A me, la cosa che più mi fa sorridere, anzi che mi fa veramente sganasciare dalle risate, è una mia personale fantasia sulla scena di quando Hitler aprì la lettera che gli aveva indirizzata il nostro amico Groddeck “e questo chi è?” aveva chiesto alla SS che gliel’aveva portato “Sapete mio Fuher, quel medico di Baden Baden, amico di quell’altro strano individuo, sa quel dottore di Vienna…” “Sigmund Freud ??? Si quello lo ricordo, quello che lo abbiamo fatto andare a Londra ma lui ci ha scritto che “raccomandava il nazionalsocialismo e la Gestapo a chicchessia!” “Già!” “a pensarci bene qualcuno mi ha detto che c’è un certo doppio senso, una ironia di fondo in tale dichiarazione, ma a noi nazionalsocialisti importano i fatti, non la cultura, non l’ironia, non l’intelligenza; ma torniamo “a noi” come dice il mio amico Benito (siamo grosso modo nel ‘33, quindi Benito Mussolini era ancora un suo modello), allora come si chiama questo medico di Baden Baden?” “George Groddeck!” “mmm…. il nome non mi dice niente, vediamo che cosa mi scrive…”Ecco qui, la fantasia non basta, qui ho bisogno di tirare in ballo qualcuno di veramente straordinario, qualcuno che con suo “tocco” ha cambiato i termini della rappresentazione che è stata la più rilevante caratteristica del XX secolo: il cinema. Si è lui Ernst Lubitsch, di area mitteleuropea come Hitler, come Groddeck, come Freud , ma attivo, anzi tra i protagonisti assoluti della Hollywood dello star system, dove ancora in quel periodo vigeva la frase di Al Johnson “Signori non avete ancora sentito nulla!” La mia fantasia fa invece un saltino in avanti di qualche anno e arriva al film, ovviamente di lui, Ernest Lubitsch “to be or not to be” con una sola parola/grido/imprecazione/richiamo : SCHULTZ!!! O meglio ...“Sssccchhhhuuuuultz!!!!! Nel gerarca nazista buffo e pacioccone, tutto sommato simpatico, che chiama disperatamente il suo attendente, ecco io ci vedo il terribile Hitler, che, anche lui la faccia da macchietta, con quei baffetti, il riportino dei capelli, i suoi tic e modi da barzelletta da manicomio, ce l’aveva eccome ! “Schultz!!! chiamami Goebbels, chiamami Goering, Hess, chiamami chi ti pare, ma subito qualcuno che mi vada a prendere questo dannatissimo George Groddeck e me lo porti qui alla mia presenza, immediatamente!!!!!” Cosa c’era scritto in quella lettera che aveva fatto andare talmente fuori dai gangheri il Fuhrer, tanto da fargli anticipare la macchietta del gerarca pacioccone e i suoi continui richiami allo Schultz di turno? Non è dato saperlo, però conoscendo il senso, soprattutto delle lettere ad un’amica del libro dell’Es che ancora oggi fanno imbestialire chicchessia (soprattutto i medici di professione e le donne), non è difficile immaginarlo: richiami a traumi infantili, edipo non risolto, simbiosi di tipo incestuoso con la madre, e magari un invito a farsi ricoverare nella sua clinica per avviare un trattamento terapeutico.
Ma chi era George Groddeck ? e come era arrivato a quella determinazione di inviare una lettera a Hitler, che francamente era un po’ l’incarnazione di tutte le turbe che era andato elencando in quella raccolta epistolare indicata con il sottotitolo di “lettere ad un’amica” che rispondeva al nome del “LIBRO DELL’ES” Nato nel 1866 era cresciuto in una famiglia ricca soprattutto di fermenti culturali e aveva intrapreso la professione medica, attratto da idee e studiosi meno ortodossi della pratica della medicina tradizionale, in particolare il Dr.Ernst Schweninger che aveva un clinica in Baden Baden e che lui più tardi rilevò chiamandola “Marienhole” dove portò avanti e anche all’esasperazione il suo approccio alla malattia caratterizzato da istanze psicologiche e dopo un primo momento di rifiuto, anche psicoanalitiche, secondo le teorie di Freud, di cui in breve entrò nell’orbita ed anche di altri grandi studiosi in materia, in primis Sandor Ferenczi di cui divenne addirittura il medico personale, quindi Otto Rank, Melanie Klein, Karen Horney, Erich Fromm, che lo considerava tra i maggiori psicoanalisti dell’epoca, sia per l’originalità del suo pensiero, sia per l’efficacia della sua pratica terapeutica. In quanto a Freud , malgrado ne riconoscesse il pensiero e la pratica poco ortodossi rispetto alla psicoanalisi lo aveva nella massima stima e come è noto adotto’ il termine “ES” quale appunto Groddeck definiva l’inconscio, per denominare la sua scoperta “ “devo affermare “ gli scrisse in una lettera “che lei è uno splendido analista, il quale ha afferrato irrevocabilmente la sostanza della questione… chi riconosce che il transfert e la resistenza sono la chiave di volta del trattamento, appartiene ormai, senza rimedio, alla nostra schiera.” Fu proprio su pressione dello stesso Freud, che Groddeck entro’ a far parte della Società Psicoanalitica, declinando poco dopo l’invito, soprattutto perché lui amava sempre definirsi uno