martedì 31 agosto 2021

NUOVI INTEGRALI SUI CAMMINI

 

“Meccanismi che la coscienza eludono” avevo detto sul finire del capitolo precedente, ebbene non ci ricordano qualcosa? Non ci ricordano un certo medico di Vienna che in tutte le maniere, su quel finire del XIX secolo, andava ricercando qualche cosa di nuovo in tema di affezioni mentali e funzionamento del cervello? Il sonno ed il sogno, la fantasia, il lapsus, l’atto mancato, perfino il motto di spirito, e non parliamo della malattia in senso lato, anche quella non di pertinenza della sola mente : tutto ciò, che in qualche modo metteva fuori gioco il normale funzionamento della coscienza , veniva captato da questo instancabile ricercatore e immesso nel suo ruolino di marcia, onde pervenire a qualcosa di nuovo, di diverso nell’ambito della conoscenza umana, ed infine, limite davvero estremo, la morte, che con la fine della vita mette definitivamente fuori gioco anche la coscienza, anche questa veniva contemplata qualche tempo dopo dal nostro pensatore (1921 Al di la' del principio del piacere ) E ‘ piuttosto noto che nessuno dei pensatori che si sono occupati dei temi qui affrontati, ovvero decadenza del genere umano, sua profonda crisi, passaggio sempre in negatìvo dal più antico al moderno, involuzione e non evoluzione, abbia mai dato grande importanza all’opera di Freud e alla sua scoperta dell’inconscio, arrivando assai sovente al vero anatema: così Horbiger, Stirner, Guenon e neppure Evola, cui per ammissione di chi scrive, va riservata una attenzione particolare stante la profondità di pensiero e la ricchezza di conoscenza; quello che gioca in incomprensione da parte specie di Evola è quel concetto di individualismo che viene assunto come antitradizionalismo in correlazione proprio al fenomeno dell’Umanesimo che fece piazza pulita della coralità medioevale per promuovere l’adozione di un codice di merito in un qualcosa assolutamente non sottoposto a verifica come l’ordine classico degli sporadici ritrovamenti del secolo XIV e la convenzionale e seriale riproposizione di tale ordine all’intero specifico del costruire : la prospettiva. Sia Evola che Guenon sono concordi nell’individuare in tale individualismo uno dei fattori più deleteri dell’uomo moderno, nato appunto con l’umanesimo e a modesta aggiunta del sottoscritto: anche nato dalla pandemia del 1348, sottendendovi qualcosa di non naturale, ma di indotto a bella posta da un qualcuno (i mercanti dell’età del bronzo) che proprio in tale periodo ribadivano il loro dominio sul mondo rintuzzando i tentativi di recupero della tradizione di tutto il movimento medioevale. Dice difatti Guenon nel suo “La Crisi del mondo moderno” : cioò che noi intendiamo per individualismo è la negazione di ogni principio superiore all’individualità e quindi la riduzione della civiltà ai suoi elementi puramenti umani….l’individualismo implica la negazione dell’intuizione intellettuale ascrivibile ad un qualcosa di superazionale e quindi di civiltà tradizionale, dove quello che conta è unicamente la coralità delle esperienze di tutti (come nelle Cattedrali) e nessun uomo poteva mai rivendicare la proprietà di una idea (tipo la Cupola di S.Maria del Fiore da parte del Brunelleschi) – “l’individualismo di questo genere….” dice ancora Guenon, ma anche Evola lo appoggia “è la sorgente delle illusioni concernenti la parte relativa ai presunti “grandi uomini” : il genio inteso in senso profano e umanistico e’ in realtà poca cosa e non poggia su di una conoscenza vera”. Debbo dire che proprio la pressione indotta dalla attuale distopia mi ha costretto ad una profonda revisione di tutti i miei cammini (limiti, derivate e integrali) laddove molti di questi cosidetti geni si sono drasticamente ridimensionati, per rivelare la loro parte, spesso preponderante, di assoluta inadeguatezza soggettiva e quindi di pesante manipolazione - sempre da parte di qualcuno assimilabile alla evoluzione di quei famosi mercanti - per farne emergere supposte qualità straordinarie e spacciarle per tali (pensatori come Hegel, Marx, scienziati come Pasteur, Darwin, uomini d’azione come Washintong e soprattutto Napoleone Bonaparte, quindi Mazzini, Garibaldi, Cavour) ….piuttosto evidente che anche Freud possa rientrare in tale elenco e quindi ecco giustificate le riserve di Evola, ma il punto è che non si può criticare tutto, bisogna andare nella ricerca di qualche punto fermo anche e soprattutto nel tentativo di scongiurare l’oscurarsi totale della scena del mondo : il temutissimo Kali Yuga che oggi può assumere le diciture di “great reset” o anche di “covid pandemia”. Freud avrà pure la paternità di una idea individuale, ma sono convinto che la sua scoperta di un inconscio sotteso al funzionamento e spesso e volentieri in netta antitesi di una coscienza, può aprire spazi inusitati di comprensione. Come Freud altri pensatori, filosofi, persino uomini d’azione, il cui elenco è ovviamente parziale e condizionato da giudizi di merito che risentono della impostazione individuale del giudicante: ovvio è naturale che per un Soros, un Gates e altri della loro genia, un Popper sia il più elevato dei filosofi, Rockfeller il più spassionato dei filantropi, Pasteur il più preparato dei medici e di converso tutti coloro che hanno rappresentato una antitesi al loro potere, in qualsiasi campo o scibile, persone come Bernard, Bechamp, nella microbiologia, Hamer nella medicina , John Kennedy o Trump nella politica, Evola nella filosofia, Keynes nell’economia e via dicendo, sono state additate come vere e proprie bestie nere, bersagli da scaricare contro di loro tutto il potere della loro opulenza di collaudati mercanti. Bisogna anche ammettere che stante la posta degli elementi in gioco : una consolidata prevalenza di mentalità bottegaia e di mercimonio, di compravendita cioè di qualsiasi peculiarità umana , tipica di questa età del bronzo che ha visto e non da oggi la supremazia del denaro, dell’interesse individuale, del commercio, della onnipotenza mercantile, le elites al potere sono grosso modo riusciti sempre nel loro intento di prevaricazione arrivando oggi nel terzo millennio a ipotecare fortemente il successo finale, ovvero il pieno realizzarsi del passaggio all’ultima delle Ere del mondo prevista dagli antichi testi di tutte le culture tradizionale, l’età del ferro degli schiavi, la oscura Kali Yuga. E’ proprio per questo che le persone che hanno conservato un minimo di ragione e tentano di re-agire a tale processo, debbono far leva su tutto ciò che può essere di appiglio ad una efficace rivolta, si proprio quella “rivolta contro il mondo moderno” di cui Evola ci dettaglia le fasi, ma non precisa come dovrebbe delinearsi quel cavalcare la tigre si da consentire ad un certo momento opportuno (kairos) di scagliare la freccia che potrebbe annientare l’oppressore. Poco importa che nel corso di questo stare sul dorso della metaforica tigre/nemico, “gli intrepidi tigrotti” da me citati, si possano perdere alleati, che il nemico è riuscito a circuire e comperare con le sue lusinghe mercantili (emblematico qui da noi il caso di Vittorio Sgarbi, che da indomito contraddittore di tutto il farsesco processo di imbonimento coscienziale di massa, ha platealmente cambiato campo facendosi sostenitore di vaccini e misure di costrizione, tra cui la tanto, dal lui deprecata e irrisa museruola/ mascherina ). Freud, Kennedy, Trump, e tutta la serie di fatti eventi , persone, idee, costrutti, ipotesi divengono in momenti come questi in cui le forze del mercimonio tentano di prevalere, preziosi alleati che di volta in volta possono essere chiamati a raccolta in vista del momento della rivolta e quindi della re-azione: sono possibilità che si pongono in una ottica di opportunità, senza stare a sottolineare quale sia la provenienza o il possibile esito, diventano un percorso di possibile re-azione del quale va calcolato l’integrale: il più volte menzionato integrale sui cammini che Feynman compose ovviando ad una considerazione come parte o particella, o come flusso di una funzione d’onda. In merito poi a una riesamina dei cicli dell’età del mondo, bisogna anche cercare di dire qualcosa in più dei pur rilevanti fattori esaminati, tipo Evola, Guenon e anche altri - ad esempio le leggi biologiche di Hamer non potevano essere certo contemplate e lo stesso dicasi per le ultime considerazioni della fisica quantistica del tipo la teoria delle stringhe, la supersimmetria e le conseguenti super stringhe, la M- Teoria e i multiuniversi a più dimensioni, l’inconscio di Freud e anche quello collettivo di Jung (come detto criticatissimi) che però può anche prestarsi ad aggiornamenti di grosso spessore quale ad esempio l’inconscio come insiemi infiniti di Ignacio Mattè Blanco con la sua bi-logica e quella simmetria che si raccorda a quella della fisica quantistica come meccanismo precipuo di funzionamento dell’inconscio. Degno di particolare nota, anche perché anche questi un frutto piuttosto recente della conoscenza umana (metà anni settanta) e’ altresì quel paradigma di mente bicamerale come antecedente della coscienza di Julian Jaynes, che come abbiamo avuto modo di accennare potrebbe trovare un inusitato raccordo proprio con quell’età dell’oro, lasciata un po’ troppo allo stadio fumoso e indefinito da tutte le fonti alleate prese in esame e questo sia da un punto di vista spaziale che temporale: se difatti per la coscienza stabilendo che essa ha origine dal linguaggio articolato, i giochi sono presto fatti : lo spazio viene dato tutti gli ambienti che presentano un fattore di adattamento suscettibile non solo di prescrizione, ma anche di interpretazione grazie alla funzione di un analogo-io in grado di narratizzare se’ stesso in ogni situazione, il tempo è quello in cui sempre quell’analogo-io è in grado di documentare tale narratizzazione fissandola nello scritto, che sostituisce l’antica voce allucinatoria (detta in altri termine sostituisce la “voce prescrittiva degli dei” ). Grazie al paradigma bicamerale si può tentare di offrire uno scenario congruo che potrebbe improvvisamente assumere una sua configurazione e quindi costituire la base per sfrondare quella misteriosa prima fase al cui oro corrispondono quei famosi dei che potrebbero anche esse essere affidati ad un meccanismo diverso della coscienza, e di molto, ma proprio di molto antecedenti . Tutto si combina (un po’ alchemicamente) al combinare l’oro con un origine di un inconscio di cui andiamo a rivederne i passi salienti : avevamo parlato di voci allucinatorie come imperative del comportamento umano ora perchè il tramonto di un paradigma composito come quello di tali voci allucinatorie degli dei, ascrivibili al complesso di tutte le istruzioni e ammaestramenti accumulatosi nel cammino umano e le sue successive aggregazioni e localizzato nell'emisfero destro, in quanto quello sinistro riservato al linguaggio articolato, abbia con il suo venir meno comportato la formazione di un analogo io e quindi una origine della coscienza, sulla base del solo emisfero sinistro, mentre appunto nel destro non abbia comportato alcunchè, o perlomeno apparentemente non abbia comportato alcunchè. Si può quindi cominciare ad ipotizzare anche una origine dell’inconscio, anche se si tratta di una origine che non ha modalità spazio/temporali come la coscienza, perchè c'è il serio sospetto che tutte quelle antiche vestigia neuronali, localizzate nell'emisfero destro siano ancora perfettamente in funzione, solo che si tratti di una modalità molto differente di intenderne il messaggio, non ascrivibile alle modalità di funzionamento della coscienza: l'impianto metaforico dell'accrescimento di una lingua, i principi della logica, identità, non contraddizione, terzo escluso, ma ad un qualcosa d'altro, più assimilabile a quelle allucinazioni auditive che si ritenevano appartenenza degli dei e quindi che la coscienza più metaforica che metonimica non poteva trascinare con sè. L’origine di un inconscio, è per così dire sempre lì, anche lui erede di quel famoso paradigma bicamerale, senza quei caratteri di fine, principio ed anche casualità ed effetto, tipici del linguaggio della coscienza. L'inconscio è semmai, dati i suoi caratteri appunto non logici, non sintomatici, ma simbolici, alternativi alla coscienza, un qualcosa che va scoperto. Dice Jaynes che ad innescare le allucinazioni auditive della localizzazione destra della mente bicamerale deve essere inteso lo stress, uno stress ovviamente proporzionato all’evoluzione mentale di un uomo ancora primitivo, uno stress indotto da appena un qualcosa di meno ordinario nel suo ambiente abituale, tipo una mareggiata, la distruzione di un argine, una valanga, l’attacco di una tribù nemica, tutti fattori implicanti un attimo di sospensione dei normali parametri di riferimento, in attesa che da dentro dell’individuo arrivasse, con caratteri di assoluta urgenza, il comando che impartisse il da farsi ...