mercoledì 20 luglio 2022

ALTRE OPERE, ALTRI GIORNI

ho sempre detestato, specie in storia, in psicologia, in filosofia,  gli schemi, le griglie, i metodi, le categorie,,,,per intenderci da Cartesio a Kant ma soprattutto ad Hegel con la sua risibile dialettica, enfatizzata manco a dirlo da un pensatore ancora piu' confuso come Marx e tutta una serie di epigoni tra cui i livelli piu' infimi sono stati raggiunti da Popper . L'unica eccezione di questa mia repulsione per lo schematico la pongo nel libro di Esiodo

Ἔργα καὶ Ἡμέραι" Le Opere e i giorni , dove lo schematico applicato alle "eta' del mondo" risulta parte integrante di una intera storia della civilta' che ha somiglianza con i racconti di tutte le zone del mondo
Età dell'oro: Gli uomini vivevano senza preoccupazioni, perennemente giovani, nutriti spontaneamente dalla terra. La morte li rapiva nel sonno e dopo la loro estinzione vennero trasformati in spiriti protettori degli uomini.Vissero sotto Crono, che era sovrano del cielo: vivean di Numi al pari, con l’animo senza cordoglio,senza fatica, senza dolor; né su loro incombevala sconsolata vecchiaia; ma forti di piedi e di mani,scevri di tutti i mali, passavano il tempo in conviti, morian come irretiti dal sonno
Età dell'argento: Zeus. Gli uomini vivevano per cent'anni presso le madri; stolti, anche una volta cresciuti non si astenevano dalle liti tra di loro e non veneravano gli dei. Per questo vennero fatti estinguere da Zeus e divennero demoni inferiori
Età del bronzo. In questa età vissero uomini possenti, ma prepotenti e violenti la cui unica preoccupazione è la sopraffazione dell'altro, lo scontro e l'annientamento dei propri simili; si estinsero per la loro stessa scelleratezza. "care essi avean, di pianto feconde, e le ingiurie. Non pane era il lor cibo: il cuore feroce, nel sen, d’adamante: informi: aveano immane vigore: indomabili mani su le gagliarde membra sporgevan dagli omeri: l’armi avean tutte di bronzo, costrutte di bronzo le case: solo foggiavano il bronzo, ché il cerulo ferro non c’era. Ed anche questi, gli uni domati per mano degli altri, entro la squallida casa disceser del gelido Averno, senza ricordo lasciare: sebbene tremendi, li colse livida morte, e del sole lasciaron la fulgida luce.
Età degli eroi. In quest'età vissero appunto gli eroi, uomini-dei o semidei, stirpe giusta e coraggiosa pronti a perire per le loro cause. Alcuni di loro furono condotti da Zeus nelle Isole dei Beati dove vissero in pace in terre fertili e ricche di greggi. Questa età è l'unica a non essere definita con il nome di un metallo. "E questi, anche, la Guerra maligna e la Rissa odïosa strussero, alcuni sotto le porte settemplici, nella terra di Cadmo, mentre pugnavan pei greggi d’Edipo; ed altri, entro le navi, sui gorghi infiniti del mare, quando li addussero a Troia"
Età del ferro: è la stirpe che tuttora vive sulla terra caratterizzata dalla sofferenza, dall'ingiustizia e dal fatto di dover lavorare per sopravvivere. Esiodo non intravede alcuna possibilità di salvezza per l'uomo. "Deh, fra la quinta stirpe non fossi mai nato, ma prima io fossi morto, oppure più tardi venuto alla luce! Poiché di ferro è questa progenie. Né tregua un sol giorno avrà mai dal travaglio, dal pianto, dall’esser distrutta e giorno e notte; e pene crudeli gli Dei ci daranno "    
