Il paradigma storico del nostro tempo, per intenderci la “visione del mondo” di cui abbiamo trattato nel precedente articolo e’ dato da una parte dal meccanismo economico inauguratosi con l’eta’ dei mercanti o del bronzo, ovvero il principio bottegaio tipo anglosassone con inclinazione talassica per dirla alla Carl Schmitt e dall’altra, a compendio, dalla ascesa delle macchine con la Rivoluzione Industriale - su di entrambi aleggia a livello primordiale e originario uno spirito nefasto, infetto, malato, quale si riscontra con la diffusione piu’ o meno inventata, piu’ o meno gonfiata, di una apocalittica pestilenza cui e’ stato dato il nome, piu’ che mai terrorifico, di “peste nera”. Ecco questi sono i tratti salienti, ovviamente paradigmatici su cui si e’ costruito il mondo moderno, dove contrariamente alla vulgata sempre avanzata dai bottegai e loro garzoni c’è da registrare sempre un continuo costante degrado di ogni sua forma esteriore e dsopratutto interiore. Cio’ a ben vedere, rida’ pieno valore alle piu’ antiche istanze quelle riportate da Esiodo e da tutti i piu’ antichi testi delle Societa’ umana dove si rimarca come il mondo sia andato passando da uno stato di massimo splendore ad uno sempre peggiore, il che e’ simbolicamente rappresentato dal grado di purezza e valore del metallo corrispondente oro, argento, bronzo e in ultimo il vile ferro. Malattia, Mercimonio, Macchine sono le tre emme del nostro scontento: della prima superfluo sottolinearne la negativita’ stante l’impatto sulla salute di tutti nei meccanismi di diffusione etichettati come pandemia , del secondo se ne valuta piuttosto cosa ha significato in termini di umanita’ assegnare tutto il valore ed un solo elemento del processo dell’esistenza : un valore di scambio merce e valuta, che ha finito per elidere tutti quei valori che un tempo le comunita’ si scambiavano, In quanto all’ultima emme, le Macchine, ebbene dal XVIII secolo in poi il mondo si e’ andato sempre piu’ identificando nelle macchine, assumendone lessico e modalita’ : leve, pulegge, ruote, ingranaggi sono divenuti dominanti, il corpo stesso dell’uomo si e’ andato conformando ad una macchina, di tal guisa si puo’ rompere , aggiustare, comprre, assemblare e riassemblare e al limite addirittura sostituire. La macchina e’ diventata l’ideale a cui tendere, nel corpo, nello spirito, nel pensiero, nell’azione, si richiede ad essa precisione , accuratezza, velocita’ sempre piu’ velocita’, regoliamo il tempo con una macchina – l’orologio - comunichiamo tra di noi con macchine – prima il telefono, oggi i computer e i sempre piu’ onnipresenti “social” ci muoviamo con macchine - automobili, treni, navi, aerei e domani…. chissa’ !? Anche per vedere abbiamo bisogno di macchine, la luce elettrica, la televisione . La macchina e’ diventata il nostro modo di vivere e la nostra visione del mondo e’ piu’ che mai costituita su macchine. Tendiamo a vedere lo stesso universo come una grande macchina, messa in moto in un ipotetico Big Bang da un ingegnere supremo, cui con una certa riluttanza siamo ancora disposti a chiamare Dio. Il nostro pianeta e’ diventato un gigantesco magazzino di componenti, dove ogni sorta di pezzo aspetta di essere assemblato. La macchina e’ così ben ingranata nel nostro quotidiano che e’ difficile rendersi conto dove essa finisce e dove comincia l’uomo, persino le parole che escono dalla nostra bocca hanno assunto il lessico della macchina . noi misuriamo i rapporti con gli altri dal grado di sincronia con loro, i nostri sentimenti sono vibrazioni che possono essere buone o cattive, cerchiamo dio evitare attriti nell’ambiente di lavoro ed anche nei rapporti umani e cerchiamo di sintonizzarci con il tal dei tali piuttosto che cercare amicizia o attenzione, pensiamo alla vita come a qualcosa che gira correttamente ed in caso contrario viene subito alla mente il guasto e la possibile riparazione. Negli ultimi anni con il progredire della tecnologia si e’ andata sempre piu’ diffondendo l’idea di una “intelligenza artificiale” cioe’ del tutto meccanica,un cervello/macchina che possa sostituire in toto non solo l’operato ma anche il pensiero umano
L'associazione tra il titolo del blog LENARDULLIER con l'architetto LECORBUSIER tende ad un parallelismo con l'Archè = Principio, che deve misurarsi con la modernità = Technè, quindi un "futuro anteriore" applicabile a diversi specifici di conoscenza
martedì 30 luglio 2024
lunedì 29 luglio 2024
VISIONI DEL MONDO