“agisci in fretta, fai contento il tuo dio” è riportato in un’antichissima stele sumera, ma anche questa è una traduzione di molto successiva, troppo, perchè possa essere inteso il vero senso della prescrizione, che già in quanto affidata alla pietra e alla scrittura denota che non ci troviamo più in piena epoca bicamerale ove difatti non c’era alcun intermediario tra voce degli dei e individuo, così come non ci doveva essere alcun indugio nel mettere in atto il comando; solo quando le situazioni esterne andarono facendosi sempre più complesse, si avvertì il bisogno di fissare per iscritto le disposizioni, che tutto sommato esprimono l’allentamento di questo paradigma, e forse è probabile che con tutta probabilità i primi inventori della coscienza furono i Fenici, in quanto popolo di navigatori: in mare difatti possono presentarsi eventi del tutto nuovi che nessuna voce istituzionalizzata e codificata dall’esperienza può contemplare ed ecco che allora l’uomo marinaio, se vuole salvarsi da una tempesta, da una caduta in mare e l’attacco di uno squalo feroce, da una bonaccia troppo prolungata, deve mettere la sua persona al centro della volizione, deve in altre parole narratizzare la sua presenza nell’evento, deve costruire un “analogo spazio” che faccia da sfondo all’“analogo io” dove è proprio l’essere interrelati che rappresenta una possibile soluzione. In piena epoca bicamerale il controllo sociale era assicurato dalle prescrizioni auditive degli dei, non da repressioni o leggi, in verità c’era ben poco di istituzionale nelle antiche comunità, c’era anche molto poco di privato, di personale, non avendo gli uomini bicamerali alcuno spazio analogale interno, cui coltivare un proprio analogo io, ma quando queste due analogie cominciarono sotto la pressione di sempre nuovi fattori esterni ad essere combinate (abbiamo fatto cenno al mare e ai fenici, ma parimenti rilevanti possono essere assunti, grandi sconvolgimenti climatici, improvvise glaciazioni, desertizzazioni con conseguente massicce migrazioni e insediamenti in nuovi territori, financo la stessa complessità di un grande abitato urbano) ecco che le voci degli dei hanno sempre meno da dire, finchè alla fine cessano del tutto, e possono al massimo venir riportate su mute tavolette di argilla incise su steli di pietra, che nessuno però è più obbligato a seguire per istinto, anzi per una precisa formazione neuronale: disponendo difatti oramai l’uomo di un analogo io, può al massimo ricorrere a quelle antiche voci solo come nostalgia... “perchè gli dei ci hanno abbandonato?” Tutte le antiche scritture e non certo solo quelle ebraiche, riportano questa nostalgia “perchè gli dei non ci parlano più ?” dice Esiodo ne “Le opere e i giorni” “il mio dio mi ha abbandonato ed è scomparso” dice una tavoletta dell’altare di Tukulti… è come una litania che si ripete quasi invariata in tutte le aree geografiche della civiltà. Ora la domanda e’ la seguente: d’accordo l’analogo ovvero il fondamento stesso della coscienza ha costituito un qualcosa di alternativo a quell’antico paradigma bicamerale, facendo leva sul linguaggio articolato fondato sulla metafora quel “è come…” che non fa altro che accrescere la portata di un lingua improntata sulla similitudine e sull’associazione significativa, quindi iper-specializzazione delle aree deputate al linguaggio articolato dell’emisfero sinistro, ma che ne è di quelle in corrispondenza dell’emisfero destro? che ne è delle voci allucinatorie degli dei ? che ne è di tutto l’impianto metonimico di trascinamento di disposizioni a carattere imperativo/normativo? Possibile che intere aree dell’emisfero destro non riescano più ad innescare alcuna manifestazione, se non un tantino di nostalgia e per di più solo in individui particolarmente ispirati, che venivano reputati come investiti di misteriosi poteri e quindi una sorta di anomalia del gruppo? Possibile che la soglia di stress, quella che appunto riusciva ad innescare la voce allucinatoria e prescrittiva, si fosse fatta così alta, da non indurre più nessuno a disporsi al suo ascolto, sopratutto nessuno a portarsi in una certa maniera? Ed ancora, possibile che tutta una funzione di gran parte di uno dei due emisferi cerebrali si fosse ridotta alla sua complessa e ritualistica evocazione da parte di individui fuori dal coro, o al massimo trasferita su mute tavolette di argilla o di pietra o rappresentata da statue dai grandi lobi oculari, appositamente dilatati per indurre uno stato quasi ipnotico o ancora, portata da curiose espressioni verbali, sempre cantilenate, tipo i versi della poesia meglio se accompagnati da musica di qualche strumento,(dalla lira il nome dato appunto alla poesia di “lirica” ) sì da indurre sempre un effetto di sospensione dei normali meccanismi del linguaggio articolato, e quindi, nelle pause, nei sospesi, negli scarti, di questo, ci fosse ancora un barlume di spazio per quello che un tempo erano le voci degli dei? No! non è possibile! si tratterebbe di una lisi troppo drastica: da una parte un linguaggio sempre più articolato, in grado di far fronte a praticamente tutte le necessità dell’adattamento all’ambiente con il suo “analogo io” dall’altra, qualche individuo ispirato, stele e tavolette statue e idoli ad impianto allucinatorio e una modalità di linguaggio cantilenato quasi a sugello di una assoluta eccezione a quello normale, enfatizzato dall’accompagno di strumenti musicali. Un divario davvero impressionante e che tale doveva arrivare addirittura alle soglie del secondo millennio, nell’ultimo secolo del primo, quando un oscuro medico della Vienna Imperiale, eh si abbiamo fatto ritorno al nostro Sigmund Freud osò mettere a frontespizio del suo saggio una frase di Virgilio “Flectere si nequeo Superos Acheronta movebo” che alludeva al principio che quando le strade superiori , cioè della coscienza, non si riescono più a percorrere, non si riescono più a piegare ai propri intendimenti, allora bisogna tentare quelle poste al di sotto della coscienza, le strade sotterranee del nostro inconscio, ovvero prendere per la prima volta in esame appunto uno di quegli scarti del pensiero e del parlare conscio (questo secondo l’accezione di quell’anno di grazia 1900) : ”io dico che il sogno è uno strumento dotato di senso, e che il suo significato può essere interpretato e spiegato “ affermava ancora Sigmund Freud , e la modalità di indagine non è quella dei vari trattati sul sogno a cominciare da Artemidoro e a finire con le famose “smorfie” per azzeccare i numeri al lotto, non è il sogno profetico del faraone interpretato da Giuseppe e non è neppure le numerose anticipazioni di insigni poeti e letterati , Dante, Shakespeare, Cervantes, Goethe, Poe, Melville, è una modalità che si ingaglia con un linguaggio iper-specializzato, quello della scienza, della ragione, della speculazione dialettica, che i recenti avvenimenti avevano portato alla massima considerazione. Si va a approfondire il meccanismo di funzionamento di questa sorta di “altra” entità dell’essere umano, di cui la nominalizzazione più evidente sembra quella di “in-conscio”, ed ancora è invalsa anche la dizione di “sub-conscio” annettendovi quindi implicitamente uno stato di subordinazione. La cosa rilevante è che Freud non si era limitato solo al sogno, difatti di lì a poco aveva cominciato a passare in rassegna, con particolare puntualità, tutti quei famosi scarti del pensiero conscio, le dimenticanze, i lapsus, le mancanze, il motto di spirito, la fantasia, senza dimenticare che essendo un medico, tutta la scoperta si riveste di caratteri terapeutici, ovvero l’intuizione che queste oscure misteriose manifestazioni, di questo cosidetto inconscio (e anche sub conscio), tutto lo scarto e rimosso del conscio potesse essere in qualche modo responsabile di determinate affezioni (nella fattispecie affezioni psichiche, (isteria, nevrosi, psicosi, schizofrenia, paranoia, follia) e quindi anche la malattia rientra in questo ordine di manifestazioni, fino addirittura andare a sboccare una ventina d’anni dopo nell’ultimo girone di quello che lo stesso Freud aveva definito “il lento ritorno del rimosso” , ovvero LA MORTE. Insomma è alquanto improbabile che tutta una funzione con tanto di correlazione e localizzazione cerebrale, si sia estinta senza dar luogo a niente altro, molto difficile che sia stata anch’essa soppiantata da quell’Analogo io che ha dato luogo alla coscienza e che come abbiamo rimarcato è interamente localizzata nell’emisfero sinistro. L’asse del linguaggio è sempre costituito da due figure: quella della metafora e la coscienza, derivata appunto dal linguaggio articolato e’ in effetti una evoluzione in progressiva della condensazione tipico meccanismo di tale figura, ma quella dello spostamento che presiedeva alle voci allucinatorie e prescrittive dell’emisfero destro: la metonimia, possibile che si sia ammutolita senza dar luogo a niente altro? Le voci e quella causa di innesto di un piccolo stress per evocarle, non era un qualcosa che potesse ascriversi al significato , ovvero quel famoso “come è questo?...bhe è come….” ovvero un non conosciuto che si familiarizzava con un conosciuto, la metafora appunto che è strutturalmente la modalità di come una lingua si appropria di tutti gli elementi che formano l’ esperienza del contingente; le voci non spiegano, non giustificano, la loro peculiarità non è la condensazione del significato, ma il trascinamento di tutto il sentito dire, di tutte le prescrizioni , che nel corso del tempo si sono andate a sovrapporre nell’esperienza del vissuto, ovvero il significante che costituisce la propria essenza. Le voci indotte da uno stress di inizio su situazione nuova non dovevano significare alcunchè, non dovevano fare fare alcun paragone, essendo la loro funzione e del tutto emozionale e la loro peculiarità assoluta semplicemente quella di essere “ab-audita” ovvero obbedita, erano insomma “emozioni”....una emozione, non un costrutto linguistico che abbisogna di paragone e rassomiglianza.

