lunedì 14 settembre 2020

ANCORA IL FESTIVAL DI SPOLETO DEL 1964 ( per "Gorizia tu sei maledetta" )

 

Di canzoni mi piace trattare: trovarne le origini, l'atmosfera, tutto; Ero indeciso se qui nel blog etichettare l'argomento sotto la dicitura "storia" o sotto "folclore"; ho optato poi per il secondo. Ora, come nel precedente articolo, mi ero occupato della più famosa canzone della Resistenza Bella Ciao, ora in questo tratterò invece della Grande Guerra con una canzone anche se non famosa come la precedente, certamente molto nota "O Gorizia tu sei maledetta" : il punto è che v'è più di una caratteristica in comune tra le due: data e luogo di nascita e ideazione della vicenda di entrambi, proprio come era accaduto nel 1816 in una riunione di grandi artisti nella villa Diodati in svizzera in proposito di una epica gara, proposta da lord Byron tra i convenuti su chi in tre giorni scrivesse la più sensazionale storia dell'orrore, proprio quella riunione che vide sorgere due dei miti letterari più inossidabili appunto dell'immaginario orrorifico : Frankestein e il Vampiro rispettivamente per opera di Mary Shelley e William Polidori. Ebbene anche per le due citate canzoni, la prima che ho già trattato nel precedente articolo, la seconda, presente in questo, si può dare una stessa origine, sia come spazio sia come luogo (estate 1964 - Spoleto - il festival dei Due Mondi) sia come intenzione di ripercorrere un certo periodo della storia, entrarvi dentro a gamba tesa non per studio o documentazione, bensì per intervenire in una sua complessa ricostruzione non scevra di una certa manipolazione: ovvero far passare per originale, per coevo un qualcosa che invece è frutto di rielaborazione, ecco proprio come si fa con un romanzo dove la fantasia ha un ruolo preminente. Ho trattato anche di canzoni originali, coeve sia alla Resistenza che sopratutto della Grande Guerra, riferendomi a volte agli alpini, a volte agli arditi, a volte alla tradizione popolare e di protesta, per cui ritengo di possedere gli elementi per poter operare un distinguo: i motivi più ricorrenti delle canzoni riferite alla Grande Guerra quella che per noi rimane la "quindici-diciotto" sono o di bolsa propaganda, oppure come qualche canzone di montagna riadattata o soprattutto i diffusissimi “bomba c’è” ovvero una sorta di stornelli cadenzati da un ritornello che faceva “bom bom bom son tre colpi di cannon”, che furono poi accaparrati dagli arditi dei reparti d’assalto e poi dagli squadristi fascisti, ma che originariamente tra le truppe combattenti avevano proprio una funzione di forte, se non protesta, perlomeno di critica ironia e di soffuso malcontento: ad esempio uno dei più famosi dei “bomba c’è”, anche perché ad idearlo e cantarlo per la prima volta sembra sia stato “er Sor Capanna” il celebre stornellatore di Roma, è il notissimo e diffusissimo “il generale Cadorna, ha detto alla Regina – se vuoi veder Trieste la vedi in cartolina!” sembra un motivetto ironico e scherzoso, ma per impedirne la diffusione verbale era stata addirittura indetta una circolare da parte dello Stato Maggiore, con tanto di quel celebre “firmato Cadorna!” e dava gran da fare ai Tribunali Militari, perché se qualcuno veniva sorpreso a cantarlo, non solo militari, ma anche civili, incorreva in severe sanzioni. In effetti anche gli altri “bomba c’è” prima dell’appropriazione degli arditi che avevano cambiato il ritornello col più veemente “bombe a man e carezze col pugnal” che sarà conservato anche dai fascisti, erano sempre sullo sfondo di quella rassegnata ironia nei riguardi della guerra in corso, che citava luoghi e battaglie non certo in maniera di propaganda “a destra dell’Isonzo ci sta una passarella , se stanco sei di vivere, dovrai passar per quella”“se metti in fila gli ossi di Monte Sabotino fai dieci volte il viaggio tra Tripoli e Torino” “sul Monte San Michele ci sta la cima uno, vi salgono su tutti non torna giù nessuno!” “il nostro battaglione è un pochettino scarso abbiam lasciato il resto sul San Michel del Carso”e facendosi a volte anche decisamente irriverente verso i Superiori comandi “i fregni che ogni giorno ti schiaffano un discorso, invece che sul Carso, lor marciano sul Corso” “il nostro battaglione ha fatto la battaglia, a quei che stanno a Udine, ci han dato la medaglia” e magari come nel diffusissimo “tra Cividale e Udine ci stanno gli imboscati, portan gambali lucidi e capelli impomatati” con il ritornello che veniva sostituito da un più incisivo e circostanziato “din, don, dan, e al fronte non ci van”. Ecco! la vera rabbia del soldato, del combattente: non tanto