E'
notorio quanto io sia sempre stato ostile, fin dal primo trimestre del terzo liceo, alla filosofia di Hegel. Per uno che era stato un convinto sostenitore del criticismo Kantiano con il suo impianto categoriale e la scappatoia del noumeno che si piazzava nel bel mezzo del fenomeno e della cosa in sé, il rigido schematismo hegeliano, quella sua ossessione di voler ricondurre il tutto ad una ideale fine (o spirito fenomenologicamente inteso - ho fatto un articolo su uno dei miei blog o forse su “Riflessi Storici” or non ricordo, su questa costante ambiguità tra i due termini “fine” e spirito “ in Hegel ) mi sembravano inconcepibili e rigidi. Ne parlavo un pomeriggio con il mio grande amico Paolo Letizia, anche lui non tenero con Hegel, convenendo però entrambi che in ogni ricerca, ogni studio, sempre e comunque con questo filosofo, si era dovuto fare i conti, vuoi che lo si citi per Marx, che lo si sfiori con Koyeve', con Heidegger, perfino che ci si imbatta con Napoleone a Jena, sempre questo diamine di Hegel che fa capolino; in ultimo eccolo anche riportato da un filosofo che stimo e con il quale e’ da un bel po’ che mi misuro Costanzo Preve, in un libretto dal titolo stimolante "filosofia del presente" dove lo si cita in quanto oppositore di tutti e tre i modelli di interpretazione della modernità sociale, ovvero il modello tradizionale, quello contrattualista e quello più odioso, l'utilitarista che ha decretato il predominio della economia giustappunto sul mondo moderno,
Be’ quando si puo’ parlare male dell’utilitarismo che io, con  |
Spirito bottegaio e far di conto |
tutto il disprezzo possibile, chiamo lo spirito bottegaio, e’ come se mi trovassi alla presenza del famoso “piatto ricco” in cui ci si ficca... non mi pare vero, e sono anche disposto a passare sopra al suo solito vezzo di inventarsi schemi, fare classifiche e creare rigide griglie di apprendimento, così parimenti nell’accezione della modellistica sociale dove , manco a dirlo eccolo subito proporre, ovviamente ogni schema la sua proposta di una scienza filosofica della società, che a me è sembrata solo un'altra delle due numerose forzature, che ho anche sempre definito " balle" . Eh si ! Lo ammetto, io ad una teoria sociale ad esplicito e unico fondamento filosofico non credo come non ho mai creduto a nessuna delle artificiose costruzione hegeliane a forzato schematismo, prima fra tutta la sua ben nota dialettica "tesi, antitesi e sintesi"; altresi' risibili mi sembrano tutte le sue altrettanti boutades "di notte tutte le vacche sono nere" "la nottola di Minerva vola solo sul fare del tramonto" ma sopratutto ho sempre irriso a quella celeberrima formula del "cio' che e' reale e' razionale e cio' che e' razionale e' reale " , ma ecco che Preve mi fa notare che per Hegel il "reale" e' propriamente cio' che deve essere realizzato e quindi corrisponde a "ideale" , da cui per logica sequenzialità’ si evincerebbe la asserzione di Hegel filosofo dell'idealismo. Difatti, continua a spiegare Preve, per Hegel tutto cio' che avviene concretamente nel mondo non e' reale ed allora la sua formula andrebbe corretta in “cio' che e' ideale, cioe' cio' che dovrebbe essere fatto correttamente, e' razionale e viceversa il razionale e' l'ideale “. Mmmmm …. eppure signori miei a mio modesto modo di vedere la cosa non cambia, perche ' si tratta in sostanza solo di una sostituzione tra il fatto concreto e il fatto come dovrebbe essere fatto. E' questo l'idealismo? be' lo trovo alquanto pretenzioso e presupponente proprio come pretenziose e presupponenti sono tutte le artificiose costruzioni e gli schematismi di questo filosofo che proprio non e' mai riuscito a convincermi, checche’ abbiano cercato cerchi di convincermi del contrario Kojeve', Croce, Gentile, in ultimo Costanzo Preve, che resta pero’ un pensatore con il quale mi piace misurarmi - Preve , non Hegel, che malgrado tutto il suo seguito, nel mio casellario di "supposto sapere" tanto per fare una sviolinata a Lacan l'ho esorcizzato da quel primo trimestre della terza liceo classico
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