Il Mito ha sempre cercato di raccontare il Mistero delle origini, diciamo l’inspiegabile e ha scelto specifici personaggi per interpretare ora questa ora quell’istanza che la ragione non poteva trovare un costrutto. Gilgamesh, Shiva, Prometeo, Mose’, Zoroastro, Gesu’, ognuno risulta portatore di un pezzo di messaggio che pero’ non e’ ne’ propedeutico, ne’ sequenziale ad un discorso d’assieme. Neppure un frammento di realta’ poteva essere compreso nel Mito, solo immaginario e saltuariamente il simbolico rientravano nel possibile di un racconto cui veniva richiesto quindi un grado di astrazione molto pronunciato. Diversamente cominciarono ad andare le cose quando a prendere il posto del Mito e dei suoi epigoni, fu un tipo di costruzione logica eminentemente umana, che non faceva ricorso ne’ alla fantasia, ne’ al sentito dire, ne’ al mistico o al leggendario : la matematica. Con la matematica gia’ dal secolo XVII da noi in occidente comincio’ a diffondersi un certo tipo di ragionamento che postulava una oggettivita’ con l’intero creato, anche se nel suo ambito cominciarono subito le controversie: si va da posizioni oggettivamente categoriche e assolutiste tipo quella di Cartesio , da molti indicato come il fondatore del principio matematico “tutti i problemi possono considerarsi problemi matematici nei quali si andava a cercare un ordine e una misura e non era rilevante che si trattasse di numeri, figure, stelle, suoni o qualsiasi alto oggetto – vidi dunque che vi doveva essere qualcosa di piu’ generale che spiegava ogni particolare come una entita’ in cui si presentano problemi di ordine e di misura : e’ questo che io chiamo Matematica Universale – una tale scienza dovrebbe contenere la struttura di base della ragione umana e il suo ambito dovrebbe estendersi fino ad estrarre il vero da ogni argomento. Si arriva quindi a posizioni di scontro come quella emersa tra i due grandi studiosi Leibniz e Newton a proposito del calcolo infinitesimale, che possono essere riassunte nel principio che la struttura matematica dell’intero creato dovesse ricercarsi all’esterno, nella struttura delle cose fisiche del mondo,e quindi in un assoggettamento della natura alle leggi della matematica come sosteneva Newton, o piuttosto all’interno dell’uomo come una sorta di “vis viva” come invece postulava Leibniz. Va notato che Leibniz si serviva di una tale forza per formulare una visione opposta a quella del rivale inglese, anche se per molti versi del tutto speculare ai fini dei risultati pratici che porto’ appunto alla alla definizione congiunta di Limiti, Derivate e Integrali nelle equazioni differenziali ed anche alla ideazione dei numeri immaginari (negativi di proiezioni). Una ulteriore controversia si sviluppo’ praticamente da due concezioni parimenti opposte sulla natura della realta’, ovvero se i fenomeni che la natura, tutta la natura, ospita hanno carattere continuo oppure discreto. Entrambi le concezioni trovano riscontro di volta in volta nella nostra intuizione, nel quotidiano, nei nostri organi di senso , nei dispositivi di misura e in generale nelle apparecchiature scientifiche. La distinzione in realta’ continua e realta’ discreta che si rispecchia altresi’ nella classificazione degli strumenti analogici e digitali, di cui negli ultimi anni abbiamo avuto così tanti riscontri ha impresso alla matematica digitale uno slancio senza pari, facendo sì che la visione discreta del mondo si affermasse quasi univocamente . Sul “discreto” infatti sembra basarsi il nostro mondo attuale, conformando appunto l’era del computer e degli strumenti analogici ai quali sembra che tutto si conformi e le sacche di resistenza di una concezione continua del nostro mondo sembra venir relegata alla obsolescenza ne’ piu’, ne’ meno simile alle nostalgie di vegliardo sui bei tempi andati Probabilmente e’ la parallela strettissima tra visione discreta e il codice digitale di cui si occupa oggi la scienza e la tecnica della informazione che ha portato alla prevalenza della concezione discreta su quella continua. La fisica teorica vede costruirsi il suo piu’ promettente scenario, quello della meccanica