Esiodo pone 5 eta' o cicli  dove solo una di tali eta' non e' contrassegnata da un metallo, ed e' grosso modo l'epoca in cui comincia la coscienza con la scrittura , ma le interpretazioni successive piu' qualificate tipo quella di Guenon  e di Evola aggiungono o tolgono interi cicli contrassegnandoli con una temporalita' differente. Guenon porta le Ere a quattro, come nella tradizione indu' e parla dell'ultima era quella del Ferro  (nella tradizione indiana il Kali Juga" che ha anche la denominazione di "eta' dei servi" in termini estremamente dilatati, che sarebbe cioe' iniziata 6000 anni fa, mentre Evola si mantiene piu' prudente e  ammette una sorta di sotto-era corrispondente alla eta' degli eroi piu' come eccezione dell'eta' del bronzo o dei mercanti in termini di nostalgia per l'argento e la stirpe dei guerrieri (per intenderci un po' il Sacro Romano di Carlo Magno Impero fino Federico II di Svevia, stabilendo quinte tempi un po' meno allungati per ogni eta' e piu' rispondenti ad un giudizio piu' circostanziato . Ora in questo mio articolo mi rifaccio ad una sola età di quelle elencate dalla teoria dei Cicli, quella del bronzo  (o acciao) , l’età dei mercanti ovvero del predominio economico e del principio del baratto e poi dell’accumulazione di denaro che è il leit motive del suo svolgersi, laddove la successiva quella dei Servi o del ferro la vedo piu' come appendice di tale  età dei mercanti che sta  sta alla base della liquidazione definitiva dell’età dei guerrieri (la tradizione greco/romana) e di quella di tentativo di recupero degli eroi (il medioevo con il Sacro Romano Impero , le caste e la tradizione corale), il cui svolgimento e deterioramento  sta alla base della recente anzi quotidiana distopia che stiamo vivendo. Viviamo quindi in una sorta di passaggio: passaggio ad una età dove ai pochissimi magnati che hanno accumulato buona parte di  tutto il denaro del mondo, (le lobbies farmaceutiche con il loro terrorismo mediatico sanitario diffuso a bella posta grazie al servilismo della loro faccia nascosta quella di un buonismo sinistrorso e il mercimonio dell’informazione  rappresentato dai cosidetti Media ) fa riscontro una massa  spaventata e ignorante pronta a farsi ridurre allo stato di Servi. La mia preoccupazione e inquietudine e’ data appunto dal riscontrare come questa tabella di marcia dell’ipercapitalismo consumista e comunista, stia procedendo col vento in poppa e giustappunto mi rivolgevo ad un saggio di sicura affidabilità quale il “Cavalcare la tigre”  di Julius Evola per trovare indicazioni sul da farsi in questi tempi oscuri .
In tale articolo ne è scaturito appunto su consiglio di Evola, questa antica formula dello Zen giapponese ed in genere della cultura orientale più che occidentale, riflessa anche dalla parole del dio Krisna al guerriero/eroe Arjuna  nella  Baghvadad Gita: adattarsi, non affrontare direttamente l’avversario.  Le forze nemiche sono troppo forti, quindi non conviene contrapporglisi contro in maniera diretta, per il momento glissare, ma nel contempo mai dismettere l’azione, agire d’astuzia e mostrare quel tanto di ardire per montare su il dorso della tigre, come dei tigrotti più intrepidi.  Questo consiglia Evola nel suo “Cavalcare la tigre” in questo tristissimo periodo  laddove nel mio caso lo studio, l’analisi, senza ricercare assurde compensazioni dialettiche alla Hegel o alla Marx (non solo ronzini, ma anche cialtroni della filosofia e della economia), l’approfondimento, la verifica, l’apertura alle tesi più ardite, si rivela nel dettaglio di un calcolo che ha i tratti del calcolo infinitesimale e  che ho definito narcisistico in quanto passante in rassegna tutte le componenti di un integrale sui cammini, proprio come quello individuato da Feynman . Per il chiarimento di ognuno di questi “cammini “si profilano magari non solo come integrale, ma anche  come limite e come derivata, per cui affrontando il tutto da un punto narcisistico si profila l’occasione di pervenire con maggiore precisione e chiarezza ad una loro rappresentazione Ho manifestato il sospetto che ad ogni cambiamento epocale di ciclo, o era, o età, come la si voglia definire,  corrisponda una qualche improvvisa e quanto mai roboante malattia che colpisce l’intera comunità. Le ragioni di tale manifestazione possono