Mi piace l’idea di sintetizzare tutta la psicoanalisi con solo due paroline : FORT-DA … ovviamente siamo in accezione freudiana, ma non freudiana tutta, bensì quella degli ultimi 20 anni di vita del Maestro, antitetica a quella dei precedenti 20 anni fondata sul principio del piacere, e appunto iniziata con un saggetto de 1921 titolato Al di la' del principio di piacere". L’esortazione di Lacan “leggere e rileggersi Freud”, va non solo presa alla lettera, ma se possibile integrata con qualche appuntino, magari per tentare di dire qualcosa fuori dal coro o per puntualizzare qualche passaggio. “Freudiana-mente” dunque! ma quale Freud? Quello canonico, a volte caricaturale, che lo fa apparire come un fissato col sesso, uno che ogni obelisco, ogni guglia equipara all’organo sessuale maschile e ogni cavità, ogni rientranza, ogni fessura, a quello femminile? Per intenderci il Freud della teoria della Libido, il “panta-sesso”? Oppure quest’altro Freud di cui andiamo a fare la conoscenza tramite un breve ma intensissimo saggio e due paroline /chiave, come indicato nel titolo. Il cosidetto immaginario collettivo, e per immaginario collettivo si intende anche una certa opinione generalizzata, un qualcosa che spesso e volentieri si avvale di impressioni violente, ma che a buon bisogno non sono state mai più aggiornate, tipo ad esempio il Girolimoni del mostro di Roma, che forse proprio il film di Damiano Damiani con Manfredi ha avuto il grande merito di cambiare la diceria molto diffusa a Roma di indicare con tale nome tutti quelli che mostravano interesse
verso ragazzini o ragazzine: nel film citato difatti si rende finalmente e forse per la prima volta, che si trattava invece di un marchiano abbaglio fomentato dallo stesso Mussolini che su quel nome, su quel termine “giro” ci aveva intessuto un qualcosa di perverso e quindi era bastato per il canonico “sbatti il mostro in prima pagina” senza che poi, una volta appurato che il signor Gino Girolimoni era platealmente estraneo ad ogni implicazione con gli efferati delitti, si avesse il coraggio di ammettere l’errore. Si è citato un film, un semplice banale film, sufficiente per mutare una opinione sclerotizzata e inesatta, ma per quel che mi risulta, su Freud non c’è stato nessun film, nessuna precisazione di facile presa, e quindi di grande diffusione, che abbia avvertito l’opinione pubblica che quell’immaginario collettivo sulla figura e sul pensiero di Freud andava aggiornato, e aggiornato mica a ieri o l’altro ieri, macchè!!!! addirittura a subito dopo la fine della 1^ guerra mondiale, quando proprio sull’effetto dei traumi e dell’impatto di un simile evento, Freud aveva scritto quel saggio ove anche dal titolo si capisce che intendeva liquidare la teoria della Libido, fondata sul principio dl piacere. Va subito detto che le conclusioni sconvolgenti cui questo breve libello perviene sono di una portata così enorme, che nella stessa psicoanalisi ben pochi furono quelli che ne accettarono le conclusioni. Si ipotizzava infatti, proprio dalla esamina dei cosidetti “shock da granata”, cui tutti i reduci in qualche modo soffrivano, un meccanismo psichico particolarissimo la cosidetta “coazione a ripetere” che portava detti reduci non a dimenticare ciò che aveva loro arrecato disagio e sofferenza, come il principio del piacere avrebbe imposto (“l’uomo fugge il dispiacere e cerca sempre il piacere”, aveva sentenziato lo stesso Freud), ma al contrario a ricordarlo ossessivamente, sia consciamente, raccontando mille, milioni di volte l’episodio traumatico, come tutti noi abbiamo avuto modo di verificare se abbiamo avuto modo di frequentare dei reduci di guerra, sia inconsciamente, nei sogni, nelle fantasie. Di tale coazione a ripetere, anche e soprattutto la sofferenza, Freud in quanto medico aveva avuto modo di appurare durante tutto il lungo periodo della guerra e questo lo aveva portato a cominciare a mettere in serio dubbio le sue certezze sul principio del piacere, fino ad essere spettatore, oramai a guerra finita, di un episodio di una banalità quasi disarmante : in