Per ogni ciclo o età del mondo si è cercato di trovare qualcosa di corrispondente (i guerrieri e l’argento per la grande stagione greco/romana fatta di olimpici, epiche battaglie (Termopili, Maratona, Alessandro il Grande, formazione di un grande Impero con personaggi d’eccezione tipo Giulio Cesare, Augusto) i mercanti e il bronzo, con il loro rintuzzo di “eroi” da Carlo Magno a Federico II e la grande stagione della coralità medioevale, fino al precisarsi della vocazione bottegaia e commerciale nel corso di sette secoli, e la minaccia di essere pervenuti all’ultima era, quella del ferro e della definitiva divisione in pochi magnati (i mercanti evolutisi ) e servi, si è fatta la inquietante scoperta che ad ogni cambiamento o passaggio epocale fa riscontro un qualcosa di “indotto” non naturale, ma fortemente pilotato, giustappunto di questa classe di mercanti, si da imporre la propria concezione di servilismo al resto della popolazione mondiale. Un qualcosa che ha inquietanti rassomiglianze nel corso del tempo appunto degli ultimi settecento anni, e che proprio la recentissima e coeva farsa di un supposto micidialissimo virus con relativa inesistente pandemia ha riportato drammaticamente in evidenza, fornendo la oramai lampante prova che quando quei famosi mercanti hanno convenuto di operare una accelerazione ai loro piani di assoggettamento delle masse si sono serviti di tutto il loro potere per provocare guerre, carestie, disagi di varia entità, ma soprattutto, vera e propria ciliegina sulla torta, di una malattia o morbo elevata al grado di pestilenza, e quindi di pandemia, che fosse in grado di catalizzare tutta la paura del cosidetto livello di immaginario collettivo delle genti. E’ per questo che ritroviamo una malattia e quindi il suo innalzamento a livello di pandemia, ogni qual volta ci sono stati davvero cambiamenti epocali: tutti gli strumenti di informazione e di diffusione di massa sono stati impiegati per convincere il più possibile la popolazione, così se prima era solo un sentito dire (a mò della famosa aria del venticello della calunnia), unita ad una manipolazione di dati sempre con la tendenza alla esagerazione, fatta a livello di documentazione storica (gli irrealistici 50 milioni di morti della peste nera di metà trecento, quelli più circostanziati, ma drammaticamente rappresentati della peste di Roma del 1528, e ancor più, di quelli dei Ducati di Milano e Mantova all’indomani della guerra dei trent’anni del 1630, con tanto di “Colonna Infame” celebrata dal Manzoni, fino ad arrivare alla vera e propria cantonata statistica della cosidetta Spagnola dopo la Grande Guerra del 1914-18, dove si è strombazzato fino alla noia che c’erano stati più morti di un solo anno di pandemia (1919) che dei caduti di tutti gli eserciti combattenti nei cinque di tutta la guerra - un misero 2/3 % dei reparti richiamati, contro il 100 % di una intera popolazione, quindi un indice referenziale del tutto erroneo, solo emozionale atto a fare impressione e diffondere paura - lezione quanto mai appresa e ripetuta in questi nostri tempi iper tecnologici, dove le conoscenze cosidette scientifiche, il tanto decantato progresso, la democrazia, le pseudo libertà, non ci hanno evitato di cadere nella trappola delle elites di potere, come e anche più di settecento anni fa; un qualcosa, attenzione, meticolosamente ordita con la servile collaborazione dei “media” e il supporto di una mentalità ipocrita e buonista come quella della ideologia falsamente egualitaria di sinistra che in quanto faccia nascosta della stessa medaglia del capitalismo e iperconsumismo si è assunta ben volentieri il compito di volenterosa carnefice di quella libertà, che poteva essere l’unico antidoto alla sopraffazione di pochi magnati. Orbene per tutti questi cicli di cambiamenti abbiamo più di un integrale sui cammini, che come ho fatto cenno può essere rappresentato da una nuova forma di conoscenza che si è aggiunta a quella di prima riesamina (nella fattispecie la Teoria delle Ere del mondo vista come involuzione e non come evoluzione, appunto dall’oro al ferro ) laddove il fattore cronologico assume una scansione decisamente controversa nell’individuazione di una possibile durata di ogni ciclo: piuttosto alla portata umana nella analisi di Evola, ma non altrettanto circostanziata ad esempio in Guenon propenso a seguire le indicazioni degli antichi testi sia Esiodei sia quelli indù che ad esempio danno una durata di seimila anni solo per l’ultimo ciclo quello del Kalì Yuga. Da notare che seimila anni sono un tempo che per oltre la metà, cioè 3000 anni prescinde da ogni conoscenza storica, sia a livelli di reperti, sia a livello di documentazione e quindi di piena comprensione. Noi, e lo abbiamo chiaramente premesso fin dall’inizio della serie di questi articoletti di ragguaglio sui cicli assimilati ai cammini e quindi suscettibili della loro riduzione ad integrale, ci atteniamo alla versione evoliana ricercando quindi i parallelismi tra la situazione odierna e quella di settecento anni fa, (1348), effettuando una prima riesamina a proposito del tanto strombazzato Umanesimo e seguente Rinascenza, visto/i come equivalente dell’altrettanto strombazzato “Great reset” odierno,ovvero la prospettiva di Brunelleschi equivalente