domenica 29 agosto 2021

L'INTEGRALE SIMBOLICO DELL'ETA' DELL'ORO

Per ogni ciclo o età del mondo si è cercato di trovare qualcosa di corrispondente (i guerrieri e l’argento per la grande stagione greco/romana fatta di olimpici, epiche battaglie (Termopili, Maratona, Alessandro il Grande, formazione di un grande Impero con personaggi d’eccezione tipo Giulio Cesare, Augusto) i mercanti e il bronzo, con il loro rintuzzo di “eroi” da Carlo Magno a Federico II e la grande stagione della coralità medioevale, fino al precisarsi della vocazione bottegaia e commerciale nel corso di sette secoli, e la minaccia di essere pervenuti all’ultima era, quella del ferro e della definitiva divisione in pochi magnati (i mercanti evolutisi ) e servi, si è fatta la inquietante scoperta che ad ogni cambiamento o passaggio epocale fa riscontro un qualcosa di “indotto” non naturale, ma fortemente pilotato, giustappunto di questa classe di mercanti, si da imporre la propria concezione di servilismo al resto della popolazione mondiale. Un qualcosa che ha inquietanti rassomiglianze nel corso del tempo appunto degli ultimi settecento anni, e che proprio la recentissima e coeva farsa di un supposto micidialissimo virus con relativa inesistente pandemia ha riportato drammaticamente in evidenza, fornendo la oramai lampante prova che quando quei famosi mercanti hanno convenuto di operare una accelerazione ai loro piani di assoggettamento delle masse si sono serviti di tutto il loro potere per provocare guerre, carestie, disagi di varia entità, ma soprattutto, vera e propria ciliegina sulla torta, di una malattia o morbo elevata al grado di pestilenza, e quindi di pandemia, che fosse in grado di catalizzare tutta la paura del cosidetto livello di immaginario collettivo delle genti. E’ per questo che ritroviamo una malattia e quindi il suo innalzamento a livello di pandemia, ogni qual volta ci sono stati davvero cambiamenti epocali: tutti gli strumenti di informazione e di diffusione di massa sono stati impiegati per convincere il più possibile la popolazione, così se prima era solo un sentito dire (a mò della famosa aria del venticello della calunnia), unita ad una manipolazione di dati sempre con la tendenza alla esagerazione, fatta a livello di documentazione storica (gli irrealistici 50 milioni di morti della peste nera di metà trecento, quelli più circostanziati, ma drammaticamente rappresentati della peste di Roma del 1528, e ancor più, di quelli dei Ducati di Milano e Mantova all’indomani della guerra dei trent’anni del 1630, con tanto di “Colonna Infame” celebrata dal Manzoni, fino ad arrivare alla vera e propria cantonata statistica della cosidetta Spagnola dopo la Grande Guerra del 1914-18, dove si è strombazzato fino alla noia che c’erano stati più morti di un solo anno di pandemia (1919) che dei caduti di tutti gli eserciti combattenti nei cinque di tutta la guerra - un misero 2/3 % dei reparti richiamati, contro il 100 % di una intera popolazione, quindi un indice referenziale del tutto erroneo, solo emozionale atto a fare impressione e diffondere paura - lezione quanto mai appresa e ripetuta in questi nostri tempi iper tecnologici, dove le conoscenze cosidette scientifiche, il tanto decantato progresso, la democrazia, le pseudo libertà, non ci hanno evitato di cadere nella trappola delle elites di potere, come e anche più di settecento anni fa; un qualcosa, attenzione, meticolosamente ordita con la servile collaborazione dei “media” e il supporto di una mentalità ipocrita e buonista come quella della ideologia falsamente egualitaria di sinistra che in quanto faccia nascosta della stessa medaglia del capitalismo e iperconsumismo si è assunta ben volentieri il compito di volenterosa carnefice di quella libertà, che poteva essere l’unico antidoto alla sopraffazione di pochi magnati. Orbene per tutti questi cicli di cambiamenti abbiamo più di un integrale sui cammini, che come ho fatto cenno può essere rappresentato da una nuova forma di conoscenza che si è aggiunta a quella di prima riesamina (nella fattispecie la Teoria delle Ere del mondo vista come involuzione e non come evoluzione, appunto dall’oro al ferro ) laddove il fattore cronologico assume una scansione decisamente controversa nell’individuazione di una possibile durata di ogni ciclo: piuttosto alla portata umana nella analisi di Evola, ma non altrettanto circostanziata ad esempio in Guenon propenso a seguire le indicazioni degli antichi testi sia Esiodei sia quelli indù che ad esempio danno una durata di seimila anni solo per l’ultimo ciclo quello del Kalì Yuga. Da notare che seimila anni sono un tempo che per oltre la metà, cioè 3000 anni prescinde da ogni conoscenza storica, sia a livelli di reperti, sia a livello di documentazione e quindi di piena comprensione. Noi, e lo abbiamo chiaramente premesso fin dall’inizio della serie di questi articoletti di ragguaglio sui cicli assimilati ai cammini e quindi suscettibili della loro riduzione ad integrale, ci atteniamo alla versione evoliana ricercando quindi i parallelismi tra la situazione odierna e quella di settecento anni fa, (1348), effettuando una prima riesamina a proposito del tanto strombazzato Umanesimo e seguente Rinascenza, visto/i come equivalente dell’altrettanto strombazzato “Great reset” odierno,ovvero la prospettiva di Brunelleschi equivalente di un microchips odierno, il codice Dorico/Jonico/Corinzio come codice binario, la macchina a vapore della rivoluzione industriale come presupposto al drone di oggi e via dicendo. Solo così mantenendo cioè “umana” la interpretazione,servendoci magari di raccordi al simbolismo, a metafore un tantino esagerate sulla scansione temporale, possiamo davvero azzardare qualche inusitato nuovo “integrale sui cammini” prendendo a sugello le stesse parole di Feynman : “una possibilità può essere una traiettoria che vada fino al comò di casa nostra, un’altra quella di andare e venire nello stesso tempo alla galassia di Andromeda”, e quindi adottare numerosi riferimenti, anche quelli dell’impiego di numeri immaginari : i = radice quadrata di -1, e cioè proiezioni di negativi, per demolire quella pretestuosa formula del più presuntuoso dei filosofi Hegel “ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale” e far paccottiglia di tutti i suoi spiriti della storia che lo stesso filosofo credeva di veder incarnati nel primo caporaluccio di passaggio solo perché aveva vinto una scaramuccia, per ritrovare la complicità dei mercanti (banchieri, oligarchi, magnati di ipercapitalismo etc) in tutti i grandi eventi di una storiografia per la quasi totalità gonfiata, artefatta, falsa, quale si conviene sia stata la cosidetta età del bronzo: abbiamo in altre parole una sorta di grimaldello per aprire tutte le porte di una dilagante falsificazione, che ci consente di passeggiare sui famosi cicli delle età del mondo, tutte, o meglio quasi tutte : l’argento dei guerrieri, il bronzo dei mercanti, il ferro dei servi, però ecco che non abbiamo nulla o quasi nulla per capire qualcosa dell’età dell’Oro ovvero quella degli Dei. Chi erano questi dei???? E come mai, come lamenta Esiodo questi dei ci hanno abbandonati, non ci parlano più ? Dobbiamo far fede che erano immortali, che non conoscevano vecchiaia e che possedevano poteri che mai più alcun essere vivente ha avuto nel nostro pianeta; come dice Evola rappresentavano un qualcosa che “mediante un passaggio dalla derivata all’integrale desume da attributi e titoli, gli elementi di assoluta incommensurabilità alla storia conosciuta” Ecco allora che prendono corpo le teorie delle Quattro Lune di Horbiger, quella degli Elohim di Biglino, o comunque della visita in tempi ancestrali di misteriosi esseri da altri pianeti. C’è al contrario degli altri cicli, un deciso trascendere delle modalità di ordinaria razionalità, dobbiamo per così dire “cambiare registro”, fare come in fisica quantistica : doppia fenditura, ma anche principio di indeterminazione (Heisenger) ovvero particella o flusso, equazione d’onda con tanto di collasso (Schrodinger), dobbiamo spostarci dal reale che tutto è tranne che razionale, percorrere l’immaginario (quel famoso “i”) che però resta in attesa dell’ulteriore ultimo passaggio, ovvero il Simbolico. L’età degli dei, o Età dell’oro, possono essere affrontati, dalla nostra mente solo facendo ricorso al simbolico, rinunciando cioè alla più peculiare delle caratteristiche umane : la coscienza. La coscienza : c’è chi la ritiene connaturata alla stessa specificità umana, una sorta di kit che ha sempre fatto parte del bagaglio del suo pensiero, un qualcosa di atavicamente biologico, diciamo una “essenza” e in tal senso, spesso e volentieri, storia, mito e scienza, perfino religione, sono andati a braccetto: che cos’è difatti il famoso “albero della conoscenza del bene e del male”? e la “famosa mela?” se non l’apparire di una coscienza ovvero la capacità di narratizzare se’ stessi, il situazionarsi in relazione all’ambiente ? “ aprirono gli occhi ed entrambi e s’accorsero che erano nudi” (Genesi 3:6-7). “...e la scintilla che Prometeo rubò agli dei dalla fucina di Vulcano? tutte le ulteriori varianti dei miti dell’origine : l’intelligenza pietrificata di Schelling, i protocolli neurologici che vanno anche alla ricerca di una localizzazione di questa fantomatica coscienza? C’è sempre sottesa la ipotesi di una infrazione, una disubbidienza, un furto, e come di un qualcosa che deve essere mantenuto nascosto, occultato: certamente custodito..., dove? ovviamente la parte privilegiata è quella più recente dell’encefalo, nella corteccia cerebrale, nel foglietto embrionale dell’ectoderma, in sinapsi non meglio identificate, financo in qualche neurone specchio, ma la discussione è sempre aperta. Ho già fatto più volte cenno ad uno psichiatra americano Julian Jaynes, che intorno alla metà degli anno ’70 dello scorso secolo pubblico’ un libro davvero epocale che per sua stessa ammissione rappresentava il frutto di tutta una vita di intuizione e studio “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” che dell’assunto che la coscienza sia un qualcosa di biologicamente innata e connessa alla stessa evoluzione dell’essere umano, non se ne dà per inteso; per lui la coscienza è un derivato del linguaggio articolato e quindi incredibilmente più recente di tutte le precedenti argomentazioni, altro che specifica connaturata alla biologia umana: per ipotizzare un’origine della coscienza non si va a più di tremila anni da oggi. Il suo libro sollevò un enorme scalpore: Accuse di antiscientificità, biologia e neurologia all’unisono per contraddire tale ipotesi “la coscienza vecchia di appena tremila anni?” Ma siamo matti? e prima che c’era? come funzionava l’essere umano?” La coscienza è un derivato del linguaggio “ insisteva Jaynes “ha le stesse impostazioni linguistiche di condensazione e di spostamento, quelle che Freud aveva stabilito per il sogno, ovvero anche lo stesso sogno è una manifestazione di un linguaggio, come ha osservato Lacan, mettendo sul piatto la concezione di inconscio e quelle che De Saussure aveva sancito nel suo “corso di Linguistica Generale, come assi portanti di una lingua ovvero la metafora e la metonimia, che debbono essere intese come un trattato di retorica strutturalLa straordinaria importanza di un linguaggio, spiega Jaynes nel suo libro risiede nella sua capacità di conformare analoghi, analoghi tra la volizione e il comportamento “com’è quella data cosa? bhe e’ proprio come quel…. “è come…” è così che il lessico di una lingua si arricchisce, nomina le cose, le fa più vicine o più distanti, più a portata, meno a portata, le fa ….