visita ad un suo nipotino, aveva visto che questi si entusiasmava in maniera esaltante, gettando un rocchetto oltre la spalliera di un divano sicchè non fosse più visibile e a quel punto si produceva in lamenti accorati, che cessavano solo quando attraverso il filo dello stesso rocchetto lo ritraeva di nuovo a sé, producendo a stretta correlazione con le diverse fasi delle azioni, opportune vocalizzazioni precedute da un “Oooohhh”: la prima “Fort” che andava inteso come“ va via” e la seconda “Da” che invece significava “rieccolo”. Beh ! ragazzi… sono certo che nessuno di noi avrebbe cambiato lo stesso modo di intendere il mondo da una banalità simile, cui a buon bisogno avremo anche assistito tantissime volte, ma nessuno di noi si chiama Sigmund Freud! Solo Freud difatti, da quel giochetto apparentemente banale doveva arrivare a dedurre che il bimbo, lanciando il rocchetto lontano da sé, simboleggiava la perdita della madre e, ritraendolo poi attraverso il filo dello stesso rocchetto di nuovo a sé, ne rappresentava il ritorno. Piacere e dispiacere intessuti insieme, non contrastanti, ma un tutt’uno, quindi come logica conseguenza: profonda revisione di tutta la sua precedente teoria della libido fondata sul principio del piacere e individuazione proprio attraverso il meccanismo della coazione a ripetere, di un principio non solo contrastante con il piacere, ma addirittura composito e anzi più potente, che però a questo punto non poteva essere denominato tout court di dispiacere, ma di un qualcosa di molto più profondo e di arcaico, che Freud individuò in una “pulsione di morte” Ovvero proprio in virtù della coazione a ripetere, l’uomo come tutte le cose del creato, tende a voler tornare da dove è venuto, ovvero dal nulla. Per dare maggior corpo a tale teoria Freud trovò correlati col 2° principio della termodinamica (in un sistema chiuso tutte le forze tendono allo stato di quiete) e col fatto che ogni nascita comporta la rottura di uno stato di quiete, quiete che il sistema “turbato” tenderà a ristabilire; la famosa legge dell’entropia, ovvero l’aumento del disordine che potrebbe benissimo venir equiparato alla vita stessa e quindi alla forza che lo anima “Eros” mentre lo stato di quiete cui si tende a ritornare avrà il suo fine nella forza, non-forza, che solo apparentemente è antitetica “Thanatos” una eterna insopprimibile pulsione di morte. Come fatto cenno, questa teoria, sconvolgente fino alla vertigine non solo non è stata mai accreditata nell’immaginario collettivo e generale, ma gli stessi addetti ai lavori, e cioè gli psicoanalisti, fatte salve poche eccezioni (Ferenczi, Melanie Klein, Lacan, Fagioli) l’hanno profondamente avversata, questo soprattutto perché con l’introduzione di una pulsione di morte, per ammissione dello stesso Freud (Analisi terminabile e interminabile) viene meno ogni illusione terapeutica, proprio per l’individuazione nella psiche di un nucleo patogeno fisso, qualcosa che non è possibile mai scaricare per intero, che continua a ripetersi sempre identico a se stesso al di la’ di ogni teleologia vitalistica. Va notato che al di là dei luoghi comuni su Freud, che lo ritraggono ancora come un pantasessista, legato solo al piacere, dal 1920 anno della pubblicazione di Al di là del principio del piacere, fino alla sua morte nel 1939, e quindi per un periodo equivalente a quello in cui aveva diffuso la sua teoria della Libido, mai e poi mai Freud ha messo in discussione la sua teoria della pulsione di morte, sancendo in tal modo l’inguaribilità del disagio psichico e tutto sommato l’inutilità della terapia. Sarebbe pertanto il momento di confrontarci, anche a livello di opinione pubblica, così come tutto sommato viene codificato in uno dei suoi ultimi saggi "Analisi terminabile e interminabile" con questi secondi vent’anni della sua vita, ricchi peraltro di saggi e teorie, non certo meno profondi di quelli dei primi, facendo leva su di un pensiero e su una teoria che sono l’esatto contrario di quelli del precedente periodo
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