martedì 29 dicembre 2020

NETTO CONTRARIO . DOV'ERA L'IO PUO' ESSERE L'ES

L’Attenzione è uno degli strumenti più potenti che vengono studiati in Ingegneria della Realtà perché capace di trasmettere/inviare attenzione-positività o attenzione-negatività ed influenzare la realtà essendo tu “causa” che produce “effetto” però ecco ritengo che in questa appunto precisazione, quel "tu" suona troppo come "io conscio" fondato appunto sul "sintomo" - quell'accadere insieme, che sostanzialmente riflette la famosa affermazione di Freud "dov'era l'Es dovrebbe essere l'Io " =
"Wo Es war, soll Ich werden. Con questa semplice frase che gioca sulla possibilità di leggere la seconda parte in prima persona singolare o in terza ("Dov'era, devo diventare" oppure "Dov'era Es, deve diventare Io" o addirittura "Dove era l'Es, deve subentrare l'Io") in altri termini che pone il problema non della oggettivazione dell'Io ma della soggettivizzazione dell'apparato psichico e, più radicalmente, dell'individuo, Freud conclude la 31^ lezione di introduzione alla psicoanalisi : sempre Freud pone su tale frase che può essere pensata solo in virtù della 2^ topica ovvero dopo Al di là del principio del piacere e la rivoluzione della scoperta della pulsione di morte, una metafora legata ad una grande opera dell'ingegno umano : la bonifica delle paludi dello Zuidersee (lo Zuidersee era quel mare che una volta sommergeva buona parte dell'Olanda - detta appunto per questo i "Paesi Bassi" - e che fu prosciugato con grandi dighe consegnando così all'uomo molte terre da coltivare e civilizzare: Freud era affascinato da questa immane impresa dell'uomo durata decenni, che per lui simbolizzava un po' la vittoria dell'umanità nella sua lotta contro la natura). E' ben nota anche la metafora del millepiedi impazzito, che sa muovere alla perfezione i suoi tanti piedi senza mai inciampare o incrociarli, ma che quando, disgraziatamente, gli viene chiesto come fa, risponde che non lo sa e che non ci ha mai pensato prima, per cui prova a chiederselo e da quel momento non è più capace, si confonde, attorciglia i suoi mille piedi a ogni tentativo di camminare.Si può anche dire che l'inconscio propriamente cognitivo sia quella parte di noi "che non si può mai ricordare né dimenticare", ed è una parte importantissima del nostro funzionamento mentale, indispensabile nella vita quotidiana. Si può anche chiamare "memoria procedurale", o "elaborazione parallela distribuita" delle informazioni della memoria a lungo termine, memoria che regola e controlla i movimenti automatici (andare in bicicletta, camminare, ecc.). Noi afferriamo una palla al volo senza essere consci di come facciamo, e se ce lo chiediamo è possibile che non riusciamo più a prenderla così bene. Questa memoria è "parallela" perché appunto una caratteristica dei processi inconsci è di non essere "seriali", cioè non operano uno dopo l'altro ma con infiniti processi paralleli che avvengono simultaneamente. La coscienza invece per definizione è seriale, cioè le informazioni passano una dopo l'altra, per così dire in "fila indiana": questa è una grossa limitazione, nel senso che non possiamo fare consapevolmente due cose simultaneamente (ad esempio due discorsi), ma solo una per volta, mentre possiamo conversare con un amico e nello stesso tempo guidare la machina. Mentre cioè pensiamo o facciamo una cosa, avvengono simultaneamente tanti altri processi nel nostro inconscio cognitivo (si pensi ad esempio alle informazioni date dal nostro cervello ai muscoli del tronco che ci permettono, mentre parliamo, di mantenere la stazione eretta, di cui non siamo consapevoli né ci servirebbe esserlo). Ne consegue che la coscienza opera, per così dire, una selezione tra le tante informazioni presenti nell'inconscio, e questo è il motivo per cui quello che diventa conscio è sempre una parte molto ridotta, limitata, e forse anche distorta, della complessità delle elaborazioni inconsce parallele (tra l'altro, una delle domande più interessanti che si chiedono alcuni filosofi della mente e studiosi del rapporto mente-corpo non riguarda tanto la natura della coscienza, sulla quale peraltro il dibattito è ancora mollo vivo, quanto il motivo per cui essa esiste, dato che molte specie animali sono sopravvissute bene per millenni, e si sono anche evolute raggiungendo livelli elevati di funzionamento e adattamento, senza aver mai avuto alcun bisogno della coscienza). Inoltre la coscienza è molto più lenta, funzionando un po' come un "collo di bottiglia": occorre più tempo affinché tutta "l'acqua dell'inconscio" esca e divenga conscia. In genere ogni concetto/azione è raccordabile all'Io, ma cosa succede se invece ci affidiamo all'Es? anzitutto che non siamo più in accezione di sintomo, bensì di "simbolo" che agisce non condensando un significato, più o meno arbitrariamente,"questo cos'è? bhe è quasi, come...quell'altro!", cioè attraverso metafora, bensì trascinando un significante, cioè non una spiegazione o una giustificazione razionale, ma tutto un vissuto, un sentito dire, un qualcosa di lineare che informa il meccanismo della metonimia "buoni questi spaghetti colle sarde, ne ho mangiato tre piatti" Faccio un esempio concreto: la mattina mi sveglio e ho un colpo di tosse, una fitta al fianco, una mancanza di fiato, ebbene se presto attenzione a tali sintomi e gli dò seguito, sto metaforizzando e il significato è quello che arbitrariamente rimanda ad un altro : colpo di tosse = bronchite, se vado a leggere qualche trattato medico, bronchite cronica, addirittura ostruttiva, troppe sigarette, quindi in proiezione enfisema e financo cancro ai polmoni, quindi anche mancanza di fiato e costrizione al petto, lo stesso una fitta al fianco che ha ulteriori correlazioni e condensazioni . In parole povere prestando attenzione al sintomo gioco la partita esclusivamente coll'Io e cosa dice Freud ma con più fermezza Lacan "l'io funziona come un sintomo", anzi dice il secondo "è il sintomo per eccellenza", quindi sono bello che fottuto, perchè proprio prestando attenzione non faccio che perseguire il disagio e dare sempre maggiore intensità alla cosa. Se invece distolgo l'attenzione conscia e la trasferisco su quella inconscia, allora ecco che le cose non "avvengono insieme" non scatta il meccanismo della condensazione e quindi della metafora, bensi quello del trascinamento di un significante, che non instaura paragoni per similarità, non è cioè arbitrario, ma lineare, appunto una metonimia. Allora il colpo di tosse, la fitta al fianco portano con se tutto il proprio vissuto che è fatto di molteplici istanze, tutte tese non a spiegare, non a giustificare, ma semplicemente a monitorizzare come stai messo in merito al desiderio: il colpo di tosse è questo, ma è anche quello, è quel disagio conflitto dell'altro giorno, di ieri o ieri l'altro, magari ecco di quand'eri bambino...., di tutta una vita. "Cosa ne hai fatto del desiderio nella tua vita?" dice Lacan...non del mantenimento di un certo "Status" dell'adattamento ad un ambiente, se non vogliamo dire "ostile" perlomeno molto, ma molto, indifferente alla tua "presenza" alla tua stessa "essenza" che come atavicamente ha sempre posto l'umanità può anche essere "non essere" Bisogna fare come nella Fisica Quantistica, ecco nel principio della Doppia Fenditura o della equazione e collasso d'onda posta da Schrodinger, nel principio di Indeterminazione di Heisenberg, e consimili : cambiare punto di vista e di comprensione, come a monte suggeriva Maxwell col suo diavoletto. Non attenzione allo "stato", ma al "processo" che non è "quell'uno che sta per molti" che Platone poneva col suo "concetto" bensì è "questo, ma anche quello!" come appunto l'Es pone continuamente con tutti i suoi "strumenti/messaggi" eminentemente "simbolici" che conformemente all'etimologia della parola, la particella "sum" che significa "insieme" e il verbo "ballein" che significa "agire", entrare in gioco, prender parte alle danze, quel "mi toccherà ballare", cercano di "ri-mettere insieme" proprio quelle istanze legate non all'adattamento, ma al desiderio. Ecco questa è l'attenzione da perseguire per non perpetuare il disagio del conflitto, mai attenzione allo Stato, ma sempre al Processo, mai condensare arbitrariamente significati, ma solo trascinare linearmente significanti