essere spiegate razionalmente ma solo fino ad un certo punto,  difatti nella seconda fase di quella del primo contagio  assistiamo in genere al passaggio da una fase di affezione di tipo dermatologico- esempio più marchiano  la peste bubbonica del 1348,  ad una di tipo polmonare che si rivela estremamente più letale, come in effetti successe nei due anni successivi  (impressionanti sono gli  addentellati con la seconda  Legge Biologica di Hamer, quella delle due fasi , attiva o simpaticotonica la prima, risolutiva o vagotonica la seconda) L’affezione del derma ha una spiegazione abbastanza logica, sempre restando alla grande pandemia di metà trecento, dovuta all’inurbamento delle città a causa della spopolazione delle campagne motivata da una micidiale carestia della metà degli anni quaranta e anche da oggettivi fatti di disagio tipo guerre, assedi, che aveva quindi spinto la popolazione delle città a vivere molto più ammassata con collasso delle misure igieniche, ma quella delle vie aeree del corpo, polmoni, bronchi, alveoli  ???? Sempre da Hamer traiamo l’assioma che ogni affezione del corpo ha la sua ferrea motivazione: così il bubbone  rappresenta un forte disagio della vita fattasi all'improvviso  di troppa comunanza, ma la tosse, la malattia polmonare, che è tra l’altro molto più letale, anzi è proprio quella che nel 1348, ma anche a Roma nel 1528 dopo il Sacco della città da parte dei Lanzichenecchi,  nel 1630 dopo la lunghissima guerra dei trent’anni che si era particolarmente fatta sentire nei Ducati lombardi di Milano, Mantova e in genere dell’Italia Settentrionale ????? la matrice della malattia dell’apparato aereo del corpo è sempre una : la paura. Paura! che ha si elementi oggettivi, ma anche la peculiarità di poter essere facilmente indotta, creata a bella posta, per favorire certi interessi che stiamo pur sicuri… ieri come oggi, non sono mai a favore del popolo e della povera gente, ma sempre e solo di chi detiene il potere ed è in grado di esercitarlo facendo leva su volenterosi “cavalier serventi” che si prestano a far da diffusori di tale paura. Per ogni ciclo o età del mondo si è cercato di trovare qualcosa di corrispondente  (i guerrieri e l’argento per la grande stagione greco/romana fatta  di olimpici, epiche battaglie (Termopili, Maratona, Alessandro il Grande, formazione di un grande Impero con personaggi d’eccezione tipo  Giulio Cesare, Augusto) i mercanti e il bronzo, con il loro rintuzzo di “eroi” da Carlo Magno a Federico II e la grande stagione della coralità medioevale, fino al precisarsi della vocazione bottegaia e commerciale nel corso di sette secoli, e  la minaccia di essere pervenuti all’ultima era, quella del ferro e della definitiva divisione in pochi magnati (i mercanti evolutisi ) e servi, si è fatta la inquietante scoperta che ad ogni cambiamento o passaggio epocale fa riscontro un qualcosa di “indotto” non naturale, ma fortemente pilotato, giustappunto di questa classe di mercanti, si da imporre la propria concezione di servilismo al resto della popolazione mondiale. Un qualcosa che ha inquietanti rassomiglianze nel corso del tempo appunto degli ultimi settecento anni, e che proprio la recentissima e coeva farsa di un supposto micidialissimo virus con relativa inesistente pandemia ha riportato drammaticamente in evidenza, fornendo la oramai lampante prova che quando quei famosi mercanti hanno convenuto di operare una accelerazione ai loro piani di  assoggettamento delle masse si sono serviti di tutto il loro potere per provocare guerre, carestie, disagi di varia entità, ma soprattutto, vera e propria ciliegina sulla torta, di una malattia o morbo elevata al grado di  pestilenza, e quindi di pandemia,  che fosse in grado di catalizzare tutta la paura del cosidetto livello di immaginario collettivo delle genti.
