giovedì 29 luglio 2021

INVOLUZIONE E NON EVOLUZIONE

 


Il libro si divide in due parti:”Il mondo della Tradizione” e “Genesi e volto del mondo moderno”. La prima parte e’ di carattere tipologico  e affronta il problema dello spirito della tradizione mentre l’elemento propriamente storico entra in questione nella seconda parte dell’opera, dove si ripercorrono le tappe principali e gli sviluppi che hanno portato alla nascita del mondo moderno e se ne descrivono le sue caratteristiche. 
Per Evola, l’opposizione fra mondo tradizionale e mondo moderno, prima ancora che essere storica, è di natura metafisica. Tradizione e antitradizione possono essere considerate “due categorie aprioriche della civiltà”. Scrive appunto:” Vi è un ordine fisico e vi è un ordine metafisico. Vi è la natura mortale e vi è la natura degli immortali. Vi è la regione superiore dell’ “essere” e vi è quella infera del “divenire”. Più in generale: vi è un visibile e un tangibile e, prima di là da esso, vi è un invisibile e un non tangibile quale sovramondo, principio e vita vera”. Possiamo dunque comprendere la fondamentale differenza fra civiltà tradizionale e civiltà moderna: la prima si basa su un principio spirituale e metafisico; la seconda ignora completamente tale principio. La prima è una civiltà dell’Essere; la seconda una civiltà del divenire.La civiltà tradizionale è divoratrice del Tempo; la civiltà moderna divora lo Spazio. La Tradizione si basa sulla qualità; la modernità è il regno della quantità. Evola descrive il vero significato di quelli che furono i pilastri della civiltà tradizionale: la Regalità Divina, l’Iniziazione e l’Ascesi, l’Azione eroica e la Contemplazione, il Rito e la Fedeltà, lo spirito della Cavalleria, la Gerarchia e le Caste, la Legge, lo Stato, l’Impero. Tutto ciò trae valore e autorità dall’alto, dal principio che tutto ordina e informa. Allo stesso modo, la vita dell’uomo della Tradizione è rivolta verso l’alto e ogni aspetto della sua esistenza ha un carattere sacro e trasfigurante: così per l’arte, la guerra, il sesso, i ludi, le feste, ogni azione è nella sua essenza un rito di orientamento verso il sovramondo: l’originalità di  Evola sta quindi non nel ricostruire l’evoluzione dell’umanità, come molti hanno cercato di fare , anche quel netto contrario rappresentato dall’opera del precedente articolo che avevamo posto a sorta di banale contraddittorio della grandezza di Evola “la Società aperta e i suoi nemici” di Popper,   ma il  netto contrario, cioè la sua involuzione. All’idea moderna del “progresso” egli oppone l’idea tradizionale della “decadenza”, cioè di un progressivo allontanamento dell’uomo da uno stato di originaria perfezioneSi tratta della “dottrina delle quattro età”, una concezione che, con poche varianti, è possibile ritrovare nell’insegnamento di tutte le antiche civiltà, ed è anche quella teoria, che tutti noi che abbiamo fatto gli studi  classici in anni ancora non asserviti all’ipertecnologismo e all’era digitale ( l’antico ginnasio inferiore, il superiore e il liceo 1959-1967), abbiamo appreso soprattutto da Esiodo che poneva alle origini della storia del genere umano ( un archè, senza ancora una technè) la cosidetta “eta’ dell’oro, cui in genere viene applicata la qualifica di “ Mito”  e giustappunto compare  nel Poema Le Opere e i giorni (metà del l’VIII secolo)  dove il poeta  si dilunga nella descrizione  di un’aurea stirpe  di mortali  creata  da dei immortali  con dimora sull’Olimpo  che come i loro creatori  passavano il loro tempo  con animo sgombro da fatiche e da angosce, ignari di guerra e miseria “né la triste vecchiaia incombeva su di loro” precisa ancora il poeta e quindi si dà adito a supporre una sorta di semi dei o super uomini all’origine della genia umana; essi,  aggiunge ancora Esiodo,  non vivevano nei tempi di Zeus, ma del padre  Cronos (il Tempo),  senza che lo spazio venisse ad interferire  nella loro esistenza, una vita quindi che era, a rigor di logica, non “es- sistenza cioè fuori di loro ma “in- sistenza”, ovvero  insita entro di loro e quindi correlata solo al “dio Tempo” ma non al suo topico dispiegarsi . L’atto violento e primordiale dell’evirazione del padre da parte di Zeus con le gocce di sangue del fallo di Crono mescolatesi alla spuma del mare originò la dea Afrodite, la prima dea che è il necessario preludio alla prima donna imposta dal nuovo dio Zeus all’uomo:  Pandora.  