giovedì 24 dicembre 2020

L'EQUAZIONE DI DIRAC CORRETTA DA FEYNMAN

 


Ho condiviso  tempo fa una foto che ritraeva Dirac con Feynman, e siccome il primo per la sua equazione il secondo per una affinità che mi ha sempre informato riguardo a questo fisico mi è venuto di scrivere un articolo ove idealmente Feynman mi suggeriva la corretta interpretazione della equazione che è stata detta equazione dell'amore. Era difatti dai miei primi approcci alla fisica quantistica che cerco di capire perchè l'equazione di Dirac  e' stata  detta l'equazione dell'amore e quindi accreditata come la più romantica fra le equazioni della fisica quantistica. Fidanzatini e amanti sono sempre stati ammaliati da quest’equazione, e spesso se la sono tatuata sul corpo a testimonianza del legame indissolubile fra i due,   a mò di Romeo e Giulietta.
L’equazione è riportata come(∂+m)ψ=0. L’interpretazione romantica deriva da averle affibbiato un altro concetto della fisica quantistica quello dell'entenglement  ovvero quell'effetto definizione di sistemi fisici “entangled” (intrecciati): Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro continua 
ad influenzare l’altro, anche se distanti anni luce. Appare chiaro che la definizione di entanglement quantistico si presta facilmente alle interpretazioni più disparate. Se associamo questo concetto all’equazione di Dirac e asseriamo che essa esprime il concetto stesso, come nelle migliori fiabe, una fredda equazione fisico-matematica può divenire potente simbolo d’amore. Peccato però che non sia così; in verità alla base dell'equazione di Dirac non c'è nessun intreccio, ma piuttosto la teoria della relatività ristretta: Nel 1928, Paul Dirac ( poi Nobel per la Fisica nel ’33) ancora studente del St John’s college di Cambridge formulò la sua equazione fatta di simboli e numeri:

(∂+m)ψ=0

Il punto è che è una formula errata   Quella giusta sarebbe questa:

