venerdì 1 agosto 2025

CONTI CON MARX (E NON SOLO)

 

Diciamo che ho tratto occasione  della lettura di Costanzo Preve che come ho piu’ volte detto e’ un filosofo che trovo particolarmente stimolante, probabilmente per il fatto di essere stato un pensatore che era in origine un marxista e poi avvicinatosi sempre piu’ alle mie idee che sono ancestralmente quanto di piu’ distante dal comunismo, socialismo, financo socialdemocrazia.  Diciamo che ritrovo in Preve e nella sua filosofia quello che in politica  ho ritrovato in Marco Rizzo. C’e’ da dire che parimenti sono anche sempre stato ferocemente anti capitalista, anti liberalista e visceralmente ostile a tutto cio’ che attiene a quello che ho sempre definito con il massimo disprezzo “spirito bottegaio”  riconoscendogli una matrice prettamente anglosassone  con continuita’ statunitense. Nel precedente articolo su questo stesso blog ho trattato dell’occasione che ho tratto dalla lettura di Preve per fare qualche conticino con la filosofia di Hegel che parimenti al cominismo, parimenti al liberalismo, ho sempre disprezzato al massimo grado, ora e’ il caso di profittare sempre del saggio di Preve sulla filosofia del presente per fare qualche altro conticino con Marx. Il dato di partenza e’ sempre  quello di cosa si debba intendere per costituzione categoriale  della modernita’ storica, ovvero quel periodo che si diparte (questa e’ un po’ una mia costruzione) dalla fine del medioevo sancita dalla grande pandemia del 1347/48 e la nascita  non fulminea ma sistematica dello spirito mercantile e bottegaio di matrice anglosassone  ratificatasi con la Rivoluzione industriale  e la setta della Massoneria. Questo spirito che Preve chiama modello  utilitaristico con il suo perseguire il primato dell'economia sul sociale  ha finito per dominare e soppiantare gli altri due modelli che avevano cercato di contrappoglirsi  quello tradizionalista e quello contrattualistica  che nel periodo sopracitato avevano anch'essi cercato di incanalare l'era moderna. Stravittoria di tale modello, ovvero economia, mercato, commercio, quindi denaro  e suo scambio (valore di scambio e nessuno scambio di valori )  come rappresentazione integrale della legittimazione e della riproduzione sociale, che io ho indicato nel suo momento saliente  in un fenomeno storico sociale  come la Rivoluzione Industriale ed in una setta come la Massoneria, entrambi fenomeni di spirito anglosassone  e Preve
coerentemente al suo essere filosofo,  adduce, non a caso,  ad una idea di un singolo filosofo, nella fattispecie David Hume che con le sue  critiche alla teoria della casualita' e l'esaltazione del soggetto come flusso di impressioni non piu'  correlate alla religiosita',  
giustappunto nel periodo immediiatamente precedente ai fatti sociali sopracitati, aveva fatto pulizia del tentativo del modello contrattualistita di Locke e Rosseau che a loro volta avevano fatto precipitare il modello tradizionalista. Passando da questi presupposti sulla costituzione  categoriale della modernita’ storica  che ha visto il primato, tuttoria indiscusso  del modello utilitaristico, ovvero dello spirito bottegaio di stampo anglosassone e prosecuzione statunitense, come correttamente analizzato da Carl Schmitt sia nel suo libello Terra Mare che sul piu’ articolato saggio “Il nomos della terra” ad affrontare una prima precisazione con Hegel  ed ora con  Marx tanto per analizzare le due voci che tradizionalmente passano per antitetiche a tale modello, c’è da osservare come in primo piano e per entrambi balzi alla ribalta la parola “ideale”.  Abbiamo visto che in Hegel tale termine sia in sostanza il vero referente del suo celebre aforisma “cio’ che e’ razionale e’ reale” e viceversa : ideale qui sta per quel che deve essere fatto  e sostituisce il significato, anzi direi soprattutto il significante, di reale, si da imprimere una sorta di impulso alla fattualita’ opportuna  al termine di razionale;  diciamo per dirla un po’ alla De Saussure, ma anche un po’ alla Lacan, che si presenta un po’ piu’ nei  termini di una metonimia ovvero di spostamento di significante, invece che in quelli di condensazione della metafora. Passando a Marx ci troviamo nuovamente al cospetto con il termine di ideale e questa volta per contrapporsi a quello super abusato di materiale,  o meglio passiamo all’-ismo  per intenderci piu’
STORICO,DIALETTICO,SCIENTIFICO
chiaramente , essendo il materialismo la caratteristica piu’ ricorrente con il quale la filosofia di Marx e’ stata caratterizzata  attribuendogli gli ulteriori due attributi di dialettico e di scientifico  e magari aggiungendovi anche il terzo di storico ; materialismo scientifico storico e dialettico
