lunedì 29 marzo 2021

FINO A CAMPOFORMIO

 

Diciamolo: tutti noi studiando sui libri di storia anche abbastanza specifici, siamo stati soliti non porre questo grande distinguo nel periodo analizzato: in genere dopo la battaglia di Rivoli si ha avuto la tendenza a fare un bel saltino fino al trattato di Campoformio, quasi che i mesi primaverili, estivi ed estivi di quel 1797 siano stati la logica ed anche un tantino scontata continuità dei tanto strombazzati fatti d’armi dei mesi precedenti. Addirittura il film Napoleon di Abel Gance chiude alla prima ventilata notizia delle scaramucce di Dego, Millesimo o allo scontro di Cairo Montenotte (scontro non battaglia e con protagonista Massena non Bonaparte): sono quasi certo che se nella cinematografia non fosse entrato in scena il sonoro e Gance avesse potuto realizzare la sua seconda parte del film, avrebbe enfatizzato solo l’armistizio di Cherasco, sorvolando sulle battute di arresto a Ceva, financo al ponte di Lodi o ad Arcole per riprendere la sua cinepresa sul campo di Rivoli e di volata a Campoformio. La storia ha fatto lo stesso, una storia non approfondita e circostanziata quale invece si evince dal saggio che ha dato ispirazione a questo scritto del più volte citato Guglielmo Ferrero. Al contrario i fatti che si susseguono in quella primavera estate sono molto ma molto più rilevanti delle scaramucce e anche diciamolo delle ruberie operate dallo spregiudicato generale comandante in capo dell’Armata d’Italia che forse l’unica nota di distinguo dal solerte esecutore di piani altrui, va individuata nella particolare abilità nel mettere in atto uno spregiudicato operare in battaglia, o meglio di concerto alle battaglie, secondo le disposizioni di un trattatello di venticinque anni prima di un semisconosciuto ufficiale francese (Guibert) che si rifacevano ad un perfezionamento e ad una accentuazione della particolare strategia e soprattutto logistica delle compagnie di ventura dei secoli XIV e XV incentrate sulla razzia dei territori di volta in volta occupati, senza alcuna distinzione tra stati nemici o neutrali. Ma ecco che all’improvviso quella che è stata tramandata una estate senza apprezzabili novità, né scosse, quasi un automatico scivolare verso il trattatto di Campoformio, nel suo appropinquarsi riservava grossi colpi di scena , difatti sul finire di maggio era insorta Genova domandando a gran voce una costituzione tipo Repubblica francese e anche cispadana e quella in fieri della Cisalpina . Grossa bega per Bonaparte che di certo non aveva nessuna voglia di di prendersi sulla schiena la responsabilità di una nuova repubblica e quindi si limitava ad una generica accettazione di una nuova costituzione analoga a quella delle Repubbliche citate ma sempre presieduta dal Doge in carica . Mentre quindi cercava di svincolarsi da questa nuova magagna e si adoperava per l’organizzazione della Cisalpina, ecco che il 19 giugno arrivò il classico fulmine a ciel sereno : la Corte di Vienna invece di convalidare le pur favorevolissime clausole dei preliminari di Leoben (riva sinistra del Reno, Passau, Salisburgo, Repubblica di Venezia, linea dell’Adige) chiedeva una convocazione a Berna di uno speciale Congresso, cosa che fece non poco infuriare Bonaparte, ma cosa molto più importante accentuò lo scetticismo oramai diffuso del Paese verso il partito Rivoluzionario. Uno scetticismo che certo il tira e molla della situazione in Italia e soprattutto le ultime vicissitudini non più militari, ma diplomatiche , alimentavano spingendo la gente a farsi domande in merito alle avventure vissute in tutto quell’ultimo anno e mezzo che probabilmente non era il classico “tutto oro quel che riluce “ Ho ipotizzato che una persona come Lazare Carnot , uno della sua poliedrica cultura, della sua intelligenza , della sua esperienza, fosse senza dubbio l’ultima persona che poteva essersi fatto trascinare dalla sorta di enfasi collettiva al seguito di dubbissime vittorie campali ed anche dello spregiudicato comportamento del Generale comandante in capo dell’Armata, più simile a quello di un brigante di strada (bhe ammettiamolo di molte strade) o di un bucaniere, che di un Signore della guerra; quindi era chiaro che su Carnot e sulle sue sempre più pronunciate perplessità, che lasciavano intendere dei propositi Realisti di controrivoluzione, facessero corpo in seno al Direttorio, non