“come..” .ovvero immettendo una esperienza precedente come a collaudo di una nuova, inserendo tra di esse un giudizio di rassomiglianza; l’uomo nomina le cose attraverso la metafora e la metonimia, tutte le cose che fanno via via parte del suo ambiente, ma solo piuttosto tardi nella storia della sua evoluzione riesce a cogliere la sua presenza in relazione a quelle date cose, prima difatti non disponeva di un analogo riguardante sè stesso da mettere in relazione all’ambiente, in una parola diciamo che non era in grado di “narratizzare”. Ecco appunto! la coscienza è questo tipo di narratizzazione di sè stesso in relazione a... è in altre parole : un “analogo io” Si risponde così a quella domanda “cosa c’era prima della coscienza?” non c’era una analogo io, c’era qualcosa altro, qualcos’altro in grado di assolvere a tutte quelle funzioni eminentemente pratiche, si da assicurare un perfetto adattamento e inserimento nell’ambiente circostante, sia a livello naturale, che a livello di aggregazione, di gruppo, un qualcosa che rappresentava una sorta di codifica e amalgama di tutte le prescrizioni, tutti gli ammonimenti, tutti gli accorgimenti che nel corso del tempo e dell’evoluzione, l’ambiente esterno aveva richiesto all’individuo e alle sue successive aggregazioni: da clan, a gruppo, a tribù, a città, appunto quel qualcosa che appunto Jaynes denomina “mente bicamerale” In cosa consiste quindi questa Mente Bicamerale???? Detto così alla buona in una vera e propria formazione neuronale che aveva la sua topica nell’emisfero destro del cervello e in stretta corrispondenza di quello sinistro, in quelle aree che ancora adesso si ritengono deputate al linguaggio: la corteccia motoria supplementare, nella parte alta del lobo frontale sinistro, l’area di Broca, più in basso sempre nello stesso emisfero ed infine l’area di Wernicke, la più estesa che occupa la quasi totalità della parte posteriore del lobo temporale sinistro e che si ritiene fondamentale ai fini della formazione del linguaggio articolato. La domanda che Jaynes si fa e la cui risposta costituirà il paradigma della sua straordinaria ipotesi è “come mai le aree del linguaggio, una peculiarità così fondamentale per la nostra stessa essenza di esseri umani, si trovano tutte e solo nell’emisfero sinistro? Perchè questa marcata settorializzazione e sopratutto cosa c’è nelle corrispondenti parti dell’emisfero destro? la famosa plasticità del cervello, oggi consente di verificare che in individui che hanno subito danni all’emisfero sinistro, data l’assoluta importanza della funzione del linguaggio, questa si sposta appunto sulle corrispondenti aree dell’emisfero destro, ma ecco!... si tratta pur sempre di casi eccezionali, sporadici e non probanti ai fini di una vera risposta alla domanda di fondo: cosa c’è, o magari cosa c’era, nell’emisfero destro in alternativa al linguaggio? L’emisfero destro è notorio, è tradizionalmente, ma anche un pò fumosamente e misteriosamente, ritenuto il ricettacolo della intuizione, delle emozioni, della fantasia; se stimoliamo le aree corrispondenti a quelle individuate nell’emisfero sinistro, non abbiamo nessun effetto di vistosa sintomatologia, tipo afasia, arresto, imbrigliamento di parole, dimenticanza o quant’altro, niente di niente, anzi si è altresì rilevato che in casi di asportazione chirurgica di vaste aree di detto emisfero, a volte dell’intera area corrispondente a quella di Wernicke nell’emisfero sinistro, non si sono riscontrati che deficit sorprendentemente esigui per l’intera funzione mentale e nessuno di entità linguistica, pertanto si è arrivati alla conclusione che l’emisfero destro è perlopiù un emisfero “muto” o perlomeno suscettibile di essere topicizzato come appunto ricettacolo di tutte quelle “fumose” manifestazioni riferibili genericamente all’emozione, alla fantasia, ad una non meglio precisata “intuizione”, che restano un qualcosa di poco catalogabile, senza precisi riscontri di causa effetto, nè tanto meno di ripetibilità. La tesi di Jaynes è che non avendo oggi le aree dell’emisfero destro, alcuna manifestazione importante osservabile, con tutta probabilità l’avevano un tempo, in una fase dell’evoluzione umana antecedente all’attuale, una fase in cui l’uomo non disponeva di quella funzione di narratizzare se’ stesso in relazione all’ambiente e al sociale, non disponeva cioè di un “analogo io” , e pertanto aveva bisogno che un altro analogo, gli desse indicazioni sul da farsi, su come far fronte alle necessità, ai bisogni che un mondo non certo accogliente, gli poneva costantemente di fronte. La mente bicamerale altro non è che tale paradigma: da una parte una funzione eminentemente operativa, strumentale, ovvero un linguaggio sempre più articolato che consente attraverso la metafora, quel …. “è come…” di nominare le cose e raggrupparle per per associazione di rassomiglianza si va ad allocare in una sola parte del cervello; dall’altra, nell’emisfero opposto, abbiamo una funzione, meno circostanziata, meno sintomatica, ma parimenti importantissima, eminentemente simbolica (nel senso proprio del termine: che ri-mette insieme comportamento e ambiente) dove la somma di tutte le situazioni, tutte le esperienze si vanno a codificare in un qualcosa di analogale si, ma con caratteristiche di ammaestramento: un linguaggio anch’esso, ma profondamente diverso e con elementi di ineluttabilità. Tali peculiarità si vanno a topicizzare nelle aree dell’emisfero destro del cervello, presumibilmente corrispondenti a quelle opposte del linguaggio articolato, e questo perchè, anche in questo caso si tratta di un linguaggio, anche se l’analogia non è incentrata su acquisizioni di nuovi termini, messi in relazione dalla metafora , quel “è come…” che opera per meccanisni di paragone e rassomiglianza, ma per prescrizioni di carattere comportamentale che è necessario che siano il più possibile categoriche. Un linguaggio e quindi una voce si, ma una voce un pò particolare, che più che per metafora operi per metonimia, ovvero non per condensazione di significazione di termini, ma per trascinamento di significante, un “sentito dire” che si fa prescrizione, norma , ammaestramento, ovvero una voce con carattere allucinatorio, non portata da apparati fonetici, ma evocata mentalmente da una formazione neuronale che si assume il compito di sostituirsi a quella ordinaria quando sono in gioco fattori di sopravvivenza dell’individuo e del gruppo. La componente allucinatoria e’ resa necessaria dal carattere prescrittivo del messaggio, che non può limitarsi al fatto di essere “udito”, ma deve essere “ubbidito” cioè “ob-audito”: non si tratta dell’acquisizione di un nuovo termine che arricchisca il linguaggio articolato, ma di un suggerimento, una prescrizione, una norma che non può essere elusa, una sorta di imperativo categorico, che non abbisogna di spiegazione, ma di esecuzione, pronta esecuzione: “vai a costruire quell’argine!” “porta arco e frecce quando ti indentri nella foresta!” “lascia delle tracce nel tuo cammino!”, un qualcosa che solo una voce allucinatoria, che promana però dal profondo della tua mente, può importi. Con tutta probabilità il primo referente di questo tipo di comunicazione altra, non metaforica, ma metonimica, con carattere prescrittivo,dovette essere il Capo del Gruppo, il membro dominante, il soggetto appunto preposto alla guida e alla conduzione del gruppo, le cui indicazioni assumevano un che di efficiente, di consolidato e di non discutibile, appunto quell’ob-audire=ubbidire, da parte dei membri del gruppo, in quanto in gioco la sopravvivenza stessa di tale gruppo e nel suo farsi clan, tribù, comunità, città, stato. Però in seguito, con la morte fisica, di questo capo, di questo Re, le sue voci, i suoi precetti avrebbero rischiato di venire dimenticati se non fossero stati messi in atto determinate procedure che favorissero invece una costante rammemorazione : ecco che assistiamo quindi ad una serie di procedimenti riscontrabili in tutte le antiche civiltà: l’abitazione del capo morto viene dipinta di rosso, spesso e volentieri dotata di un parapetto rialzato dove viene acceso un fuoco che una classe sacerdotale è incaricata di mantenere acceso, lo stesso successore al suo ruolo di capo, viene investito di una funzione di interprete degli antichi ammaestramenti, finche’ alla sua morte fisica si stabilisce una sorta di continuità: l’antica abitazione, diviene la dimora non del singolo Re, ma di tutti i Re, dove continuano ad assommarsi tutti precetti, finchè ad un certo punto il Re morto impersonando se’ e i suoi successori, diviene un Dio vivente, il sepolcro diviene una statua da adorare, la casa un tempio, il più distinguibile, il più visibile possibile, quasi sempre al centro dell’abitato, in posizione rialzata e tutti quegli ammaestramenti, quei consigli, quelle voci non sono più ascrivibili ai singoli re, ma diventano un’unica grande voce, la voce del dio, degli dei viventi. E’ così che nell’uomo nel Gruppo si forma la idea degli dei, da una serie di stimoli visivi, ma sopratutto da stimoli auditivi, da una sorta di codice neuronale che localizzato attraverso termini in sempre continua evoluzione /specializzazione (il”come se…” della metafora) potessero essere tradotti nell’emisfero opposto in prescrizioni con la peculiarità di ricezione non metaforica, di condensazione di significato, ma come trasferimento di significanti, una comunicazione non esterna, portata da un linguaggio di attribuzione, ma interna con caratteristiche di voce non articolata, ma allucinatoria, che più che udita dovesse essere obbedita. Ho un po’ insistito su tali precisazioni : metonimia ovvero spostamento di significanti e non metafora o condensazioni di significati, allucinazioni auditive nell’accezione però di ob-audire e non semplice audire, una formazione neuronale degli dei prima che l’uomo arrivasse a quell’analogo io che gli consente di narratizzare se’ stesso, mettersi in situazione rispetto ad un ambiente che lo impegna …., cosa succede se applichiamo tutto questo paradigma a quella famosa, misteriosa, sconosciuta eta’ dell’oro (un simbolo anch’esso) e a degli dei , che proprio perché soppiantati da una coscienza derivata dal linguaggio, non ci parlano più, se non attraverso meccanismi che questa coscienza la eludono?????? Mi fermo per il momento in attesa di vagliare con maggiore dettaglio (e anche fantasia, secondo il famoso detto che la fantasia è il debito inconfessato di ogni conoscenza( mi pare di Lao Tze, ma adottato e ripetuto da molti pensatori del calibro di Einstein, Nietzsche, Wilde, Camus, etc. ) riportando uno stralcio di articolo di fisica quantistica applicato al momento attuale di distopia e crisi generale, che mi ha stimolato a approfondire e indagare la non e-voluzione, ma in-voluzione dell'essenza umana in un pensatore talmente profondo come Julius Evola, che concede poco all'ottimismo ed di converso ricercare qualche appiglio di reazione all'attuale andazzo: cosa che può far bene leggersi appunto il seguente articoletto