Un dono ambiguo come sappiamo che fa subito seguito alla punizione dell’essere diviso in due appunto una parte maschile e una parte femminile, per aver accettato il dono del fuoco dal titano Prometeo. Il Mito greco è molto più articolato, completo e, diciamolo più profondo e intelligente della Eva dei testi biblici con la famosa mela, giardino dell’Eden, alberi della conoscenza e della vita e serpente tentatore . Esiodo descrive quindi altre quattro ere   contrassegnate  dal tipo di metallo , l’argento, il bronzo, il ferro ed una intermedia fra le ultime due  che non ha riscontro  metallico ma solo la dicitura di “era degli eroi” che però ha solo un carattere di tentativo di  restaurazione della prima età , quella dell’oro  della quale pochi individui cercarono di effettuare. Vedremo che Evola riprende con competenza e fervore questa suddivisione aggiungendovi come una carrellata dove si parla della medesima istanza  in altre civiltà: quella Indù  con i quattro cicli  degli “Yuga “ = età che sono perfettamente corrispondenti alle ere di Esiodo  : Satya Yuga(oro) - Treta Yuga (argento) – dvapara Yuga (bronzo) - Kali Yuga (che più che ferro significa oscura).  Anche la tradizione iranica e’ affine:   sostituisce solo l’acciaio al posto del bronzo  e una mescolanza di ferro per l’ultima di estremo declino,  rifacendosi probabilmente al fatto che il ferro non è un metallo in natura, ma una lega, quindi un materiale composto e costituito tramite “technè” . Nel mito di Prometeo, non più In Esiodo, ma in Eschilo nel suo Prometeo incatenato, vediamo appunto che Prometeo che aveva dato il fuoco agli uomini e quindi permesso la “technè” , è come legge del contrappasso legato alla roccia del Caucaso con catene di ferro una sorta di ante litteram del detto napoletano “nun sputà n’ cielo che n’faccia te torna”  Anche la tradizione profetica ebraica parla di una statua /idolo la cui testa è d’oro, il petto e le braccia d’argento , il ventre e le cosce di rame e i piedi di un misto di ferro e argilla. Alla riesamina storico/tradizionale di diverse civiltà,  ecco Evola porre  quindi il distinguo che andrà a sugello della sua nuova e originalissima interpretazione , diciamo così, della storia delle civiltà : “Sostenere, come tradizionalmente si deve sostenere, che alle origini sia esistito non l’uomo animalesco delle caverne, ma un “più che uomo” e che già la più alta preistoria  abbia veduto non pure una civiltà, ma anzi un’era degli dei –per molti, che in un modo o nell’altro credono alla buona novella del darwinismo, significa fare pura “mitologia”. …tuttavia, siccome questa mitologia non siamo noi ad inventarla ora, così resterebbe da spiegare il fatto della sua esistenza, il fatto cioè che nelle testimonianze più remote dei miti e degli scritti dell’antichità non si trovi nessun ricordo che conforti l’ “evoluzionismo” e si trovi – invece ed appunto – l’opposto, la costante idea di un passato migliore, più luminoso, super-umano “ divino’’.   Orbene questo è proprio il punto del saggio in cui le “normali” credenze anche di un tipo come me sempre piuttosto aperto a idee nuove  e originali (non però nel senso popperiano) , non dico che abbiano vacillato, ma portato ad una riflessione in  più,  questo è indubbio.  Io avevo letto il presente saggio nei primi mesi del ’64  a non ancora 16 anni , ma di certo non ne avevo rattenuto tutto il senso (di tal guisa , bisogna dare  atto  a Lacan della sua celeberrima raccomandazione  a proposito di Freud “occorre leggerlo e rileggerlo”  e non è solo a Freud che bisogna riservare tale attenzione, ma a tutto lo scibile che esce dai dettami della banalità e costituisce pietra miliare per la conoscenza) Leggere e rileggere: Freud, Jung, lo stesso Lacan, quindi Kant, Schpenauer, Nietzsche, anche poemi e poesie, Omero, Esiodo, le tragedie di Eschilo, Sofocle e Euripide, Saffo, Alceo, Orazio, Virgilio, ovviamente Dante Alighieri e Petrarca, Shakespeare, Goethe, Leopardi, Carducci, D’Annunzio e romanzi di indubbio spessore : Cervantes, Melville, Hugo, Proust, Thomas Mann, Calvino; ascoltare e riascoltare Mozart, Beethoven, Bach, Varese e perché no?... Woody Guthrie e Bob Dylan, Frank Zappa, Fabrizio De andrè e misurarsi con la grande arte Giotto, Michelangelo, Bernini, Frank Loyd Wright, Le Corbusier e recarsi e ri-recarsi nelle cineteche per lasciarsi trasportare dalla carrozzella de La Corazzata Potemkin sulla scalinata di Odessa, l’assalto dei soldati in Nascita di una nazione di Griffith e quello di Pabst in West Front, entrare in uno studio dentistico con Erich Von Stroheim in