Allora quando comincia la vera decadenza? Ha ragione Guenon che correlandosi agli Yuga indiani ovvero i cicli in cui tale cultura suddivide la storia umana, da ‘ gia’ una durata di 6000 anni all’ultimo ciclo quello che grosso modo corrisponderebbe all’eta’ dei Servi o del ferro , nominata da Esiodo nel suo Opere e Giorni? oppure e’ piu’ abbordabile Evola che fa capire che per lui l’ultimo ciclo quello appunto dei Servi forse non e’ ancora cominciato e ci troviamo nel momento attuale (per lui ancora il pieno del XX secolo) in una estrema manifestazione dell’Eta’ dei mercanti, ovvero quella eta’ del bronzo contrassegnata dal prevalere del fattore economico e dalla importanza centrale assunta dal denaro? (probabilmente se Evola fosse vissuto un altro cinquantennio e avesse potuto assistere a quello che e’ accaduto con il secondo decennio del XXI secolo – falsa pandemia, terrore sanitario generalizzato, bottegai e loro servi egemoni delle sorti del mondo – avrebbe senz’altro scandito l’inizio di tale ultima eta’, di totale decadenza e prevalenza del fattore servile, magari anche riprendendo la famosa equazione di Hegel del padrone e del servo come dialettica della storia. E' un argomento che ho piu' volte affrontato parlando si di Hegel, ma soprattutto dell'interpretazione che un pensatore russo Alexandre Kojeve' ha dato alla sua opera in particolare alla "fenomenologia della storia" prospettando una sorta di concetto di di «allineare le province», estendere cioè i principi dello Stato liberale o comunista che sia, questo perché l’obiettivo della lotta per il riconoscimento è raggiungere un equilibrio fra morte e vita. Equilibrio inquieto, che si realizza con la formazione delle due figure di signore e servo. Il primo è la coscienza disposta a rischiare la propria vita. Il secondo, avvinto dalla paura per la morte, cede la propria libertà, rifiuta di mettere a repentaglio la propria via, abbandona il proprio desiderio di desiderare, accetta di cedere al signore, riconoscendogli il titolo, o il diritto, di pretendere il soddisfacimento dei propri bisogni pur di riuscire a soddisfare minimamente i propri di bisogni. Detto altrimenti, allo stato nascente, l’uomo non è mai semplicemente uomo. Sempre, necessariamente ed essenzialmente, egli è o Signore o Servo. Se la realtà umana non può generarsi se non come realtà sociale, la società non è umana – almeno alla sua origine – se non a condizione di implicare un elemento di Signoria e un elemento di Servitù, esistenze “autonome” ed esistenze “dipendenti” Quest’equilibro inquieto che è la lotta per il riconoscimento è, secondo Kojève, il motore della storia. Il desiderio di poter desiderare e il desiderio di farsi desiderare innescano e contraddistinguono il rapporto sociale. Se non c’è desiderio non c’è azione; se non c’è azione non c’è rapporto sociale; senza scelte diverse e asimmetriche da parte delle due autocoscienze implicate non c’è conflitto. Questo conflitto è alla base della nascita della storia umana. Rinunciando a rischiare la propria vita, il servo vota la sua esistenza alle dipendenze di un signore perché accetta di accontentarsi del soddisfacimento dei propri bisogni primari; accetta di barattare, per così dire, la propria libertà con la propria sopravvivenza. Al contempo, il signore, per conservare la sua autonomia, non può uccidere l’esistenza che gli si è volontariamente asservita, ma facendo leva sulla paura della morte, induce e costringe il servo a lavorare. Il lavoro nasce perciò da un atto di violenza perpetrato dal signore sul servo e consente al primo di mantenere costantemente vivo il mezzo attraverso cui avviene il suo riconoscimento. Tuttavia – questo è il momento cruciale, che segna un punto a favore dell’interpretazione di Kojève – nel lavoro il servo non fa altro che agire sulla natura, trasformare l’oggetto naturale