In tutto il corso della storia l’uomo ha sempre sentito il bisogno di crearsi un contesto ideale per costruirsi dei riferimenti nel suo operare e nel suo sentire. Possiamo senz’altro affermare che la necessita’ di costruire questo quadro di riferimento che contestualizzasse ogni sua azione e pensiero e’ stata una costante di tutte le civilta’ che si sono susseguite nel corso dei millenni. Un quadro di riferimento appunto, che piu’ propriamente e’ andato a conformare una vera e propria “visione del mondo” si da dare un senso al suo stesso essere, tanto piu’ valida e esaustiva quanto piu’ condivisa dagli altri esseri del medesimo status. E’ stato osservato che l’aspetto piu’ interessante di tale visione del mondo di una determinata Societa’ e’ che la stragrande maggioranza degli individui che ne fanno parte, non si rendano neppure conto di come essa influenzi le loro vite, e funzioni come collante per l’intera comunita’, specie se e’ stata ben interiorizzata fin dall’infanzia e non e’ suscettibile di essere messa in discussione. La storia ci ha insegnato che tale convinzione non e’ eterna, ma e’ limitata dal tempo e spesso e volentieri messa alla prova e quindi sottoposta a infrazione dei suoi limiti da tutte le novita’, le critiche, le contestazioni, i dubbi, che si presentano nel cammino. Piu’ di uno studioso ha cercato di dare una interpretazione a tale meccanismo, uno degli ultimi e’ stato Thomas Kuhn che nella suo libro del 1962 , La struttura delle rivoluzioni scientifiche ha stabilito un vero e proprio paradigma con varie fasi per sostenere l’alternanza nella storia delle cosidette “visioni del mondo” - va notato che Kuhn ha imposto l'uso del termine "paradigma" per indicare l'insieme di teorie, leggi e strumenti che definiscono una tradizione di ricerca in cui le teorie sono accettate universalmente, egli afferma che la scienza attraversa ciclicamente alcune fasi indicative della sua operatività, per questo e’ paradigmatica, in quanto la demarcazione tra scienza e pseudoscienza è riconducibile all'esistenza di un paradigma. L'evoluzione del progresso scientifico viene assimilata ad una curva continua che in corrispondenza dei cambi di paradigma subisce delle discontinuità o salti quantici. Kuhn suddivide l'evoluzione di un paradigma in cinque fasi. La Fase 0 è il periodo chiamato pre-paradigmatico, caratterizzato dall'esistenza di molte scuole differenti in competizione tra di loro prive di un sistema di principi condivisi. In questa fase, lo sviluppo di una scienza assomiglia più a quello delle arti e presenta molta confusione. A un certo punto della storia della scienza in esame, viene sviluppata una teoria in grado di spiegare molti degli effetti studiati dalle scuole precedenti; nasce così il paradigma, l'insieme di teorie, leggi e strumenti che definiscono una tradizione di ricerca all'interno della quale le teorie sono accettate da tutti i cultori. Questa adesione condivisa dà inizio alla Fase 1, ovvero, l'accettazione del paradigma. Una volta definito il paradigma ha inizio la Fase 2, ovvero, quella che Kuhn chiama scienza normale. Nel periodo di scienza normale gli scienziati sono visti come risolutori di problemi, lavorando per migliorare l'accordo tra il paradigma e la natura. Questa fase, infatti, è basata sull'insieme dei principi di fondo dettati dal paradigma, che non vengono messi in discussione, ma ai quali, anzi, è affidato il compito di indicare le coordinate dei lavori successivi. In tale fase vengono sviluppati gli strumenti di misura con cui si svolge l'attività sperimentale, vengono prodotti la maggior parte degli articoli scientifici, ed i suoi risultati costituiscono la maggior parte della crescita della conoscenza scientifica. Durante la fase di scienza normale si otterranno sia successi, che insuccessi, che per Kuhn, prendono il nome di anomalie, ovvero eventi che vanno contro il paradigma. Lo scienziato normale, da buon risolutore di problemi quale è, tenta di risolvere tali anomalie. Si passa così alla Fase 3, nella quale il ricercatore si scontra con le anomalie. Quando il fallimento è particolarmente ostinato o evidente, può avvenire che l'anomalia metta in dubbio tecniche e credenze consolidate, aprendo così la Fase 4, ovvero la crisi del paradigma. Come conseguenza della crisi, in tale periodo si creeranno paradigmi diversi. Tali nuovi paradigmi non nasceranno quindi dai risultati raggiunti dalla teoria precedente ma, piuttosto, dall'abbandono degli schemi precostituiti del paradigma dominante. Si entra così nella Fase 5, la