venerdì 25 novembre 2022

IL PIU' GRANDE GENERALE DEI TEMPI MODERNI

 

Nella nuova  graduatoria di fatti e personaggi improntati alla verita’ e non alla manipolazione e menzogna per interessi commerciali, scompaiono tutti o quasi,  i protagonisti dei libri di scuola e della storiografia ufficiale (ufficiale solo perche’ supportata da cospicui investimenti del potere vigente);  così risulta enormemente ridimensionata la figura di un Napoleone Bonaparte, mediocre generale e non certo quel fulmine di guerra che alcune volte persino i suoi nemici hanno fatto in modo di avallare, sempre per interessi economici o di potere; scompare anche quell’anelito di liberta’ e affrancazione popolare  della Rivoluzione francese, per mostrare invece la sua anima eminentemente bottegaia, concepita e diretta da una  borghesia piu’ o meno emergente e strettamente correlata alla massoneria , così la vera anima del Risorgimento italiano sempre strettamente intessuta con la Massoneria inglese (ben norti i finanziamenti dei Rotschild a Carlo Alberto per le due disatrose campagne del ’48 e del ’49, fattisi ancora piuì cospicui e direttivi per il tramite del Conte Camillo Benso di Cavour, vero e proprio faccendiere della famiglia Rotschild e della Massoneria inglese. Stessa musica per la guerra d’Indipendenza delle Colonie americane precedente alla Rivoluzione francese e pilotata persino dagli stessi ambigui personaggi (il famoso Marchese de La Fayette, mediocrissimo generale , ma altro grande faccendiere degli interessi della banche e della massoneria) e per la guerra di Secessione di meta’ secolo XIX atta a favorire gli Stati industriali e commerciali degli Stati nordisti dell’Unione americana. Così per gli eventi dello stesso secolo con due importanti eccezioni : quello dell’Impero Asburgico dal 1867 Duplice Monarchia Austro-ungarica, e l’unificazione degli Stati Germanici operata dal Regno guida la Prussia  nel 1870 previa la  efficacissima strategia politico/militare del suo cancelliere Ottone di Bismark. Tra queste eccezioni siamo andati alla ricerca del migliore Statista di ogni tempo (tempo circoscritto all’ultima Eta’ dei cosidetti cicli dell’umanita’ desunti da Esiodo,  ovvero l’eta’ del bronzo, con il corrispettivo dei mercanti  e il corrispondente temporale di inizio della pandemia di meta’ del ‘trecento), e si scelto il Principe Klemens Matternich, che batte sul fil di lana proprio un Ottone di Bismark,  per il carattere piu’ onnicomprensivo del suo operato rivolto non solo alla nazione germanica, ma a tutta l’europa  e anche per la rilevanza degli avversari (insomma anche se Napoleone Bonaparte non era quel genio militare che ci hanno contrabbandato, era pure tutt’altra pasta del nipote Napoleone III. Vittoria netta quindi di Metternich, ma se ora dovessimo decidere il miglior generale di questi ultimi settecento anni???? Miglior generale significa maggiore competenza in tema di specifico militare, grande tattica e lungimirante strategia senza perdere di vista la logistica, un qualcosa che era patrimonio comune ai tempi della Roma Repubblicana e Imperiale (piena eta’ dei Guerrieri )  Scipione l’Africano e il suo rivale Annibale , Caio mario, Silla, Pompeo, Giulio Cesare, Germanico, Adriano, Traiano, Marc’Aurelio sul grande precedente (non troppo documentato pero’) di Alessandro Magno. Prima della Rivoluzione industriale la palma di tale superiorita’ va di diritto al Principe
Eugenio di Savoia per le sue folgoranti vittorie tattiche strategiche e logistiche contro praticamente tutti gli avversari con i quali si sia trovato a battersi, ma giustappunto la Rivoluzione industriale e i fulminei cambiamenti delle armi a disposizione (soprattutto di artiglieria) non consentono di effettuare corretti paragoni. Si e’ tentati di preferenziare il Re di Prussia Federico II Hoenzollern, ma si deve tenere conto del grosso cambiamento delle modalita’ belliche introdotte da un militare si, ma piu’ teorico che pratico,  il Generale  Conte Jacques-Antoinde-Hippolite Guibert che giustappunto in un libello del 1773  “Essais general de tactique” aveva ideato una nuova e diversissima modalita’ di condurre le operazioni militari, che teneva conto dei nuovi progressi tecnici da mettere al servizio una conduzione delle operazioni,  laddove opponeva la snellezza e la velocità delle armate alla loro massa e quindi penalizzava la formazione di carriaggi, salmerie, magazzini, a favore dell’adozione di reparti agili, mobilissimi e soprattutto che traessero dai territori da loro via via occupati, gli elementi del loro sostentamento, un po’ come le famose compagnie di ventura dei secoli addietro, facendo insomma ritorno al principio della razzia (la guerra che si alimenta con la guerra).