(i∂̸ – m) ψ = 0

Dove la massa (m) ha il segno negativo, la derivata (∂) è tagliata ed è necessario aggiungere come primo termine una quantità immaginaria (i). Ogni singolo simbolo ha un significato ben preciso, ed è questo che ha permesso a Dirac di racchiudere in una sola formula un sistema di quattro equazioni. La sua teoria unisce la meccanica quantistica, che descrive il comportamento degli oggetti molto piccoli e la teoria della relatività di Einstein, che descrive il comportamento degli oggetti in rapido movimento descrivendo  la cinematica e la dinamica di corpi massivi che si muovono a velocità prossime a quelle della luce. In pratica è una generalizzazione della fisica newtoniana, con la modifica dei cosiddetti invarianti fisici, ovvero quelle grandezze che restano fisse anche quando cambia il sistema di riferimento da cui le si considerano.. Einstein dimostrò che, in relatività ristretta, l’invariante relativistico dinamico coinvolge energia cinetica e quantità di moto secondo la relazioneE2–p2c2=m2c4,ove E rappresenta l’energia cinetica, p la quantità di moto, m la massa dell’oggetto e c la velocità della luce. L’equazione afferma che, fissate energia e quantità di moto di un oggetto, la massa è obbligata a rispettare la legge di cui sopra. C'è un altro precedente dell'equazione di Dirac ed è L’equazione di Klein-Gordon che rappresenta il primo tentativo di fondere meccanica quantistica e relatività ristretta. Partendo dalla relazione di invarianza relativistica, si introducono la costante di Planck normalizzata h/h̸ e la funzione d’onda ψ, che descrive lo stato quantico di una particella elementare. Il modulo quadro di ψ altri non è che la funzione densità di probabilità, che ci dice qual è la probabilità che una particella si trovi in una determinata zona dello spazio-tempo: (∂μ∂μ–m2c2h/2)ψ=0.Il problema era che le soluzioni di quest’equazione potevano risultare in probabilità negative, che dal punto di vista matematico non hanno senso, dato che la probabilità è una misura compresa fra 0 e 1. giustappunto nel  1928 Paul Dirac decise di superare i limiti dell’equazione di Klein-Gordon e scrisse una legge che rispettasse i principi matematici del calcolo delle probabilità. Con un colpo di genio, definì un’espressione lineare per l’energia, senza estrarre la radice quadrata dalla formula di invarianza relativistica: E=αpc+mc2βE=αpc+mc2βdove α e β sono delle matrici 4×44×4 opportunamente definite. Quantizzando tale espressione lineare, si perviene, dopo complesse manipolazioni matematiche, all’equazione(iγμ∂∂xμ–m)ψ=0,(iγμ∂∂xμ–m)ψ=0,ove μ=0,1,2,3μ=0,1,2,3 rappresenta l’indice per spostarsi nelle quattro dimensioni dello spazio tempo. Ora, per renderla più compatta, generalmente si pone ∂/=γμ∂∂xμ∂̸=γμ∂∂xμ, pervenendo all’equazione di Dirac come la conosciamo oggi, ovvero:(i∂/–m)ψ=0.(i∂̸–m)ψ=0.Come suggerisce la dimensione della matrici α e β, l’equazione di Dirac è in realtà un sistema di quattro equazioni, ovvero la funzione d’onda ψ(x,t) è un vettore 4-dimensionale. Da un punto di vista squisitamente matematico, l’equazione di Dirac è un’equazione differenziale alle derivate parziali, con incognita la funzione d’onda. Se invece ci spostiamo nel mondo della fisica, dove effettivamente tale equazione vive, si può affermare che essa descrive in modo relativisticamente invariante il moto dei fermioni. Quest’ultimi sono le particelle dotate di spin semintero, come elettroni, protoni e quark L’equazione di Dirac risolve dunque il problema delle probabilità negative, ma continua ad ammettere soluzioni ad energia negativa. Lo stesso Dirac non aveva una spiegazione fisica precisa del perché ciò accadesse, e ipotizzò l’esistenza di un mare di lacune ad energia negativa formatesi dallo spostamento dei fermioni in uno stato eccitato. In realtà questa spiegazione fu rigettata dalla comunità scientifica, e finalmente si spiegò il paradosso dell’energia negativa qualche anno dopo, con la scoperta del positrone. Si evince quindi che l’equazione dell’amore e l’equazione di Dirac sono molto differenti. In quest’ultima, la derivata è tagliata, è premoltiplicata per l’unità immaginaria e la massa ha segno meno. Come se non bastasse, l’equazione di Dirac descrive il moto di una particella libera, ovvero che non interagisce con campi esterni (quali quello magnetico o gravitazionale) né con altre particelle. In pratica , l’equazione di Dirac ci racconta la storia di particelle solitarie ed isolate, altro che focosi amanti! Proprio per questo motivo, l’equazione di Dirac nulla ha a che vedere col concetto di quantum entanglement: esso è associato alle proprietà matematiche degli spazi di Hilbert, ovvero i misteriosi oggetti in cui vivono e prendono forma gli stati quantici di due particelle. E se ancora non foste convinti, vi basti pensare che tale fenomeno di “intrecciamento” avviene solo a livello microscopico, cioè quando ha senso introdurre la quantizzazione. Quindi, inguaribili romantici, non tatuatevi l’equazione di Dirac, perché, se lo fate, è come se steste dicendo alla vostra dolce metà di voler proseguire il cammino… da soli!

venerdì 18 dicembre 2020

STEINER E L'ANTROPOSOFIA

 Mi ha fortemente colpito questo pensiero di Rudolph Steiner e mi ha indotto a riprendere con 

