A lambire, solleticare l’estasi, non sono solo opere d’arte, romanzi, quadri, musiche , film,…. qualche volta capita che una persona umana ci si avvicini particolarmente: con la sua presenza, con il suo pensiero, con il suo comportamento, con il suo stesso essere e anche con il suo non-essere: persone a volte importanti, si che il loro esempio e’ entrato a far parte di quel cosiddetto “immaginario collettivo”, come… ecco la mitica anche se realissima Sissi, ovvero Elisabetta di Baviera, poi Imperatrice, sulla quale sono stati fatti una pletora di libri, biografie e famosi, anzi famosissimi film come quelli con protagonisti la deliziosa Romy Schneider. Elisabetta, detta Sissi era la figlia del Duca Massimiliano di Baviera della famiglia dei Wittelsbach, un nobile un po’ sui generis, che poco si occupava della vita di corte e preferiva vivere semplicemente tra cacce, donne, bevute e grandi mangiate soprattutto nella sua residenza estiva di Possenhofen, una tenuta cui Sissi era cresciuta e che le era molto cara. Anche la madre Lodovica faceva parte della famiglia Wittelsbach, ma era la figlia del Grande Elettore Massimiliano, che poi divenne Re e quindi apparteneva al ramo principale della famiglia Reale, quindi a rigore era di un livello più elevato del marito; era tra l’altro sorella dell’arciduchessa Sofia, la madre di Francesco Giuseppe destinato a divenire Imperatore, ma anche lei come il marito non fu mai attratta dalla vita di corte e preferì sempre una vita casalinga e semplice. La nostra Sissi, cresciuta in questa atmosfera, diciamo così molto poco formale e per nulla attenta a etichette e costrizioni, sviluppò pertanto un carattere libero, spensierato, disinvolto, amante della natura e delle cose semplici e per di più con un animo sensibile e in linea coi tempi, assai romantico. A quattordici anni si innamorò di uno scudiero del padre, ma ovviamente essendo il ragazzo di basso lignaggio venne allontanato dal palazzo, cosa che nell’animo gentile della fanciulla produsse un effetto sconvolgente, aggravato dal fatto che poco dopo quegli morì. Comincio così a scrivere strazianti poesie sul suo amore sfortunato e a manifestare i tratti di quella melanconia e insoddisfazione che l’avrebbero accompagnata per tutta la vita. L’amore per la natura, la semplicità, la relativa libertà di cui godeva pur essendo di famiglia nobile, imparentata con Re e Imperatori, si coniugava quindi ad una sensibilità particolarissima, alimentata da una letteratura struggente di quella metà del secolo, mentre andava facendosi sempre più evidente una ulteriore caratteristica che avrebbe giocato una parte di primaria importanza nella sua vita: l’avvenenza. Crescendo difatti la giovane duchessa andava facendosi sempre più bella: era altissima per i suoi tempi, un metro e settantadue centimetri, ovvero una misura che pochi uomini raggiungevano, i capelli lunghissimi, il fisico temprato dalle scorrazzate all’aria aperta, le cavalcate, e tale avvenenza doveva giocare una parte di rilievo quando la zia Sofia aveva deciso di dare in moglie sua sorella Elena, al proprio figlio Francesco Giuseppe che per una serie di circostanze era asceso nel dicembre del 1848 al trono Imperiale d’Austria. L’Arciduchessa Sofia aveva deciso di far incontrare i due ragazzi a Ischl residenza estiva dell’imperatore, durante la festa di compleanno di quest’ultimo e annunciare pubblicamente il loro fidanzamento, ma la mamma aveva portato con se’ anche Elisabetta, nella speranza di strapparla alla malinconia nella quale era sprofondata, con la vicenda del suo sfortunato amore, e anche con l’intenzione di vagliare un suo possibile fidanzamento con Carlo Ludovico, fratello minore di Francesco Giuseppe. La duchessa Ludovica e le figlie arrivarono a Ischl il 16 agosto 1853, ma dal primo incontro che le due ragazze ebbero con l’illustre cugino, quest’ultimo non ebbe occhi che per la giovane Sissi e il giorno dopo annunciò alla madre che lui non avrebbe sposato nessun altra che lei. Anche se Sofia avrebbe preferito di gran lunga la più matura e meno ribelle Elena, dovette acconsentire al volere del figlio e chiedere alla sorella la mano della figlia più piccola; la cosa che portò un grosso sconcerto