Va notato che queste idee furono già all’epoca della pubblicazione del saggio prese nella dovuta considerazione : Caterina di Russia invio’ il trentenne autore del saggio in Russia e Federico il Grande volle conoscerlo personalmente.  Doveva essere però quello spirito innovativo della Rivoluzione Francese a ispirarsi massimamente ai principi della teoria di Guibert, quello spirito cominciato a realizzarsi con la famosa “cannonata di Valmy” di appena due anni posteriore alla morte dell’autore e giusto caso uno dei Generali che il giovane Generale Bonaparte si ritrovo’ come diretti sottoposti nella Armata d’Italia nel marzo 1796 il generale Jean Mathieu Philibert Serurier  54 anni l’unico dei tre comandanti provenienti non dalle barricate della Rivoluzione, ma da una regolare carriera militare dato che era membro della piccola nobillta’ ; Serurier  era anche uno dei più esperti ed entusiasti seguaci delle teorie di Guibert, cosa questa come vedremo fin dagli inizi della campagna d’Italia, che tornerà utilissima al giovane generale Bonaparte, rivelandosi  il classico allievo destinato a superare, e di molto, il maestro
.  E’ proprio dalla teoria di Guibert di cui Serurier era probabilmente il più grande esperto dell’intero esercito francese, che gli ispirò di servirsi di un organico leggero, agile, senza carriaggi, salmerie, depositi, ma lo portò sopratutto a  quel fare incetta dei beni dei territori che andava occupando, ovvero quel vivere “di razzia” tipico delle antiche compagnie di ventura, che lui, questa volta in prima persona e con notevoli caratteristiche di ulteriore sfruttamento, sviluppò in maniera autonoma e con indubbie peculiarità di originalità: fin da principio Napoleone  difatti non si limito’ a razziare beni di sussistenza, ma comincio’ ad imporre ai vari territori, gabelle, indennità in denaro e anche confisca di beni e di opere d’arte, aggiungendo così alla questione prettamente militare di una vittoria, determinati riscontri di tipo economico che indubbiamente portarono i membri del Direttorio a non andare troppo per il sottile nel determinare la perizia di questa o quella azione militare. Tra l’altro, con il passare dei giorni (invero piuttosto incalzante) il giovane Generale era imbattuto in un’altra fortunosa vittoria, che ha un “topòs” preciso nell’immaginario collettivo dell’epica napoleonica e una precisa sottolineatura da parte di sé stesso : il ponte di Lodi, ovvero lo scontro che ebbe con la retroguardia austriaca passato alla storia come battaglia di Lodi del 10 maggio del 1796, perchè è proprio da questa battaglia, non di fondamentale importanza militare, ma di stratosferica importanza psicologica, si era andato costruendo nell'immaginario collettivo della storia, il Mito della invincibilità napoleonica, entusiasticamente avallato da un punto di vista utilitaristico da tutto il Direttorio, sempre più abbagliato dal vedersi gratificato di bottini di guerra dai territori conquistati, prontamente e con forte strombazzatura mediatica trasferiti a Parigi con anche il crescente entusiasmo della popolazione. Degno di nota il fatto che che proprio l'interessato ovvero il novello stratega cominciava un po’ ad entrare nella “parte” del generale vincitore “per parte” contribuì non poco alla formazione di questo vero e proprio mito, asserendo nelle sue memorie che in lui la visione della futura grandezza gli derivò appunto da quella battaglia " Fu solo nella serata di Lodi "raccontò nelle sue memorie "che cominciai a ritenermi un uomo superiore e che nutrii l'ambizione di realizzare grandi cose...." insomma una sorta di assai proficua frenesia si impadroni’ di attore, pubblico e anche soprattutto regista, come dicono ancor oggi i francesi “metteur en scene” Difatti il Direttorio, preso atto con gradita sorpresa che le notizie del fronte italiano avevano un favorevolissimo impatto in tutta la Francia, pensò bene di