quantistica, proprio sul predominio del discreto, laddove si parla di universo informato e integrato previa l’introduzione di nozioni estranee alla solida e rigorosa disciplina Newtoniana basata su cio’ che si puo’ misurare. Tornano quindi dopo un lungo periodo di quasi esilio Democrito, Epicuro, Lucrezio con i loro atomi e Pitagora con i suoi numeri, mentre recedono i primi ilozoisti come Talete e Anassimene che andavano alla ricerca di un principio di tutte le cose in entita’ naturali come l’acqua. L’aria o il fuoco. Ritroviamo gia’ nei paradossi di Zenone una prima affilatissima critica alla concezione continua della natura dello spazio e del tempo, ma e’ con Newton e Leibniz e le loro diverse interpretazioni del calcolo infinitesimale che la questione prende corpo e produrra’ la negazione della realta’ assegnata ai numeri reali proprio grazie all’introduzione del concetto di numero immaginario, che spezza appunto quella continuita’ in cui ancora riposava la scienza. La concezione quasi totalmente discreta e operativa della matematica si afferma nel XX secolo e la prima vistosa affermazione ne sono i programmi per computer, le operazioni logiche, discrete e gli automi cellulari con il loro replicare l’andamento formale degli organismi viventi, come platealmente dimostro’ sul finire degli anni sessanta il matematico John Conway con il suo gioco della vita denominato LIFE, che e’ l’esempio piu’ famoso di “automa cellulare” il cui scopo e’ quello di mostrare come comportamenti simili alla vita possano emergere da regole semplici e interazioni a moti corpi. In tale gioco che e’ composto da un solo giocatore si parte da una configurazione iniziale a scelta e quindi applicando una serie di regiole inderogabili si perviene ad una successione di ammirevoli strutture la cui dinamica aperta e periodica ricorda l’andamento dei fenomeni biologici e persino il comportamento di colonie di insetti o stormi di uccelli. In altre parole l’evoluzione del gioco e’ determinata dal suo stato Si svolge su una griglia di caselle quadrate (celle) che si estende all'infinito in tutte le direzioni; questa griglia è detta mondo. Ogni cella ha 8 vicini, che sono le celle ad essa adiacenti, includendo quelle in senso diagonale. Ogni cella può trovarsi in due stati: viva o morta (o accesa e spenta, on e off). Lo stato della griglia evolve in intervalli di tempo discreti, cioè scanditi in maniera netta. Gli stati di tutte le celle in un dato istante sono usati per calcolare lo stato delle celle all'istante successivo. Tutte le celle del mondo vengono quindi aggiornate simultaneamente nel passaggio da un istante a quello successivo: passa così una generazione.Le transizioni dipendono unicamente dallo stato delle celle vicine in quella generazione:
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Qualsiasi cella viva con meno di due celle vive adiacenti muore,
come per effetto d'isolamento;
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Qualsiasi cella viva con due o tre celle vive adiacenti
sopravvive alla generazione successiva;
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Qualsiasi cella viva con più di tre celle vive adiacenti muore,
come per effetto di sovrappopolazione;
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Qualsiasi cella morta con esattamente tre celle vive adiacenti
diventa una cella viva, come per effetto di riproduzione.
I riferimenti di tale gioco non sono solo nel regno della natura in sostanza Conway gioca con le sue regole come Italo Calvino gioca con i tarocchi costruendo spazi narrativi a schema in Il Castello dei destini incrociati, o con le fini e i nuovi principi in “Se una notte d’inverno un viaggiatore, o anche George Perec utilizza il salto del cavallo negli scacchi per esplorare un condominio parigino (La vie mode d'emploie) . Possiamo osservare che il termine "gioco" da una parte esprime una particolare relazione tra scelta e regole , dall'altra rimanda ad una tradizione che si rifa' a tecniche combinatorie consentita dalla discretezza degli elementi in gioco, in netta opposizione con la continuita'
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