venerdì 11 luglio 2025

GRECA E POLVERE

Purtroppo per noi , Generali un titinin piu’ capaci li troveremo ben presto :  appena un mese dopo,  nel fine ottobre del 1917, nella arcinota disfatta di caporetto, dove ci fu inflitta una delle piu’ sonore batoste della storia militare di ogni tempo. Nel giro di un paio di giorni l’intero Comando della 2^ armata di Capello fu letteralmente polverizzato,  con Generali di corpo d’Armata e di Divisione, in fuga, addirittura sorpresi in mutande, tanto non si erano accorti della rapidita’ dell’offensiva nemica (si disse di Cavaciocchi e di Farisoglio) ,  anche un suicidio per disperazione (Gen. Villani), oppure l’eclissarsi dal posto di comando per ore e giorni (Badoglio) - unica eccezione in tutto questo sfacelo il Gen. Caviglia che alla testa del suo XXIV Corpo d’armata  si sobbarco’ anche due divisioni e poi una terza del contiguo  XXVII Corpo  giustappunto del collega Badoglio, al totale sbando;  Caviglia non esegueguendo  pedissequamente gli ordini di Cadorna di ritirarsi per i ponti sul Tagliamento assegnati a ciascun Corpo, e neppure dirigendosi  verso Casarsa della Delizia e Codroipo, troppo distanti,   fece passare tutte le sue le truppe  per i ponti di Madrisio e Latisana che erano totalmente sgombriLa verita’ e’ che nel corso dei tre anni di conflitto, lo Stato Maggiore tedesco soprattutto ad opera dei suoi piu’ influenti generali Hindeburg, Ludendorff, Below, Krauss, Dellmsinger, per il quale non mi risulta fosse in vigore nessun “paradigma di affidabilità’ “ nel ruolino dei Generali  era andato rivalutando le tecniche difensive e offensive dei combattenti  istituendo anche le  famose Sturmtruppen che erano un po’ ma in termini ancora piu’ leggere e rapide  l’equivalente dei nostri “arditi” . Va notato che quando gli austriaci , immediatamente dopo la battaglia della Bainsizza ,  avevano chiesto aiuto ai Tedeschi Hindenburg  e il suo vice Ludendorff avevano acconsentito  a inviare
al fronte italiano  
 il generale  Krafft von Dellmensingen per un sopralluogo;  assicuratosi che il fronte dell’Isonzo non era in immediato pericolo (famoso l’episodio in cui traccio’ un cerchio dell’equivalente raggio di 10 chilometri  per asserire che stante il parco delle artiglierie, i carriaggi, i rifornimenti e tutto l’impianto logistico dell’esercito italiano non sarebbe mai riuscito a superare quel tratto, comincio’ a vagliare le probabilita’ di una offensiva congiunta giusto in quel settore del fronte.   Terminate le varie verifiche e dopo aver vagliato le probabilità di vittoria, Dellmensingen tornò in Germania per  riferire ai suoi superiori che approvarono il piano, rassicurati sia dalla drammatica situazione in corso nella Russia dei bolscevichi  sia del fatto e che sul fronte occidentale,  dopo il fallimento della 2^ battaglia dell'Aisne dell’aprile, gli alleati  non avrebbero attaccato. Già l'11 settembre  fu posto a capo della nuova 14ª Armata il Gen, Otto Von Below  e fu nominato suo capo di Stato Maggiore lo stesso Dellmensingen. Venne chiarita con l'alleato austriaco la strategia da adottare: un primo sfondamento sarebbe dovuto avvenire a Plezzo   con direzione Saga e Caporetto, per conquistare  M. Stol e puntare verso l'alto  Tagliamento; contemporaneamente da Tolmino si sarebbe dovuto risalire l'Isonzo e imboccare la valle del  Natisone fino a  Cividale del Friuli; un altro attacco frontale sarebbe partito invece contro il massiccio dello Jesa  per impossessarsi successivamente di tutta la catena del Kolovrat,  da cui era possibile dominare la valle dello Judrio, accerchiando così l'altopiano della Bainsizza.   