Pare ci siano ormai sufficienti indizi, per asserire che il tipo di essere umano che attualmente dimora sul pianeta, stia trascorrendo la sua esistenza in uno stato di sonno, un’incoscienza pericolosa che, oltre ad essere deleteria per il raggiungimento dei suoi scopi, lo rende facile preda di una minoranza sfruttatrice, disonesta e molto più sveglia.
Credo non sia necessario il parere di qualche sedicente “esperto” visto alla TV, per accorgerci che siamo a un passo da un baratro esistenziale. La sensazione di accelerazione che percepiamo e la pressione inaudita a cui oggi è sottoposta, senza eccezioni e su più fronti, l’intera comunità mondiale, sono tra le avvisaglie più evidenti che questi sono i tempi finali, la “fase acuta” di un’era e quindi di un comportamento, che ha ormai compiuto il suo ciclo. Tutto quello che sperimentiamo, compreso il nostro umore di oggi, viene condizionato in qualche modo anche da influenze esterne, poiché tutto è interconnesso a tutto. Ciò che stiamo vivendo, in piccolo come in grande, è assolutamente necessario e dipende della stupefacente perfezione che regola l’inarrestabile evoluzione dell’Universo. La società di oggi promuove la competizione a discapito della collaborazione ed è pertanto diventata insensibile ai problemi comuni. Protesa verso un mondo di piaceri effimeri, fatto di intrattenimento e banalità, non è più in grado di riconoscere cosa è importante per la collettività e cosa non lo è. La gente, isolata nel proprio dramma personale, non può che attendersi che qualcun altro pensi per lei, dopotutto cos’altro potrebbe fare immersa com’è nel caos dei propri impegni quotidiani, se non addirittura concentrata esclusivamente a sopravvivere. Impegni che, mediamente, ben poco hanno a che fare con la totalità e la realtà potenziale di cui tutti gli uomini potrebbero essere artefici. Il Sistema si è strutturato e prospera grazie a tendenze e obblighi ben congegnati, con lo scopo di umiliare la nostra eccellenza, di occupare e surriscaldare la mente per impedire alla coscienza di emergere e riprendere le redini. L’umanità, intimidita e confusa, ha così ingenuamente integrato nella propria cultura l’imposizione del lavoro, del debito, della tassazione, delle classi sociali, delle religioni, della burocrazia, della politica corrotta, della violenza, senza preoccuparsi troppo degli effetti collaterali, badando solo a ciò che concerne il proprio piccolo mondo personale. La maggioranza delle persone possiede idee preconfezionate e preferisce parteggiare per chi millanta potere, nella speranza di ottenere qualche privilegio o di poter far parte un giorno di quella stessa “cerchia ristretta” che l’ha privata di ogni facoltà. Un simile conformismo, alimentato dalla paura e dall’egoismo, non può certamente essere sano, un simile pensiero non può che portare alla mancanza di fiducia in se stessi e nel prossimo, all’atrofia dei propri valori e all’incapacità di soddisfare le proprie reali necessità. Ed è questa inettitudine che procura i “mali” che in gran parte ci affliggono. Un conformismo dannoso dovuto ad un lento condizionamento che, subito fin dalla nascita, rende “normale” e sopportabile qualsiasi abuso. Un’umanità triste, dove l’unica cosa importante diventa l’essere lasciati in pace con i propri fardelli, tra inutili vizi e false convinzioni, per continuare con rassegnazione la corsa verso il “baratro”… senza nemmeno contemplare possibili vie di fuga. Ma com’è nato il Sistema? Si è forse creato da solo, senza un ordine, per effetto delle selvagge leggi della natura, oppure lo ha creato l’uomo, intimamente malvagio e incapace di reprimere il proprio lato oscuro? Riflettendo capirete che l’essere umano non è fatto per questo genere di vita, ma è stato costantemente analizzato, controllato e indotto con il raggiro a fare le scelte sbagliate e meno vantaggiose per se stesso.Da “chi” potrebbe essere complesso spiegarlo con precisione ma, volgendo lo sguardo al passato e “unendo i puntini”, possiamo vedere come il disegno attuale sia il risultato di una serie di eventi che ciclicamente si ripresentano con intensità crescente. Mi riferisco agli innumerevoli tentativi di manipolazione, da parte di una minoranza elitaria che detiene il sapere ai danni di una maggioranza, mantenuta nell’ignoranza e indottrinata all’obbedienza.Una consuetudine che fin da tempi remoti ha caratterizzato la nostra storia, trascinandosi fino ad oggi. Con attacchi sempre più serrati, i governanti dei nostri giorni, stanno davvero bruciando le tappe per demolire la democrazia e concentrare ufficialmente e definitivamente il potere globale nelle loro mani. Per poterlo fare in modo impercettibile agli occhi dei più, si avvalgono di raffinati espedienti, di cui spesso infatti non siamo consapevoli. Ad uno sguardo superficiale, tutto appare normalmente gestito da un cinico “buon senso” e dall’ineluttabilità di eventi apparentemente casuali, ma guardando più attentamente, possiamo facilmente notare l’esistenza di un ordinamento e di una strategia ben definita. Semplificando, si può vedere, ad esempio, come le grandi corporazioni industriali abbiano ottenuto il controllo del mercato, dell’informazione e di altre aree utili. Simili gruppi sono spesso utilizzati come mezzi con cui esercitare pressione su più livelli e in più ambiti sociali.Addentrandosi maggiormente, si scopre che ai piani superiori operano diverse “società” che, più o meno segretamente, si garantiscono il loro interesse contando sulla presenza di “personale strategico” opportunamente inserito in qualsiasi istituzione di rilievo. Ancora più in alto, ad un qualche livello di supremo potere, un manipolo di potenti sovrintende probabilmente le stesse società e decide l’andamento delle cose.A chi o a cosa si rifacciano questi individui non è del tutto noto, ma pare abbiano un’agenda precisa da rispettare e con cui sono certi di raggiungere il loro scopo: la morte della coscienza e in definitiva di tutto ciò che può rendere diverso il genere umano dal comune bestiame. Una visione decisamente desolante, soprattutto se si pensa che, per meri fini pratici, il piano per la sua realizzazione prevede come punto fondamentale una drastica riduzione della popolazione mondiale. Il tempo della sudditanza è però agli sgoccioli e presto dovrà lasciare il posto a quello della condizione che ci spetta di diritto. Con l’entusiasmo di chi sa di avere un compito importante, uomini e donne, si sono battuti e si battono per portare la verità in superficie. Il loro messaggio è per alcuni incomprensibile e inutilmente ripetitivo, per altri illuminante e oggi più che mai appropriato. Sono persone che si sono accorte del loro valore, che hanno ampliato il loro punto di vista e si sono, per dirla in breve, “risvegliate”. La verità che diffondono, è che l’uomo ha tutt’altro destino e che qualcuno vuole precludergli la possibilità di evolvere per spegnere la sua forza vitale, per renderlo irreversibilmente schiavo nel momento più importante della sua intera esistenza. Ma la soglia di tolleranza è stata abbondantemente superata e i futuri traumi agiranno da catalizzatori per le coscienze, riportando l’equilibrio e decretando l’inizio di una nuova era in cui l’uomo sarà finalmente desto e non accetterà più di essere manipolato. Insomma, siamo nel posto giusto al momento giusto!Parlano soprattutto di questo le profezie che vedono questi anni di tribolazione come la fine di un’era, non certo dell’estinzione dell’umanità. Parlano di una nuova “età dell’oro” che vedrà l’uomo in comunione con la spiritualità e non più con la materialità. L’Universo in tutte le sue espressioni è vita, è coscienza, è trasformazione e non esiste per distruggere se stesso, ma per espandersi con armonia. Se proprio di fine vogliamo parlare, allora sarà la fine dell’uomo duale, dell’uomo impaurito, dell’uomo ignorante. Sarà la fine di un lungo oblio che porterà la consapevolezza di ognuno a maturare per dar luogo a un nuovo paradigma. Comprenderemo finalmente chi siamo e dove stiamo andando, ma il buon esito della prova dipenderà da noi e dal coraggio che sapremo dimostrare nel trascendere i vecchi schemi che ci incatenano. Lo scatto evolutivo a cui siamo prossimi, sarà sicuramente accompagnato da molta confusione e coinvolgerà la Terra con tutti i suoi elementi, così come ogni singolo essere. Questo “rinascimento” sarà tanto traumatico quanto inatteso e non tutti parteciperanno allo stesso modo al suo compimento. La comprensione degli eventi sarà infatti prerogativa solo di chi avrà già raggiunto una certa sensibilità e pertanto il passaggio alla nuova consapevolezza sarà impegnativo funzionalmente al livello acquisito. Dopo una lunga repressione non può che rafforzarsi l’ideale di libertà, così come ad una contrazione succede naturalmente un’espansione, e questo sarà il punto di partenza per il grande cambiamento che molti intraprenderanno e realizzeranno. Ci aspetta un duro lavoro per ritrovare il potere in noi stessi, perché per farlo è necessario domare la nostra mente e mantenere una salda intenzione ma, quando ognuno avrà portato il suo contributo all’evoluzione, imparando a riconoscere e ad ascoltare l’essenza che lo sostiene, l’Universo gliene sarà grato, donando se stesso e tutti i suoi segreti



