Ieri 24 maggio ricorreva il 107° anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra mondiale. Ebbene ho visto qualche post sul social VK che inneggiava a tale ricorrenza (altri social io non ne uso piu’, in specie FB che ho lasciato giusto un anno fa ): il discorso di Quarto di D’Annunzio, le manifestazioni interventistiche, il maggio radioso…. diciamo pero’ che e’ un bel pezzo che ho smesso di alimentare una visione oleografica di quella guerra sostituendola con una serrata ricerca critica dal piu’ possibile di punti di vista (storico/politico, storico/militare, psicologico, sociale, antropologico, mediatico,etc.) ma di certo quanto accaduto nel nostro mondo del secondo ventennio del terzo millennio, con tutta la falsita’ , la manipolazione, l’inganno e i raggiri di una pademia totalmente inventata per favorire gli interessi economici di pochi magnati e le lobbies finanziarie speculative soprattutto di stampo farmaceutico, ha accelerato in maniera esponenziale il mio criticismo non Kantiano, ma forse piu’ Hegeliano(se e’ vero che si deve convenire che Hegel sia accreditabile come il filosofo della storia e quindi stabilire che proprio la storia e’ in realta’ il coacervo di tutte le falsita’ e manipolazioni perseguite nel corso dei millenni) verso la quasi totalita’ degli eventi occorsi sullo scenario del mondo, dei quali non fa eccezione la prima guerra mondiale ed in particolare la partecipazione dell’Italia a tale guerra. Operazione diciamo non facilissima la mia per questioni familiari e personalissime : mio nonno e mio omonimo Mario Nardulli ufficiale deglialpini e poi degli arditi per tutta la guerra e sempre in prima linea dal Pasubio al Grappa e anche sul Piave e Montello con una apposita Divisione di reparti d'assalto denominata "A", i suoi fratelli uno in Marina e uno nei Granatieri dove perse una gamba nell'attacco del San Michele del Carso e poi un mare di conoscenze addirittura perseguite con entusiasmo stante l'interesse sull'argomento che avevo da ragazzetto. Tanto per cominciare con il criticismo, diciamo subito che il 24 maggio del 1915 non poteva essere il Piave a mormorare, ma piuttosto l'Isonzo che era stato scelto dal nostro illuminato Stato Maggiore capeggiato da un Generale prossimo alla pensione Luigi Cadorna cl.1850,quindi a pochi mesi dalla cessazione del servizio attivo, che non aveva mai visto in tutta la sua carriera una linea di guerra, ne' preso parte foss'anche ad una scaramuccia; era pero' figlio del generale che conquisto' Roma nel 1870, quel Raffaele Cadorna che si era pero' anche distinto , no no non nella guerra del '66 contro l'Austria dove nessuno dei Generali italiani si era portato con decenza, facendo paradossalmente eccezione solo i figli del Re, in particolare il Principe ereditario Umberto che aveva comandato il Quadrato di Villafranca, un episodio di secondaria rilevanza strategica, ma che perlomeno non era stato una fuga o una disfatta: il Generale Raffaele Cadorna si era particolarmente distinto domando a colpi di cannone la rivolta cosidetta del "Sette e mezzo" a Palermo nel settembre del 1866, ovvero un impresa contro inermi cittadini.
Il piano studiato da cotanto figlio per un attacco all'Austria non brillava certo per originalita' o sorpresa : la linea dell'Isonzo era quella che rimarcava il confine tra i due Stati, ed era stata tutta predisposta dall'alto comando austriaco fin dalla cessione del Veneto nel lontano 1866, per favorire ovviamente una agevolissima difesa in caso di attacco italiano : dalla cerniera del Rombon in Carnia in cui si lasciava il fiume per indentrarsi in terreni montani, si aveva quindi una lunghissima linea che si prestava ad essere difesa con pochissimi reparti e piu' che collaudate posizioni di difesa sia a livello artificiale tipo ridottini trincee, casematte, sia a livello naturale tipo l'orografia del terreno (quasi sempre in posizione dominante per i difensori) con anse del fiume (tipo quella di Tolmino), alture a sequenza continua tipo l'altopiano carsico e i successsivi altopiano della Bainsizza, Ternova, Vallone di Chiapovano, Valle dello Judrio. Atteccare dunque sul fronte dell'Isonzo ovvero alla frontiera austria /Italia significava la peggiore delle risoluzioni, cosa ad esempio che il precedente Generale Capo dello Stato Maggiore il napoletano Alberto Pollio, morto pochi giorni dopo l'attentato di Serajevo per un infarto fulminante, si era guardato bene da adottare; questo depone maluccio gia' in termini prettamente militari: con un comandante in capo anziano e inesperto di guerra, una carriera svoltasi tutta tra le scartoffie di uffici e presidi, c'era poco da che sperare in una azione incisiva e folgorante; difatti altro che " Primo balzo offensivo" come fu pomposamente chiamato l'avanzarsi dell'esercito nei primi giorni di guerra con apparenti fulminee conquiste come quelle di Monfalcone, di Ala, di Cortina , conquiste solo perche' localita' strategicamente abbandonate dagli austriaci in quanto pregiudicanti una difesa piu' articolata, la verita' e' che fin dalla prima battaglia dell'Isonzo gli Austriaci stornarono con sistematica puntualita' ogni velleita' offensiva dell'Italia e si comincio' ad enumerare senza fantasia le