla persona che ho stimato e amato piu’ di tutti : Mario Nardulli nato il 25 novembre 1888 e che in quanto nipote fu dato anche a me (9 giugno 1948), ma poi avverse, anzi diciamo proprio sgradite e sgraditissime situazioni legate a personaggi che avevano questo nome hanno finito per disamorarmi delle accezioni prettamente nominalistiche  del termine. La prima disillusione era stata quando mi sono reso conto che il mio nome non era affatto quel prototipo di originalita’ che avevo creduto nell’infanzia – caso curioso nella via dove abitavo appunto nell’infanzia, via nicolo’ V, a ridosso delle Mura Vaticane e dominate dalla mole “der Cuppolone” non c’era nessuno, ma proprio nessuno che si chiamava Mario; una marea di Giuseppe, Paolo e Franco a profusione, persino piu’ di un Filippo e poi Luigi, Sergio, ma di Mario neppure l’ombra, sicche’ ricordo che nel  periodo piu’ “animistico” dell’infanzia, quando si tende a considerare tutte le manifestazioni della natura e anche del sociale, strettamente correlate a te stesso,  (il sole sta in cielo per farti giocare, il mondo e’ sotto il balcone a portata della tua mano che basta allungare per prenderlo tutto, quell’albero sta proprio la’ per farti
ombra quando sei sudato
 e hai bisogno un po’ di frescura, etc.), mio padre per premiarmi che sapevo sbrogliarmi assai bene nella lettura, mi aveva fatto l’abbonamento a Topolino a partire dall’agosto del 1952  e la cosa da allora era continuata negli anni “ecco visto che Mario oramai e’ un provetto della lettura  gli faremo questo dono “ aveva detto e la cosa era andata avanti mese dopo mese , anno dopo anno, per cui mi ero andato convincendo che la parola “som-mario” che stava sempre nella prima pagina del giornaletto,  stesse li’ in mio onore, dato che mi arrivava sempre ogni 10 e 25 del mese, appunto i giorni in cui all’epoca usciva  il Topolino da 80 lire. L’infanzia si sa, un bel giorno decide di andarsene e improvvisamente il tempo ha una accellerata vertiginosa, quel giorno che sembrava durare un’eternita’ complice quel sole che in cielo non ne voleva proprio di sapere di tramontare, di colpo se ne andava oltre la siepe, ed eccoti al buio, e  mannaggia… quella mano che un tempo sembrava proprio che riuscisse ad afferrare tutto, ora la ritraevi tutta vuota, senza niente, che magari per caso, le rimanesse appiccicato.  Proliferano i Mario appena si esce da quel piccolo paradiso terrestre che e‘ l’infanzia ( un detto da Freud, non da me)  ed io mi sento sempre piu’ pressato da questo tempo frettoloso e tiranno, e sempre in debito di quella originalita’ che era stata una mia peculiarita’ dei primi dieci, undici anni di vita. C’è Mario Monicelli il regista, e va
bene, Mario Girotti che era Terence Hill quando faceva Cerasella e non era ancora Trinita’, mentre Bud Spencer si chiamava Carlo Petersoli ed era intimo amico di mio padre che lo chiamava Carletto dato che erano stati insieme nella squadra nazionale di pallanuoto;  si insomma parecchi Mario anche vieppiu’ a scuola e persino tra gli amici, ma nessuno a demeritare,
