lunedì 7 luglio 2025

GRECA E GUERRA MONDIALE

 

Durante la guerra di Libia erano emersi al comando di grosse unita’ Generali che non facevano parte di quell’entourage di affidabilità’di cui abbiamo fatto cenno per accedere a  comandi superiori, tipo Tommaso Salsa che si era messo in luce nella precedente campagna africana  sia come combattente e comandante di reparti in battaglia (seconda Adorgat nel 1894 )   sia come  consigliere preferenziato di Baratieri di cui sebbene avesse solo il grado di maggiore ne fu Capo di S.M. del corpo di spedizione, sostuito da un Colonnello alla vigilia della battaglia di Adua, e tornato in auge sotto le direttive di Baldissera, per trattare con Menelik la pacificazione, Fu tra i protagonisti della spedizione in Cina contro la rivolta dei Boxer per poi partecipare alla campagna di Cina della Rivolta dei Boxer, quindi torno’ a mietere rilevanti successi sul campo di battaglia in Libia, in particolare la conquista del campo trincerato di Ettangi nel 1913 che gli valse come premio sia per il valore che per la perizia dimostrata, la medaglia d’oro al v.m. vivente   e la promozione per merito di guerra a Tenente Generale. Purtroppo pochi mesi dopo, stroncato da una malattia tropicale contratta in servizio  mori’ privando così la nostra storia di un Generale tanto capace forse il piu’ capace che fino allora si era prodotto nelle alte sfere militare. Eppure malgrado tutti questi  tributi sempre per il solito discorso di quella sorta di paradigma di affidabilità’ , io non credo che Salsa sarebbe asceso agli alti vertici della conduzione della Grande Guerra , certo la nomina a Tenente Generale per merito di guerra lo poneva perlomeno nei papabili al comando di un Corpo d’armata, ma ecco non troppo dissimile dai vari Reisoli, Morrone, Briccola, Aliprandi, Ruelle, Gaetano Zoppi, Frugoni, Cigliana, Lequio, Nicolis Di Robilant , forse le operazioni militari lo avrebbero portato a essere papabile per il comando di una Armata, collega di un Brusati, di un Nava, oppure a causa della sua mentalita’ offensiva  sarebbe incorso in uno dei primi siluri del gen. Cadorna come successe ad esempio al cte della 1^ armata Roberto Brusati che fu sostituito col gen. Pecori Giraldi a pochi giorni dall’inizio della famosa Straf Expedition. I Generali  con mentalità troppo autonoma e pieni di iniziativa non erano molto popolari nel famoso paradigma  di affidabilità’ (mia personale illazione) - così lo stesso famosissimo generale  Antonio Cantore detto il San Pietro degli alpini in quanto custode del cimitero delle “penne mozze” ovvero tutti gli alpini caduti in battaglia, venne promosso per essere rimosso dal fronte Trentino dove  fin dai primi giorni del conflitto aveva mostrato un po’ troppo ardire  (conquista di Loppio, Mori, il Monte Altissimo e sopratutto di Ala) tanto da far dire agli alpini della sua Brigata, nel momento del commiato   del "ora ghe non c'è piu' Cantore, Trento la vedrem col canocial". Stessa musica con altri Generali  che si andavano distinguendo un po' troppo, esulando da quel famoso paradigma di affidabilita' : cosi anche  Luigi capello che arrivato al comando del VI Corpo d'armata, non godeva dell'appoggio del paradigma,  pero suppliva con la appartenenza alla Massoneria,  pur avendo conseguito la prima e piu' appariscente vittoria della guerra fino a quel momento ovvero la presa di Gorizia e anche dei due monti  che ne sbarravano l'accesso