maggiore accuratezza i miei studi su di lui .. diceva nel1917 Nel futuro si eliminerà l’anima per mezzo di farmaci. Con il pretesto di un ‘punto di vista salutare’, si troverà un vaccino mediante il quale l’organismo umano verrà trattato, quanto prima possibile, eventualmente direttamente alla nascita, in modo tale che l’essere umano non possa sviluppare il pensiero dell’esistenza di anima e spirito. Verrà affidato ai medici materialisti il compito di eliminare l’anima dall’umanità.Come oggi si vaccinano le persone contro questa o quella malattia, così in futuro si vaccineranno i bambini con una sostanza che potrà essere prodotta precisamente in modo tale che le persone, grazie a questa vaccinazione, saranno immuni dall’essere soggetti alla “follia” della vita spirituale.Esistono sostanze che, se si iniettassero nel bambino in età scolare, gli potrebbero consentire di non frequentare le elementari, solo che il suo pensiero diverrebbe quello di un automa. Egli sarebbe estremamente intelligente ma non svilupperebbe una coscienza e questo è il vero obiettivo di determinati circoli materialisti.Questo in effetti è possibile, ma ciò rende l’uomo un automa. Con un tale vaccino si potrebbe facilmente far in modo che il corpo eterico (o corpo energetico) si allenti all’interno del corpo fisico. Una volta allentato il corpo eterico, il rapporto tra l’universo e il corpo eterico diverrebbe estremamente instabile e l’uomo diventerebbe un automa, in quanto il corpo fisico dell’uomo deve essere educato su questa terra per mezzo di una volontà spirituale." 
Studioso di Goethe, filosofo, esoterista, ottimo scrittore e prolifico conferenziere, Rudolf Steiner fu discepolo di Helena Petrovna Blavatsky e membro della Società Teosofica, prima di fondare la Società Antroposofica Universale, nata per promuovere i principi della cosiddetta Scienza dello Spirito.Cristiano mistico eterodosso in attesa del ritorno di Cristo, convinto che ogni essere umano attraversi una serie di reincarnazioni e che accanto a noi viva un mondo occulto, creò una nuova pedagogia e un metodo per curare le persone con handicap mentali, inventò un sistema di agricoltura biologica e biodinamica, ideò l’euritmia, un’arte del movimento in grado, attraverso forme, gesti e movimenti, di rendere visibile «l’invisibile» (suoni e forme del linguaggio, stati d’animo, concetti archetipici), e rivoluzionò l’arte di costruire progettando due Goetheanum a Dornach in Svizzera… è proprio la sua “venerazione “ per Goethe che cominciò a metterlo in luce, fu difatti un articolo La rivelazione segreta di Goethe, saggio sulla natura esoterica di una fiaba di Goethe, Il serpente verde, che lo fece notare dalla Società Teosofica che lo invitò a tenere delle conferenze. Autore di Theosophie. Eine Einführung (Teosofia: un'introduzione) (1904) e conferenziere attivo in tutta Europa, Steiner contribuì alla crescita della sezione tedesca e fra il 1902 e il 1912 fu segretario generale della sezione tedesca della Società Teosofica di Adyar. Fu anche massone e nel 1906 Steiner divenne vice gran maestro dell'Ordo Templi Orientis. Nel 1902 assieme a Marie von Sivers aveva fondato  la rivista Lucifer il cui nome (come da lui stesso rivelato) non si riferiva all’entità ma all’idea di apportare luce.[La rivista poi si sarebbe fusa assieme alla viennese Gnosis divenendo Lucifer-Gnosis. In questa rivista verranno successivamente pubblicate le trascrizioni delle sue conferenze.] A partire dal1904  Steiner aveva dato una febbrile diffusione alle sue conferenze e in quello stesso anno era stato nominato  Responsabile della Società Teosofica per Austria e Germania . Intorno pero al 1907 in poi le tensioni tra Steiner e la Società teosofica cominciarono a crescere in maniera costante e progressiva, fino a sfociare nel 1912 nel distacco definitivo e alla successiva creazione dell'Antroposofia, una nuova filosofia esoterica. Trasferitosi in Svizzera, Steiner si andò occupando sotto l’accezione di Antroposofia di vari scibili : la sempre viva adorazione per Goethe lo portò ad architettare e progettare i due Goetheanum, uno in Svizzera, il secondo in Germania fu anche l'ideatore di una medicina antroposofica e tenne conferenze agronomiche su base esoterica (dai quali poi si svilupperà la cosiddetta agricolturabiodinamica): si occupò anche di politica concependo  l'ideale politico della cosiddetta triarticolazione sociale e delineò  una nuova arte del movimento, chiamata euritmia, che mirava , attraverso gesti e movimenti, a rendere visibile "l'invisibile" (suoni e forme del linguaggio, stati d'animo, forme e concetti archetipici) visib Rudolf Steiner morì nel 1925 di malattia, secondo alcuni avvelenato. Negli ultimi anni si scontrò con i nazionalisti e i cattoliciHitler attaccò pesantemente Steiner nel 1921, definendolo "agente dell'ebraismo"[, e il fondatore dell'antroposofia (il quale aveva già stigmatizzato fortemente il putsch di Monaco), prima di morire avrebbe profetizzato che nel 1933 (sarà l'anno dell'ascesa di Hitler) si sarebbe manifestata la Bestia dell'Apocalisse, che molti steineriani identificarono appunto con  Hitler.Ma veniamo all’essenza del pensiero di Steiner ovvero l’antroposofia, che deriva dalla Teosofia, ma se ne differenzia  per la maggior importanza attribuita alla natura e al destino dell'uomo. L'antroposofia difatti  asserisce che la realtà universale è una manifestazione divina in continua evoluzione; in altre parole il mondo fisico è continuamente influenzato dal "mondo spirituale", che ne guida le trasformazioni. Il mondo è "una manifestazione dello spirito, che si è condensato in centri diversi, i quali, attraverso millenni di evoluzione e di successivi avatāra, ritorneranno all'unificazione finale dello spirito puro" Anche gli uomini quindi evolvono attraverso continue reincarnazioni. Steiner fa propria, anche se deformandola, la concezione induista di karma e reincarnazione, e sostiene che gli uomini cercano costantemente di elevare il proprio spirito attraverso le proprie azioni terrene, cambiando così il "destino"che si sono dati con le loro azioni precedenti. Questo processo influenza anche l'aspetto fisico dell'uomo, determinandone l'evoluzione. L'antroposofia nega di essere una religione, ma incorpora in maniera sincretica elementi delle religioni storiche, come il cristianesimo o il buddhismo. Dall'induismo e dalla disciplina dello yoga provengono numerosi concetti, come quelli di karma, di reincarnazione, di chakra e di costituzione occulta dell'uomo, così come per i consigli sugli esercizi di meditazione. Tuttavia l'iniziale uso di terminologia induista è stato a poco a poco abbandonato nell'antroposofia, che a quei termini classici ha sostituito una traduzione più "occidentale", quasi a volersene distanziare o a far dimenticare quelle "prese a prestito". Inoltre, mentre la teosofia restava tipicamente legata all'induismo, Steiner assegnava un ruolo centrale nel divenire cosmico alla figura di Cristo, spirito tramite il quale è stato mediato il congiungimento tra divino e umano. L'antroposofia postula l'esistenza di un mondo spirituale, che sarebbe intellettualmente comprensibile e accessibile ad una esperienza diretta per mezzo di crescita e sviluppo interiore. Essa si propone l'investigazione e descrizione di questi fenomeni spirituali per mezzo di una "osservazione animica"[, descritta da Steiner nella sua opera principale (La filosofia della libertà) e considerata una espansione del metodo scientifico a oggetti non immediatamente sensibili. Il ruolo centrale della cosiddetta "osservazione animica secondo il metodo delle scienze naturali" fu sottolineato da Steiner, che scrisse: «la mia filosofia della libertà è la base epistemologica per la scienza spirituale orientata in senso antroposofico a cui mi rifaccio»



