martedì 5 gennaio 2021

I FAVORITI DI MIDA

Sono rimasto colpito, molto colpito dalla serie Netflix "I FAVORITI DI MIDA" CUI GIA' IL TITOLO SUPER FASCINOSO (QUANDO SI PARLA DI MIDA C'è SEMPRE QUEL RIFERIMENTO ALL'ORO CHE HA SEMPRE INFORMATO IL MIO IMMAGINARIO NON COLLETTIVO, MA , DICIAMO COSI' INDIVIDUALE, ULTRA SOGGETTIVO- EH SI! USIAMOLA QUESTA PAROLA " NARCISISTA" CHE ANCHE SENZA NECESSARIAMENTE METTERCI QUELL'INFINITESIMALE, CHE IN QUALCHE MODO NE STEMPERA L'IMPATTO NEGATIVO SULLE MASSE IGNORANTI (O QUASI) HA UNA FASCINAZIONE PARTICOLARISSIMA PERCHE SI RIFA' AL FREUD, NON QUELLO DEL SAGGIO "NARCISISMO" CHE è DEL 1915 E ANCORA IRRETITO NEI DETTAMI DELLA TEORIA DELLA LIBIDO E LA COSIDETTA 1^ TOPICA, BENSI' QUELLA MOLTO PIU' INTRIGANTE E PROFONDA DE "AL DI LA' DEL PRINCIPIO DEL PIACERE" CHE SEGNA ANCHE L'INGRESSO NELLA CELEBERRIMA E CONTROVERSISSIMA PULSIONE DI MORTE E CONSEGUENTEMENTE NELLA 2^ TOPICA. QUELLO PERO' CHE HO SCOPERTO GIUSTO STAMANE , A ULTIMAZIONE DI VISIONE è CHE LA SERIE è TRATTA DA UN ROMANZO DI JACK LONDON (lo vedi quanto mi scopro sempre piuttosto ignorantello!?) Nell’immaginario collettivo la produzione letteraria di Jack London è incastonata nella romantica narrativa di eroismo di frontiera a metà tra “Il richiamo della foresta” e “Zanna Bianca”. Dopo il “Martin Eden” di Pietro Marcello trapiantato a Napoli, un altro ardito esperimento di riscrittura targato Netflix: la serie i “Favoriti di Mida” da un suo racconto distopico e socialista. Un’altra serie anti-sistema, insomma, sulla scorta del successo planetario de “La casa di carta” …



Ufficio dei F. di M.
17 agosto 1899
A Mr Eben Hale, Barone del Denaro

È il sigillo scarlatto della prima lettera intimidatoria, la firma di quei sicari del proletariato intellettuale che marchia “con lettere rosse gli ultimi giorni del diciannovesimo secolo”. Siamo alle prime pagine de I Favoriti di Mida, una storia di Jack London dalle nuance distopiche e dal piglio socialista, in cui la passione politica dell’autore si declina nell’alfabeto del darwinismo sociale. Pubblicato dal Pearson’s Magazine nel maggio del 1901, e poi nel 1906 all’interno della raccolta Faccia di Luna, questo breve racconto si inserisce nel filone fantascientifico della polimorfa opera dell’autore americano, che in vita ha cambiato pelle con la stessa cadenza con cui ha figliato classici letterari. Nel novembre scorso la piattaforma Netflix ha lanciato l’omonima serie, una creativa trasposizione per il piccolo schermo liberamente ispirata alla penna di London, scritta e diretta da Miguel Barros e Mateo Gil.