“ ne volete di piu’ ?  “basta la parola” direbbe  il vecchio Tino Scotti nel suo carosello sui confetti Falqui anche se qui le parole per definire questo benedetto materialismo sono addirittura tre. Che Marx sia sopratutto un materialista, sia pure con le oramai assodate tre attribuzioni, si da' per scontato praticamente dappertutto sia ovviamente a sinistra, che anche a destra, ma ecco che Preve costituisce una robusta eccezione:  ma vediamo cosa dice in proposito lo stesso Preve nel suo oramai ben battuto (da me ) saggio La Filosofia del presente : “Marx  nella crtica al presunto idealismo di Hegel, sostiene  che questi si e’ di fatto inventato l’universale ovvero “il frutto”  dimenticando che nella realta’ materiale esistono  solo pere, mele , etc. ma questa non e’ una critica materialistica , ma solo l’ennesima riproposizione della critica empirista, da Occam a Hume, contro il concetto di universalita’ in generale.”  Questa confusione  nel riproporre la vecchia critica  nominalistica all’universale, che ha origine nel famoso “rasoio” di Occam con 
il suo “entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem” che e’ il massimo dello spiritualismo, e propizia l’affermarsi del modello utilitarista su quello contrattuale di Hume,   accompagna, ironizza Preve, tutta la storia del marxismo come il buffone di corte accompagna  il suo sovrano ubriaco(una bella immagine che non ce l’ho fatta a non riportare).    Il punto e’ che proprio nel periodo di passaggio tra  il tradizionalismo e contrattualismo e ancor piu’ con l’affermarsi dell’utilitarismo, si decise di chiamare materia  il primato della struttura (le forze produttive, le classi, i rapporti sociali, etc.) sulla sovrastruttura ( le idee, le ideologie, le arti e anche la filosofia),  ma questo non e’ materialismo , e’ sempre  strutturalismo anche se diverso da quello di Levi Strauss  Qui ci vuole  l’Heidegger della Lettera sull’Umanesimo, per mettere le cose nel giusto verso “E’
necessario che ci si liberi delle ingenue rappresentazioni relative al materialismo e dalle critiche che dovrebbero colpirlo - l’essenza del materialismo  non sta nella affermazione che tutto e’ pura materia, ma piuttosto in una determinata metafisica secondo cui tutto l’essente  appare come  materiale del lavoro” Ma il lavoro non e’ la fonte dei valori d’uso, che e’ un qualcosa che appartiene alla natura, il lavoro  e’  solo la “fonte”  di un “valore di scambio “ solo nel
mondo alienato della produzione di merci, cioe’ nel mondo bottegaio del commercio e del mercato che ha nel nome di questo unico valore rimasto, abolito tutti quei valori che ancora nel mondo della tradizione si scambiavano e in quello del contrattualismo erano oggetto di trattativa. Pacifico dunque che la filosofia di Marx non ha niente di materialismo, figuriamoci quindi che fine fanno quei tre epiteti che gli hanno appiccicato addosso.  In buona sostanza la filosofia di Marx si esplica in una forma di idealismo naturalistico in quanto fondata  su  di una ipotesi metafisica  di tipo appunto idealistico e cioe’ sulla tesi di una alienazione storica della natura umana all’interno  della scissione in classi antagoniste, caratterizzate da differenziali di sapere e di potere, scissione  che trova nella produzione generalizzata di merci del capitalismo il suo momento culminante: quindi sempre e solo una filosofia legata a doppio filo a quello spirito bottegaio  che ha espresso il primato dell’economia e quindi il piu’ spocchio utilitarismo  della classe che si e’ giovata  derll’intero processo.  Se ne evince pertanto che il famoso materialismo dialettico storico e scientifico di Marx si riduce  ad una replica del piu’ rinomato degli idealisti ovvero Giorgio Hegel. Qui le pagine di Preve si fanno ironiche, allusive e anche molto spassose nel descrivere l’impatto che simili “eresie” sulla filosofia del “maestro” possono provocare  sui  militanti del marxismo e del sinistrismo in genere :  “anatema, scomunica, follia, bestemmia borghese, frutto di congiura capitalistica pagata coi soldi della CIA, Marx e’ materialista, che di piu’ non si puo’, l’idealismo e’ la filosofia dei preti, dei capitalisti, dei padroni…” e aggiungeva, stante i tempi in cui  queste righe sono state scritte, primi anni del nuovo millennio “ ...del padre polacco e di Berlusconi “ - superfluo sottolineare  chi sarebbero oggi,  per i galoppini del PD o i residui del Movimento delle 5 stalle, o i patetici sindacalisti piegati al valore del ragionerucolo del capitalismo, i mandanti di tanta efferatezza ideologica : ovviamente  quella
sorta di per loro vampiro immortale che e' il neofascismo,  e la trionfante  Meloni  che in cotanto revisionismo si fa  influenzare  dal nuovo mostro e anatema del mondo moderno : il trionfalmente rieletto dopo 4 anni di faziosa e truffaldina congiura, mescolata con terrorismo sanitario di una farlocca epidemia,  il 47°Presidente degli Stati Uniti d'America  Donald Trump.  

 

 

 

 

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