E’ per questo che ritroviamo una malattia e quindi il suo innalzamento a livello di pandemia, ogni qual volta ci sono stati davvero cambiamenti epocali:
  tutti gli strumenti di informazione e di diffusione di massa sono stati impiegati per convincere il più possibile la popolazione, così se prima era solo un sentito dire  (a mò della famosa aria del venticello della calunnia),  unita ad una manipolazione di dati sempre con la tendenza alla esagerazione, fatta a livello di documentazione storica (gli irrealistici 50 milioni di morti della peste nera di metà trecento, quelli più circostanziati, ma drammaticamente rappresentati della peste di Roma del 1528, e ancor più,  di quelli dei Ducati di Milano e Mantova all’indomani della guerra dei trent’anni del 1630, con tanto di “Colonna Infame” celebrata dal Manzoni, fino ad arrivare alla vera e propria cantonata statistica della cosidetta Spagnola dopo la Grande Guerra del 1914-18, dove si è strombazzato fino alla noia che c’erano stati  più morti di un solo anno di pandemia (1919)  che dei caduti di tutti gli eserciti combattenti  nei cinque di  tutta la guerra - un misero 2/3 % dei reparti richiamati, contro il 100 %  di una intera popolazione, quindi un indice referenziale del tutto erroneo, solo emozionale atto a fare impressione e diffondere paura - lezione quanto mai appresa e ripetuta in questi nostri tempi iper tecnologici, dove le conoscenze cosidette scientifiche, il tanto decantato progresso, la democrazia, le pseudo libertà, non ci hanno evitato di cadere nella trappola delle elites di potere, come e anche più di settecento anni fa; un qualcosa, attenzione ....
 meticolosamente ordita con la servile collaborazione dei “media” e il supporto di una mentalità ipocrita e buonista come quella della ideologia falsamente egualitaria di sinistra che in quanto faccia nascosta della stessa medaglia del capitalismo e iperconsumismo
  si è assunta ben volentieri il compito di volenterosa carnefice di quella libertà, che poteva essere l’unico antidoto  alla sopraffazione di pochi magnati. Orbene per tutti questi cicli di cambiamenti abbiamo più di un integrale sui cammini, che  come ho fatto cenno può essere rappresentato da una nuova forma di conoscenza che si è aggiunta a quella di prima riesamina (nella fattispecie la Teoria delle Ere del mondo vista come involuzione e non come evoluzione, appunto dall’oro al ferro )   Noi, e lo abbiamo chiaramente premesso fin dall’inizio della serie di questi articoletti di ragguaglio  sui cicli assimilati ai cammini e quindi suscettibili della loro riduzione ad integrale, ci atteniamo alla versione evoliana ricercando quindi i parallelismi tra la situazione odierna e quella di settecento anni fa, (1348),  effettuando una prima riesamina a proposito del tanto strombazzato Umanesimo e seguente Rinascenza,  visto/i  come equivalente dell’altrettanto strombazzato “Great reset” odierno, ovvero la prospettiva di Brunelleschi equivalente di un microchip odierno, il codice Dorico/Jonico/Corinzio come codice binario, la macchina a vapore della rivoluzione industriale come presupposto al drone di oggi  e via dicendo. Solo così mantenendo cioè “umana” la interpretazione, servendoci magari di raccordi al simbolismo, a metafore un tantino esagerate sulla scansione temporale, possiamo davvero azzardare qualche inusitato nuovo “integrale sui cammini” prendendo a sugello le stesse parole di Feynman : “una possibilità può essere una traiettoria che vada fino al comò di casa nostra, un’altra quella di andare e venire nello stesso tempo alla galassia di Andromeda”, e quindi adottare numerosi riferimenti, anche quelli dell’impiego di numeri immaginari : i = radice quadrata di -1, e cioè proiezioni di negativi, per demolire quella pretestuosa formula del più presuntuoso dei filosofi Hegel “ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale” e far paccottiglia di tutti i suoi spiriti della storia che lo stesso filosofo credeva di veder incarnati nel primo