Tutti noi lo avremo sentito dire perlomeno un milione di volte: “Eh! Se Mussolini non si fosse alleato con Hitler? …se non fosse entrato in guerra con la Germania…” Quello che questa “vox populi” non tiene assolutamente conto e’ che non solo non si sia trattato di uno schiribizzo e neppure di una cosa fortuita, ma bensì di una cosa fortemente inscritta nella prassi del Regime, e non solo a livello di comune ideologia, ma di pragmaticissima politica estera che solo a partire da un dato particolare momento prese quella direzione, che portò inevitabilmente a tale alleanza e che si badi bene, prima di tale particolare momento che qui a seguito andremo a dettagliare, la politica, i fattori nazionali e internazionali, lo spirito del Paese e dello stesso Mussolini erano su tutt’altro versante, anzi decisamente opposto. Per capire bene di cosa stiamo parlando, dobbiamo considerare l’assunto che Mussolini fino dalla sua ascesa al Governo nell’ottobre 1922 e vieppiu’ dopo il superamento della Crisi Matteotti e il consolidamento del fascismo come regime autoritario e antidemocratico , osservò sempre una politica strettamente filo francese e inglese. In tale spirito furono effettuate le partecipazioni alle diverse conferenze internazionali e mai e poi mai né Mussolini né alcuno del suo Governo mise minimamente in forse l’autorità e l’influenza della Società delle Nazioni, venuta fuori dalle trattative dei trattati di pace post bellici, di cui l’Italia fu una delle promotrici più solerti (attenzione proprio l’italia di Mussolini il quale sempre più andava assumendo quella operettistica qualifica di Duce, o anzi come si compiaceva lui, con il suo latino di maestro elementare, di “DUX”). Per inquadrare il fatto da un punto di vista storico dobbiamo partire dai primi anni trenta e da due personaggi, il primo straniero Dolfuss che aveva costituito un regime tipo fascista in Austria ed era un fanatico ammiratore del Duce italiano, il secondo invece che era uno dei più stretti collaboratori di Mussolini, fascista della prima ora, il bolognese Dino Grandi, rappresentante dell’area sindacalista del fascismo, di certo non uno dei più docili seguaci, proprio lui difatti anzi ancor prima della Marcia su Roma aveva costituito una pericolosa fronda nei riguardi del “capo”. Dolfuss era un personaggio mite, anche fisicamente dimesso, piccolino con due baffetti ridicoli tipo Hitler, nelle poche foto che lo ritraggano accanto al suo modello ispiratore italiano, balza subito in evidenza l’enorme senso di soggezione e complesso di inferiorità che ne contraddistingueva il comportamento. Grandi al contrario era alto, volitivo, un pizzo simile a Italo Balbo, anche lui era stato un eroico combattente in guerra, ufficiale degli alpini, con la pipa, lo sguardo fierissimo, era tra l’altro un fascista sui generis, per nulla in soggezione al cospetto di Mussolini, considerava inoltre il fascismo una sorta di parentesi eccezionale della prassi parlamentare e pensava che quanto prima vi si fosse fatto ritorno tanto meglio sarebbe stato. Nel 1929 era asceso al ruolo di Ministro degli Esteri e da subito in tale incarico rifulsero le sue doti maggiori che erano l’intelligenza, l’equilibrio, la sagacia, la diplomazia; la sua opera tesa ad accreditare l’Italia nel consesso delle nazioni più avanzate e civili, fu il marchio di fabbrica della sua azione e gli assicuro’ vasti ed entusiasti consensi della comunità internazionale , in special modo quella inglese. Amico personale di Winston Churchill, in Inghilterra per i suoi modi raffinati e signorili, nonché sempre improntati alla massima intelligenza, lo chiamavano “Lord Dino” e comunque, mai l’Italia aveva avuto un Ministro degli Esteri di tal fatta. La fissazione di Grandi poi era il mantenimento della pace in Europa e una seria politica verso il disarmo di tutte le nazioni “una guerra oggi tra le Nazioni d’Europa” diceva a chiare lettere “altro non si risolverebbe se non in una immane catastrofica guerra civile, e rappresenterebbe un vero e proprio tramonto e suicidio del nostro glorioso continente” ed ancora “bisogna impegnarsi seriamente in una politica di pace, volta al disarmo e alla collaborazione internazionale “ Affermazioni che stridevano un po’ troppo con le coeve esortazioni mussoliniane “gli otto milioni di baionette” “se avanzo, seguitemi” o peggio a quelle di qualche anno più avanti “ad atti di guerra, risponderemo atti di guerra…” che segnarono l’abbandono dell’Italia della Società delle Nazioni e addirittura comportarono delle sanzioni economiche di Francia e Inghilterra in occasione della guerra d’Etiopia. Ma siamo andati un po’ troppo avanti nel tempo, Mussolini si era oramai da più di due anni liberato del suo ingombrante Ministro degli Esteri, di fatto invalorandone tutta la lungimirante azione, che a rigore aveva avuto dei contrasti sia interni nell’ambito del Regime ove anche da parte di vecchi amici come Balbo, lo si accusava di pacifismo, sia a livello soprattutto francese che a livello di disarmo non voleva sentire parlare. Così il Duce, che nominava Grandi Ambasciatore a Londra, assumeva su di se l’interim degli Esteri e ben presto anche soprattutto a causa di quel primo personaggio cui avevamo fatto cenno, Engelbert