il Sabotino e il san Michele  (agosto 1916) fu subito dopo relegato in comandi secondari e ci volle quasi un anno perche' fosse nominato Comandante della seconda Armata (giugno 1917) con tutto che la maggior parte dell'opinione pubblica, gia' dai tempi di Gorizia  lo considerasse molto piu' idoneo alla guida dell'intero esercito dello stesso Cadorna.  Quando mancava l'appartenenza alla lista di affidabilita' da me ipotizzata, senza dubbbio giovavano altre credenziali tipo appunto l'appartenenza alla Massoneria di cui capello era affiliato e che probabilmente alla fin fine riuscirono a portare su il proprio esponente. Se invece le due cose si combinavano, paradigma e massoneria allora non v'era praticamente limite alle possibilita' di un candidato : proprio quello che era accaduto ad un colonnello di S.M. che da quell'agosto 1916 e in correlazione con Capello che era si suo superiore in grado, ma sembra meno accreditato sotto il profilo massonico, aveva visto le sue changes di carriera prendere letteralmente il volo: giudicato autore di un geniale piano di costruzione di gallerie che avevano ridotto sensibilmente il campo scoperto  sotto il fuoco nemico, ci fu pero'  chi mise in dubbio che tale piano fosse farina del suo sacco, attribuendolo ad un maggiore del genio, cui Badoglio dopo essersi impadronito delle sue carte lo fece sostuire in tutt'altra parte del fronte, di poi vi fu la riprovazione ad azione compiuta del suo diretto superiore, ovvero il comandante della divisione  Gen. Giuserppe Venturi, cui Capello  chiese di  proporre Badoglio per la promozione per merito di guerra sul campo a Maggior generale,  laddove questi voleva invece denunciarlo per abbandono del posto di comando, suscitando quella famosa affermazione del Capello  "Ah si!? be' se non vuoi promuoverlo tu, lo promuovero' io!" il che accredita quella tesi di differenza di livello nella gerarchia massonica. In effetti  in nessun altro uffiìciale della Grande Guerra  si riscontra una accellerazione così marcata dei gradi generalizi , in meno di un anno era gia' Cte di Corpo d'armata e sebbene la sua condotta durante i giorni di caporetto fossse stata totalmente deficiente (addirittura scomparve, lasciando le divisioni del suo XXVII Corpo d'armata in balia di se stessi, i cui resti furono cooptati e tratti in salvo dal Gen. Caviglia che comandava il XXIV corpo d'armata contiguo al suo ), venne nominato Sottocapo di S.M. in condominio con il Gen. Giardino che era un'altro Generale  di quel famoso paradigma di affidabilita'.  Poco dopo Badoglio fu  reputato meritevole della nomina a Generale d'Esercito a fine guerra  e poi nel 1926 di Maresciallo d'italia contravvenendo alla regola  che per conseguire tale nomine si dovesse aver comandato una Armata in guerra. Di eccezioni comunque  alla regola del paradigma proprio grazie alle esigenze  della guerra che accellero'  fortemente promozioni e relativi incarichi di rilievo ce ne furono parecchie,  anche se a mio parere non dell'entita' tale da inficiare  la prassi  generale: si e' vero che generali fortemente operativi e poco ligi alle regole arrivarono a detenere ed esercitare incarichi di rilievo, ma fino ad un certo punto : esercitato difetti il ruolo che l'emergenza richiedeva questi rientravano nelle maglie di una burocrazia che ne impediva una ulteriore esplicazione, con incarichi tutto sommato di secondo piano . Un altro caso emblematico e' quello del generale Andrea Graziani, un ufficiale assai discusso per via della sua estrema severita' che lo porto' ad essere protagonista di un caso che sollevo' nel