enfatizzare quella scelta, che a parte i sottesi favori, le regalie, ed anche i compromessi risultava esclusivamente propria; pensò bene, quindi di enfatizzare la figura del giovane, fino ad un paio di mesi prima completamente sconosciuto Generale, quasi facendo un ideale eco a quelle impressioni del tutto soggettive del protagonista. Poco importanza aveva il fatto che in verità la battaglia di Lodi era stata in realtà uno scontro vinto contro una retroguardia dell'esercito austriaco comandata dal Gen Sebottendorf, che Beaulieu aveva appunto lasciato di presidio a Lodi. L’agiografia storica e non solo quella napoleonica si è sempre compiaciuta di mostrare la differenza tra i due Generali Beaulieu e Bonaparte, il primo quasi un vecchio trombone ancorato a regole e condotte di guerra sorpassate mentre il secondo portatore delle idee nuove dei tempi che di tali regole si facevano beffe, con differenti strategie: prendendo a motivo proprio questa occasione in cui il Bonaparte aveva ovviato alla distruzione dei ponti e alla requisizione di tutte le barche del tratto di confine con la Lombardia che Beaulieu aveva effettuato per impedirgli di varcare il Po, aveva invaso il neutrale Ducato di Parma per attraversare il fiume a Piacenza e trovarsi di fronte quindi a fronte dell’esercito nemico. Ma anche questa è più leggenda che storia o perlomeno una gonfiatura: difatti Beaulieu dopo l’armistizio di Cherasco e la defezione del Piemonte, non aveva nessuna intenzione di accettare una battaglia campale con l’Armata Francese, anche perché questa proprio in virtù della “messa in scena” che stava cominciando ad ordirsi del generale invincibile, aveva ricevuti notevoli rinforzi di uomini e materiali ed era in netta superiorità numerica: la verità è che Bealieu stava effettuando una perfetta ritirata strategica e per farla, ponendo il grosso del suo esercito al sicuro oltre l’Adda, aveva anche usato lo stesso stratagemma utilizzato dal suo più giovane antagonista: invadere uno Stato neutrale, nella fattispecie la Repubblica di Venezia. Quindi neppure quella di un nuovo modo di fare le guerra secondo lo spirito della Rivoluzione, ispirato come abbiamo visto alla teoria del Saggio di Guibert, che se ne irrideva di tutte le regole della guerra del XVIII secolo, era una verità, tant’è che proprio un Generale di quella vecchia scuola l’aveva utilizzata senza problemi. . La verità è che Napoleone fece mostra di una sorta di abbaglio, che tendera’ spesso a ripetere e che già di per sé inficia quella nomea di grande stratega e generale invincibile che contemporanei e posteri gli hanno attribuita : non valutare con esattezza l’entità delle forze nemiche: qui a Lodi si tratto’ di una sopravvalutazione, ovvero scambiò una retroguardia per l’intero esercito nemico, a Marengo quattro anni dopo, si ebbe il netto contrario: scambio’ l’intero esercito austriaco per una retroguardia. Ora, se nel primo caso lo sbaglio fu facilmente riparato ed anzi si potè, anche da parte del Direttorio, gonfiare la cosa e farla passare per una grande vittoria, a Marengo se non ci fosse stata la disubbidienza di un suo sottoposto il Generale Desaix che contrariamente agli ordini che gli erano stati impartiti fece marcia indietro con le sue due Divisioni, e le scaglio’ contro l’esercito nemico, sarebbe stata certamente la disfatta e non quella straordinaria vittoria , di gran lunga la preferita da Napoleone, caratterizzata da quella mitica frase “una battaglia è perduta? c’è il tempo di vincerne un’altra!” frase che non si è neppure sicuri della sua effettiva pronuncia da parte del Gen. Desaix prima di perdere la vita colpito in pieno petto da una palla nemica, appena slanciatosi alla testa delle sue Divisioni contro gli austriaci, frase che ovviamente fu fatta passare per vera, destinata a rimanere per sempre nell’immaginario dell’epopea napoleonica, anche se a ben vedere avrebbe dovuto