Sappiamo tutti come andò a finire, con pero’ il famosissimo fermo sul fiume Piave e sul  monte Grappa proprio quando ci si sarebbe aspettati la debacle totale. Numerosi motivi, nel dopoguerra  furono addotti a spiegazione di tale resistenza:  il cambiamento di comando e in genere piu’ umano delle truppe, l’aiuto dei contingenti francesi e inglesi, una diversa strategia o forse piu’ concretamente un cambiamento del tutto naturale della logistica, difatti va notato che il fronte dell’Isonzo ere decisamente troppo lungo e di difficile mantenimento proprio in relazione all’approvvigionamento delle truppe, per cui un accorciamento di oltre 100 chilometri quale fu quello al Piave  con cerniera il Grappa, cambio ‘ radicalmente il tipo di guerra (abbiamo visto quanto i tedeschi contassero sull’elemento logistico in occasione del famoso cerchio di Dellmensingen sullo schieramento ddella Bainsizza). Abbiamo visto che sul Piave operarono sulla sua difesa con particolare efficacia prima  Andrea Graziani, poi Antonino  Di Giorgio che venne nominato comandante di un corpo d’armata apposito,  denominato “di sgombro”   Meno efficace fu la ritirata della IV armata dal Cadore al Grappa, in quanto avvenne con un certo ritardo che costo’ la cattura di oltre 10.000 soldati , pero’ poi ci fu non semplicemente una resistenza, ma addirittura una epopea, l’epopea del Grappa appunto, con tanto di canzone (cui concorse alla stesura anche il generale Emilio De Bono all’epoca cte di un corpo d’armata, in  futuro Quadrumviro della Marcia su Roma, rilevantissimo
gerarca fascista ma anche il primo Maresciallo d’Italia  nel 1935 dopo il gruppo dei Generali della Grande Guerra) - canzone che ancora noi oggi cantiamo al pari del celeberrima La leggenda del Piave di A.E.Mario. Mario Nicolis  Di Robilant era il
Generale che comandava la IV armata e come fatto cenno ebbe alcune incertezze e ritardi durante la ritirata , ma poi, a mio modesto parere, si rifece alla grande:  fu lui a comandare le truppe durante la vera epopea , quella del novembre-dicembre 1917 e non Gaetano Giardino che era all’epoca imboscato negli uffici di Sottocapo di Stato Maggiore in condominio con il piu’ discusso dei generali di Caporetto , quello che avrebbe dovuto essere il primo colpito della Commissione d’inchiesta istituita sotto la Presidenza del  Gen. Caneva nel gennaio 1918 e che invece risulto’ estraneo ad ogni responsabilità’ anche per via che le tredici pagine che riguardavano il suo XXVII Corpo d’armata furono stracciate. La mia domanda e’ la seguente: come e’ possibile che il vero difensore del Grappa, il generale che ne era stato al comando per tutto il periodo della piu’ fiera e eroica resistenza, della vera e unica grande epopea,  e vi era rimasto nel 1918 per  altri quasi quattro mesi  (24 aprile 1918)  sia a mala pena ricordato e non abbia avuto ne’ statue, ne’ encomi,  ne’ bastone di maresciallo che sarebbe spettato di diritto ai generali che avevano comandato un’Armata in guerra. Giardino era arrivato al comando dell’armata del Grappa, quando la unita’ non aveva piu’ quella rilevanza strategica della fine del 1917 di quando era in pericolo l’integrita’ nazionale, ma quando altre armate, la 3^ e soprattutto la 8^ erano diventate piu’ determinanti ai fini del quadro generale delle operazioni “ Mmmmm…. a pensar male si fa peccato, ma…., ecco qui non so perche’ ma mi fa solletico nell’orecchio quel famoso “paradigma  non scritto di affidabilità’ di cui abbiamo parlato fin dal primo dei presenti articoletti, sulla classe generalizia italiana . Il generale Gaetano Giardino ex Ministro della Guerra fino a Caporetto, poi Sottocapo di S.M. con Badoglio, quindi dal febbraio 1918 addetto militare a Versailles al posto di Cadorna....  piu’ in paradigma di lui, difficile trovarne e difatti eccolo nominato Cte dell’Armata del Grappa al posto di De Robilant e noi ancora qui ad ammirare la sua pomposa