dopoguerra un enorme scalpore : la fucilazione nei giorni della ritirata di caporetto di un soldato che gli era passato davanti non togliendosi il sigaro di boccca. Ora Graziani a parte tale  dolorosa vicenda e una fama di ufficiale severissimo, era in realta' un comandante di tutto rispetto, che rientrava a tutto tondo nella schiera di quei militari super efficaci: gia' distintosi nell'opera di soccorso al terremoto di Messina nel 1909 da maggiore, replico' tale opera  con piu' potere e grado piu' elevato  nel gennaio 1915 al terremoto della Marsica, provvedendo a cure e soccorsi per ben 12 comuni della zona e mettendo fine alla piaga  dei cosidetti "avvoltoi" che profittando della tragedia razziavano i beni delle vittime nel 1916 nel pieno della Straf Expedition da Maggior Generale fu il cte della 44^ divisione una unita' che aveva l'organico di un Corpo d'Armata e fu il difensore del Pasubio tanto che fu appunto denominato l'eroe del Pasubio . Eppure  malgrado aver comandato così brillantemente una unita'  ebbe si' medaglie al valore, ma nessuna promozione, Maggior generale era e maggior Generale lo troveremo ancora nel 1918 comandante della Divisione Cecoslovacca, dopo aver diretto  nel novembre 1917 il movimento  di sgombro sul Piave subito dopo la rititrata di caporetto dove avvenne la famosa fucilazione del soldato con il sigaro: il fatto della severita' non e' da considerare certo un  deterrente ai fini della carriera, perche' molti altri Generali della Grande Guerra non furono da meno di lui:  la severita' e il rigore sono anzi ricorrenti in generali molto capaci e non tale nomea non risparmio' ad esempio il Gen. Cantore, il Gen, Carlo Giordana, il Gen. Giacinto Ferrero e neppure  Capello 
che anzi durante la guerra di Libia chiamavano  il cimitero di derna Villa capoello . A queste numerose componenti che disciplinavano incarichi e carriere degli uffiìciali impegnati nel conflitto, ne va aggiunta un'altra del tutto soggettiva e caratteriale del generale Luigi Cadorna 
che si era ritrovato a comandare l'esercito in guerra,  giusto alle soglie della pensione per la morte improvvisa del suo predecessore Gen. Alberto Pollio,  pochi giorni dopo l'attentato a Francesco ferdinando nel giugno 1914 : la spasmodica quasi maniacale sostituzione di un Generale in corso d'opera, in gergo militare "il siluro" Le motivazione di detta risoluzione erano delle piu' disparate e molto spesso dettate non da specifiche defaillances di comando, ma anche da antipatie personali, da vecchie ruggini di carriera, da rivalse di vario genere , pero' senza dubbio tra le motivazioni di siluro piu' esilaranti va annoverata quella del Gen. Ettore Mambretti un ufficiale stimato da Cadorna e che faceva parte della sua schiera di cordata, ma che aveva una peculiarita' del tutto imponderabile nell'esercito : portava sfiga ! Lasciamo alla parola allo stesso Cadorna che nelle sue lettere alla moglie all'epoca degli avvenimenti in cui si consumo' la vicenda del povero Mambretti, ovvero la battaglia dell'Ortigara di cui era stato designato come comandante  «Il tempo — scrisse Cadorna il 17 giugno — è bello e caldo. Domani M. ritenta l’operazione. Speriamo che egli riesca anche a sfatare la deplorevole leggenda di jettarore che gli hanno fatto. E’ una stupidaggine, ma in Italia compromette la reputazione e il prestigio. 
Tre giorni più tardi Cadorna dovette comunicare alla moglie che l’operazione si era risolta in un fiasco, anche se gli alpini erano riusciti a conquistare la cima dell’Ortigara (177) Il 25 giugno, con un attacco di sorpresa, gli austriaci riuscirono a riprendersi anche quella cima.