rappresentarne la relatività. Con Guibert, o meglio con le teorie di Guibert, dobbiamo valutare il nuovo impatto delle operazioni del Generale Bonaparte, che tuttavia furono dirompenti solo sotto il profilo del portare all’esasperazione il metodo della razzia (quel famoso guerra per la guerra), del non tenere in alcun modo conto di regole, di infischiarsene bellamente di neutralita’ dei vari Paesi: in questo indubbiamente Napoleone non ebbe rivali, ma diciamo subito che in quanto a rapidita’  operativa e a strategia d’assieme, piu’ di un Generale austriaco  (Beaulieu, Wurmser, Alvinczy, Arciduca Carlo,  per limitarci alla prima campagna d’italia del 1796/97 ) non solo non furono da meno del generale della Rivoluzione, ma  lo surclassarono a livello strategico, diffatti a conti fatti nelle clausole d’armistizio l’Austria ebbe la piu' florida e prestigiosa provincia Europea ovvero la Repubblica di Venezia, mentre la Francia dovette accontentarsi del Ducato di Milano e di quanto mai effimere Repubbliche (Cispadana e Cisalpina) di cui ad un anno di distanza non ce ne era piu' alcuna traccia . Questo tanto per chiarire l’assunto che NO, assolutamente no, Napoleone Bonaparte non può in alcun modo essere denotato  come il piu' grande generale dell’epoca moderna. Ma allora a chi dare questa palma? Chi potremo indicare dopo Eugenio di Savoia, in concomitanza con i radicali cambiamenti nelle modalita' del fare la guerra ? : E se scegliessimo il militare che ha sconfitto proprio Napoleone ? No non Wellintong e neppure Blucher per la loro vittoria di Waterloo, che detto per inciso era ineluttabile , perche ' se anche qualora da Waterloo fosse uscito vincitore Napoleone, sarebbe stato battuto quindici giorni dopo e quando anche avesse vinto ancora, di certo battuto lo sarebbe stato una terza volta. Dobbiamo andare a pescare il generale che aveva reso possibile Waterloo e non come battaglia episodica, ma sistematica, che ha il suo prodromo decisivo in una precedente grande battaglia campale  che decreto' la fine della stella di napoleone e che ebbe il titolo di "battaglia delle Nazioni" : la battaglia di Lipsia dell'ottobre 1813.
Autore del piano vittorioso ne fu  un Generale  di Divisione che era stato appena nominato Capo di Stato maggiore  del principe austriaco Schwarzenberg, comandante  in capo dell'armata di Germania di tutti gli Eserciti della coalizione contrapposti a Napoleone Johann Josef Wenzel Radetzsky;  ebbene fu proprio lui e non certo il suo discutibile comandante colui che  rese possibile proprio con una grande eclatante vittoria chiudere  definitivamente la partita Napoleone. Tutti gli storici hanno riconosciuto il merito di Radetzsky "il concetto fondamentale  di spingere Napoleone dai suoi caposaldi sull'Elba , di accerchiarlo, di evitare  ogni scontro parziale e di annientarlo in uno scontro decisivo" e' farina del sacco del solo Radetzsky. e questo merito torno' a rifulgere proprio nell'emergenza del far fronte comune al ritorno della minaccia Napoleone: al di la' delle beghe personale dei
comandanti delle varie nazioni, (Schwarzenberg, Wellintong, Blucher, Barklay de Tolley) la ripresa della medesima strategia flessibile e convergente nel contempo,  per costringere l'avversario ad  una sola decisiva battaglia, propugnata nuovamente da Radetzsky a ripresa del suo mpiano di due anni addietro si rivelo' vincente,  e giustappunto porto' ad un bis di Lipsia.  Vincendo, se non il migliore, ma perlomeno quello che aveva la fama di essere il piu' grande dei comandanti militari moderni, Radetzsky ha dimostrato di meritare la palma del miglior Generale dell'era moderna, anche se altri  si avocarono tale merito.  Tra l'altro come aveva ampiamente dimostrato a Lipsia  non fu solo un teorico, ma  anche un comandante  capace di mettere in pratica le sue idee combattendo valorosamente e non disdegnando di prendere parte di persona a cariche di cavalleria, che gli costarono anche ferimenti in battaglia  Per noi Italiani il Feldmaresciallo Radetzsky (fu nominato tale solo vent'anni dopo ) e' stato il nemico giurato del nostro Risorgimento e la falsissima propaganda savoiarda e poi italiana  ha anche  tentato di farlo passare per un vecchio rincoglionito, curvo, dimesso, stanco  in occasione delle trattative dell'armistizio di Vignale nel 1849, al cospetto di un fierissimo  Vittorio Emanuele II intento a pronunciare la famosa 