in un manufatto che gli consente di guadagnare l’appagamento dei propri bisogni primari, e di assicurargli quindi la vita animale. Trasformare la cosa naturale in prodotto di un lavoro significa però rendere umana la natura. Hegel afferma che la coscienza servile sopprime il suo attaccamento all’esistenza naturale in tutti i suoi elementi particolari e isolati, sino a eliminare mediante il lavoro quest’esistenza: e lavorando, il Servo diventa signore della Natura. Ora, egli è diventato il servo del Signore solo perché – all’inizio – era servo della Natura, visto che solidarizzava con essa e si subordinava alle sue leggi accettando l’istinto di conservazione. Liberando il Servo dalla Natura, il lavoro lo libera dunque anche da se stesso, dalla natura di Servo: lo libera dal Signore. Nel Mondo naturale, dato, bruto, il Servo è schiavo del Signore. Nel mondo tecnico, trasformato dal suo lavoro, egli regna – o, almeno, regnerà un giorno – da Signore assoluto. È questa Signoria che nasce dal lavoro, dalla trasformazione progressiva del mondo dato e dell’uomo dato in questo Mondo, sarà tutt’altra cosa dalla Signoria “immediata” del Signore. Dunque, l’avvenire e la Storia non appartengono al Signore guerriero (nella fattispecie del nostro ragionamento che segue questa suddivisione in varie eta' del mondo, non all'argento, ma al bronzo e in ultima analisi al ferro vanno assimilati gli ultimi secoli di non piu' evoluzione, ma vera e propria decadenza), il signore che fondava la sua stessa identita' sull'essere guerriero o muore o si mantiene indefinitamente nell’identità con se stesso, ma la palla del cammino (integrale) passa non solo al mercante bottegaio, ma al Servo lavoratore. Se l’angoscia della morte, incarnata per il Servo nella persona del Signore guerriero, è la condizione sine qua non del progresso storico, è unicamente il lavoro del Servo che lo realizza e lo perfeziona il motore di questa storia, non-storia Ma Hegel a nostra opinione era uno che non aveva capito nulla ne’ della storia, ne’ dello spirito, a cui pure spesso aveva dedicato il suoi scritti, e così tutti i suoi seguaci a cominciare da Marx, Evola al contrario e’ un filosofo vero, uno di quelli il cui pensiero scorre lontano e questo non solo in avanti, ma soprattutto indietro, e’ cioe’ un filosofo al “futuro anteriore” ovvero uno che non si accontenta del generico “sara' ” ma prima di formulare un qualsiasi piano per l’avvenire riesamina punto per punto tutta la tradizione le esperienze di uno “stato” ovvero un participio passato ove il tutto viene rivisitato come possibilita’. Non si tratta piu’ di trarre flussioni o derivate da un calcolo che si configura come infinitesimale con uso di numeri sia reali che immaginari, ma piuttosto di integrare queste in una prospettiva futura, comporre cioe’ un integrale, un integrale sui cammini, del tutto simile a quello ideato da Feynman nel 1948. Quindi se ora, lasciando Kojeve' e lasciando sopratutto Hegel e pensatori del tutto inconsistenti come Marx, Darwin, torniamo al nostro Evola e si ritorno giocoforza a questa prospettiva di alternativita' al mondo come lo abbiamo studiato, come lo abbiamo conosciuto e purtroppo come lo abbiamo vissuto. Quando vogliamo utilizzare o meglio quando vogliamo cominciare a cambiare uno dei tanti possibili cammini e integrarlo in maniera del tutto differente , secondo le possibilita' di una sorta di "slinding doors"
L'associazione tra il titolo del blog LENARDULLIER con l'architetto LECORBUSIER tende ad un parallelismo con l'Archè = Principio, che deve misurarsi con la modernità = Technè, quindi un "futuro anteriore" applicabile a diversi specifici di conoscenza
sabato 23 luglio 2022
IL FILOSOFO AL FUTURO ANTERIORE