solo le opposizioni più estreme di Barras e Reubell, ma soprattutto fuori del Direttorio, proprio la voce degli eserciti , o meglio dei loro più o meno improvvisati Generali (anche Hoche era ad esempio un ufficiale coetaneo di Napoleone che come lui aveva fatto una fulminea carriera ) che erano quelli che, dovendo il loro grado proprio alla Rivoluzione, più di tutti avevano da temere da una sollevazione Realista. Era sempre più esigua la parte della popolazione francese, specie quella più colta e intelligente, che continuava a credere nelle farse dei bollettini di guerra, degli infiammati proclami di cui indubbiamente Bonaparte era maestro, e invece cominciava a propendere per una verità molto meno romantica e avventurosa, ma più aderente ad una realtà concreta : c’erano state tante battaglie dal marzo dell’anno precedente, ma queste non avevano certo portato a nessuna vittoria definitiva, né tanto meno l’Austria era stata battuta, anzi a ben vedere e i preliminari di Leoben parlavano chiaro, era di fatto la vera vincitrice: si prendeva la storica, prestigiosissima e ricchissima Repubblica di Venezia, al posto di qualche cessione territoriale in Lombardia per la creazione di razzaffonate Repubbliche popolari che, uno come Carnot ad esempio, sapeva bene che non sarebbero durate più dei giorni tra Santo Stefano e San Silvestro. In quanto poi a questo novello Alessandro, a questo stratega alla Giulio Cesare ? su cosa poggiavano queste sue qualità? : su qualche scontro con retroguardie, tra l’altro neppure ben condotte, che avevano visto un molto più proficuo intervento dei suoi Generali sottoposti, primo fra tutti Massena, e in seconda battuta Augereau, piuttosto che lui (a Cairo Montenotte , a Lodi, sul Mincio, ad Arcole, a Castiglione e perfino a Rivoli; Bravo anzi bravissimo ad applicare alla lettera le strategie di razzie, ruberie e assoluta mancanza di etica morale di condotta di guerra, come teoricamente ipotizzato da un ufficiale della precedente generazione in un suo libello del 1773, un certo Guibert di cui però il più informato cultore era un altro dei suoi generali in immediato sottordine, il parecchio più anziano Serurier classe 1742 che il Guibert lo aveva conosciuto personalmente. Tutto questo Carnot lo sapeva al massimo grado e quindi ne costituiva il polo d’attrazione, ed ecco perché Bonaparte con il classico “io so che tu sai che io so“ doveva essere il generale che più di tutti aveva da perdere in caso di colpo di stato realista e quindi il più propenso ad impegnare tutte le sue forze per scongiurarlo e favorire invece il partito della Rivoluzione. Il 29 giugno glissando sulle contrarietà di Vienna ai preliminari di Leoben, aveva accelerato i tempi per la costituzione della Cisalpina con capitale Milano e quasi un mese dopo vi aveva fatto confluire le Delegazioni Pontificie di Bologna, Ferrara e Ravenna . Si dovra’ comunque aspettare il trattato di Campoformio il 17 ottobre perché l’Austria riconoscesse ufficialmente la nuova Repubblica, permettendone l’annessione dello Stato del Mantovano e i territori veneziani tra l’Oglio e il Benaco e della Valtellina, avendone in cambio la Repubblica di Venezia, il cui trattato sancì il passaggio dalla Francia all’Austria Per l’intanto nel luglio 1797 la situazione interna della Francia si andava incanalando verso lo scontro e andavano prendendo sempre più corpo le avvisaglie di un colpo di Stato realista facente capo a Carnot e al nuovo Presidente del Direttorio De Barthelemy che ne era una emanazione . Il 14 luglio la commemorazione della Presa della Bastiglia di 8 anni prima fu quasi del tutto disertata dalla popolazione di Parigi, di concerto però si moltiplicavano le proteste dell’Esercito che proclamava la propria fedeltà alla Rivoluzione e dichiarava la propria indisponibilità a sostenere qualsivoglia sollevamento in senso Realista e Cattolico. Come abbiamo visto il Comandante dell’Armata d’Italia era il generale che più aveva da perdere da una simile eventualità ed era quello più minaccioso che difatti utilizzava un altro dei suoi indubbi talenti, quello di lanciare infuocati proclami ai soldati perché fossero di monito ai governanti e al popolo tutto : quello stesso giorno dell’anniversario della Bastiglia, quasi a contrappunto della tiepidezza cittadina della commemorazione , difatti ecco che si produceva in uno dei suoi roventi