domenica 6 dicembre 2020

ANCORA SUL CALCOLO INFINITESIMALE E IL NARCISISMO

 

Forse ho trovato la dicitura più attinente alla mia concezione di pessimismo, ovvero in associazione con Il calcolo infinitesimale, di cui riprendo da Wilkipedia .... "detto calcolo è la branca fondante dell'analisi matematica che studia il comportamento locale di una funzione tramite le nozioni di continuità e di limite, usato in quasi tutti i campi della matematica della fisica, e della scienza in generale. Le funzioni a cui si applica sono a variabile reale o complessa. Tramite la nozione di limite, il calcolo infinitesimale definisce e studia le nozioni di convergenza di una successione o di una serie, continuità, derivata e integrale. Il concetto di infinitesimale cioè di grandezza che può essere resa più piccola di ogni grandezza assegnabile o, come meno propriamente si dice ,di grandezza tendente a zero è gia' rintracciabile nel pensiero greco. Dice infatti Anassagora “ non vi è mai limite minimo del piccolo ma vi è sempre un più piccolo essendo impossibile che ciò che è cessi di essere per divisione” questa affermazione può essere letta come infinita divisibilità e vi si può dunque rintracciare un primitivo concetto di limite. Le radici del calcolo infinitesimale sono da ricercare nella geometria dell'antica Grecia. Democrito calcolò il volume della piramide e del cono, probabilmente considerandoli costituiti da un numero infinito di sezioni di spessore infinitamente sottile. Eudosso e Archimede usarono il "metodo di esaustione" per determinare l'area del cerchio, approssimandola a quella di poligoni in esso inscritti, dal numero di lati via via maggiore. I problemi che sorsero nella comprensione dei numeri irrazionali e il celebre paradosso di Zenone, tuttavia, impedirono uno sviluppo sistematico della teoria. in verità furono Leibniz e Newton che gettarono le basi del Calcolo Infinitesimale, ognuno con un suo approccio particolare: più legato all'Io quello di Leibniz, quindi "in-sistente", da attribuire invece alle cosa esterna all'Io, al mondo Newton e dunque "ex-sistente" come ho spiegato in un precedente articolo qui sullo stesso Blog, . Il XVIII secolo vide l'applicazione del calcolo infinitesimale in tutto il mondo; fondamentale il contributo di Giuseppe Luigi Lagrange che per la prima volta mostrò la possibilità di risolvere compiutamente entro l’analisi i problemi di statica e dinamica (Meccanica analitica, 1788); comunque l'uso approssimativo delle quantità infinite e infinitesime pose in discussione i fondamenti della teoria e innescò un acceso dibattito, cui presero parte numerosi esponenti di spicco delle comunità filosofica e scientifica. Nel XIX secolo, grazie all'analisi, le vaghe nozioni di infiniti e infinitesimi allora esistenti vennero sostituite con definizioni precise, formulate in termini di quantità finite. Bernhard Bolzano con i suoi Paradossi sull’infinito e Augustin–LouisChaucy definirono con precisione i limiti e le derivate; lo stesso Chaucy, insieme a George Riemann, formalizzò il calcolo integrale, ed ebbe il grande merito di aver portato nell’analisi matematica una profonda esigenza di rigore sconosciuta ai matematici dei secoli precedenti che si erano preoccupati soprattutto di applicare il calcolo infinitesimale a problemi sempre nuovi, quasi sempre a scapito del rigore mentre Julius Dedekind e Karl Theodor Weistrass fecero altrettanto per i numeri reali. Fu dimostrato che le funzioni differenziabili sono continue, e le funzioni continue sono integrabili, ma che per nessuna delle due affermazioni vale il teorema inverso. Nella matematica del Settecento e dell’Ottocento l’infinito fu definito mediante il concetto di “limite” al quale però i matematici del tempo non riconobbero un tipo di grandezza a sé stante. Diceva Gauss in una lettera del 1831: “Protesto contro l’uso di una grandezza infinita come qualcosa di completo, uso che non venne mai ammesso nella matematica. L’infinito è soltanto una "façon de parler" , a voler essere rigorosi si parla invece di limiti, cui alcuni rapporti vengono vicini quanto di vuole, mentre ad altri rapporti è permesso crescere oltre ogni misura ; intorno al 1860 Dedekind precisa la nozione di numero reale (altro recupero di una nozione ellenistica, ben chiara negli Elementi di Euclide). Questa consente che, intorno al 1870, sia precisata la definizione delle basi del calcolo infinitesimale per opera di Weierstrass e di vari altri matematici (Eduard Heine, Georg Cantor, Charles Méray, Camille Jordan...). Da allora le idee e le tecniche di calcolo infinitesimale - diventate analisi matematica o “analisi standard”, evitando di fare riferimento al concetto oscuro di infinitesimo - sono bagaglio essenziale per chi si dedica alla scienza e alla tecnologia. All'inizio del XX secolo sono sviluppate teorie che forniscono basi (o “fondamenti”) più generali, astratte ed efficaci per lo studio dei problemi infinitesimali. Basti ricordare la teoria assiomatica degli insiemi (scuola di Hilbert), la teoria della misura (Lebesgue), la nozione di spazio di Hilbert, la nozione di spazio normato e quindi la definizione dell'analisi funzionale principalmente per opera di Banach. Infine Robinson tentò di rifondare l'analisi sugli infinitesimi, recuperando su basi logiche più rigorose la semplicità del metodo di Leibniz introducendo l'analisi non standard. Molto molto bene, con tutto questo