Allora quando comincia la vera decadenza? Ha ragione Guenon che correlandosi agli Yuga indiani ovvero i cicli in cui tale cultura suddivide la storia umana, da ‘ gia’ una durata di 6000 anni all’ultimo ciclo quello che grosso modo corrisponderebbe all’eta’ dei Servi o del ferro , nominata da Esiodo nel suo Opere e Giorni? oppure e’ piu’ abbordabile Evola che fa capire che per lui l’ultimo ciclo quello appunto dei Servi forse non e’ ancora cominciato e ci troviamo nel momento attuale (per lui ancora il pieno del XX secolo) in una estrema manifestazione dell’Eta’ dei mercanti, ovvero quella eta’ del bronzo contrassegnata dal prevalere del fattore economico e dalla importanza centrale assunta dal denaro? (probabilmente se Evola fosse vissuto un altro cinquantennio e avesse potuto assistere a quello che e’ accaduto con il secondo decennio del XXI secolo – falsa pandemia, terrore sanitario generalizzato, bottegai e loro servi egemoni delle sorti del mondo – avrebbe senz’altro scandito l’inizio di tale ultima eta’, di totale decadenza e prevalenza del fattore servile, magari anche riprendendo la famosa equazione di Hegel del padrone e del servo come dialettica della storia. E' un argomento che ho piu' volte affrontato parlando si di Hegel, ma soprattutto dell'interpretazione che un pensatore russo Alexandre Kojeve' ha dato alla sua opera in particolare alla "fenomenologia della storia" prospettando una sorta di concetto di di «allineare le province», estendere cioè i principi dello Stato liberale o comunista che sia, questo perché l’obiettivo della lotta per il riconoscimento è raggiungere un equilibrio fra morte e vita. Equilibrio inquieto, che si realizza con la formazione delle due figure di signore e servo. Il primo è la coscienza disposta a rischiare la propria vita. Il secondo, avvinto dalla paura per la morte, cede la propria libertà, rifiuta di mettere a repentaglio la propria via, abbandona il proprio desiderio di desiderare, accetta di cedere al signore, riconoscendogli il titolo, o il diritto, di pretendere il soddisfacimento dei propri bisogni pur di riuscire a soddisfare minimamente i propri di bisogni. Detto altrimenti, allo stato nascente, l’uomo non è mai semplicemente uomo. Sempre, necessariamente ed essenzialmente, egli è o Signore o Servo. Se la realtà umana non può generarsi se non come realtà sociale, la società non è umana – almeno alla sua origine – se non a condizione di implicare un elemento di Signoria e un elemento di Servitù, esistenze “autonome” ed esistenze “dipendenti” Quest’equilibro inquieto che è la lotta per il riconoscimento è, secondo Kojève, il motore della storia. Il desiderio di poter desiderare e il desiderio di farsi desiderare innescano e contraddistinguono il rapporto sociale. Se non c’è desiderio non c’è azione; se non c’è azione non c’è rapporto sociale; senza scelte diverse e asimmetriche da parte delle due autocoscienze implicate non c’è conflitto. Questo conflitto è alla base della nascita della storia umana. Rinunciando a rischiare la propria vita, il servo vota la sua esistenza alle dipendenze di un signore perché accetta di accontentarsi del soddisfacimento dei propri bisogni primari; accetta di barattare, per così dire, la propria libertà con la propria sopravvivenza. Al contempo, il signore, per conservare la sua autonomia, non può uccidere l’esistenza che gli si è volontariamente asservita, ma facendo leva sulla paura della morte, induce e costringe il servo a lavorare. Il lavoro nasce perciò da un atto di violenza perpetrato dal signore sul servo e consente al primo di mantenere costantemente vivo il mezzo attraverso cui avviene il suo riconoscimento. Tuttavia – questo è il momento cruciale, che segna un punto a favore dell’interpretazione di Kojève – nel lavoro il servo non fa altro che agire sulla natura, trasformare l’oggetto naturale in un manufatto che gli consente di guadagnare l’appagamento dei propri bisogni primari, e di assicurargli quindi la vita