caporaluccio di passaggio solo perché aveva vinto una scaramuccia, per ritrovare la complicità dei mercanti (banchieri, oligarchi, magnati di ipercapitalismo etc) in tutti i grandi eventi di una storiografia per la quasi totalità gonfiata, artefatta, falsa, quale si conviene sia stata la cosidetta età del bronzo: abbiamo in altre parole una sorta di grimaldello per aprire tutte le porte di una dilagante falsificazione, che ci consente di passeggiare sui famosi cicli delle età del mondo, tutte, o meglio quasi tutte : l’argento dei guerrieri, il bronzo dei mercanti, il ferro dei servi, però ecco che non abbiamo nulla o quasi nulla per capire qualcosa dell’età dell’Oro ovvero quella degli Dei. Chi erano questi dei???? E come mai, come lamenta Esiodo questi dei ci hanno abbandonati, non ci parlano più ? Dobbiamo far fede che erano immortali, che non conoscevano vecchiaia e che possedevano poteri che mai più alcun essere vivente ha avuto nel nostro pianeta; come dice Evola rappresentavano un qualcosa che “mediante un passaggio dalla derivata all’integrale desume da attributi e titoli, gli elementi di assoluta incommensurabilità alla storia conosciuta” Ecco allora che prendono corpo le teorie delle Quattro Lune di Horbiger, quella degli Elohim di Biglino, o comunque della visita in tempi ancestrali di misteriosi esseri da altri pianeti. C’è al contrario degli altri cicli, un deciso trascendere delle modalità di ordinaria razionalità, dobbiamo per così dire “cambiare registro”, fare come in fisica quantistica : doppia fenditura, ma anche principio di indeterminazione (Heisenger) ovvero particella o flusso, equazione d’onda con tanto di collasso (Schrodinger), dobbiamo spostarci dal reale che tutto è tranne che razionale, percorrere l’immaginario (quel famoso “i”) che però resta in attesa dell’ulteriore ultimo passaggio, ovvero il Simbolico. L’età degli dei, o Età dell’oro, possono essere affrontati, dalla nostra mente solo facendo ricorso al simbolico, rinunciando cioè alla più peculiare delle caratteristiche umane : la coscienza. La coscienza : c’è chi la ritiene connaturata alla stessa specificità umana, una sorta di kit che ha sempre fatto parte del bagaglio del suo pensiero, un qualcosa di atavicamente biologico, diciamo una “essenza” e in tal senso, spesso e volentieri, storia, mito e scienza, perfino religione, sono andati a braccetto: che cos’è difatti il famoso “albero della conoscenza del bene e del male”? e la “famosa mela?” se non l’apparire di una coscienza ovvero la capacità di narratizzare se’ stessi, il situazionarsi in relazione all’ambiente ? “ aprirono gli occhi ed entrambi e s’accorsero che erano nudi” (Genesi 3:6-7). “...e la scintilla che Prometeo rubò agli dei dalla fucina di Vulcano? tutte le ulteriori varianti dei miti dell’origine : l’intelligenza pietrificata di Schelling, i protocolli neurologici che vanno anche alla ricerca di una localizzazione di questa fantomatica coscienza? C’è sempre sottesa la ipotesi di una infrazione, una disubbidienza, un furto, e come di un qualcosa che deve essere mantenuto nascosto, occultato: certamente custodito..., dove? ovviamente la parte privilegiata è quella più recente dell’encefalo, nella corteccia cerebrale, nel foglietto embrionale dell’ectoderma, in sinapsi non meglio identificate, financo in qualche neurone specchio, ma la discussione è sempre aperta. Ho già fatto più volte cenno ad uno psichiatra americano Julian Jaynes, che intorno alla metà degli anni ’70 dello scorso secolo pubblico’ un libro davvero epocale che per sua stessa ammissione rappresentava il frutto di tutta una vita di intuizione e studio “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” che dell’assunto che la coscienza sia un qualcosa di biologicamente innata e connessa alla stessa evoluzione dell’essere umano, non se ne dà per inteso; per lui la coscienza è un derivato del linguaggio articolato e quindi incredibilmente più recente di tutte le precedenti argomentazioni, altro che