«La jettatura — scrisse Cadorna che cominciava a crederci —ha voluto esercitarsi fino all’estremo. Gli Austriaci, dopo una gran preparazione di artiglieria, hanno assalito e ci hanno preso l’Ortigara, malgrado una difesa strenua. Ieri l’ho telegrafato a Lello [il figlio Raffaele] e dice anche lui di non più ricominciare perché, quando i soldati vedono M. fanno gli scongiuri. In Italia purtroppo questo pregiudizio costituisce una grande forza contraria»
   il In verita' il povero Mambretti  aveva un lungo curriculum che aveva avallato tale nomea: nel 1896 aveva preso parte, come capitano, all’infausta battaglia di Adua; nel 1913 era andato in Libia e, quasi appena giunto, aveva diretto lo sfortunato combattimento di Sidi Garbaa, poco prima dell'offensiva dell'Ortigara era scoppiata prematuramente una mina e tutti avevano addotto la causa alla sua sfortuna  
«La fama di M. cresce tutti i giorni osservava Cadorna il 13 luglioed ormai non può comparire in alcun luogo senza che soldati ed anche comandanti facciano i più energici scongiuri. Ne sono seccatissimo perché se gli affido una operazione offensiva non può riuscire perché tutti sono persuasi che non riesce. E capirai che non posso cambiare un comandante solo perché ha questa fama. Certo si è, per chi ci crede, le ha avute tutte: il mal tempo, scoppio della mina il giorno prima, che uccise quasi tutti gli ufficiali di due battaglioni che dovevano andare all’assalto, pare  dei tiri corti della nostra artiglieria che colpirono le nostre stesse posizioni ecc. Pare che si era già fatto quella fama in Africa.... ».
Due giorni più tardi  suo malgrado Cadorna dovette lanciare un suo ennesimo "siluro" 
«Ed ora vi devo dare una notizia ben dolorosa, cioè devo liquidare M. dal comando. Dall’inchiesta che ho fatto sull’ultima offensiva, che fu un vero fiasco malgrado la grande abbondanza di mezzi, emergono delle responsabilità anche sue. Egli ha perduto la fiducia delle truppe anche per quella sua maledetta iettatura» . 
Un episodio contrassegna il mancato dell’Esercito di Cadorna  in quei  due primi anni e mezzo di guerra riflettendovi tutte le magagne specie della classe generalizia ed e’ l’occasione mancata di Carzano (proprio così e’ titolato il libro del protagonista della vicenda  il Ten. Col. Cesare Pettorelli Lalatta  che nel dopoguerra ne riporto’ il minuzioso resoconto). L’abitato
Carzano e il Monte Salubio che lo sovrastava nel cuore dell’Altopiano di Asiago erano dei
punti nevralgici dello schieramento difensivo austriaco del trentino, ebbene nell’estate del 1917 si profilo’ l’occasione di scardinare tali punti grazie alla defezione di un intero battaglione cecoslovacco preposto alla difesa della posizione che  a cominciare dal suo cte, un maggiore certo Pviko, erano tutti acerrimi nemici dell’Impero Asburgico e fautori dell’indipendenza della loro terra.  Tale maggiore Pviko uomo di cultura e ingegno  era riuscito a contattare il capo del servizio informazioni di quel settore della 1^ armata , dato che dopo il disastro dell’Ortigara la VI armata era stata sciolta,  un brillante ufficiale Cesare Pettorelli Lalatta,  e proporgli un piano di neutralizzare il settore della zona preposta sotto il suo comando tramite narcotizzazione delle sentinelle dei reparti limitrofi, interruzione della corrente elettrica nei reticolati e assoluta cooperazione in una incursione  nel cuore dello schieramento difensivo  austriaco. Il piano era tale da indurre le piu’ ardite prospettive : da un relativamente piccolo infiltramento di truppe a livello di compagnia si poteva via via  incanalare l’organico di un battaglione, di un Gruppo , di una intera Divisione e perche’ no di un intero Corpo d’armata, risalire la Val  Lagarina , la Val Sugana e spuntare alle spalle del Campo trincerato di Trento…. roba non dico di vincere la guerra, ma di certo imprimergli un andamento molto piu’ incisivo e tutto a nostro favore. IL Pettorelli Lalatta dopo le prime  perplessità’ dovute alla delicatezza della posta in gioco, si era sempre piu’ andato convincendo della sincerita’ del  suo interlocutore  e soprattutto dell’eccezionale occasione che