La malattia e' un qualcosa che attiene piu' all'inconscio che alla coscienza e quindi un qualcosa che solo in parte ha una eziologia esterna, E SOPRATUTTO essa non è un qualcosa che capita così per caso, per sfortunata eventualità (sfiga biologica) o tantomeno per ineluttabilità genetica (sfiga genetica), ma in tutto e per tutto, sia da un punto di vista fisico che psichico, mente e corpo, è sempre un preciso programma, o meglio un doppio programma, della nostra entità e unità corporea, impegnata in un mondo, in una natura, in un complesso sistema ambientale che la ospita d’accordo, ma che anche la sottopone continuamente ad una serie di “prove, sfide, traumi” con relativi conflitti, cui deve far fronte e risolvere per assicurarsi la sua “presenza”. Si parte dalla malattia e non da altri meccanismi, che tradizionalmente sono stati accreditati all’inconscio, con sempre quel correlato di fumosità, di indefinizione e anche di mistero, perchè il suo statuto nella storia della coscienza umana, e’ anche oltremodo ambiguo : diffatti, e questo vale praticamente da sempre, il cosidetto immaginario collettivo si è sempre lasciato convincere con facilità da una sorta di paradigma fondato sulla paura che ha informato tutte le strutture sociali, sia quelle di tipo religioso fideistico dove la paura era in funzione del peccato con la malattia come la giusta punizione di stampo divino, sia di tipo economico consumistico dove invece la paura della malattia era di un tipo più legato a consumismo e mercimonio con avallo di procedimenti statistici, ma nel contempo ha anche costruito una vera e propria credenza, comune ad entrambi le Società, ovvero una incondizionata ammirazione per una supposta perfezione della natura, con però alcune falle, incidenti di percorso,sotto un aspetto non biologico, ovvero terremoti, glaciazioni, nubifragi, ma veri e propri tilt se passiamo all’aspetto biologico, dove la malattia, specie con il suo assurgere a indicizzazione generale con le epidemie, fa indubbiamente la parte del leone: un ulteriore aspetto di tutto il correlato sotteso al termine malattia, che però, diciamocela tutta, da un punto di vista dell’utilità delle classi detentrici del potere, di qualsiasi periodo e orientamento, è stata una vera manna. Come si evince dunque da ogni modalità di approccio alla tematica malattia torniamo sempre alla convinzione di una coscienza più o meno collettiva, che ricerca le sue motivazioni e la sua stessa logica sempre all’esterno da sè, ma mai e poi mai all’interno, nelle pieghe del suo essere al mondo e in precise modalità di reazione della sua entità biologica (un corpo, ma anche una mente in stretta correlazione, per dirla tutta: un tutt’uno!) ad un mondo che la impegna. La struttura e le cause della malattia sono andate, nel corso dei millenni e delle varie società, sempre ricercate in qualcosa di esterno: il peccato,la punizione, la contravvenzione a precisi dettami, sia etico/religiosi, sia di abitudine e di prassi di vita, nè il paradigma è granchè mutato quando si è addivenuti alla cosidetta mentalità scientifica della medicina moderna, laddove ci si è limitati a sostituire i termini: il protocollo nosologico al posto della offesa al divino, una casualità a mò di sfiga, alla bisogna biologica, alla bisogna genetica, al posto della colpa e vieppiù il procedimento statistico, ovvero una sorta di gioco del cucuzzaro come procedimento distintivo per l’individuazione dei meccanismi di diffusione della malattia. Insomma, parliamoci chiaro, il principio di mantenere a stretto giro di coscienza e quindi nè più nè meno come uno dei tanti analoghi individuati attraverso il meccanismo metaforico della condensazione e quindi con un referente sempre esterno che funge da paragone, è quanto mai inadatto a trattare un qualcosa che invece riposa ben dentro di noi e semmai abbisogna di tutt’altri meccanismi di disvelazione, non dissimili da quelli adottati dagli altri messaggi del’inconscio. Qual’è quindi la tesi del presente scritto? che se cambiamo la modalità di percezione anche la malattia si configura come un messaggio sensato e in un certo qual modo “riuscito” non certo rispetto ad una coscienza che classifica, cataloga, ma rispetto ad un inconscio che come abbiamo visto aveva compartecipato alla esigenza di mantenere il suo stato biologico di entità vitale, di esser-ci, ma è anche depositario del desiderio di ritornare da dove è venuto (de-sidera) e quindi è proprio la malattia che ci fa pervenire a quella pulsione di morte che rappresenta il girone più ardito della speculazione di Freud sull’inconscio e il suo fine ultimo che identifica il desiderio come ritorno ad uno stato precedente all’apparire della vita, (Al di là del principio del piacere) Quindi e' anche di prammatica che in questo òpercorso di indagine la smetteremo di avvalerci di Edipo, ma passeremo a Narciso come immagine molto piu' attinente alla entita' del problema.