discorsi “la patria non può correre pericoli” tuonava “gli stessi uomini che l’hanno fatta trionfare, ne preparano la rovina….”delle montagne ci separano dalla Francia : le valichereste con rapidità dell’aquila se occorresse di salvaguardare la Costituzione!” Il giorno seguente 15 luglio, Bonaparte traduceva il vago appello alle sue truppe in una precisa missiva al Direttorio dove invitava chiaramente la parte repubblicana a servirsi dell’esercito per eliminare i tentativi di colpo di stato “ distruggete l’opposizione con le nostre baionette!” intimava. Tutto il restante mese di luglio ed agosto si mantenne su questa duplice possibilità e la cosa finì per arrivare alle orecchie dei diplomatici austriaci che cominciarono a utilizzare il pretesto di una revisione dei preliminari di Leoben, puntando sulla parte di una vittoria del partito Realista che senza dubbio sarebbe stato molto meno intransigente in quanto a concessioni . Bonaparte aveva accettato una conferenza a Udine per ridiscutere di alcuni punti, ma nel contempo aveva mandato a Parigi il più roboante e genuino giacobino dei suoi sottoposti, ovvero il Generale, ma ex popolano, ex soldato di ventura, ex sottufficiale, ex disertore, ma anche indomito e audacissimo comandante Pierre Augereau, perché si mettesse a disposizione di Barras, Reubell e Larevellier per appoggiare ogni tentativo controrivoluzionario . Grande grandissima incertezza in quei roventi giorni estivi, altro che la calma quasi piatta e di ratifica delle trattative come una certa storiografia ha voluto farci intendere. Tra l’altro in merito alla conferenza di Udine oramai gli austriaci glissavano in attesa che si verificasse quell’auspicato colpo di stato e quindi il suicidio della Rivoluzione, mentre Bonaparte era sempre più in tensione perché sapeva che non avrebbe potuto riprendere la guerra (impensabile una ripresa della teoria Guibertiana) e nel contempo era preoccupato per la piega che potevano prendere gli avvenimenti. La piega delle trattative era sempre sullo strappare qualche pezzo in più di concessione, sopratutti in Belgio e sulla riva del Reno che in Italia dove i giochi erano oramai fatti, tanto più che sul fronte interno francese, i tre Direttori della Rivoluzione, forti dell’appoggio di Augereau, si decisero finalmente ad agire per un colpo di stato si, ma di tendenza opposta a quello Realista e nella notte tra il 3 e 4 settembre 1797 arrestarono 54 deputati di tale fazione compreso il Presidente per spedirli alla Guayana , mentre Carnot riuscì a fuggire in Svizzera . Napoleone, rassicurato dalla eliminazione della fazione che sempre più era andata mettendo in dubbio le sue vittorie e che aveva contestato le trattative di Leoben tornava ad essere lo spregiudicato giocatore di un tempo, riacquistava quindi la sua sicurezza e diciamo anche la sua arroganza, in parole povere tornava di colpo il novello Alessandro, il conquistatore d’Italia , l’invincibile mentre di converso i plenipotenziari austriaci con la brusca interruzione della soluzione Realista in Francia , convenivano che oramai era il caso di adoperarsi per una pace, ovviamente cercando di prendere i maggiori vantaggi possibili . A questo punto si andava diritti verso lo spirito del Trattato di Campoformio trattato di Campoformio che fu firmato nella Villa Manin di Passariano il 17 ottobre 1797 dal generale Napoleone Bonaparte comandante in capo dell’Armata d’Italia e dal Conte Johan Ludwig Josef von Cobenzl in rappresentanza dell’Austria: non si creda anche nei 10 giorni che portarono alla firma non mancarono le estenuanti discussioni per qualche briciolo di territorio, ma oramai le parti erano più che stabilite: un Napoleone sempre più tracotante e una Austria sempre ben disposta a fargli credere di esserlo e quindi lasciarlo fare, purche ‘ non venissero inficiate le clausole che la portavano ad un aumento di territorio, prestigio e ricchezze senza pari. Non c’era più Carnot che forse era l’unico che potesse smascherare sia questa messa in scena, con tanto di gioco delle parti sia dei preliminari di Leoben che della loro ratifica a Campoformio, così come con tutta probabilità, era l’unico che conoscesse la verità sulla messa in scena delle scaramucce trasformate in grandi battaglie con l’eccezionale gonfiatura di carriera del giovane generale Bonaparte.

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