frase che ci hanno fatto imparare sui libri di scuola fin dalle elementari "Casa Savoia conosce la via dell'esilio ma non quella del disonore". Mi capito' di leggere le memorie di un diplomatico francese presente a tali trattative, di cui purtroppo non ricordo il nome, che da' una versione radicalmente opposta a quella che ci e' stata tramandata,  dove anzi il comportamento del nuovo re verso l'ottuagenario Maresciallo fu di una untuosita' rivoltante, tanto da spingere quest'ultimo a richiamarlo alla sua dignita' regale "io sono stato presente al suo battesimo Maesta'  " pare gli disse "e sono soltanto un servitore delI'Impero asburgico, non e' opportuno che un membro di una casa regnante, anzi il Nuovo Re di Sardegna si  porti in siffatta maniera con un sottoposto" Con tutta probabilita' fu proprio questo  troppo servile portamento del nuovo Re così poco regale,  che spinse i cortigiani di corte ed in primis lo stesso Presidente del Consiglio Massimo D'Azeglio a cambiarne radicalmente la storia.  Comunque anche insigni storici come Dennis Mack Smith   e persino il nostro Indro Montanelli nella sua Storia d'Italia,  propendono per la versione riportata dal diplomatico francese    «Anche di questo incontro" dice appunto Montanelli " la leggenda risorgimentale s'impadronì, e stavolta a tutto scapito della verità. Si disse che il Maresciallo offrì addirittura un pezzo di Lombardia al giovane Sovrano a patto che questi abolisse la Costituzione e la bandiera tricolore e che Vittorio Emanuele rifiutò sdegnosamente. Di qui prese avvio il mito del "Re Galantuomo". Ma i fatti si svolsero in tutt'altro modo. Il re abbracciò e baciò il Maresciallo che gli era venuto incontro. 'Era agitato, aveva la barba lunga e un contegno poco regale' annotò un ufficiale austriaco presente alla scena ... Il Re disse che era ben deciso a liquidare il governo e il partito democratico...ma aveva bisogno di un po' di tempo e un po' di comprensione da parte dell'Austria ... Di Costituzione e di bandiera non si era quindi parlato e le condizioni vennero mitigate senza nessuna contropartita, non tanto forse per generosità del Maresciallo quanto per calcolo politico"   Concludendo possiamo dire che Radetzsky ha un ulteriore titolo di merito per assicurarsi la palma di miglior generale dei tempi moderni  anche per il magistrale portamento  tenuto contro le forze rivoluzionarie degli insorti milanesi e dell'esercito savoiardo di Carlo Alberto finanziato dai Rotschild, alla veneranda eta' di 81 anni
(era del 1767) con  una perfetta ritirata strategica nel cosidetto Quadrilatero delle Fortezze di Peschiera, Verona, Mantova, Legnago  e poi per la controffensiva di Santa Lucia, cui prese parte anche il giovane Francesco Giuseppe  che porto' alla sconfitta di Custoza  e anche l'anno seguente dove esauri' la ripresa della guerra in soli pochi giorni condotti con l'abituale perizia e capacita'  In merito al battere un grande avversario an
che il Generale prussiano Moltke nel 1870 vinse una battaglia campale contro un altro Napoleone, Napoleone III nipote del Primo, ma come abbiamo gia' accennato, per quanto possiamo essere oppositori della supposta genialita' militare di Napoleone Bonaparte, bhe!!!  nel confronto tra zio e nipote non c'è il benche' minimo termine di paragone, per cui siamo sempre piu' convinti  della giustezza della nostra scelta 

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