sanguinosissime offensive che portavano pochi metri di avanzamento territoriale, neppure riuscendo a scalfire il sistema difensivo austriaco. Questo fino all'agosto del 1916 quando un Generale un tantino piu' risoluto e intraprendente Luigi Capello riusci' ad operare una prima vera offensiva, la 6^ dell'Isonzo con la conquista di Gorizia previa l'eliminazione dei suoi bastioni nord e sud del Sabotino e del San Michele del Carso. Una vittoria importante si , ma non risolutiva, che alla fin fine aveva solo spostato di qualche decina di metri il fronte, sostituendo solo il nome delle localita' alle successive stragi delle ulteriori battaglie dell'Isonzo, la 7^,l'8^,la 9^, la 10^ e vai ancora oltre la decina fino a Caporetto non piu' una nostra offensiva e quindi niente 12^ come numerazione, ma una disfatta delle piu' famose e caratteristica della storia militare di tutti i Paesi. Lo ripeto uno studio serio e spassionato della nostra condotta militare della Grande Guerra non e' esaltante: sul fronte della 1^ armata ovvero nel dominio dei reparti alpini si era riusciti per un soffio ad impedire il collasso di tutto il fronte montano ad opera della cosidetta Straf Expedition (ovvero la Spedizione Punitiva con la quale l'Austria voleva punire il tradimento dell'Italia) nella primavera/estate del 1916, ma l'anno seguente quando si aveva voluto tentare di restituire il favore con una grande offensiva appena piu' ad est nella zona dell'Altopiano di Asiago, si era andati incontri ad una severissima lezione (il grande errore era stato di riunire a massa inquadrati in una unica elefantiaca divisione (la 52^) un gran numero di battaglioni alpini, reparti per loro costituzione molto agili, veloci, a impiego eminentemente tattico, come si era visto sul Pasubio l'anno precedente. Qualche mese dopo durante la 11^ battaglia dell'isonzo la perizia di un Generale venuto su dalla guerra il ligure Enrico Caviglia aveva portato ad un avanzamento di oltre 10 chilometri con la conquista dell'Altopiano della Bainsizza una operazione che era andata molto vicino a far crollare l'intera linea dell'Isonzo, ma a quel punto confluirono due circostanze che portarono a ben altri risultati : la decisione del Comando Tedesco di intervenire a favore dell'alleato austriaco e la rivoluzione bolscevica dell'ottobre 1917 che consentì appunto ai tedeschi di dirottare ingenti truppe dal fronte russso direttamente su quello Italiano e che provoco' la disfatta Italiana di Caporetto. Paradossalmente fu proprio la disfatta e ritirata di Caporetto che produsse una diversa e molto piu' logica situazione logistica e strategica.Con la ritirata al Piave difatti il fronte si accorcio' di 300 km. e quindi non fu piu' necessario mantenere quella fortissima superiorita' numerica per assicurare lo logistica delle truppe e degli armamenti (carriaggi salmerie, parchi di artiglieria, etc.) . DI certo Diaz , Badoglio non erano Generali piu' capaci di Cadorna (specie il secondo che era solo un furbastro profittatore) ma si trovarono ad operare in un contesto molto piu' razionale e strategicamente corretto di quello sull'Isonzo, aggiungici poi che qualche Generale capace alla fin fine la guerra era riuscito a produrlo (il gia' citato Enrico Caviglia in primis che fu l'unico Generale a portarsi con dignita' e perizia durante la ritirata di Caporetto, salvando con una abile manovra diversiva non solo il suo XXIV Corpo d'armata, ma anche tre Divisioni del contiguo XXVII Corpo d'armata che il suo comandante Gen. Pietro Badoglio aveva abbandonato, scomparendo per tre giorni dal teatro della battaglia in sintesi una revisione della grande guerra alla luce della falsita' che hanno sempre contraddistinto la narrazione storica non e' meno dirompente, facendo piazza pulita di tutte le emozioni correlate al proprio immaginario familiare. militarmente fu una lunga serie di azioni razzaffonate senza logica, senza piani, condotte malamente quando non con criminale incompetenza, politicamente fu un marchiano tradimento con abbandono di una alleanza trentennale e rinnovata appena tre anni prima (1912) e per farla passare al Parlamento un vero e proprio colpo di stato, perpetrato con l'accordo del RE da uno dei piu' mediocri presidenti del consiglio della nostra storia (Antonio Salandra quasi un emulo dei nostri recenti dirigenti politici : Berlusconi, Ciampi, Napolitano, Monti, Renzi, Mattarella, Conte, Draghi). Ai pochissimi che si opposero, tipo Giolitti fu riservato lo scherno e l'anatema facendo leva sulla parola "Parecchio" che quegli pronuncio' a proposito delle concessioni che ci sarebbero state fatte da Austria e Germania se ci fossimo solo limitati a rimanere neutrali. In quanto all'opinione pubblica e al suo indottrinameno, ieri come oggi, fu mobilitata la classe dei piu' rilevanti opinionisti e imbonitori di consenso, concedendo loro ingenti cifre perche' indirizzassero le masse verso la guerra (a D'annunzio furono pagati tutti i suoi ingentissimi debiti, e gli furono concesse residenze principesche, a Mussolini addirittura gli diedero i fondi per fondare un giornale (Il Popolo d'Italia). Insomma una vergogna che oggi e' solo piu' manifesta
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