rivoluzione (scientifica). Nel periodo di scienza straordinaria si aprirà una discussione all'interno della comunità scientifica su quali dei nuovi paradigmi accettare. Però non sarà necessariamente il paradigma più "vero" o il più efficiente ad imporsi, ma quello in grado di catturare l'interesse di un numero sufficiente di scienziati, e di guadagnarsi la fiducia della comunità scientifica. I paradigmi che partecipano a tale scontro, secondo Kuhn, non condividono nulla, neanche le basi e quindi non sono paragonabili (sono "incommensurabili"). La scelta del paradigma avviene, come detto, per basi socio-psicologiche oppure biologiche (giovani scienziati sostituiscono quelli anziani). La battaglia tra paradigmi risolverà la crisi, sarà nominato il nuovo paradigma e la scienza sarà riportata a una Fase 1. Ho fatto questa digressione per evidenziare, con il supporto di uno dei piu’ illustri studi in materia, come anche la visione del mondo apparentemente piu’ solida (non a caso quella della scienza) soggiace a cicliche fasi paradigmatiche di scoperta-crescita-affermazione-declino. La nostra di “visione del mondo” limitandoci al nostro mondo occidentale, comincio’ a prendere corpo grosso modo trecento anni fa, in correlazione colla cosidetta “Rivoluzione Industriale” e l’avvento della macchina nel panorama dell’operare umano, su prodromi pero’ parecchio piu’ antichi risalenti al diffondersi della mentalita’ mercantile e lo sviluppo dei commerci ad opera soprattutto dello spirito anglosassone (vedi la tesi di Carl Schmitt nella sua opera Terra Mare del 1942 con la sua divisione tra potenze di terra, stazionarie, solide, legati alla tradizione con confini precisi e potenze di mare, mobili, senza confini, di cui l’Inghilterra della Regina Elisabetta I della dinastia Tudor, ne fu l’originaria rappresentante). Per la verita' bisognerebbe andare ancora piu' indietro, perlomeno di altri 200 anni per trovare l'origine davvero archetipa della nostra "visione del mondo" e precisamente alla grande peste del 1347/48. così facendo ecco che all'improvviso ci troveremmo in strettissima aderenza al pensiero antico sul succedersi delle varie fasi del mondo, per intenderci quello riportato da Esiodo nella sua opera "Le opere e i giorni" e sulla cui falsariga sono imperniate tutte le ipotesi sulla origine del mondo di tutte le piu' grandi civilta' della terra. Come e' noto pero' tutte queste teorie delle origini delle Civilta' della terra, contraddicono nettamente la concezione della storia così come l'abbiamo costruita noi con la rivoluzione industriale, l'automatismo delle macchine, la mentalita' mercantile che possiamo anche chiamare "bottegaia" e con un principiare originario correlato ad una pestilenza. Come possiamo spiegarci dunque il fatto che prima della attuale affermazione del mondo malato e meccanizzato del commercio che postula un continuo progresso tecnicistico, la visione generale fosse invece quella di un progressivo degrado? dice appunto Esiodo " all'inizio dei tempi un'aurea generazioni di mortali fu creata dagli immortali abitanti dell'Olimpo.... essi vivevano come dei col cuore libero da preoccupazioni senza fatica e dolore . L'abominevole vecchiaia non li attendeva al varco, ma restavano sempre eguali in forza nelle mani e nei piedi, godevano del festeggiare, lontani da ogni cattiveria e quando morivano era come se fossero immersi nel sonno! tutte le cose buone appartenevano a loro e una terra generosa dava loro abbondanti raccolti...." e' questa la famosa "ETA' dell'ORO, che non solo Esiodo aveva postulato come inizio dei tempi, di poi si successero eta' sempre piu' dure e ingiuste : l'eta' dell'argento, del bronzo degli eroi e infine del ferro, la piu' terribile di tutte, che non un solo indizio fa ascrivere ai tempi attuali quella del terzo millennio, coincidente con quello che piu' di un filosofo (Guenon, Evola, De Benoist, Dugin, etc.) ha denominato "postmodernismo" ovvero l'epoca in cui anche il moderno si e' liquidato nel posteriore senza piu' alcun riconoscimento neppure dispregiativo "Ora, infatti e' la stirpe del ferro" continua Esiodo "di giorno mai cessano la fatica, l'inganno, il dolore , mai cessa di notte il lamento... gli uomini non conosceranno piu' il giusto, la lealta' e neppure la bonta' , ma si dara' maggiore onore all'apportatore di male, al malvagio che con perfidi detti danneggiera' l'uomo migliore e spergiurera' il falso (come non riconoscere i vari Rotschild, Rockfeller, Soros, Schwab, Gates e i loro accoliti?