animale. Trasformare la cosa naturale in prodotto di un lavoro significa però rendere umana la natura. Hegel afferma che la coscienza servile sopprime il suo attaccamento all’esistenza naturale in tutti i suoi elementi particolari e isolati, sino a eliminare mediante il lavoro quest’esistenza: e lavorando, il Servo diventa signore della Natura. Ora, egli è diventato il servo del Signore solo perché – all’inizio – era servo della Natura, visto che solidarizzava con essa e si subordinava alle sue leggi accettando l’istinto di conservazione. Liberando il Servo dalla Natura, il lavoro lo libera dunque anche da se stesso, dalla natura di Servo: lo libera dal Signore. Nel Mondo naturale, dato, bruto, il Servo è schiavo del Signore. Nel mondo tecnico, trasformato dal suo lavoro, egli regna – o, almeno, regnerà un giorno – da Signore assoluto. È questa Signoria che nasce dal lavoro, dalla trasformazione progressiva del mondo dato e dell’uomo dato in questo Mondo, sarà tutt’altra cosa dalla Signoria “immediata” del Signore. Dunque, l’avvenire e la Storia non appartengono al Signore guerriero (nella fattispecie del nostro ragionamento che segue questa suddivisione in varie eta' del mondo, non all'argento, ma al bronzo e in ultima analisi al ferro vanno assimilati gli ultimi secoli di non piu' evoluzione, ma vera e propria decadenza), il signore che fondava la sua stessa identita' sull'essere guerriero o muore o si mantiene indefinitamente nell’identità con se stesso, ma la palla del cammino (integrale) passa non solo al mercante bottegaio, ma al Servo lavoratore. Se l’angoscia della morte, incarnata per il Servo nella persona del Signore guerriero, è la condizione sine qua non del progresso storico, è unicamente il lavoro del Servo che lo realizza e lo perfeziona il motore di questa storia, non-storia Ma Hegel a nostra opinione era uno che non aveva capito nulla ne’ della storia, ne’ dello spirito, a cui pure spesso aveva dedicato il suoi scritti, e così tutti i suoi seguaci a cominciare da Marx, Evola al contrario e’ un filosofo vero, uno di quelli il cui pensiero scorre lontano e questo non solo in avanti, ma soprattutto indietro, e’ cioe’ un filosofo al “futuro anteriore” ovvero uno che non si accontenta del generico “sara' ” ma prima di formulare un qualsiasi piano per l’avvenire riesamina punto per punto tutta la tradizione le esperienze di uno “stato” ovvero un participio passato ove il tutto viene rivisitato come possibilita’. Non si tratta piu’ di trarre flussioni o derivate da un calcolo che si configura come infinitesimale con uso di numeri sia reali che immaginari, ma piuttosto di integrare queste in una prospettiva futura, comporre cioe’ un integrale, un integrale sui cammini, del tutto simile a quello ideato da Feynman nel 1948. Quindi se ora, lasciando Kojeve' e lasciando sopratutto Hegel e pensatori del tutto inconsistenti come Marx, Darwin, torniamo al nostro Evola e si ritorno giocoforza a questa prospettiva di alternativita' al mondo come lo abbiamo studiato, come lo abbiamo conosciuto e purtroppo come lo abbiamo vissuto. Quando vogliamo utilizzare o meglio quando vogliamo cominciare a cambiare uno dei tanti possibili cammini e integrarlo in maniera del tutto differente , secondo le possibilita' di una sorta di "slinding doors"
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
IL RISVEGLIO DELLA RAGIONE NEL FUTURO ANTERIORE
Io un buon libro di di saggistica lo leggo mediamente dieci quindici volte, con punte di oltre cento e magari duecento, per saggi davvero ...
-
Dopo il 25 aprile e le sue magagne parliamo del 29 che e’ il giorno in cui venne ufficializzata la morte di Benito Mussolini (inutile anda...
-
I Kazhari chi sono questi giudei dell’Apocalisse, citati nella lettera all’Angelo della chiesa di Smirne, che si pretendono giudei senza e...
Nessun commento:
Posta un commento