martedì 29 dicembre 2020

NETTO CONTRARIO . DOV'ERA L'IO PUO' ESSERE L'ES

L’Attenzione è uno degli strumenti più potenti che vengono studiati in Ingegneria della Realtà perché capace di trasmettere/inviare attenzione-positività o attenzione-negatività ed influenzare la realtà essendo tu “causa” che produce “effetto” però ecco ritengo che in questa appunto precisazione, quel "tu" suona troppo come "io conscio" fondato appunto sul "sintomo" - quell'accadere insieme, che sostanzialmente riflette la famosa affermazione di Freud "dov'era l'Es dovrebbe essere l'Io " =
"Wo Es war, soll Ich werden. Con questa semplice frase che gioca sulla possibilità di leggere la seconda parte in prima persona singolare o in terza ("Dov'era, devo diventare" oppure "Dov'era Es, deve diventare Io" o addirittura "Dove era l'Es, deve subentrare l'Io") in altri termini che pone il problema non della oggettivazione dell'Io ma della soggettivizzazione dell'apparato psichico e, più radicalmente, dell'individuo, Freud conclude la 31^ lezione di introduzione alla psicoanalisi : sempre Freud pone su tale frase che può essere pensata solo in virtù della 2^ topica ovvero dopo Al di là del principio del piacere e la rivoluzione della scoperta della pulsione di morte, una metafora legata ad una grande opera dell'ingegno umano : la bonifica delle paludi dello Zuidersee (lo Zuidersee era quel mare che una volta sommergeva buona parte dell'Olanda - detta appunto per questo i "Paesi Bassi" - e che fu prosciugato con grandi dighe consegnando così all'uomo molte terre da coltivare e civilizzare: Freud era affascinato da questa immane impresa dell'uomo durata decenni, che per lui simbolizzava un po' la vittoria dell'umanità nella sua lotta contro la natura). E' ben nota anche la metafora del millepiedi impazzito, che sa muovere alla perfezione i suoi tanti piedi senza mai inciampare o incrociarli, ma che quando, disgraziatamente, gli viene chiesto come fa, risponde che non lo sa e che non ci ha mai pensato prima, per cui prova a chiederselo e da quel momento non è più capace, si confonde, attorciglia i suoi mille piedi a ogni tentativo di camminare.Si può anche dire che l'inconscio propriamente cognitivo sia quella parte di noi "che non si può mai ricordare né dimenticare", ed è una parte importantissima del nostro funzionamento mentale, indispensabile nella vita quotidiana. Si può anche chiamare "memoria procedurale", o "elaborazione parallela distribuita" delle informazioni della memoria a lungo termine, memoria che regola e controlla i movimenti automatici (andare in bicicletta, camminare, ecc.). Noi afferriamo una palla al volo senza essere consci di come facciamo, e se ce lo chiediamo è possibile che non riusciamo più a prenderla così bene. Questa memoria è "parallela" perché appunto una caratteristica dei processi inconsci è di non essere "seriali", cioè non operano uno dopo l'altro ma con infiniti processi paralleli che avvengono simultaneamente. La coscienza invece per definizione è seriale, cioè le informazioni passano una dopo l'altra, per così dire in "fila indiana": questa è una grossa limitazione, nel senso che non possiamo fare consapevolmente due cose simultaneamente (ad esempio due discorsi), ma solo una per volta, mentre possiamo conversare con un amico e nello stesso tempo guidare la machina. Mentre cioè pensiamo o facciamo una cosa, avvengono simultaneamente tanti altri processi nel nostro inconscio cognitivo (si pensi ad esempio alle informazioni date dal nostro cervello ai muscoli del tronco che ci permettono, mentre parliamo, di mantenere la stazione eretta, di cui non siamo consapevoli né ci servirebbe esserlo). Ne consegue che la coscienza opera, per così dire, una selezione tra le tante informazioni presenti nell'inconscio, e questo è il motivo per cui quello che diventa conscio è sempre una parte molto ridotta, limitata, e forse anche distorta, della complessità delle elaborazioni inconsce parallele (tra l'altro, una delle domande più interessanti che si chiedono alcuni filosofi della mente e studiosi del rapporto mente-corpo non riguarda tanto la natura della coscienza, sulla quale peraltro il dibattito è ancora mollo vivo, quanto