contro la guerra, contro il pericolo, i sacrifici, le fatiche, la morte, quanto contro quelli che riuscivano a sottrarsi agli obblighi della guerra, e non solo i figli di papà, raccomandati che eludevano il richiamo alle armi ma anche contro quelli che stavano dietro un ufficio, in un ospedale lontano dal fronte e anche in uno degli esecrati "Superior Comandi" con punta massima nel Comando Supremo di Udine, ironicamente chiamato “il trincerone” con l’epiteto di “Dorta” dal nome del caffè che vi era a ridosso, dove stavano, lui, il famoso “firmato” e fior fior di Generaloni e quegli azzimati ufficiali di Stato Maggiore cui faceva allusione lo stornello. Ecco ! tutti questi figuri, venivano denominati “imboscati” e il termine era divenuto, in generale, il più odiato, il più esecrato e maledetto, dall’enorme massa dei combattenti di prima linea, altro che il bonario “Cecco Peppe” o le truppe dell’Imperial Esercito austro-ungarico. Come dice palesemente durante un assalto Gian Maria Volonte’ nel film “Uomini Contro” smettendo di avanzare, ma voltandosi dietro “soldati il nemico non è avanti a voi, ma dietro…. eccolo li’!!!!” fa indicando il famigerato Generale Leone. Ecco io dico che tra queste due istanze; quella ironica e canzonatoria di un antimilitarismo molto circostanziato e appuntato sul fenomeno degli imboscati, (che poi nel dopoguerra darà avvio a quello contro i cosidetti “pescicani” ovvero quelli che dalla guerra avevano tratto profitti) e quella melanconica e struggente erede e evoluzione della canzone popolare soprattutto di montagna, va circoscritta la canzone di protesta italiana durante la Grande Guerra. All’ironia beffarda e canzonatoria dei Bombacè, si giustappone la struggente melanconia dei canti di montagna e di trincea dove non vi è nessuna impronta, oleografica, propagandistica o patriottico, ma si parla piuttosto di nostalgia per la casa, per la famiglia, di morose lasciate al Paese, e anzi alle morose viene data loro parola “dove sei stato mio bell’alpino?” fa una di loro “dove ghe sta che ti gà cambià colori?” e ancora ... perché all’aria dell’Ortigara cui il bell’alpin adduce il suo pallore c’è un rimedio che la bella di turno non esita a proporre “ma i tuoi colori, ritorneranno questa sera a far l’amore!”, però c’è anche un'altra che mestamente dice “ti ricordi la sera dei baci" e rammenta “ mi promise la Pasqua sposarmi, ma il destino non volle così, bell’alpino che avevi vent’anni su in trentino sei andato a morir...lasciandosi andar ad una sorta invettiva nella strofa finale rivolgendosi alle ragazze in genere “ragazzette che fate all’amor, non piangete, non state a soffrir, non v’è al mondo più grande dolore che vedere un alpino morir!” “ Ma come?” si obietterà “Gorizia tu sei maledetta?” non citi la più famosa canzone contro la guerra, quella che nel film Novecento il regista Bertolucci dà come leit-motive a tutte le sequenze che trattano appunto la guerra!???? Ecco appunto Bertolucci, la quintessenza della faziosità e dell’anti storicità, non il tutto sommato banalotto errore di Rosi in uomini contro che fa mettere le mostrine ad un Tenente Generale comandante di Divisione (erano le Brigate non le Divisioni che caratterizzavano le mostre sul colletto e un Tenente Generale che comandava una divisione che comprendeva due Brigate non poteva logicamente portarne quelle di una sola) o quelli decisamente più gravi di Olmi nel suo recente film che scambia i gradi sui berretti degli ufficiali e in prima linea fa rinunciare al suo comando ad un capitano, mostrando di ignorare che un simile portamento avrebbe comportato l’immediata fucilazione per viltà in faccia al nemico. Ma certo Bertolucci e il suo Novecento sono paradigmatici della mistificazione, film, per carità eccezionale per la fotografia plasmante di Storaro, ma decisamente un insulto alla storia come lo definì Giorgio Amendola, che ai due protagonisti nati lo stesso giorno della morte di Verdi 27 gennaio 1901 fa fare tutta, dico tutta la Grande Guerra dal Carso a Vittorio Veneto, appunto sulla nenia della canzone “O Gorizia tu sei maledetta”, quando come è noto l’ultima classe che prese parte alla guerra furono i famosi “ragazzi del ’99). La verità è che la prima volta che si sentì parlare di "O Gorizia tu sei maledetta" fu anche la prima volta che si sentì Bella Ciao, ma con maggiore vena polemica anzi di vero a e proprio alterco, sempre in quel famoso Festival dei Due Mondi di Spoleto del 1964, giustappunto più parlare che cantare, date le accesissime polemiche che essa aveva suscitato per la sua presentazione e provocatoria esecuzione sul palcoscenico