in tutti e principalmente in lei la giovane Sissi, del tutto ignara dell’effetto che aveva prodotto sull’illustre cugino e che era frastornata da quanto era andato succedendo in quei giorni, ma che alla fine poteva riassumersi nella frase che ebbe a pronunciare “non si può dire di no all’Imperatore d’Austria!”, però per lei non sarebbero stati le rose e i fiori, che il viaggio in battello sul Danubio con le popolazioni festose lungo il greto a salutarla, ammaliate dal suo fascino fresco e rigoglioso di bellissima ragazza di 16 anni, suggerivano a mò di incarnato da fiaba; difatti l’austerità e i formalismi della Corte Asburgica, accentuati e come coagulati nella rigidissima presenza della zia suocera, l’arciduchessa Sofia, avrebbero finito per renderle la vita impossibile.Ed è proprio in tali difficoltà e sofferenze che viene fuori la Sissi come ci è stata tramandata, inquieta, sempre alla ricerca di un qualcosa che potesse lenirle la noia, la sofferenza, le umiliazioni. Insomma un ben diverso quadro della fiaba con cui tutto era cominciato e la vita non le avrebbe risparmiato nulla: la depressione, la malattia, le controversie, sempre colla suocera sull’educazione dei figli, la primogenita morta, il cugino il famoso Ludwig Re di Baviera, prima quasi impazzito e poi morto in circostanze misteriose, forse nell’ottica dell’unificazione della Germania dopo la guerra del ’70, la perdita di numerose fette di territorio imperiale, dopo la guerra del ‘59 e dopo quella del ‘66, il cognato Massimiliano ucciso in terre lontane e quasi a compendio, la tragedia dell’unico figlio maschio, Rodolfo, erede al trono, morto, forse suicida, a Mayerling assieme alla sua amante la contessa Maria Vetsera, e comunque in circostanze che non sono state chiarite neppure oggi. A tutte queste contrarietà aveva sempre fatto fronte non perdendo mai quella sua disposizione verso l’estasi, verso il sublime, il bello…, anzitutto nella sua persona, che a parte i denti che come aveva rimarcato la suocera fin dal suo primo incontro “non erano sani” , manteneva in maniera fantastica, colla vita aperta, le cavalcate, perfino la ginnastica, che faceva ogni mattina, disponendo che in tutte le sue residenze, fossero apparecchiate spalliere, funi, pesi, anelli e altri attrezzi per l’esercizio fisico. Abbiamo detto che era alta 1,72 e per tutta la vita non era pesata mai più di 50 chili, e gli sforzi per non perdere mai tale caratteristiche non avevano mai subito flessioni o dimenticanze: dormiva con i fianchi avvolti in panni bagnati per mantenere la snellezza del punto vita e faceva uso di maschere notturne a base di fragole e carne cruda, faceva bagni caldi nell’olio di oliva e seguiva un rigidissimo regime alimentare; le occorrevano ore per vestirsi perché gli abiti dovevano cucirlersi addosso si da far risaltare al massimo appunto la sua figura: la sola allacciatura del busto, necessaria a ottenere il suo famoso vitino da vespa, richiedeva spesso un’ora di sforzi. Ma la parte del corpo dove raggiungeva il parossismo erano i capelli, che portava lunghissimi fino alle caviglie: Il loro lavaggio era eseguito ogni tre settimane con una mistura di cognac e più di 30 uova e quotidianamente per acconciarli ci volevano non meno di tre ore. Abbiamo elencato le sue manie a livello personale e della cura del suo corpo, ma Elisabetta era parimenti una cultrice del bello anche nelle altre persone; grazie al suo ruolo di Imperatrice aveva inviato richieste ai regnanti di tutta Europa e anche extra Europa, che le procurassero foto di giovani e giovanette di particolare avvenenza, di cui aveva una collezione smisurata. Un altro fattore che aveva per lei una importanza straordinaria era l’Ungheria. Nel 1867 era stata, assieme al marito, incoronata Regina di Ungheria e si era presentata alla festa dell’inaugurazione nel costume tradizionale ungherese, facendo perdere la trebisonda a tutti gli orgogliosi nobili del luogo, in particolare al conte Gyula Andrassy, orgogliosissimo patriota magiaro, che aveva militato con Kossuth durante le guerre nel ‘48 e ‘49 ed era stato condannato a morte dall’Austria nel 1851, e per questo essendo un uomo estremamente affascinante era stato soprannominato “le