specifica connaturata alla biologia umana: per ipotizzare un’origine della coscienza non si va a più di tremila anni da oggi. Il suo libro sollevò un enorme scalpore: Accuse di antiscientificità, biologia e neurologia all’unisono per contraddire tale ipotesi “la coscienza vecchia di appena tremila anni?” Ma siamo matti? e prima che c’era? come funzionava l’essere umano?” La coscienza è un derivato del linguaggio “ insisteva Jaynes “ha le stesse impostazioni linguistiche di condensazione e di spostamento, quelle che Freud aveva stabilito per il sogno, ovvero anche lo stesso sogno è una manifestazione di un linguaggio, come ha osservato Lacan, mettendo sul piatto la concezione di inconscio e quelle che De Saussure aveva sancito nel suo “corso di Linguistica Generale, come assi portanti di una lingua ovvero la metafora e la metonimia, che debbono essere intese come un trattato di retorica strutturale La straordinaria importanza di un linguaggio, spiega Jaynes nel suo libro risiede nella sua capacità di conformare analoghi, analoghi tra la volizione e il comportamento “com’è quella data cosa? bhe e’ proprio come quel…. “è come…” è così che il lessico di una lingua si arricchisce, nomina le cose, le fa più vicine o più distanti, più a portata, meno a portata, le fa ….“come..” .ovvero immettendo una esperienza precedente come a collaudo di una nuova, inserendo tra di esse un giudizio di rassomiglianza; l’uomo nomina le cose attraverso la metafora e la metonimia, tutte le cose che fanno via via parte del suo ambiente, ma solo piuttosto tardi nella storia della sua evoluzione riesce a cogliere la sua presenza in relazione a quelle date cose, prima difatti non disponeva di un analogo riguardante sè stesso da mettere in relazione all’ambiente, in una parola diciamo che non era in grado di “narratizzare”. Ecco appunto! la coscienza è questo tipo di narratizzazione di sè stesso in relazione a... è in altre parole : un “analogo io” Si risponde così a quella domanda “cosa c’era prima della coscienza?” non c’era una analogo io, c’era qualcosa altro, qualcos’altro in grado di assolvere a tutte quelle funzioni eminentemente pratiche, si da assicurare un perfetto adattamento e inserimento nell’ambiente circostante, sia a livello naturale, che a livello di aggregazione, di gruppo, un qualcosa che rappresentava una sorta di codifica e amalgama di tutte le prescrizioni, tutti gli ammonimenti, tutti gli accorgimenti che nel corso del tempo e dell’evoluzione, l’ambiente esterno aveva richiesto all’individuo e alle sue successive aggregazioni: da clan, a gruppo, a tribù, a città, appunto quel qualcosa che appunto Jaynes denomina “mente bicamerale” In cosa consiste quindi questa Mente Bicamerale???? Detto così alla buona in una vera e propria formazione neuronale che aveva la sua topica nell’emisfero destro del cervello e in stretta corrispondenza di quello sinistro, in quelle aree che ancora adesso si ritengono deputate al linguaggio: la corteccia motoria supplementare, nella parte alta del lobo frontale sinistro, l’area di Broca, più in basso sempre nello stesso emisfero ed infine l’area di Wernicke, la più estesa che occupa la quasi totalità della parte posteriore del lobo temporale sinistro e che si ritiene fondamentale ai fini della formazione del linguaggio articolato. La domanda che Jaynes si fa e la cui risposta costituirà il paradigma della sua straordinaria ipotesi è “come mai le aree del linguaggio, una peculiarità così fondamentale per la nostra stessa essenza di esseri umani, si trovano tutte e solo nell’emisfero sinistro? Perchè questa marcata settorializzazione e sopratutto cosa c’è nelle corrispondenti parti dell’emisfero destro? la famosa plasticità del cervello, oggi consente di verificare che in individui che hanno subito danni all’emisfero sinistro, data l’assoluta importanza della funzione del linguaggio, questa si sposta appunto sulle corrispondenti aree dell’emisfero destro, ma ecco!... si tratta pur sempre di casi