domenica 7 luglio 2024
LIMITI IN PROGRESSIONE
«L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde fra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: ‘Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto» (F. Nietzsche, La nascita della tragedia) Eccolo in sintesi il concetto di vita, quale si era andato fissando nel pensiero di un mio caro amico, condizionato o meglio affascinato dalla lettura del libro di cui sopra (ottobre 1963), ma che aveva i suoi prodromi ancor prima, molto prima, da quando forse rimase conquistato dalla cultura dell'antica grecia e del suo "caro agli dei è colui che muore giovane", della scelta di Achille, non considerando il pentimento riportato nell'XI Canto dell'Odissea, di un giovanilismo riportato nell'arte, nella scultura nella poesia...di un Mimnermo ad esempio
. In genere la vita non si perita di convenire con le tue aspettative e finiamo tutti per assumere i panni di tanti Diodato "che a fare i conti si era sbagliato" Così la vita si puo' rivelare o incredibilmente piu' corta, o magari a volte, sensibilmente piu' lunga contravvenendo il principio di Sileno. Ricordo bene che il primo limite ottimale di quel mio amico era stato nei diciassette anni di vita, influenzato piu' dal latino e dal famoso anagramma XVII - VIXI superato il quale gli rimase con poca convinzione il ventinovesimo anno , che ad un nuova superamento (la fine dei "v-enti " e l'entrata nei trenta. Questo mio amico era per l'intanto divenuto un grosso appassionato di filosofia che aveva arricchito con un considerevole interesse nella psicoanalisi freudiana, ma con larghe aperture anche a quella Junghiana, sicche' i trentacinque anni passarono indenni in quanto ad aspettative di "fine" superate dalle istanze della funzione trascendente e del famoso processo di individuazione appunto Junghiano con tanto di attivazione degli archetipi dell'inconscio collettivo : Persona. Ombra, Anima. % anni di pausa ed ecco ripresentarsi il limite sul fare dei quaranta anni "l'onta degli -anta" che invece sarebbe passata indenne, ma con anzi un rinnovato ardore dovuto a nuove conquiste di tutti i generi : culturali del tipo la nozione di inconscio come insiemi infiniti grazie allo psicoanalista cileno ignacio Matte' Blanco, la sistematica lettura di Essere e Tempo di Heidegger, fisiche in soggettiva per via di esercizi e nuove tecniche quali lo Yoga, il Tai ti Quan, sociali come raggiungimento di determinati obiettivi di lavoro e relazionali in quanto contrassegnati da una sorta di dominanza dell'elemento sessuale femminile.....un qualcosa che se ne era bellamente infischiato dei cinquant'anni anche se c'era stato quel passaggio di millennio che un po' cabalisticamente era stato denotato come limite massimo di vita, grazie anche ad un episodio del lontano 1960 : via dei Cavalleggeri atmosfera della Olimpiade in corso; il nostro stava passeggiando con il padre ed uno zio, un Juke box di un bar prospiciente la via suonava le note di una canzoncina assai in voga con la allegra voce di Bruno Martino "nel 2000 noi non mangeremo piu' ne' bistecche, ne' ravioli con ragu' , prenderemo quattro pillole con gran facilita' la fama svanira', razzi di qua, razzi di la', andremo sulla luna con il razzo delle tre! " eh gia?... Il 2000!!!! ...." disse con una certa rassegnata melanconia , lo zio che era decisamente il piu' anziano "E chi lo vedra'? io no di certo " "be' neppure io" ribatte' il padre "dovrei avere piu' di 80 anni ! - Ecco l'unico che dovrebbe arrivarci e' lui "fece indicando il ragazzino che aveva da poco superato la decina d'anni . "Perche' papa' "chiese quello "quanti anni dovrei avere io nel 2000" "Uhm!" ribatte' il padre facendo un rapido conto " cinquantadue" "eh che diamine, papa' mi vuoi far arrivare tanto vecchio? Quasi tutti i primi anni del nuovo millennio passarono quindi senza piu' farsi limiti di vita, ma ripresero alla grande dopo il compimento dei sessant'anni . Allora ecco i calcoli si appuntarono sulla grande scalinata che dalla via ove era nato , la via Nicolo' V, dava sulla via Aurelia all'altezza del grande cavalcavia ove passava il treno che andava fino alla Stazione san Pietro. ebbene i gradoni della scalinata erano in numero di 64 e tanto era divenuto la "n" in cui il limite andava a tendere . Questo finche' un amico non gli fece osservare che si i gradoni erano 64 se si considerava pedata degli stessi, ma diventavano 68 quando si considerava anche l'alzata
Mimnermo e la traduzione di Quasimodo |
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