Rapacità (Greed) , ridere e sorridere con Charlie Chaplin nella danza dei panini  (La febbre dell’oro) o perdersi negli occhi spenti della fioraia di Luci della città (Edna Purviance ), rimanere dietro una porta per misurare tutto il sublime del “tocco” alla Lubitsch ( L’allegro Tenente, Ninotcka, To be or not to be, Il cielo può attendere, etc.) Piu’ che mai quindi leggere e rileggere Evola….eh già! ma rileggere, specie dopo parecchio tempo (nel mio caso dopo 57 anni)  significa anche aggiungervi  quel tantino di informazioni e conoscenze che in tale lasso di tempo si sono stratificate nel cervello, ovvero un po’ tutto quello dianzi sommariamente elencato  e qualche cosina in più , come chessò… tutta la psicoanalisi  Freud, Jung, Bion, Lacan, Mattè Blanco, la psicosomatica di Groddeck, le Leggi Biologiche di Hamer, la filosofia di Heidegger, la relatività e la fisica quantistica, la doppia fenditura e l’equazione d’onda  di Schrodinger, il più volte citato nei precedenti articolisu Evola  di questo Blog ,  de “l’integrale sui cammini” di Feynman che introduce al mondo del percorso alternativo e all’aumento di probabilità, e via dicendo ….Eppure ecco a questo punto della riflessione, per quella sorta di calcolo infinitesimale che io ho parafrasato col termine di “narcisismo infinitesimale” adottando nella riflessione la modalità del Mito di Narciso (riflessione come preludio di misurarsi con la “pulsione di morte” de “Al di là del principio del piacere” di Freud ) c’è un saggio che ho intenzione di confrontare a questo “Rivolta contro il mondo moderno” di Julius Evola, proprio come  sugello  di una più esaustiva e sconvolgente  comprensione  del tutto : alludo all’incommensurabile “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” dello psichiatra americano Julian Jaynes, una cui spregiudicata
 ri-lettura e ri-assunzione in correlazione anzi direi in stretta sinergia con “Rivolta contro il mondo moderno” potrebbe offrire nuovi paradigmi  di interpretazione della storia della civiltà umana, soprattutto in riferimento alla prima età quella dell’Oro che ha giocoforza carattere di in distinzione e di puro Mito Operazione (cosa rappresentano  e chi sono gli  individui della tradizione e dell’essere come spirito , che Evola enfatizza  sul proseguo e riesamina della più svariate civiltà?  Dei? Semidei? Anche come molti ipotizzano, civiltà aliene che hanno creato una stirpe simile a loro ma le cui caratteristiche sono andate progressivamente decadendo? Un declino sempre più marcato  come appunto le teorie delle antiche tradizioni  esemplificano con i metalli? Dall’oro incorruttibile e splendente simbolo di purezza,  all’argento cui corrisponde  la stirpe dei guerrieri, esseri ancora guidati da un ideale, ma  oramai mortali e che invecchiano, proprio come il metallo che li rappresentano che si opacizza,  si annerisce , quindi al bronzo che rappresenta il principiare della classe dei mercanti fondata sul danaro, il commercio, quella mentalità bottegaia  che quella stirpe che Evola riprende da Esiodo e denomina senza rifarsi ad alcun metallo “degli eroi” combatterà in nome di una sorta di ritorno ad un ideale, ma che fallirà a fronte del secolarizzarsi delle tradizioni ,  e al servirsi , le classi di potere all’epoca, la Chiesa e la frammentazione in Comuni, Signorie,  Nazioni,  anche di pandemie (quella del 1348 ad esempio, un inquietante precedente di quella odierna del terzo millennio )  producendo  solo una ipervalutazione dell’individuo centrato su se stesso,  il  “particularem” come dira’ piu tardi  Guicciardini,  che avallato dal movimento dell’Umanesimo  cui spetta idealmente di raccogliere l’eredità appunto dell’individuo centrato su se’ stesso,  un “Io” centro illusorio fuori dal centro, sempre decentrato - siamo sempre nel ‘300 il secolo della Grande Pandemia e in un precedente articolo in questo Blog, ho descritto, anche servendomi delle teorie architettoniche di un mio maestro Manfredo Tafuri, come l’Umanesimo e poi il Rinascimento siano  la diretta conseguenza della grande peste del 1348, un evento estremamente gonfiato (quasi come oggi) che attraverso la Paura  accellera  il definito passaggio all’ultima età del ferro , ovvero al  connubio informe dei metalli (la lega) e quindi alla genia dei “servi” il periodo più abbietto e di maggiore oscurità quello totalmente dominato dal mercimonio e dalla menzogna , contro  cui giustappunto Evola ne propone la “Rivolta”

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