eccezionali, sporadici e non probanti ai fini di una vera risposta alla domanda di fondo: cosa c’è, o magari cosa c’era, nell’emisfero destro in alternativa al linguaggio? L’emisfero destro è notorio, è tradizionalmente, ma anche un pò fumosamente e misteriosamente, ritenuto il ricettacolo della intuizione, delle emozioni, della fantasia; se stimoliamo le aree corrispondenti a quelle individuate nell’emisfero sinistro, non abbiamo nessun effetto di vistosa sintomatologia, tipo afasia, arresto, imbrigliamento di parole, dimenticanza o quant’altro, niente di niente, anzi si è altresì rilevato che in casi di asportazione chirurgica di vaste aree di detto emisfero, a volte dell’intera area corrispondente a quella di Wernicke nell’emisfero sinistro, non si sono riscontrati che deficit sorprendentemente esigui per l’intera funzione mentale e nessuno di entità linguistica, pertanto si è arrivati alla conclusione che l’emisfero destro è perlopiù un emisfero “muto” o perlomeno suscettibile di essere topicizzato come appunto ricettacolo di tutte quelle “fumose” manifestazioni riferibili genericamente all’emozione, alla fantasia, ad una non meglio precisata “intuizione”, che restano un qualcosa di poco catalogabile, senza precisi riscontri di causa effetto, nè tanto meno di ripetibilità. La tesi di Jaynes è che non avendo oggi le aree dell’emisfero destro, alcuna manifestazione importante osservabile, con tutta probabilità l’avevano un tempo, in una fase dell’evoluzione umana antecedente all’attuale, una fase in cui l’uomo non disponeva di quella funzione di narratizzare se’ stesso in relazione all’ambiente e al sociale, non disponeva cioè di un “analogo io” , e pertanto aveva bisogno che un altro analogo, gli desse indicazioni sul da farsi, su come far fronte alle necessità, ai bisogni che un mondo non certo accogliente, gli poneva costantemente di fronte. La mente bicamerale altro non è che tale paradigma: da una parte una funzione eminentemente operativa, strumentale, ovvero un linguaggio sempre più articolato che consente attraverso la metafora, quel …. “è come…” di nominare le cose e raggrupparle per per associazione di rassomiglianza si va ad allocare in una sola parte del cervello; dall’altra, nell’emisfero opposto, abbiamo una funzione, meno circostanziata, meno sintomatica, ma parimenti importantissima, eminentemente simbolica (nel senso proprio del termine: che ri-mette insieme comportamento e ambiente) dove la somma di tutte le situazioni, tutte le esperienze si vanno a codificare in un qualcosa di analogale si, ma con caratteristiche di ammaestramento: un linguaggio anch’esso, ma profondamente diverso e con elementi di ineluttabilità. Tali peculiarità si vanno a topicizzare nelle aree dell’emisfero destro del cervello, presumibilmente corrispondenti a quelle opposte del linguaggio articolato, e questo perchè, anche in questo caso si tratta di un linguaggio, anche se l’analogia non è incentrata su acquisizioni di nuovi termini, messi in relazione dalla metafora , quel “è come…” che opera per meccanisni di paragone e rassomiglianza, ma per prescrizioni di carattere comportamentale che è necessario che siano il più possibile categoriche. Un linguaggio e quindi una voce si, ma una voce un pò particolare, che più che per metafora operi per metonimia, ovvero non per condensazione di significazione di termini, ma per trascinamento di significante, un “sentito dire” che si fa prescrizione, norma , ammaestramento, ovvero una voce con carattere allucinatorio, non portata da apparati fonetici, ma evocata mentalmente da una formazione neuronale che si assume il compito di sostituirsi a quella ordinaria quando sono in gioco fattori di sopravvivenza dell’individuo e del gruppo. La componente allucinatoria e’ resa necessaria dal carattere prescrittivo del messaggio, che non può limitarsi al fatto di essere “udito”, ma deve essere “ubbidito” cioè “ob-audito”: non si tratta dell’acquisizione di un nuovo termine che arricchisca il linguaggio