papier (tra l'altro estremamente succinto e anche parziale) ho posto basi abbastanza robuste al mio "coefficiente di dissuasione", sicchè solo pochi, pochissimi, forse nessuno saranno indotti alla lettura e quindi posso passare ai termini più personali e specifici di questo mio spunto che origina a iersera tarda e mi auguro possa rappresentare una sorta di fine fase elencale e l'inizio di una vera decantazione delle numerose istanze che negli ultimi tempi si vanno accavallando. Pessimismo infinitesimale, bhe! dovremmo dire "da calcolo infinitesimale " ovvero la ricerca punto per punto del cambiamento da "stato" a "flusso" quale si evince da quell'Heideggeriano "esser-ci" laddove è proprio quel "ci" che mi ingenera tanti dubbi e tanti problemi, eh già, non la concezione che vede la vita come una armonia addirittura cosmica e trasudante amore, laddove io in ogni singolo suo procedere, appunto alla calcolo infinitesimale, vedo solo una sconfortante indifferenza, un procedere sordido e per nulla scalfito dalla nostra "presenza" ...altro che "l'umanità cancro del pianeta" o "ipotesi gaia" semmai ecco un certo credito alla Legge dell'attrazione, simile chiama simile, ma con una percentuale del 99% di assenza e non di essenza: i famosi adagi "tutti possono arricchire tranne i poveri" "piove sempre sul bagnato" "chi fa il cento e non fa l'uno, perde il cento per quell'uno" che dimostrano che anche il senso popolare, propende più per la vita come difficoltà e fatica, che come idilliaco scenario d'azione. Sono stato indotto alla precisazione di questo assunto ed anche alla trovata della dicitura "pessimismo infinitesimale" dal rimarcare, oramai senza possibilità di abbaglio, con cadenza del 100%, non 99%, ma proprio 100%, della strettissima connessione tra evento e sintomo, che non è solo quella semi originaria espressa dal "trauma della nascita" di Rank e neppure quella di forte incisività della DHS di Hamer l punto è che parafrasando il titolo di un trasmissione televisiva di qualche anno fa "la vita è tutta un quiz" si evince invece , e con fortissima incisività che "la vita è tutta un trauma" e quindi la nostra "presenza" proprio come entità integrata di mente corpo e organo, è portata continuamente a reagire a quello che io posso anche bonariamente definire "malefatte dell'essere" quasi a ideale proseguo di quelle "malefatte del cogito" espresse nel famoso "Metodo Cartesiano", ma che in verità altro non solo che l'unica , necessaria modalità di funzionamento del "ci" heideggeriano. Il sintomo che ci coglie praticamente ad ogni istante della nostra vita, ovvero dell'essere in presenza di un mondo che cerchiamo di abitare e quindi di conoscere, ma che lui di converso non ci conosce affatto... ci, bellamente e inesorabilmente, ignora. Quel che cerco di esprimere è che non dobbiamo per nulla meravigliarci che la nostra entità biologica funziona così (per sintomi), proprio perchè è, diciamo, strutturata così fin dall'inizio dell'apparire della vita, se dunque vogliamo capirne il perchè, dovremo cominciare proprio dall’inizio, dobbiamo partire dall’origine embrionale dei tessuti costituenti gli organismi viventi, ovvero dalla cellula uovo fecondata, laddove vale l’assioma della filogenesi ricapitolata dall’ontogenesi, ovvero la storia e intera vicenda dell’evoluzione della specie che ha una puntuale riproposizione nella storia e vicenda di ogni singolo individuo, cioè l’embrione. Sarà proprio lì nella suddivisione in foglietti embrionali, come giustamente osserva Hamer, che troveremo l'eziologia (ovvero dalla parola greca “αἰτιολογία, comp. di αἰτιο- «ezio-» causa e -λογία «-logia» discorso) di tutte e malattie ed anche la spiegazione del perchè il nostro essere biologico funziona così "per sintomi"... sintomi che ingenerano si!.... malattie gravi e anche gravissime, ma anche affezioni e disturbi di lieve e lievissima entità, cui magari non prestiamo grande attenzione, ma che fanno parte dell'unica verità del nostro stato e relativo cambiamento in flusso ed ecco appunto che uso quella parola "pessimismo" che forse non va intesa proprio come tale, ma semplicemente come presa d'atto, che la vita altro non è che un continuo campo di battaglia,(il Kurukṣetra della Baghvadad Gita della filosofia orientale) cui la nostra entità biologica deve comunque sempre far far fronte e come tale si è strutturata nel corso della propria evoluzione (il guerriero Arjuna e il dio Krishna che come osserva Mircea Eliade, .«La lezione che se ne può trarre è la seguente: pur accettando la 'situazione storica, io magari correggerei con "biologica" ' creata dai Guṇa ---devanagari: गुण, sostantivo maschile sanscrito significante: "merito", "qualità", "virtù", o anche "corda", "attributo", "suddivisione Nella filosofia hindu del Sāṃkhya il termine è adoperato per indicare i tre componenti ultimi della materia (prakṛti): sattva, rajas, tamas. ', l'uomo deve imparare a convivere con i sintomi che una materia indifferente della sua presenza gli "sotto e sovra pone" e rifiutarsi di accordare un valore assoluto alla propria condizione, ma sempre farne qualcosa di relativo e di provvisorio, appunto una sorta di calcolo, punto per punto, momento per momento, del continuo cambiamento di stati del suo "esser-ci" ovvero un qualcosa che parte da se' e ritorna a sè stessi, superflua la posizione ottimista o pessimista, consentitemi però la dicitura di NARCISISMO INFINITESIMALE