mercoledì 25 agosto 2021

I CAMMINI DELLA TIGRE

Mi rifaccio al correlato articolo sul mio blog “Unasolidainsicurezza.blogspot.com” dal titolo “Intrepidi tigrotti” dove manifestavo la mia apprensione dovuta alla constatazione di trovarmi immerso, io e ovviamente tutta l’ umanità che ha avuto la disgrazia di entrare in questo secondo decennio del terzo millennio, nella fase di quella che tutti i più antichi testi, sia occidentali che orientali, e i pensatori più profondi, tipo Evola, Guenon, Fulcanelli, Avalon, Eliade, etc. concordano nel definire l’ultima e di estremo degrado dei cicli della storia dell’umanità : età del ferro (non più un metallo nobile naturale come l’oro, l’argento e il bronzo, ma una mescolanza impura, una lega, un miscuglio e non solo di metalli) o “dei servi” per Esiodo e la tradizione occidentale, il Kali’ Yuga, ovvero il principio di un materno ancestrale tellurico, con prevalenza di forze oscure per la tradizione orientale. Ad una riesamina più attenta e approfondita non sfugge che, non è che tutto questo orrore si sia palesato all’improvviso, nei primi mesi del 2020, con la farsa di una pandemia totalmente inventata, ma ha inquietanti precedenti in perlomeno settecento anni di cosidetta storia, che hanno le stesse peculiarità dei meccanismi di diffusione del momento attuale (la immotivata paura di un  morbo il cui contagio e letalità sono quanto mai gonfiati e manipolati, l’adozione di sempre più gravi provvedimenti lesivi della libertà individuale, un supporto sempre più marcato dei mezzi di diffusione di massa totalmente asserviti al potere vigente che, attenzione con il prevalere della classe dei mercanti  ovvero  la protagonista della cosidetta età del bronzo che  ha soppiantato quella d’argento dei guerrieri  (ideale olimpico e continuità greco-romana) ha sconfitto i tentativi di ritorno di pochi “eroi”  (l’idea di ritorno al Sacro Romano Impero, da Carlo Magno a Federico II, la coralità espressiva della Cattedrale come summa delle esperienze individuali, il Poema di Dante Alighieri) proprio grazie ad una prima manifestazione di pandemia, quella del 1348 che ha permesso l’insinuarsi di un individualismo egoico e strumentale fondato su di un giudizio di assolutezza sulla bontà di un procedimento totalmente non verificato come l’ordine classico degli antichi - un po’ a stracca riproposizione del “concetto “ di Platone, quell’ “uno che sta per molti” origine di tutti i dualismi sul merito delle cose del mondo ovvero il giudizio su ciò che vale e ciò che non vale –  e affidato  non a meccanismi di effetto/risultato in fieri quale appunto era lo stile romanico e gotico delle Cattedrali, espressione di tutta una comunità, ma per la prima volta ad un espediente tecnico, una invenzione in grado anche di anticipare gli effetti visivi della costruzione: la prospettiva. Tutto il mondo venuto fuori da questa “rivoluzione” che doveva elidere e anche liquidare l’intera esperienza medioevale come dominata da ignoranza e immersa nelle tenebre della superstizione, restava affidato a questo giudizio di merito su una “reductio” quale l’ordine classico non verificato imponeva, strettamente correlato ad un fattore squisitamente tecnico, anzi tecnologico, quale la prospettiva formalmente  rappresentava . Quindi ecco contemplati i settecento anni di cammino all’indietro per pervenire al quasi inizio della distopia, una sorta di “integrale sui cammini” di Feynman dove ci siamo andati a circostanziare su di un percorso all’indietro della particella o del flusso, fatti passare per una delle due fenditure dove abbiamo cominciato a calcolare l’integrale composto sia di numeri reali che di immaginarti (proiezioni di negativi) Ho detto di “quasi” inizio, perché in realtà   ho preso in esame  sostanzialmente una sola età di quelle elencate dalla teoria dei Cicli, quella del bronzo  (o acciao) , l’età dei mercanti ovvero del predominio economico e del principio del baratto e poi dell’accumulazione di denaro è il leit motive del suo svolgersi. L’età dei mercanti sta alla base della liquidazione definitiva dell’età dei guerrieri (la tradizione greco/romana) e di quella di tentativo di recupero degli eroi (il medioevo con il Sacro Romano Impero , le caste e la tradizione corale) e proprio la recente anzi quotidiana distopia che stiamo vivendo ne rappresenta per così dire l’epilogo : il passaggio ad una età dove ai pochissimi magnati che hanno accumulato buona parte di  tutto il denaro del mondo, (le lobbies farmaceutiche con il loro terrorismo mediatico sanitario diffuso a bella posta grazie al servilismo della loro faccia nascosta quella di un buonismo sinistrorso e il mercimonio dell’informazione  rappresentato dai cosidetti Media ) fa riscontro una massa  spaventata e ignorante pronta a farsi ridurre allo stato di Servi. La mia preoccupazione e inquietudine e’ data appunto dal riscontrare come questa tabella di marcia dell’iperpercapitalismo consumista e comunista, stia procedendo col vento in poppa e giustappunto mi rivolgevo ad un saggio di sicura affidabilità quale il Cavalcare la tigre di Julius Evola per trovare indicazioni sul da farsi in questi tempi oscuri. In tale articolo ne è scaturito appunto su consiglio di Evola, questa antica formula dello Zen giapponese ed in genere della cultura orientale più che occidentale, riflessa anche dalla parole del dio Krisna al guerriero/eroe Arjuna  nella  Baghvadad Gita: adattarsi, non affrontare direttamente l’avversario:  Le forze nemiche sono troppo forti, quindi non conviene contrapporglisi contro in maniera diretta, per il momento glissare, ma nel contempo mai dismettere l’azione, agire d’astuzia e mostrare quel tanto di ardire per montare su il dorso della tigre, come dei tigrotti più intrepidi.  Questo consiglia Evola nel suo “Cavalcare la tigre” in questo tristissimo periodo  laddove nel mio caso lo studio, l’analisi, senza ricercare assurde compensazioni dialettiche alla Hegel o alla Marx (non solo ronzini, ma anche cialtroni della filosofia e della economia), l’approfondimento, la verifica, l’apertura alle tesi più ardite, si rivela nel dettaglio di un calcolo che ha i tratti del calcolo infinitesimale e  che ho definito narcisistico in quanto passante in rassegna tutte le componenti di un integrale sui cammini, proprio come quello individuato da Feynman . Per il chiarimento di ognuno di questi “cammini “si profilano magari non solo come integrale, ma anche  come limite e come derivata, per cui affrontando il tutto da un punto narcisistico si profila l’occasione di pervenire con maggiore precisione e chiarezza ad una loro rappresentazione Ho manifestato il sospetto che ad ogni cambiamento epocale di ciclo, o era, o età, come la si voglia definire,  corrisponda una qualche improvvisa e quanto mai roboante malattia che colpisce l’intera comunità. Le ragioni di tale manifestazione possono essere spiegate razionalmente ma solo fino ad un certo punto,  difatti nella seconda fase di quella del primo contagio  assistiamo in genere al passaggio da una fase di affezione di tipo dermatologico- esempio più marchiano  la peste bubbonica del 1348,  ad una di tipo polmonare che si rivela estremamente più letale, come in effetti successe nei due anni successivi  (impressionanti sono gli  addentellati con la seconda  Legge Biologica di Hamer, quella delle due fasi , attiva o simpaticotonica la prima, risolutiva o vagotonica la seconda) L’affezione del derma ha una spiegazione abbastanza logica, sempre restando alla grande pandemia di metà trecento, dovuta all’inurbamento delle città a causa della spopolazione delle campagne motivata da una micidiale carestia della metà degli anni quaranta e anche da oggettivi fatti di disagio tipo guerre, assedi, che aveva quindi spinto la popolazione delle città a vivere molto più ammassata con collasso delle misure igieniche, ma quella delle vie aeree del corpo, polmoni, bronchi, alveoli  ????
Sempre da Hamer traiamo l’assioma che ogni affezione del corpo ha la sua ferrea motivazione: così il bubbone
  rappresenta un forte disagio della vita fattasi improvvisamente di troppa comunanza, ma la tosse, la malattia polmonare, che è tra l’altro molto più letale, anzi è proprio quella che nel 1340, ma anche a Roma nel 1528 ,dopo il Sacco della città da parte dei Lanzichenecchi,  nel 1630 dopo la lunghissima guerra dei trent’anni che si era particolarmente sentire nei Ducati lombardi di Milano, Mantova e in genere dell’Italia Settentrionale ????? la matrice della malattia dell’apparato aereo del corpo è sempre uno : la paura. Paura! che ha si elementi oggettivi, ma anche la peculiarità di poter essere facilmente indotta, creata a bella posta, per favorire certi interessi che stiamo pur sicuri… ieri come oggi, non sono mai a favore del popolo e della povera gente, ma sempre e solo di chi detiene il potere ed è in grado di esercitarlo facendo leva su volenterosi “cavalier serventi” che si prestano a far da diffusori di tale paura.