beau pendu” . Nel ‘57 era stato graziato e 10 anni dopo con la costituzione della Duplice monarchia era diventato primo Ministro ungherese del Regno d’Ungheria e anche accreditato di una relazione proprio con la Imperatrice (le malelingue dicevano che l’ultima figlia di Sissi non fosse di Francesco Giuseppe, ma sua). Sissi non era nuova a queste dicerie, una volta in incognito aveva partecipato ad una festa in maschera e fidando proprio sulla sua non riconoscibilità, aveva flirtato con un cavaliere, lasciandolo nel dubbio se avesse avuto o meno a che fare con l’Imperatrice. Di certo Sissi si era presa, diremmo oggi, una cotta, per l’Ungheria, le sue tradizioni, i suoi pittoreschi costumi, le rutilanti uniformi degli ufficiali, la lingua difficilissima che aveva imparato alla perfezione, e la sua residenza di Godollo era diventata il suo luogo d’elezione. Anche in questo era controcorrente alla tendenza generale di tutti gli Asburgo, in sommo grado dell’Arciduchessa Sofia, ma anche dello stesso Franz Joseph, che detestavano gli ungheresi considerandoli infidi, e però in qualche modo l’aveva trasmessa al figlio Rodolfo che difatti sembra proprio che gli Ungheresi nel 1888 gli avessero offerto di diventare Re di Ungheria, e tale fatto anche se lui non aveva accettato per non creare uno scisma in seno all’Impero, potrebbe benissimo essere addotto al misterioso suicidio di Mayerling, che potrebbe non essere stato un suicidio, ma un tentativo del Governo di Vienna di scongiurare una volta per tutte un tale pericolo. In conclusione abbiamo visto che tipo di donna fosse Elisabetta di Baviera, la celeberrima Sissi, un donna avanti nei tempi di oltre cent’anni e anche come pensiero, come idee, non era da meno. Democratica e libertaria ante litteram, anti clericale con concezioni che potevano benissimo essere considerate proto comuniste, era contrarissima ad ogni forma di monarchia e persino di aristocrazia; più volte aveva asserito che le plebi avrebbero dovuto cacciare tutti i regnanti e il suo desiderio più ardente era che il marito abdicasse e andassero a vivere in qualche luogo appartato. Era insomma l’antitesi stessa della concezione di monarchia ereditaria, l’antitesi anche di quell’Impero multietnico di cui si ritrovava ad occupare il nome e il ruolo di Imperatrice. Eppure paradossalmente per una strana ironia della sorte, doveva finire la sua vita proprio come simbolo e come vittima di quel tipo di potere che tanto detestava, uccisa da un anarchico talmente disperato che non avendo i soldi per acquistare un pugnale, si era fatto affilare una lima da un ferraiolo e con quello sulle rive del Lago di Ginevra aveva inferto il colpo mortale al cuore dell’oramai anziana Imperatrice. Paradosso e controparadosso, come al solito nelle cose della vita: Sissi moriva come vittima di un tipo di mondo che andava scomparendo, eppure l’anarchico che l’uccise, aveva realizzato il suo desiderio più profondo “morire improvvisamente, rapidamente e se possibile all’Estero” come aveva scritto nel suo diario poetico, pubblicato giusto cent’anni dopo la sua morte nel 1998. Sissi la bellissima, la quintessenza di un’es-tasi, che andava oltre il suo tempo e che ancora oggi suscita emozioni inusitate, velate anche di quel “avrebbe potuto essere…” che è parte essenziale di ogni Mito, Sissi di cui innumerevoli sono stati gli scritti su di lei, i film, le mini serie televisive, ma che forse con maggiore incisività è stata interpretata dalla attrice Romy Schneider, per via anche di una certa associazione di percorso esistenziale, segnato da gioia, bellezza, estasi, ma anche da grandi tragedie: certamente nei film degli anni cinquanta dove si vede la spensierata ragazzina nell’incantata atmosfera della giovinezza e di un amore da fiaba con tanto di Principe azzurro (altro che Principe, un Imperatore sa pure di poco più di 20 anni!), ma anche nel film di Visconti Ludwig, dove sempre lei Romy Schneider tornava ad interpretarla, ma con tutto il fascino di una splendida maturità, vestita di scuro accanto ad un Helmut Berger che interpretava a sua volta il Re folle Ludwig di Baviera, quello che lei chiamava “mon beau cousin”
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