del Festival, che ne era stata fatta da esponenti del “Nuovo canzoniere Italiano”, ovvero quell'associazione musicale che si rifaceva al Gruppo dei “Cantacronache” di cui ho parlato in proposito del precedente articolo su "Bella Ciao" Furono proprio esponenti sia dell'antico Cantacronache che "di tale “Canzoniere”, Fausto Amodei, Michele Straniero e la cantante Sandra Mantovani, che a Spoleto nel giugno del ‘64 attaccarono i versi e la nenia della canzone” O Gorizia tu sei maledetta”, suscitando un vero putiferio, per il senso estremamente crudo del testo “o vigliacchi che voi ve ne state colle mogli nei letti di lana, spregiatori di noi carne umana…”il frasario non è da “umil fante“della prima guerra mondiale, e meno che mai di reparti speciali, tipo arditi, non c’è alcun senso di ironica provocazione, intento canzonatorio o di rassegnata melanconia , tipo i Bombacè o le canzoni degli alpini, laddove invece la malinconia si fa rabbia e pura invettiva, come indica il titolo stesso della canzone e ulteriori brani del testo sempre violentissimo, “traditori signori ufficiali che la guerra l’avete voluta, scannatori di noi carne venduta, rovina della gioventù, questa guerra ci insegna a punir” (in una successiva interpretazione il “scannatori” diventa “spregiatori” e il carne venduta, diviene “carne umana” fu tolta la frase “rovina della gioventù, ma rimase il “questa guerra “sostituendo il “punir” con il “pugnar” ) fu proprio questa la strofa, che in verità non era stata prevista, ma che a causa di un abbassamento di voce della Mantovani, fece prendere la palla al balzo a Michele Straniero per inserirla nell’esibizione, con ulteriore intento provocatorio, e che scatenò quel putiferio, tra grida, insulti, improperi, lancio di oggetti, portando alla interruzione e provocando anche una denuncia per “vilipendio delle Forze Armate” ma che ebbe anche larga diffusione nella stampa, decretandone un successo inusitato. Canzone terribile ma anche stupenda, davvero la quintessenza dell’atmosfera della prima guerra mondiale, però, c’è da dubitare fortemente che la canzone sia originaria o anche solo lontanamente riferibile a tale periodo: troppo “invettiva/manifesto” che dà tutta l’idea della composizione a tavolino, molto molto dopo gli eventi reali. Fu detto, così molto informalmente, che un anonimo militare l’aveva sentita intonare da soldati subito dopo la presa di Gorizia nell’agosto del 1916, ma francamente ci credo poco : la censura militare, i famigerati Tribunali Speciali erano fin troppo attivi durante quella guerra e se davano luogo a denunce e punizioni solo se qualcuno intonava il bombacè della cartolina di Trieste o portavano a severissime inchieste per un cartello, dove degli anonimi soldati avevano denominato la propria Brigata “Brigata Coglioni” facendo cenno ad una usanza molto diffusa, data la poca fantasia dei "Superior Comandi", che faceva si che le Brigate che si erano maggiormente distinte in fatti d’armi, venissero sempre preferenziate in ulteriori azioni estremamente pericolose, erano cioè “sfottute” dando motivo a quell’epiteto di “Brigate coglioni”; difficile quindi per non dire impossibile che una canzone corale di tale impatto potesse essere cantata da reparti combattenti di prima linea . La verità è che mai e poi mai, prima di quel Festival dei due Mondi del 1964, neppure chessò alle manifestazioni del PCI, ai Festival dell’Unità, si era accennato alla impietosa “O Gorizia tu sei maledetta!” ho il fortissimo sospetto che autori del calibro di un Amodei, di uno Straniero, di un Liberovici di una Mantovani, che avevano fatto parte sia dei Cantacronache che del Nuovo Canzoniere Italiano, e quindi esperti e raffinati musicisti abbiano voluto fare una piccola forzatura storica, per carità non della gravità di quelle mistificatorie alla Bertolucci o alla Olmi, ma di una certa revisione temporale: rinunciare alla paternità del testo e musica e trasferirne l’origine ai fatti di origine quella mattina del 5 di agosto in cui “si muovevan le truppe italiane, per Gorizia e le terre lontane, doloroso ognun si portò”… quella “pioggia che cadeva a rovescio” quel “grandinare di palle nemiche” e quei “monti, colline e gran valli” dove si moriva appunto dicendo “o Gorizia tu sei maledetta” eh si! …. non me la sento proprio di attribuirla ad anonimi fanti di quel 1916. Questo mio sospetto, sia detto per inciso, non inficia per nulla la valenza e la straordinaria portata della canzone , che rimane ed è, una delle più struggenti canzoni, se non della, perlomeno sulla Grande Guerra !

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