Malattia e morte...capirai ce n’è di che saltare della sedia! stiamo affrontando le due bestie nere della coscienza: ma possiamo dire parimenti che si tratta anche della bestia nera di un inconscio? del meccanismo fondato cioè non sulla metafora, ma sulla metonimia, di un qualcosa che non va alla ricerca di sempre nuovi significati esterni da attribuire alle proprie analogie, bensì del significante di tutta la sua ontogenesi, un trascinamento di emozioni, allucinazioni, ispirazioni ma anche sviste, fantasie, sogni, che pervenute a quel famoso giro di boa della costruzione della coscienza, sono state libere di dedicarsi alla seconda istanza dell’apparire della vita biologica, quella del desiderio! E il desiderio, come dice Freud, come dice il principio del Nirvana e anche il 2° principio della termodinamica, è principalmente desiderio di ritorno, ritorno da quel nulla da dove si è venuti o magari da stelle lontane la cui luce che ancora ci raggiunge è anch’essa morta da milioni di anni.![]() |
| LE 5 LEGGI BIOLOGICHE DI HAMER |
che un medico tedesco Rick Geerd Hamer ha ideato e stilato con la qualifica di “Biologiche” Come vedremo sono proprio questi foglietti embrionali gli elementi su cui stabilire una nuova, diversa e infinitamente più corretta e dettagliata eziologia di qualsivoglia affezione, stabilendo una precisissima e sistematica correlazione tra il fenomeno malattia e l’evento che l’ha ingenerata, ovvero sempre e comunque un trauma, un trauma di adattamento ad un ambiente, da cui si diparte un conflitto, con tanto di processo reattivo e di riparazione che non potrà non avere tutta una serie di vicissitudini, proprio come le antiche “pulsioni” freudiane, questa volta però che affonda la sua logica in tutta la filogenesi della specie e nella sua ricapitolazione con l’ontogenesi dell’individuo: da organismo monocellulare a pluricellulare, e sotto la spinta dei cambiamenti di stato cui un organismo sempre più complesso e articolato si trova ad interagire, che produrranno nuove abilità si, ma anche nuove modalità di reazione ai conflitti che il mondo naturale ci richiede per continuare a farsi abitare: occorrera’ difatti fornirsi di differenti specificità anatomiche nel passaggio da un elemento acqua ad un elemento terra, polmoni al posto di branchie, un apparato locomotore invece di pinne e coda, formazione di muscoli, tendini, uno scheletro, crescita di peli per far fronte alla rigidità del clima, la pelle dovrà ispessirsi per proteggersi dai raggi solari, quindi, nuove specializzazioni fisiche, continuare a sviluppare una locomozione sempre più efficace, e apparati atti a favorire una aggregazione in gruppi e relative nuove funzioni per fronteggiare le crescenti difficoltà, indotte anche dal vivere sociale (la più tipica e già specificamente umana, la parola e il linguaggio articolato) Tutto questo ha una traccia psichica, ma anche biologica in quello che siamo diventati, e una precisa traccia hanno anche i relativi conflitti che abbiamo dovuto affrontare, che si andranno appunto a localizzare nello sviluppo dei foglietti embrionali.



Nessun commento:
Posta un commento