si stava presentando e così caricandosi di entusiasmo era riuscito ad avere un abboccamento con il Generale Cadorna a Udine  e prospettargli nei minimi dettagli tutte le favorevoli prospettive del piano. Era implicito che per la perfetta esecuzione e quindi riuscita del piano occorrevano Generali di grande ardimento, pronta decisionalità’ e grande esperienza sul campo, e il Lalatta si era persino permesso  di fare alcuni nomi  per portare avanti una simile impresa ; il Graziani che aveva comandato la 44^ divisione sul Pasubio  oppure il Di Giorgio che sempre sull’altopiano di Asiago sia pure nel recente disastro dell’Ortigara aveva comandato un raggruppamento alpino, con particolare brillantezza, insomma occorreva un generale che fosse espressione della non appartenenza a quel famoso paradigma di cui fin dai tempi della prima costituzione del nostro esercito  era affidata la scelta dei Generali comandanti di grandi unita’ o di ruoli di Stato Maggiore. Ma cadorna subito dopo la XI battaglia dell'Isonzo dell'agosto 1917 che aveva portato ad un soffio dal far crollare tutto lo schieramento austriaco sull'Isonzo grazie ad un Generale che si era aggiunto alla lista  dei  Salsa-Cantore-Graziani-Giordana-Di Giorgio, ovvero Enrico Caviglia il quale  appena assunto il comando di un Corpo d'armata  aveva conquistato la Bainsizza impadronandosi di importantissimi bastioni quali il Kobilek e lo Jelenik: certo un Caviglia sarebbe stato l'ideale a Carzano, ma il generale Cadorna con un  seco e perentorio "non posso fabbricare i generali per lei" decisosi finalmente a dare via al piano aveva nominato comandante della Divisione che avrebbe dovuto seguire la prima infiltrazione di avanguardie lungo la breccia di Carzano un maggior Generale di fresca nomina, certo Zincone assolutamente non avvezzo all'ardimento e alle decisioni tempestive, che si diceva fosse addirittura in attesa del battesinio del fuoco, insomma uno del paradigma oramai ben noto,   il tutto aggravato dal fatto che il generale che era al comando di tutto il settore un po' l'equivalente di quello che era stata la 6^ Armata,  era un Generale famoso per la sua prudenza e assoluta fedelta' sempra al paradigma:  il pacioso Donato Etna, figlio illeggittimo di Re Vittorio Emanuele II. Disperato il povero Pettorelli Lalatta che era stato promosso Tenente Colonnello e che aveva insistito per comandare il prumo nucleo di infiltrazione si dispose all'azione nella notte del 18 settembre con uno speranzoso "che dio ce la mandi buona"  Decisanente dio non la mando' buona, il Gen. Zinconde che in ossequio alla sua inesperienza e relativa esagerata prudenza  aveva disposto che  che le truppe destinate all'incursione  fossero 
dotate di un equipaggiamento pesante (coperta, telo, tenda, razioni, viveri per più giorni, armamento pesante)  quando invece avrebbero dovuto essere equipaggiate con un armamento il piu' possibile leggero, proprio per azioni improntate alla massima velocita' e destrezz, perdipiu'  inspiegabilmente furono incanalate attraverso un camminamento largo 80 centimetri anziché sulla strada larga 4 metri, sempre per questioni di prudenza del Generale, pertanto le operazioni subirono un forte rallentamento e solo dei bersaglieri del 72º Battaglione, inviati per primi oltre il confine, raggiunsero il paese. Pettorelli Lalatta, che si
CARZANO : PVIKO E PETTORELLI LALATTA 

trovava già a Carzano, accortosi del disguido, percorse il tragitto a ritroso e, soltanto a Spera, trovò un buon contingente di soldati, fermi, sdraiati a terra. 
Nel frattempo, con il trascorrere delle ore e ai primi colpi esplosi dall'artiglieria avversaria, il generale Zincone terrorizzato  fece impartire l'ordine di ritirata, annullando con il permesso di Etna l'intera operazione. Ordine che pero' non pervenne al nucleo dei bersaglieri che oramai si erano incuneati nello schieramento nemico  che però non pervenne al 72º Bersaglieri che rimase pertanto  intrappolato. Fallì così miseramente per la criminale insipienza dei nostri cimandi  il piano meticolosamente studiato da Pivko e Lalatta. 

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