articolato, ma di un suggerimento, una prescrizione, una norma che non può essere elusa, una sorta di imperativo categorico, che non abbisogna di spiegazione, ma di esecuzione, pronta esecuzione: “vai a costruire quell’argine!” “porta arco e frecce quando ti indentri nella foresta!” “lascia delle tracce nel tuo cammino!”, un qualcosa che solo una voce allucinatoria, che promana però dal profondo della tua mente, può importi. Con tutta probabilità il primo referente di questo tipo di comunicazione altra, non metaforica, ma metonimica, con carattere prescrittivo,dovette essere il Capo del Gruppo, il membro dominante, il soggetto appunto preposto alla guida e alla conduzione del gruppo, le cui indicazioni assumevano un che di efficiente, di consolidato e di non discutibile, appunto quell’’ob-audire=ubbidire, da parte dei membri del gruppo, in quanto in gioco la sopravvivenza stessa di tale gruppo e nel suo farsi clan, tribù, comunità, città, stato. Però in seguito, con la morte fisica, di questo capo, di questo Re, le sue voci, i suoi precetti avrebbero rischiato di venire dimenticati se non fossero stati messi in atto determinate procedure che favorissero invece una costante rammemorazione : ecco che assistiamo quindi ad una serie di procedimenti riscontrabili in tutte le antiche civiltà: l’abitazione del capo morto viene dipinta di rosso, spesso e volentieri dotata di un parapetto rialzato dove viene acceso un fuoco che una classe sacerdotale è incaricata di mantenere acceso, lo stesso successore al suo ruolo di capo, viene investito di una funzione di interprete degli antichi ammaestramenti, finche’ alla sua morte fisica si stabilisce una sorta di continuità: l’antica abitazione, diviene la dimora non del singolo Re, ma di tutti i Re, dove continuano ad assommarsi tutti precetti, finchè ad un certo punto il Re morto impersonando se’ e i suoi successori, diviene un Dio vivente, il sepolcro diviene una statua da adorare, la casa un tempio, il più distinguibile, il più visibile possibile, quasi sempre al centro dell’abitato, in posizione rialzata e tutti quegli ammaestramenti, quei consigli, quelle voci non sono più ascrivibili ai singoli re, ma diventano un’unica grande voce, la voce del dio, degli dei viventi. E’ così che nell’uomo nel Gruppo si forma la idea degli dei, da una serie di stimoli visivi, ma sopratutto da stimoli auditivi, da una sorta di codice neuronale che localizzato attraverso termini in sempre continua evoluzione /specializzazione (il”come se…” della metafora) potessero essere tradotti nell’emisfero opposto in prescrizioni con la peculiarità di ricezione non metaforica, di condensazione di significato, ma come trasferimento di significanti, una comunicazione non esterna, portata da un linguaggio di attribuzione, ma interna con caratteristiche di voce non articolata, ma allucinatoria, che più che udita dovesse essere obbedita. Ho un po’ insistito su tali precisazioni : metonimia ovvero spostamento di significanti e non metafora o condensazioni di significati, allucinazioni auditive nell’accezione però di ob-audire e non semplice au-dire, una formazione neuronale degli dei prima che l’uomo arrivasse a quell’analogo io che gli consente di narratizzare se’ stesso, mettersi in situazione rispetto ad un ambiente che lo impegna …., cosa succede se applichiamo tutto questo paradigma a quella famosa, misteriosa, sconosciuta eta’ dell’oro (un simbolo anch’esso) e a degli dei, che proprio perché soppiantati da una coscienza derivata dal linguaggio, non ci parlano più, se non attraverso meccanismi che questa coscienza la eludono?????? Gli dei dell'età dell'oro diventano loro : dei meccanismi neuronali e delle voci che agiscono per metonimia; il tutto in una accezione che con la formazione della coscienza per pressioni di adattamento selettivo, opera per antitesi simmetrica tra emisferi cerebrali in maniera simbolica, che è la peculiarità di comunicazione dell'inconscio

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