psicoanalista “selvaggio” uno che continuava ad operare coi suoi metodi nella clinica di Baden Baden e che ribadiva a livello teorico in una rivista di arte e cultura “Die Arche” e in libri, oltre al suo più famoso e già citato “Il libro dell’Es” che contribuì a diffondere, sotto forma di un finto epistolario tra Patrik Troll (pseudonimo di Groddeck) ed una sua amica, molti concetti della psicoanalisi, riformulati in maniera originale e stimolante, e rappresenta a tutt’oggi uno dei testi più importanti in materia di psiche: i carteggi con Freud e con Ferenczi, il romanzo “lo scrutatore di anime”, i saggi “Satanarium” , “Nasamecu” e “il linguaggio dell’Es. C’è da notare che la sua personalità ricca di vistose e suggestive contraddizioni, gli spunti geniali contenuti nei suoi scritti, che volutamente rifuggivano la sistematicità e il dogmatismo delle trattazioni scientifiche, furono subito oggetto di forte controversia e ostracismo. Il primo contatto, in particolare con il suo libro più famoso, Il Libro dell’Es, quello appunto scritto in forma epistolare provocava - e provoca tuttora - spesso reazioni violente: dalla venerazione all’antipatia, alla repulsione, reazioni quasi sempre di carattere emotivo (l’ho detto soprattutto a livello di classe medica ortodossa e di sensibilità femminile) e avevano e hanno poco a che fare con una intelligente valutazione delle sue parole; insomma proprio quella ben riassunta dal personaggio Hitler, gratificato da una lettera aggiuntiva e con la reazione di cui sono andato a prendere in prestito le immagini di un film dove Ernest Lubitsch, l’ideatore del più famoso dei “tocchi” riesce a dargli anche un correlato auditivo “Schultz!!!!!” Avvertito in tempo, Groddeck riuscì a sottrarsi alla cattura da parte degli sgherri di Hitler, ma morì poco dopo, nel 1934 in Svizzera dove si era rifugiato. Non è comunque solo dal Libro dell’Es che la straordinaria personalità del nostro personaggio emerge: in “Nasamecu” sottotitolo “la natura guarisce, il medico cura” era stato preso in esame il pensiero e comportamento umano, quando parla di “Es” egli intende un qualcosa che è anteposto sia all’ Io che al Super-Io, che più di viverlo l’uomo, ne è vissuto, un qualcosa di cui si deve assolutamente tenere conto quando si voglia pensare all’uomo come totalità. La sua influenza nel mondo è stata enorme, agli inizi più nell’area lingua inglese, Auden, Henry Miller, Lawrence Durrel, poi a livello europeo di cui fu lo stesso Durrel che ne avviò anche in area germanica negli anni sessanta la nuova edizione delle opere e Ingebor Bachmann in un saggio destinato alla rivista Der Spiegel, rammaricandosi per la scarsa attenzione rivolta a Groddeck nonostante il tentativo di Durrell di riportarlo alla luce, scrisse nel 1967: “A tutti, oltre alle gocce per la tosse e alle iniezioni, dovrebbe essere prescritto il Libro dell’Es , uno dei classici del secolo”. Più recentemente fecero a lui riferimento le scrittrici Simone de Beauvoir e Susan Sontag. In territorio anglo-americano l’opera di Groddeck vanta una lunga tradizione. Michael Balint, scrisse : “Ha ragione Groddeck: non è vero che noi viviamo, in verità noi in gran parte veniamo vissuti dall’Es”. È una citazione tratta dal libro Elementi di Psicoanalisi dello psicoanalista italiano Edoardo Weiss, la cui prima edizione è del 1930: molto probabilmente è questa la prima volta che compare il nome di Groddeck in Italia, insieme alla sua parola più celebre, Es, appunto. Anche da noi le trentatré lettere a un’amica contenute nel Libro dell’Es dovettero attendere trent’anni prima di essere tradotte e sono tuttora uno dei libri più diffusi e letti. In Francia, il Paese di Sartre, di Lacan, dagli anni settanta Groddeck è uno degli psicoanalisti più discussi e conosciuti. Le sue opere sono edite anche in Scandinavia, Olanda, Spagna e Portogallo e nei paesi sudamericani. Nel 1984, nel cinquantesimo della morte, a Baden-Baden fu organizzato il primo simposio su Groddeck, internazionale e interdisciplinare, e nel 1986 a Zurigo venne fondata la Georg-Groddeck-Gesellschaft, con sede a Francoforte, allo scopo di far conoscere la persona e i suoi scritti. Uno dei tesori nascosti in esso contenuti è il recupero della fonte diretta del concetto di Es, che sarebbe da ricondurre non tanto a Nietzsche, come aveva tenuto a precisare Freud quando aveva preso il termine da Groddeck, per indicare il suo inconscio, quanto a Wilhelm Bölsche: questi, pur non essendo lo scopritore dell’Es, ne parlava già nel 1904 nello stesso modo in cui farà Groddeck qualche anno più tardi, ovvero come un’entità, più o meno misteriosa, ma sempre presente nella natura umana che è la vera responsabile non solo delle sue fantasie, dei sogni, degli atti mancanti e dei lapsus, ma anche della malattia, della morte e del suo ambiguo rapporto con il “de-siderio”
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