Dolfuss, finirà per imboccare quella strada obbligata dell’alleanza con Hitler. Ma chi era questo Dolfuss e perché una personalità così scialba doveva contribuire in maniera così precisa ad imprimere una strada tanto disastrosa al nostro paese? Dolfuss era il maggior rappresentante del Partito Cristiano Sociale ed era arrivato al potere nel 1932, proprio quando Grandi era stato silurato da Ministro e Mussolini era in cerca di primi riscontri alla sua nuova veste di grande diplomatico. Essendo Dolfuss contrario all’Anchluss tedesco, ovvero all’annessione dell’Austra alla Germania, come Hitler da pochissimo asceso alla cancelleria andava perseguendo tra le sue priorità, il Duce vi aveva visto immediatamente una formidabile occasione per ribadire una sua superiorità in merito all’assetto europeo: contrario anche lui ovviamente ad un eccessivo rafforzamento della Germania, e quindi contrario all’Anchluss, aveva spinto Dolfuss a creare un regime simile al fascismo, ergendosi a paladino della sua integrità nazionale e siglando nel marzo del ‘34 i cosidetti protocolli di Roma , ovvero un accordo Italia-Austria-Ungheria, che avrebbe difeso , anche militarmente, qualsiasi ingerenza tedesca o tentativo di annessione. Appena pochi mesi dopo però nel luglio un tentativo di pronunciamento da parte del partito favorevole all’Anchluss con una decisa partecipazione di elementi nazisti travestiti con uniformi austriache, riuscì ad uccidere Dolfuss, ma non a prendere il potere anche proprio per il tempestivo intervento di Mussolini che ordino’ la mobilitazione al Brennero di quattro divisioni italiane. Hitler che sulle prime aveva esultato sull’andamento del “putsh”, sorpreso dalla reazione italiana e di Mussolini, che anche lui considerava il suo maestro, delcinava ogni responsabilità, dichiarando ufficialmente il proprio rammarico per l’uccisione del Primo ministro austriaco, e provvedendo immediatamente a sostituire l’ambasciatore a Vienna con Franz von Papen ed impedendo ai congiurati, che dopo la sconfitta avevano ripiegato verso il confine, di entrare in Germania, disponendo anche la radiazione dal partito nazista austriaco dei capi del medesimo che si erano compromessi con il tentativo di colpo di stato. Apparentemente quindi un successo senza precedenti per Mussolini e il suo ruolo di arbitro della politica europea, tanto più che sia Francia e inghilterra erano rimasti come paralizzati e non parliamo della Società delle Nazioni, il cui ruolo di grande mediatrice ne era uscito platealmente compromesso. Ecco il punto : forse troppo! Mettiamoci nei panni di un uomo vanaglorioso, presuntuoso e tutto sommato non raffinato come Mussolini: nella sua mente tutta impulso, sempre diretta, assolutamente aliena da giochi diplomatici, da opportunità, da compromessi, il cedimento plateale di Francia e Inghilterra nonché della Società delle Nazioni , andava innanzi tutto preso come elemento di debolezza. L’unico che era stato in grado di contrapporsi ad Hitler era stato lui e lui dall’alto di quel suo nuovo ruolo di grande arbitro, di quasi demiurgo della situazione europea, poteva anche prendere in considerazione la possibilità di valutare questo nuovo esponente dell’assetto europeo, ma certo a modo suo, come era avvenuto a venezia giusto il mese precedente al tentativo di anchluss, dove Hitler era rimasto talmente in sottordine alla prorompente figura del Duce, da non sembrare poi così differente dal povero Dolfuss. . Ecco quindi la genesi dell’alleanza con Hitler, un rapporto sbilanciato che col tempo andrà assumendo peculiarità decisamente opposte . Abbandonando sempre più le relazioni con Francia e Inghilterra, Mussolini andrà perseguendo strategie di rapporti internazionali, sempre più assurde, velleitarie e anche fallimentari. Assumendo, anzi riesumando un banale incidente di frontiera con l’etiopia a Ual Ual nel ‘34, per scatenare una compagna coloniale in un’epoca in cui tutte le altre nazioni europee stavano addivenendo alla risoluzione di dismettere i loro cosidetti “imperi” si andrà ad impantanare nelle più che giuste sanzioni economiche che Francia e Inghilterra impartirono al nostro Paese; ed ecco che quel primo originario rapporto di sudditanza con il da lui schernito “caporale austriaco coi baffetti da charlot” , cominciava ad assumere altre connotazioni, l’Italia aveva bisogno della Germania, sia per gli approvvigionamenti alle truppe impegnate nella guerra contro l’Etiopia, sia per avallare la tanto strombazzata “autarchia” che le consentisse con altri accordi economici di non far risentire troppo marcatamente alla popolazione gli effetti delle Sanzioni , e poi…la storia la conosciamo: la visita di Hitler a Roma, quella di lui a Berlino, le adunate, le spettacolari parate naziste, i ridicoli scimmiottamenti del passo dell’oca tedesco con un improbabile “passo romano” la guerra in comune in Spagna, l’appoggio oramai incondizionato ad un serio anchuluss nel 38, le Leggi razziali , la farsa di Monaco sempre nel ‘38, e orami il Patto d’acciaio, l’Asse Roma-Berlino-Tokio , l’avallo a qualsivoglia sopruso tedesco, la conquista nazista di Praga nel marzo del ‘39 e poi i Sudeti, la polonia, la guerra nel settembre 1939.
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