 per cui ci poteva stare solo quella  perdita di originalita’;  certo avrei voluto chiamarmi Galvano o Lodovico, ma tutto non si puo’ avere, e quindi avevo cominciato a farci il callo a tutte queste persone che  si chiamavano come me.  Non piu’ anni, ma decenni si erano andati accavallando, senza che avessi a ritornare su tale questione; certo magari qualche insofferenza per persone che non mi piacevano granche’,  tipo un personaggio della radio che si era deformato il nome in Marione che parlava ossessivamente solo di calcio  (sia la radio sia il calcio sono cose che ho sempre aborrito) , un comico che giocava un po’ sul piano dell’assurdo  che non mi era congeniale, ma che qualcuno aveva alluso che mi somigliasse non solo per il nome e perche’ fosse un architetto come me “ma tu sei scemo “ rispondevo piccato  quello sara’ alto uno e settanta, io sono un metro e ottantasei” . insomma, ci sta messo che non tutti quelli che si chiamano come te, una volta che ne hai constatato una notevolissima diffusione, non potessero essere tutti di tuo gradimento. Si era quindi arrivati alla vecchiezza , magari non proprio estrema come quella di oggi, ma insomma bella che pronunciata:  sessantaquattro anni  2012 e chi ti nominano capo del governo ? un iper
neoliberista, euoropeista
  convinto quindi filo UE, professore alla Bocconi, legato a tutti i gruppi speculativi di alta finanza del mondo, cioe’ stante la mia ciultura, il mio punto di vista :  il peggio del peggio, sulla scia degli ultimi personaggi proposti dalla nostra politica i Prodi, i Ciampi, i Napolitano, che pero’ non si chiamavano Mario.  Ecco con quel  primo Mario a capo del governo e’ allora che il mio nome  comincia a starmi  proprio stretto.  Passano quasi dieci anni, febbraio 2021 nel pieno della piu’ grande farsa mai perpetrata in tutta la storia del genere umano ed ecco viene nominato  a capo del Governo, il rappresentante piu’ convinto di tutto quel mondo di bottegai,  di inganni, di farse ed anche di veri e propri carnefici di liberta’ …..e questo figuro si chiama …....Mario.
Ecco capite perche’ a questa seconda onta non ce l’ho fatta a resistere , tanto piu’ che oramai la mia vecchiezza si era fatta davvero estrema ( quasi 73 anni e fino a passare i 74, nel luminosissimo giorno del 21 luglio 2022 delle dimissioni
 del soggetto in questione ) e ho maturato la decisione di non chiamarmi piu’ Mario, ma cambiarlo in Marcello.  Un nome che ho sempre adorato, per via della’appartenenza all’unico attore che mi sia
sempre piaciuto e abbia anche ammirato Marcello Mastroianni, per qualche altro bel soggetto frequentato nella vita, ma soprattutto per essere il nome di mio nipote Marcello Gruia Nardulli nato il 23 febbraio 2019. Mi ha divertito l’idea di fare il contrario di quello che si fa di solito : dare il nome del nonno al nuovo nato, ebbene io faccio il netto contrario : da nonno prendo il nome del nipote: se non e’ simmetria questa , anzi direi proprio una super simmetria come quella che governa le stringhe in fisica quantistica secondo la M-Theory di Witten (1995) e che asseconda anche il famoso inconscio come insiemi infiniti dello psicoanalista cileno Ignacio Matte’ Blanco