Si tratta di un thriller/crime spagnolo sulla scia del fenomeno, La casa di carta, una produzione dal sapore internazionale, pulsante di tensione e sospesa sui vertiginosi palazzi di una Madrid plumbea e asettica, messa a ferro e fuoco da una rivolta spagnola. L’interprete principale è il premio Goya, Luis Tosar nei panni di Víctor Genovéz, un “comunista liberale”, ego imprenditoriale granitico travestito di progressismo e cedevole ad una filantropia (dis)interessata. Dopo aver ereditato il vertiginoso impero di Antonio Malvar, un colosso azionario a capo delle grandi firme del giornalismo nazionale, è costretto a misurarsi con le crepe di una morale torbida nello scenario di una metropoli agonizzante. Il patto è questo: versare 50 milioni su un conto corrente anonimo così da evitare un’efferata carneficina. Le vittime? Innocenti, scelti casualmente tra le folle che abitano la città in fermento, come Javier Piñares, il manifestante al Paseo del Prado trasformato in volto eroico della guerriglia madrileña. Inizialmente, così come per Wade Atsheler, ricco ereditiere di Eben Hale nel testo originale di London, le estorsioni di questa setta dell’“inevitabile”, cieca mietitrice del capitale, suonano a Genovéz come uno scherzo di pessimo gusto, una curiosità letteraria a cui non dare troppo peso. Ma quando la mano invisibile dei seguaci di Mida entra in scena platealmente con la sua spettacolare spirale di crimini, il ricatto psicologico e il sangue delle vite spezzate peseranno duramente sull’integrità del protagonista. “Tantissimi soldi in cambio della vita di persone di cui non le importa nulla. Una tattica di estorsione apparentemente inefficace” puntualizza l’ispettore Alfredo Conte (un nome davvero emblematico non vi pare????? , però qui siamo al netto contrario con un ben altro Conte) , la bussola morale di questa palpitante corsa all’indizio, il demiurgo di piste puntualmente inconcludenti che lo piegheranno fino allo stremo. È lui il compagno di patemi di Víctor, – e nel finale suo antagonista caparbio – interpretato da un Willy Toledo ineccepibile, esplorato sapientemente nella sua verticalità emotiva. Questo duo ci regalerà alcuni degli attimi più densi e alti della stagione. Ad affiancare i loro elettrici scambi l’etica inflessibile di Monica Baez (un’eterea Marta Belmonte, di cui sotto alcune immagini), infaticabile giornalista devota al suo mestiere, estranea al compromesso e missionaria delle verità insabbiate, messa a dura prova dall’amore tormentato per Genovéz. Quando entrano in campo i sentimenti, infatti, a nulla servirà la sua appassionata dialettica da reporter, schietta e senza sbavature: la vedremo divisa tra la sua religione di giustizia politica e le pulsioni turbolente di una relazione che non riesce a pacificare. Infine María José (una sensualissima Marta Milans), amica di vecchia data e partner d’affari del protagonista, personaggio epidermico e cinico nel suo olimpo aureo senza ideologia, in cui le aziende non sono che macchine del denaro “belle e inarrestabili”. Soprattutto dopo che la pandemia da Covid ha dimostrato crisi e pericoli del capitalismo globalizzato, questa riscrittura ultramoderna e cruda di London sembra strizzare l’occhio al cinema politico degli anni ’60 e ’70, Quella che viene raccontata è una machiavellica ghigliottina su cui batte dura la legge del più forte, in cui vediamo i personaggi deformarsi sotto il peso di scelte brutali e trasfigurarsi come mutanti, creature mosse da passioni che non riescono ad addomesticare. Il rebus di scivolosi sensi e ideologie bifronti risuona empaticamente nella perplessità di chi è dietro lo schermo, dall’altra parte del dramma, e non sa più dare un nome alle cose. Tutto sembra compromesso, rovesciato, ambiguo. Qual è il confine fra uccidere per soldi e lasciar morire vittime innocenti per salvare il capitale? Quanto pesa una vita? E il martirio di pochi? È eticamente sacrificabile per un privilegio superiore? La piaga putrescente di una società marcia scava nelle pieghe del buon senso e ci fa spettatori di un dramma morale che pone quesiti irrisolti e non cede all’happy ending. Come un virus che attacca al cuore pulsante di un sistema già malato, I Favoriti di Mida è un esperimento di suspense dalle tinte crepuscolari. Un guanto di sfida lanciato provocatoriamente ad un mondo globalizzato in picchiata verso l’autodistruzione – a cui la precoce scrittura di London aveva già dato sangue e corpo .

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