il motivo per cui essa esiste, dato che molte specie animali sono sopravvissute bene per millenni, e si sono anche evolute raggiungendo livelli elevati di funzionamento e adattamento, senza aver mai avuto alcun bisogno della coscienza). Inoltre la coscienza è molto più lenta, funzionando un po' come un "collo di bottiglia": occorre più tempo affinché tutta "l'acqua dell'inconscio" esca e divenga conscia. In genere ogni concetto/azione è raccordabile all'Io, ma cosa succede se invece ci affidiamo all'Es? anzitutto che non siamo più in accezione di sintomo, bensì di "simbolo" che agisce non condensando un significato, più o meno arbitrariamente,"questo cos'è? bhe è quasi, come...quell'altro!", cioè attraverso metafora, bensì trascinando un significante, cioè non una spiegazione o una giustificazione razionale, ma tutto un vissuto, un sentito dire, un qualcosa di lineare che informa il meccanismo della metonimia "buoni questi spaghetti colle sarde, ne ho mangiato tre piatti" Faccio un esempio concreto: la mattina mi sveglio e ho un colpo di tosse, una fitta al fianco, una mancanza di fiato, ebbene se presto attenzione a tali sintomi e gli dò seguito, sto metaforizzando e il significato è quello che arbitrariamente rimanda ad un altro : colpo di tosse = bronchite, se vado a leggere qualche trattato medico, bronchite cronica, addirittura ostruttiva, troppe sigarette, quindi in proiezione enfisema e financo cancro ai polmoni, quindi anche mancanza di fiato e costrizione al petto, lo stesso una fitta al fianco che ha ulteriori correlazioni e condensazioni . In parole povere prestando attenzione al sintomo gioco la partita esclusivamente coll'Io e cosa dice Freud ma con più fermezza Lacan "l'io funziona come un sintomo", anzi dice il secondo "è il sintomo per eccellenza", quindi sono bello che fottuto, perchè proprio prestando attenzione non faccio che perseguire il disagio e dare sempre maggiore intensità alla cosa. Se invece distolgo l'attenzione conscia e la trasferisco su quella inconscia, allora ecco che le cose non "avvengono insieme" non scatta il meccanismo della condensazione e quindi della metafora, bensi quello del trascinamento di un significante, che non instaura paragoni per similarità, non è cioè arbitrario, ma lineare, appunto una metonimia. Allora il colpo di tosse, la fitta al fianco portano con se tutto il proprio vissuto che è fatto di molteplici istanze, tutte tese non a spiegare, non a giustificare, ma semplicemente a monitorizzare come stai messo in merito al desiderio: il colpo di tosse è questo, ma è anche quello, è quel disagio conflitto dell'altro giorno, di ieri o ieri l'altro, magari ecco di quand'eri bambino...., di tutta una vita. "Cosa ne hai fatto del desiderio nella tua vita?" dice Lacan...non del mantenimento di un certo "Status" dell'adattamento ad un ambiente, se non vogliamo dire "ostile" perlomeno molto, ma molto, indifferente alla tua "presenza" alla tua stessa "essenza" che come atavicamente ha sempre posto l'umanità può anche essere "non essere" Bisogna fare come nella Fisica Quantistica, ecco nel principio della Doppia Fenditura o della equazione e collasso d'onda posta da Schrodinger, nel principio di Indeterminazione di Heisenberg, e consimili : cambiare punto di vista e di comprensione, come a monte suggeriva Maxwell col suo diavoletto. Non attenzione allo "stato", ma al "processo" che non è "quell'uno che sta per molti" che Platone poneva col suo "concetto" bensì è "questo, ma anche quello!" come appunto l'Es pone continuamente con tutti i suoi "strumenti/messaggi" eminentemente "simbolici" che conformemente all'etimologia della parola, la particella "sum" che significa "insieme" e il verbo "ballein" che significa "agire", entrare in gioco, prender parte alle danze, quel "mi toccherà ballare", cercano di "ri-mettere insieme" proprio quelle istanze legate non all'adattamento, ma al desiderio. Ecco questa è l'attenzione da perseguire per non perpetuare il disagio del conflitto, mai attenzione allo Stato, ma sempre al Processo, mai condensare arbitrariamente significati, ma solo trascinare linearmente significanti

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