 

sabato 1 luglio 2023

UNA DESTRA PER GLI DEI

 


Ovviamente adoro Alain De Benoist, ma a parte i suoi numerosi e sempre  interessantissimi saggi, lo scritto che qui intendo prendere in considerazione e’ un’ opera ormai piu’ che trentennale di Francesco Germinario, uno storico italiano alquanto originale e direi anche controcorrente, che  proprio sulla figura di De Benoist,  campione di una nuova cultura che  affronta i problemi della modernita’ anzi si dovrebbe meglio dire, della post modernita’ in maniera davvero esemplare, scagliandosi contro globalismo, egualitarismo e neo liberismo, ha impostato la sua analisi:   tutto uno scibile che De Benoist ed anche io, e prima di noi  Julius Evola  consideriamo  peculiare  di  una sinistra perfettamente inserita  alla tradizione giudaico cristiana, nonche’ caratteristica di una cultura e civilta’ fondata sul danaro, sul commercio e l’economia, ovvero una societa’ che ha abolito tutti i valori che un tempo le comunita’ si scambiavano in nome di un unico solo valore di scambio. Il titolo del saggio “La destra degli dei e’ quanto mai significativo proprio per l’approccio diciamo così inusitato dato alla tematica che presuppone o forse pospone una locazione degli dei (non in centro, non a sinistra, ma a destra ). In verita’ la tematica anche se con questa veste originale non e’ di nuova fattura, ma e’ perlomeno dalla meta’ degli anni sessanta  che ha proprio in De Benoist uno dei maggiori propugnatori, ha cominciato a diffondersi, prima in Francia e poi in tutta Europa  - fondazione della Nouvelle Droite – Il G.R.E.C.E. (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne è nato nel 1968 che non è un movimento politico ma una scuola di pensiero. Le attività che la contraddistinguono da ormai più di cinquant’anni 
(pubblicazione di libri e di riviste, indizione di convegni e di conferenze, organizzazione di seminari e di università estive, ecc.) si collocano sin dall’inizio in una prospettiva metapolitica. La metapolitica non è un’altra maniera di fare politica. Non ha nulla di una “strategia” mirante ad imporre un’egemonia intellettuale, né pretende squalificare altri possibili approcci o atteggiamenti. Si basa semplicemente sulla constatazione che le idee svolgono un ruolo fondamentale nelle coscienze collettive e, più in generale, nell’intera storia degli uomini. Il modo di procedere metapolitico è ancora oggi confortato da una riflessione sull’evoluzione delle società occidentali all’alba del XXI secolo. Si constata infatti, da un lato, la crescente impotenza dei partiti, dei sindacati, dei governi e dell’insieme delle forme classiche di conquista e di esercizio del potere, e, dall’altro, un’accelerata obsolescenza di tutte le linee di frattura che avevano caratterizzato la modernità, a cominciare dal tradizionale distinguo tra sinistra e destra. In un mondo in cui gli insiemi chiusi hanno ceduto il posto a reti interconnesse e i punti di riferimento si fanno sempre più vaghi, l’azione metapolitica consiste nel tentare di ridare un senso al più alto livello attraverso nuove sintesi, nello sviluppare al di fuori delle giostre politiche un modo di pensare risolutamente trasversale, ed infine nello studiare tutti gli ambiti del sapere al fine di proporre una visione del mondo coerente.
Ora De Benoist ha tra i caposaldi della sua riflessione, proprio questa definizione di  “meta politica”  e non politica o peggio  politicante, che lo porta ad radicale antiegualitarismo e una netta critica al giudeo-cristianesimo in favore del paganesimo. Secondo l’autore transalpino le ideologie affermatesi nella modernità sono “figlie” del monoteismo biblico; quindi il liberalismo, il marxismo, il nazionalismo di derivazione giacobina e illuminista, ma anche i totalitarismi che si sono affermati nel XX secolo fino ad arrivare ad un fenomeno relativamente recente, la mondializzazione capitalistica derivano dal biblismo di san Paolo e Abramo. Un altro tema ricorrente nella sterminata produzione saggistica di de Benoist, è il cosiddetto gramscismo di “destra”, per cui il filosofo francese riprende l’idea della conquista del potere culturale prima che di quello politico. Il paganesimo di de Benoist, osserva Germinario, è pertanto l’unica via che gli permette di essere a destra, in quanto, rifiutando la modernità, e vieppiu’ la post modernita’, si pone su una concezione ciclica o sferica del tempo in opposizione a quella lineare-vettoriale del progressismo e del monoteismo.
Gli dèi per de Benoist rappresentano l’opposizione all’universalismo del Dio-unico del cristianesimo e di tutto quello che ne segue. De Benoist è stato molto criticato per il “differenzialismo” che, secondo i suoi detrattori non è altro che una forma di razzismo mascherato, ma una corretta analisi del suo pensiero ovviamente condotta sempre tenendo la destra, mostra come tutta la sua concezione sia a favore del mantenimento delle tradizioni, anche quelle di accezione non precisata di cui parlava Julius Evola e non stabilisce gerarchie di cultura, religione, costumi per tutte le razze ed etnie umane, rappresentando quindi un logico e idoneo precedente di quel mondo multipolare di cui un altro grande pensatore Aleksander Dugin va sempre piu' facendosi portatore

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