venerdì 4 dicembre 2020

IL MONDO DI IERI

 

Per me è sempre il giorno di ieri! ho sempre avuto bisogno di un surplus di tempo per elaborare fatti e misfatti .... eh si diciamo che vale un pò la metafora del ritardo espressa da Napoleone a proposito dell'Austria "arriva sempre troppo tardi, di una idea, di una alleanza, di un matrimonio, di una Armata", però che devo farci ? e' come il tempo sugli articoli corti e lunghi di quel certo giornalista: ci si deve attenere ai propri tempi: il molto passato della donna di malaffare, relazionato al poco presente e al niente futuro, come modalità di interazione col tempo appunto e la questione del gradiente che non ce lo scegliamo noi, ma è lui che ci sceglie. Un mese fa Pochi giorni fa Ieri e'stato anniversario della "unica " vittoria delle nostre Forze Armate, ed io non mi sono unito al coro di commemorazioni. Come mai? tu che sei abbastanza preso dall'atmosfera di quella guerra e che prima che conoscessi certi campioni giustappunto del Gruppo FB della Grande Guerra, ritenevi di essere una sorta di super competente in materia.... gli è che la guerra del 15-18 HA PER ME UNA INFLUENZA TUTTA EMOZIONALE, legata sopratutto alla persona per me più importante correlata ala primissima infanzia, quella che si ricorda poco e sopratutto si abreagisce meno; il mio lettino di pargolo era la brandina da campo usata da mio nonno Mario Nardulli sul Pasubio e sul Grappa, in casa disseminati cimeli, dal cappellaccio a falde larghissime, con l'aquila e i gradi a V rivoltato, stinti, le penna oramai bianca, ma ravvivata dai segni di rossetto dei baci delle fanciulle ovviamente "di qua, di là del...." le medaglie nella scatola con l'interno di velluto amaranto scuro e tutto un "sentito dire" ovvero "significante" a raccontarti qualche verità, ma sopratutto un ri-assunto a mo' della vignetta di Novello nel libro fatto con Monelli "la guerra è bella ma scomoda" Però come mi trovo a sostenere spesso: un conto è l'emozione, un conto sono i fatti, anche con l'ammissione che "nulla è mai successo davvero" e quindi il ricordo è sempre un ri-assunto, un conto è un titinin di studio e di critica che si cerca di applicare all'accaduto, ecco per esempio non ero scevro dall'avere certe certezze che proprio uno del gruppo citato, mi ha infranto (senza traumi però) rimarcavo difatti gli errori sulle uniformi di Uomini contro di Rosi (le mostrine del Gen.Leone), non parliamo poi di vere e proprie cialtronate come Novecento o il recente film di Olmi e asserivo invece la perfetta aderenza di La Grande Guerra " di Monicelli., ebbene sbagliavo e di grosso. Non mi sento di celebrare una Vittoria che sostanzialmente è stata una vittoria per telegramma : quando difatti gli Imperi Centrali erano ormai nell'ottica della resa, sarebbe stato davvero esiziale che si giungesse ad un armistizio con gli austriaci ancora profondamente dentro il territorio nazionale, il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando scongiurava lo Stato Maggiore di lanciare l'offensiva che un pò razzafonatamente un Colonnello di S.M. aveva buttato giù sulla carta , e che difatti doveva rivelarsi quanto mai inefficace, "date l'ordine, date l'ordine" continuava a ripetere , ma il sottocapo di S.M. Gen. Badoglio che aveva la responsabilità dell'organizzazione generale , niente ! aveva anzi risposto "l'ordine!? dovete metterlo per iscritto" e così si era avuto quel lapidario ed anche un pò vergognoso (ovviamente per i nostri Generaloni dello S.M.) telegramma "Tra la sconfitta e l'inazione preferisco la sconfitta! MUOVETEVI!" Lo stesso vale per mille e uno episodi della guerra, i madornali errori strategici e tattici, l'assurdità logistica di attaccare proprio sulla linea del vecchio confine, il lunghissimo tratto del fiume Isonzo su posizioni quanto mai collaudate (dagli austriaci) per la difesa, laddove data la conformità del terreno, ad esempio sul famigerato Carso, bastava una mitragliatrice posta su di una altura per fermare, falciandola, una intera Divisione, l'illusione della presa di Gorizia e l'esaurimento dell'offensiva (ben condotta) di Capello col suo VI Corpo d'Armata per sfinimento strategico e logistico, ed ancora lo sbaglio delle Armate Montane (1^, 4^ e lo sbarramento carnico ) preposte solo alla difesa, l'episodio di Carzano e poi, bhe certo Caporetto ! I generali felloni (ma Graziani non era il peggiore, anzi...perlomeno professionalmente non ha demeritato, sia ante guerra nel terremoto di Avezzano quando era Colonnello, poi al comando della 44^ divisione che aveva l'organico di un Corpo d'Armata e che fu la principale artefice della