sabato 14 agosto 2021

LE CATTEDRALI NON SONO SOLO BIANCHE

 

Non crediate che per me antico studioso di arte, e entusiasta seguace del Classicismo nel suo trascorso pluri secolare,  fanatico di Brunelleschi, di Michelangelo, di Bernini, allievo di Manfredo Tafuri e come ho riportato in più di un articolo sul presente blog, convinto assertore di originali teorie di eziologia di tale movimento (giustappunto quello della grande epidemia del 1348 come causa prima dell’emergere dell’ordine classico  come principium individuationis dell’intero processo) sia stato facile attraverso questo ri-approccio  dell’opera di Evola “rivolta contro il mondo moderno” e ri-assunzione attraverso una ridda di conoscenze intese come ulteriori possibilità da integrare, che richiamano il più volte citato “integrale sui cammini” del fisico quantista Richard Feynman, pervenire ad un giudizio diametralmente opposto, come non solo Evola ma tutto il pensiero di una destra che a me è stata sempre intimamente congeniale (Guenon, Spengler, la Thule, Drieu de La Rochelle, Mircea Eliade, Pound, etc.)  palesano insistentemente, ovvero una rivalutazione incondizionata della coralità medioevale come summa di esperienze  e la “Cattedrale bianca” di Le Corbusier, come integrale privilegiato sui cammini della vera conoscenza  e una parallela critica feroce del movimento dell’Umanesimo e poi Rinascimento, infine Barocco, fino alla sua stracca  e oramai normata ripetizione del Neo-classicismo come “reductio” dedotto dall’adozione di un codice imprecisato. Reductio a cosa? Riduzione come involuzione, ben evidenziato dalla Teoria delle Quattro età del mondo (una idea come abbiamo detto non certo del solo Evola)  che contrariamente alla storiografia moderna  individuano non un antico e indefinito passato  di bruta animalità, ma piuttosto una vera e propria età dell’oro, con tratti talmente fantastici da apparire mitica, passata a livelli sempre inferiori fino a quello finale  di una età detta del ferro  che produce solo mercanti e servi  Ecco giustappunto il mondo moderno di  Evola in primis, ma  con il pieno contorno e sugello  di tutti  autori citati  e anche molti altri non citati che concorrono in soggettiva a tale nuova e antica concezione/conoscenza: Mi scuso per alcune  ripetizioni, e  chiedo venia al mio non occasionale lettore di tutta questa serie di articoli di blog, ispirati da la più volte citata opera,  ma questo e i precedenti scritti, diciamo, in presa diretta, vanno intesi come intento di pervenire a nuove modalità di apprensione (dico non a caso apprensione e non apprendimento, in quanto da intendersi nel doppio significato semantico  del termine) Ho fatto cenno di una convergenza che si applicherebbe a quella prima età dell’oro nella tesi del libro di Julian Jaynes “il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza”che potrebbe identificare quella prima fumosa indistinta consistenza di tratti decisamente mitici quasi fantastici, addirittura in una diversa modalità del funzionamento del cervello umano, quasi a somiglianza di un esperimento di doppia fenditura della fisica quantistica, ma anche a diversi principi come quello di  Indeterminazione di Heisenberg e di Complementarietà di Bohr, dove per spiegare alcuni fenomeni  apparentemente impossibili bisogna far ricorso ad una diversa modalità di intendere  tali fenomeni (particella o flusso? Essere o divenire?): nella fattispecie della indicazione di Jaynes : non la coscienza intesa come derivato del linguaggio articolato e quindi vincolata da meccanismi metaforici, di rassomiglianza tra una cosa non conosciuta e una conosciuta che opera da referente,  ma piuttosto quella mente bicamerale di cui possiamo ravvisare ben poco e sempre solo per indizi metonimici , di trasferimento e non di condensazione un po’ come l’inconscio scoperto da Freud e perseguito solo da un esiguo numero di continuatori  (Lacan, Mattè Blanco)  che opera per simmetria, saltando il significato per ricercare significanti. Ma a questo punto gioca un altro contingentissimo fattore : la pressione indotta dall’attuale momento storico (secondo decennio del terzo millennio)  che vede il mondo avviarsi quasi (sottolineo quasi) improvvisamente, con i meccanismi di controllo e paura indotta da una supposta pandemia, verso la conclusione ultima di un processo metastorico, identificabile drammaticamente nell’ultimo passaggio delle età del mondo , quello dell’età del ferro per la cultura occidentale, quello del Kali Yuga per la cultura orientale, in cui i “mercanti” concentratisi in pochissimi individui, una sorta di oligarchia elitaria di stampo però solo mercantile,  sta cercando di ridurre la stragrande della popolazione mondiale allo stato ultimo di “servi” ; un processo appunto a rileggere Evola e compagnia, di carattere sopra storico e  indiziario con tutta una serie di riscontri, di cui il più macroscopico risulta appunto quello della repentina fine della coralità medievale e l’apparire improvviso di un Umanesimo, per molti versi misterioso e come indotto artificialmente e volontariamente  da parte di una cricca identificabile nei mercanti,  sulla scena del mondo.  Sottolinea Evola che la prima forma di apparire di tale Umanesimo, al di là degli schemi arbitrariamente sottratti al mondo antico  è quella dell’individualismo, un individualismo però di tecnica e di merce, non certo di spirito e di tradizione  come quello che era stato tentato proprio in età degli eroi nel periodo medioevale, ricorrendo ad una grande idea sovra individuale come l’Impero da personaggi come Carlo Magno,  Federico II , i Re teutonici , la coralità delle esperienze  stigmatizzata dalla Cattedrale e tradotti in costrutto conoscitivo dall’Alighieri nella sua Divina Commedia. Non nego che a questo punto v'è anche da considerare  la misteriosa figura di Fulcanelli (come è noto nessuno è mai riuscito a verificare la sua identità  e in tal senso si sono fatte le illazioni piu' esasperate:  di certo siamo in presenza in pieno XX secolo  di un autore di libri di alchimia il cui pseudonimo utilizzato è formato dall'unione delle parole Vulcano ed Helio, due elementi che rimandano ai fuochi alchemici) e il cui libro più famoso "Il mistero delle cattedrali" pone giusto l'accento su tale manufatto visto come coagulo di tutte le istanze di cultura altra, a carattere mistico/esoterico che risale appunto al Medioevo e che informa come ulteriore "cammino" anche il cammino iniziatico dell'alchimia, un ulteriore apporto verso la comprensione di un periodo storico, o diciamo che stiamo cercando di di storicizzare, ovvero la coralità medioevale in rapporto con  una nuova modalità di presenza al mondo, fondata non sulla coralità , ma su di un  individualismo che l'Umanesimo pone  come costruzione di un nuovo “centro”, del tutto illusorio e come pretesa prevaricatrice  di un IO che ricerca costruzioni  veloci e di adattamento  tramite opere  di facoltà intellettuali  che si traducono in prassi  tramite “riductio” e scelte meramente tecniche e di convenienza, in sintesi una qualcosa che non appartiene più all’Essere, ma al divenire .”Da qui” dice ancora Evola “un radicale irrealismo, una radicale inorganicità in tutto cio’ che è moderno : all’interno come all’esterno , nulla ha più a che fare con la vita , tutto diviene costruzione . Si apre con l’Umanesimo e verrà sempre più rafforzato con il Rinascimento, con il Barocco e anche con il neoclassicismo, che apparentemente ne chiude il ciclo,  un processo  che aprirà la via a tutti i parossismi, a tutte le smanie innovatrici che sostituiscono allo Spirito l’immagine di uno spirito, alla Storia l’immagine di una storia , assumendo di volta in volta gli aspetti di uno degli scibili in cui viene frammentata l’esperienza umana. La formula che dà credito a tale processo è quella di identificare il reale nel razionale e il razionale nel reale, una illazione del tutto arbitraria e quanto mai lontana  dalla verità, che costituisce la quintessenza dell’irrealismo del filosofo più falso, più pretestuoso che aveva riconosciuto in  un volgare impostore,  un uomo meschino e portato ai più biechi compromessi, un mercante con la pistola,  l’incarnazione dello Spirito della Storia. Con questo tipo di individualismo  che si autotitola “idealismo critico” ogni consapevolezza di un mondo diverso, un mondo dove alberga lo spirito del passato, della tradizione financo di un sopramondo, va perduta  e resta ben intesa solo la visione materiale delle cose; tutto il mondo viene visto come esteriorità e come fenomeno, la realtà, una volta che per statuto è definita razionale, diviene sinonimo di materialità e la cosidetta scienza si appropria di tale concezione occupandosi solo di cose fisiche  che alla fin fine si esauriscono in una costruzione che non è piu’ sintesi  di intuizione , ma solo sforzo di facoltà materiali, sicche’ all’avvento di questo razionalismo che Hegel identificherà tout court come reale,  fa seguito lo scientismo che segna fatalmente l’avvento  della tecnica e della macchina  che diviene il vero paradigma dell’età moderna : mercanti e tecnocrati preparano il passaggio alla triste età dei Servi. Ecco, in ultima analisi la grande paura personale che va prendendo sempre più piede in questa angosciosa epoca del terzo millennio,  dopo 18 mesi di questa farsa che contro ogni raziocinio, contro ogni logica, contro ogni barlume di intelligenza e senso critico, sta affermandosi pel mondo intero:  paura che la profezia delle Quattro Ere di Esiodo, dei cicli dello Yuga indiani, e  di tutte le antiche  culture, approfondita da grandi veri pensatori e non da ronzini della conoscenza tipo Hegel , Marx, Popper, si stia effettivamente realizzando sotto i nostri occhi. E’ un nefando procedere che come abbiamo avuto modo di constatare non parte da oggi e neppure dall’inizio di questo terribile millennio, parte da molto,  molto più lontano : da Pasteur e i suoi microbi assassini e il patrocinio di Rockfeller ai farmaci e ai vaccini ? = più lontano! parafrasando il giochetto dell’infanzia : acqua, acqua; parte dall’idiota formula Hegeliana “ciò che è reale è razionale” e viceversa o  magari da quello “spirito della storia” incarnato da un mediocre generale e gonfiato da mass media ante litteram?  = acqua; parte dalla Rivoluzione francese  e dai supposti propositi di eguaglianza? = ancora acqua;  dallo scientismo  e dal meccanicismo della Rivoluzione Industriale ? = fuochino . Oh cavolo! siamo al fuochino, ma il fuoco???, l’epicentro della crisi dove sta? Ancora più indietro… eh si sembra proprio che ci avviciniamo, ma dobbiamo retrocedere ancora , un secolo, due , tre, addirittura quattro e ci ritroviamo alle soglie di quel capovolgimento radicale di impostazione epocale segnato appunto dalla sopracitata  fine della coralità medioevale a favore di un movimento definito Umanesimo  fondato su di un atto arbitrario di scelta di un  discutibilissimo codice (quello di un passato estraniato da ogni realtà e privo di qualsivoglia verifica  come l’ordine cosidetto classico ) da adottare con urgenza e anche indifferenza ai vari aspetti di una realtà in rapido cambiamento . Torniamo così alla  tesi di Manfredi Tafuri del Classicismo come risultato di uno spopolamento  dovuto ad un fattore contingente esterno di grande impatto come la grande peste di metà del Trecento. Una tesi che fino a poco fa condividevo appieno anche io: ma attenzione!!! se vogliamo  scottarci le dita nelle fiamme,  per  approfondire ancora un tantino e subito dopo ritrarle e trarre nuove considerazioni, dobbiamo ancora andare un tantino indietro . Proprio sicuri che tutto sia stato dovuto ad un fattore casuale ma anche naturale, sia pure con tutta una ridda di spiegazioni/interpretazioni (carestia, guerre, spopolamento delle campagne, inurbamento delle città, collasso del sistema igienico sanitario ) degli anni precedenti l’esplodere del morbo come una pestilenza?  Fino a ieri, prima di questo ripresentarsi, dopo  settecento anni, di una condizione molto similare, in effetti si: certo solo gli imbecilli o i collusi e servi delle lobbies  medico/farmaceutiche hanno creduto e credono ancora ai pidocchi, alle pulci, ai topi, o anche ai pipistrelli o alle scimmie  come causa del morbo . Claude Bernard ai primi dell’ottocento era stato chiaro e lapidario “il microbo è niente, il terreno è tutto, ma più della intelligenza e del sapere potè il danaro (non a caso siamo sempre nell’era del dominio dei mercanti) e così si trovano sempre sedicenti studiosi più accomodanti, di cui l’esempio più calzante, che li riassume tutti è proprio Louis Pasteur, per sconfessare ogni raziocinio, ogni ricerca sensata e imporre il diktat, quello che i finanziatori dei farmaci, dei vaccini, i vari Rockfeller, Rotschild, Carnegie, per arrivare anche ai nostri giorni con altri loro adepti Gates, Soros, Fauci, hanno bisogno per  perseguire il loro mercimonio : un microbo colpevole. Ieri il batterio, il fungo, il micobatterio, il vibrone, dopo un po’ addirittura un qualcosa che non si può vedere, ma solo ipotizzare ed eleborare in vitro con scansioni computerizzate: il virus. Oggi però che siamo dentro alle fiamme, siamo altro che “al fuoco, al fuoco”  qualche  domandina viene da farsela : la rassomiglianza tra la società di metà del trecento e quella di oggi è piuttosto inquietante:  due periodi di passaggio di epoche, per dirla con Evola , dall’eta’ degli eroi,  che nel periodo medioevale avevano tentato di far ritorno se non proprio all’età dell’oro, perlomeno a quella dei guerrieri cioè l’eta’ d’argento, ovvero il Sacro Romano Impero, il ricorso alla sacralità, allo Spirito, alla tradizione, contro la mercificazione dell’età dei mercanti con il  loro umanesimo mercantilista, quel falso individualismo e il prevalere di una mentalità bottegaia, il tutto avallato da opportuni strumenti tecnici come la prospettiva, al passaggio che tali mercanti, rappresentanti dell’età del bronzo, divenuti pochissimi (monopolio del capitalismo) cercano di imporre alla totalità della popolazione e quindi realizzando l’ultima delle ere quella del ferro ovvero “dei servi” Allora la mia domandina e’ la seguente : se oggi è quanto mai palese che il pretesto di un inesistente virus, con relativa diffusione di immotivata paura  è utilizzato come una sorta di cavallo di Troia per far traghettare l’umanità allo stato di servi, non potrebbe essere che già settecento anni fa, gli antenati di quei pochissimi magnati tipo Rotschild, Rockfeller, che magari si chiamavano  Medici, Chigi, ma che oggi come ieri  tiravano le fila delle cose del mondo, abbiano pensato che potevano sfruttare a loro favore, una affezione che stava  cominciando a diffondersi nelle città inurbate fino al collasso per causa di una precedente carestia che aveva spopolato le campagne?  Attenzione la cronologia della epidemia del 1348 dice che solo la seconda ondata del morbo  fu estremamente letale, non quella iniziale detta peste bubbonica che consisteva in pustole che si formavano sul corpo a somiglianza di una psoriasi e di una lebbra (tipiche affezioni dermatologiche dovute ad una stretta comunanza di corpi in ambienti ristetti e scarse condizioni igieniche ). I morti quelli veri, tra l’altro , secondo me, gonfiati in modo abnorme,  si cominciarono ad avere solo quando la affezione dal derma cominciò a passare ai polmoni, alle vie aeree: questa e solo questa è “la peste nera”  che provocò tante vittime: un qualcosa che somiglia tanto ad una polmonite curata tra l’altro malissimo,  nel XIV secolo come d’altronde oggi nel  XXI (un’altra considerazione i numeri sono sempre esageratissimi, chi dice venti milioni di morti, chi quaranta, ma più che ai numeri, sempre a somiglianza tra lo ieri e l’oggi e tutti i periodi intermedi con altre epidemie, (quella di Roma del 1528 a seguito del famoso Sacco dei Lanzichenecchi, quella del 1630  dopo la Guerra dei 30 anni, quella della cosidetta “spagnola” dopo la prima guerra mondiale) c’è sempre la curiosa tendenza  all’iperbole ovvero a metafore  non direttamente collegate ad un referente di riscontro, ma ad una esagerazione di carattere emozionale, spesso e volentieri solo verbale, e non corredata di alcun dato preciso, in grado di colpire veementemente l’opinione pubblica specie quella meno informata e più ignorante, quindi più impressionabile “ il mondo si è dimezzato” “la tal città si è ridotta di oltre la metà”“muoiono come cavallette””ci sono stati più  morti in un anno, che tra tutti i reparti combattenti di ogni nazione belligerante nei 5 anni dell’intero conflitto (quest’ultima a proposito della Grande Guerra del 1914_18) “ Orbene vai a spiegare alle masse spaventate dalla diffusione del terrore mediatico di tipo sanitario  che quando si fanno questo tipo di associazioni è sempre perché non si dispone di dati certi (o non se ne vuole disporre) , in relazione poi all’ultima iperbole che avanzerebbe pretese di tipo statistico  ebbene basta soffermarsi un tantino su tali indici di riferimento per scoprire la magagna = ogni nazione belligerante avrà impiegato in reparti combattenti una media del 3%, massimo 4%  della sua popolazione , moltiplica tale percentuale per gli anni di guerra, e il dato confrontalo con la mortalità di un solo anno    ma dell’intera popolazione di una data nazione , per di più provata da anni di  guerra e quindi di disagio, malnutrizione, paura, preoccupazione, indigenza,etc. Ho fatto più volte cenno in questo e nei precedenti scritti su questo tema, al ricorso a parallelismi con il calcolo infinitesimale  con limiti, derivate e integrali ottenuti anche con numeri immaginari (proiezioni di numeri negativi) ed anche a vari effetti e principi della fisica quantistica tipo entenglement, doppia fenditura, indeterminazione, complementarietà, relatività e soprattutto ad uno speciale “integrale” elaborato dal grande fisico Richard Feynman detto “integrale sui cammini”
che definisce tutte le possibilità di percorso di una data particella o flusso, fatti passare per una doppia fenditura: ebbene nella riesamina delle vicissitudini di una pandemia, siamo grosso modo nella stessa situazione : può essere questo, ma può anche essere quello. L’integrale sui cammini che si può evincere in un calcolo a ritroso nel 1348,
  come in uno di oggi nel 2021, riguarda la possibilità che tutto l’ambaradam sotteso ad una certa emergenza, strombazzata fino all’esasperazione,  sia sotto sotto, un espediente con cui una classe dominante di pochi vuole accelerare un cambiamento indirizzandolo verso i propri interessi che sottendono nuove finalità. Non a caso la classe che sovraintende ai suddetti eventi, sia quello del 1348, sia quello di oggi, è per statuto quella denominata dei “mercanti” in settecento anni ovviamente evolutasi, da banchieri bottegai che tuttavia prestavano soldi a Re, Principi, Signoria, alle moderne lobbies industriali di oligopolio capitalista, digitali e ipertecnologiche  a prevalenza di stampo medico/sanitario, in quanto più  facilitate a servirsi della paura come metodo di convincimento da diffondere con i capitali oramai quasi inesauribili del loro mercimonio. Detto in parole povere, io credo che tutte le epidemie della storia, siano state in realtà sempre e solo un espediente delle classi dominanti per portare il mondo sui binari del loro interesse: l’umanesimo, il codice classico ieri, la “reductio” della norma e della tecnologia nei secoli successivi  ed infine oggi  la digitalizzazione della intera umanità, laddove l’invenzione di un morbo e di un contagio generalizzato,  poggiante solo su iperboli indefinite, è finalizzato ad un “great reset”  corrisponde in tutto e per tutto all'ultimo 
passaggio delle età del mondo, quello non più assimilabile ad un metallo puro , ma ad  una lega come il ferro che non ha più alcun riferimento alla natura delle cose, ma solo ad un espediente  di commistione, dove ai pochissimi che tirano le fila (e che le hanno tirate diciamo perlomeno da settecento anni) si sottopongono le sterminate masse di una umanità informe oramai equiparata allo stato di “servi”

IL RISVEGLIO DELLA RAGIONE NEL FUTURO ANTERIORE

  Io un buon libro di di saggistica lo leggo mediamente dieci quindici volte, con punte di oltre cento e magari duecento, per saggi davvero ...