statua nella citta’ di Bassano che domina il massiccio del Grappa, con la scritta nel piedistallo dei versi della canzone che lui non aveva cantato. Giardino lo troveremo qualche anno dopo, in una diatriba che lo vedra' rappresentante dei ceti piu' conservatori dell'Esercito ( quelli del paradigma) in opposizione al  Ministro della guerra  Antonino Di Giorgio per scongiurare un piano  di grande rinnovamento delle Forze Armate. Tornando alla nostra Guerra Mondiale, quella dopo Caporetto e la grande resistenza sul Piave e sul Grappa,  Di Robilant non e' il solo Generale che  rappresenta un mistero  in relazione al suo ruolo di comando  e questa volta la situazione non ha i caratteri  dell'Armata del grappa.Cioe' non siamo in un situazione dove si contrappongono due generali  uno operativo e l'altro di quel famoso paradigma di affidabilita', questa volta siamo al cospetto di due fior foore di generali  fattisi siul campo di battaglia: il Gen. Giuseppe Pennella eroico comandante della divisione Granatieri alla presa del Monte san Michele nell'agosto del 1916 giuseppe Pennella, combattente tra i combattenti tre volte decorato sul campo con  medaglia d'argento e commendatore ddell'Ordine di savoia  e il generale Enrico Caviglia che quasi non ha bisogno di presentazioni, eroico e sopratutto leale ufficiale in Africa durante la battaglia di Adua si autodenuncio' convinto di dover
il gen. Pennella 
pagare sia pure con solo il grado di Capitano della disfatta, quindi distintosi sull'altopiano di Asiago come cte di Divisione  tanto da meritare la nomia a Cte di Corpo d'armata e riportare la vittoria della Bainsizza, quindi unico ufficiale Generale della 2^ armata ch non si fece travolgere dalla offensiva austriaca di caporetto. Oggetto del contendere e' la 8^ armata quella che era subentrata alla dissolta 2^ armata di Capello e si ritrovava nel giugno 1918 investita  in pieno dalla grande offensiva  austriaca che mirava a  impadronirsi della pianura Padana e al cui comando si trovava il Pennella:  ebbene dopo un primo successo  dell'offensiva austriaca che penetro' sul Montello per ben 9 km, fu proprio l'energia di tale generale che consenti' una efficacissima controffensiva con il recupero di tutto il territorio perduto e i primi segni di una energica controffensiva  - a tre giorni della chiusura delle operazioni, dei contrasti con il Capo di S.M. Diaz portarono alla sua sostituzione con il Gen.Caviglia che dunque si trovo' a concludere la contraffensiva a giochi pero' oramai fatti (una seconda edizione di quanto era successo sul Grappa con Di Robilant. Certo Caviglia non era Giardino e difatti fu poi l'assoluto protagonista e vincitore de facto della battaglia di Vittorio Veneto  sempre alla guida della 8^ Armata.  Pennella fini' retrocesso a cte di Corpo d'Armata per il resto della guerra dove sul fronte della Valsugana un po' paradossalmente gli fu conferita una medaglia di bronzoal v.m. laddove pero'   il Comune di Pergine Valsugana  che aveva liberato volle conferirgli la cittadinanza d'onore  di certo  valutando con maggiore gratitudine il suo operato. Sappiamo anche da notizie del dopoguerra che era rimasto profondamente amareggiato e  deluso, per come l'Esercito lo aveva trattato.

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