resistenza alla Straf Expedition, nel movimento di sgombro di un primo riassettamento sul Piave delle truppe sbandate nella ritirata, dove avvenne la fucilazione di quel soldato che gli passo' davanti col sigaro in bocca e che oggi sembra polarizzare l'interesse un pò di tutti qui su FB ed infine al comando della Divisione cecoslovacca che sul Piave fece faville). Ma sopratutto alla Grande Guerra imputo la colpa più grave, e qui siamo in una accezione internazionale, l'avere distrutto quel mondo di ieri, riesumato nella nostalgia del libro di Zweigh, ma anche nelle immagini virate seppia di Kaiser Franz Joseph, i lunghi capelli della Principessa e Imperatrice Sissi, le note della Marcia di Radetzsky e del "bel Danubio blu" lo stile artistico/architettonico della Secession , la correlazione col Liberty Belga/francese, ma anche italiano. Nostalgia, infinita nostalgia, per un mondo perduto che invece avrebbe preludere a ben altro che a fascismo, nazismo, una seconda guerra mondiale ancora più devastante e poi sfrenato consumismo che ci ha portati all'attuale marasma e tramonto di tutti gli scambi di valore che hanno ceduto ad un unico valore, quello di scambio. 
C'è una foto di mio nonno che ha contrassegnato tutti i miei risvegli dell'infanzia, ma continua a farlo anche ora, perchè è appesa proprio a fianco del mio letto e comodino, ed è, giusto giusto, coeva alla famosa vicenda della morte di Cantore alla Forcella Negra della Tofana Seconda, quel pomeriggio del 20 luglio 1915; appena cinque giorni prima, il 15 luglio difatti , il Sergente della foto era stato messo a rapporto dal comandante della Divisione di Cortina...mi raccontò la cosa il commilitone di mio nonno Eugenio Bertoldi, da me andato a trovare nella sua casa di Napoli il 27 dicembre 1964, episodio che ho più volte riportato in vari articoletti " eravamo, io tuo nonno, Gualtieroni e Rinaldi, tutti allievi ufficiali, non di leva, ma delle prime classi richiamate, la '88, la '89, la '90, piuttosto attempatelli, non dei corsi straordinari di Modena, ma di quelli reggimentali che ci avevano visto nominati caporali dopo un solo mese e Sergenti dopo 15 giorni, ebbene eccoci a fronte del famoso generale che aveva comandato l'8° alpini in Libia, e che in Trentino allo scoppio della guerra in Europa si era tanto distinto in Trentino conquistando Loppio, Mori e Ala . Lo avevano promosso Cte di Divisione, ma c'era chi diceva che ciò era dovuto più al fatto che con la sua intraprendenza aveva contravvenuto al piano generale di operazioni che assegnava a tutta la 1^ Armata un compito strettamente difensivo, che alle azioni in sè, insomma un classico "promoveatur ut removeatur" Lo si sapeva severissimo e terribile, ma con noi fu particolarmente gioviale e così coi soldati in genere che lo adoravano, per cui non ci credo neppure un pò che a sparargli fu uno dei suoi alpini, come è stato molto ipotizzato, Era gioviale con noi sergenti allievi ufficiali e anche coi sottotenentini di prima nomina, ma non altrettanto può dirsi degli ufficiali più alto in grado, sopratutto quelli superiori, che invece trattava con estrema rigidezza non passando sopra ad alcuna mancanza; per questo sono convinto che se fu davvero qualcuno dei nostri a sparargli, certamente nessuno che avesse meno del grado di Maggiore" Queste cose mi riferì quella sera di dicembre del 1964, l'avvocato e Tenente Colonnello della Riserva Eugenio Bertoldi, tra bicchieri di vino, attacchi di qualche "se sei da maritare dovevi dirlo prima" con me grondante di sudore e decisamente inalberato, sia per il bere, sia perchè mi aveva calcato in testa il cappellaccio a falde larghissime della Grande Guerra con però la penna bianca tutta dei segni di rossetto dei baci delle fanciulle; i continui "bevi bocia, bevi" si confondevano con la voce della radio che davano i risultati delle elezioni del Presidente della Repubblica "Saragat, Fanfani, Leone, Fanfani, Saragat , Irma Grammatica, Saragat, Saragat, Saragat!" 
"si siamo stati anche al funerale del Generale a Cortina" mi precisò "e tuo nonno che era quel gran pezzo di marcantonio, alto oltre il metro e ottanta, con quei baffetti e il drappo nero sul braccio per la morte della sorella Caterina al terremoto di Avezzano , fu scelto per la prima fila del picchetto d'onore" Insomma qualcosa che ricorda molto quel pezzo delle Storie di Erodoto.... "e queste cose ho sentito udire da quell'uomo che veniva da Orcomeno"

IL RISVEGLIO DELLA RAGIONE NEL FUTURO ANTERIORE

  Io un buon libro di di saggistica lo leggo mediamente dieci quindici volte, con punte di oltre cento e magari duecento, per saggi davvero ...