di un microchips odierno, il codice Dorico/Jonico/Corinzio come codice binario, la macchina a vapore della rivoluzione industriale come presupposto al drone di oggi e via dicendo. Solo così mantenendo cioè “umana” la interpretazione,servendoci magari di raccordi al simbolismo, a metafore un tantino esagerate sulla scansione temporale, possiamo davvero azzardare qualche inusitato nuovo “integrale sui cammini” prendendo a sugello le stesse parole di Feynman : “una possibilità può essere una traiettoria che vada fino al comò di casa nostra, un’altra quella di andare e venire nello stesso tempo alla galassia di Andromeda”, e quindi adottare numerosi riferimenti, anche quelli dell’impiego di numeri immaginari : i = radice quadrata di -1, e cioè proiezioni di negativi, per demolire quella pretestuosa formula del più presuntuoso dei filosofi Hegel “ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale” e far paccottiglia di tutti i suoi spiriti della storia che lo stesso filosofo credeva di veder incarnati nel primo caporaluccio di passaggio solo perché aveva vinto una scaramuccia, per ritrovare la complicità dei mercanti (banchieri, oligarchi, magnati di ipercapitalismo etc) in tutti i grandi eventi di una storiografia per la quasi totalità gonfiata, artefatta, falsa, quale si conviene sia stata la cosidetta età del bronzo: abbiamo in altre parole una sorta di grimaldello per aprire tutte le porte di una dilagante falsificazione, che ci consente di passeggiare sui famosi cicli delle età del mondo, tutte, o meglio quasi tutte : l’argento dei guerrieri, il bronzo dei mercanti, il ferro dei servi, però ecco che non abbiamo nulla o quasi nulla per capire qualcosa dell’età dell’Oro ovvero quella degli Dei. Chi erano questi dei???? E come mai, come lamenta Esiodo questi dei ci hanno abbandonati, non ci parlano più ? Dobbiamo far fede che erano immortali, che non conoscevano vecchiaia e che possedevano poteri che mai più alcun essere vivente ha avuto nel nostro pianeta; come dice Evola rappresentavano un qualcosa che “mediante un passaggio dalla derivata all’integrale desume da attributi e titoli, gli elementi di assoluta incommensurabilità alla storia conosciuta” Ecco allora che prendono corpo le teorie delle Quattro Lune di Horbiger, quella degli Elohim di Biglino, o comunque della visita in tempi ancestrali di misteriosi esseri da altri pianeti. C’è al contrario degli altri cicli, un deciso trascendere delle modalità di ordinaria razionalità, dobbiamo per così dire “cambiare registro”, fare come in fisica quantistica : doppia fenditura, ma anche principio di indeterminazione (Heisenger) ovvero particella o flusso, equazione d’onda con tanto di collasso (Schrodinger), dobbiamo spostarci dal reale che tutto è tranne che razionale, percorrere l’immaginario (quel famoso “i”) che però resta in attesa dell’ulteriore ultimo passaggio, ovvero il Simbolico. L’età degli dei, o Età dell’oro, possono essere affrontati, dalla nostra mente solo facendo ricorso al simbolico, rinunciando cioè alla più peculiare delle caratteristiche umane : la coscienza. La coscienza : c’è chi la ritiene connaturata alla stessa specificità umana, una sorta di kit che ha sempre fatto parte del bagaglio del suo pensiero, un qualcosa di atavicamente biologico, diciamo una “essenza” e in tal senso, spesso e volentieri, storia, mito e scienza, perfino religione, sono andati a braccetto: che cos’è difatti il famoso “albero della conoscenza del bene e del male”? e la “famosa mela?” se non l’apparire di una coscienza ovvero la capacità di narratizzare se’ stessi, il situazionarsi in relazione all’ambiente ? “ aprirono gli occhi ed entrambi e s’accorsero che erano nudi” (Genesi 3:6-7). “...e la scintilla che Prometeo rubò agli dei dalla fucina di Vulcano? tutte le ulteriori varianti dei miti dell’origine : l’intelligenza pietrificata di Schelling, i protocolli neurologici che vanno anche alla ricerca di una localizzazione di questa fantomatica coscienza? C’è sempre sottesa la ipotesi di una infrazione, una disubbidienza, un furto, e come di un qualcosa che deve essere mantenuto nascosto, occultato: certamente custodito..., dove? ovviamente la parte privilegiata è quella più recente dell’encefalo, nella corteccia cerebrale, nel foglietto embrionale dell’ectoderma, in sinapsi non meglio identificate, financo in qualche neurone specchio, ma la discussione è sempre aperta. Ho già fatto più volte cenno ad uno psichiatra americano Julian Jaynes, che intorno alla metà degli anno ’70 dello scorso secolo pubblico’ un libro davvero epocale che per sua stessa ammissione rappresentava il frutto di tutta una vita di intuizione e studio “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” che dell’assunto che la coscienza sia un qualcosa di biologicamente innata e connessa alla stessa evoluzione dell’essere umano, non se ne dà per inteso; per lui la coscienza è un derivato del linguaggio articolato e quindi incredibilmente più recente di tutte le precedenti argomentazioni, altro che specifica connaturata alla biologia umana: per ipotizzare un’origine della coscienza non si va a più di tremila anni da oggi. Il suo libro sollevò un enorme scalpore: Accuse di antiscientificità, biologia e neurologia all’unisono per contraddire tale ipotesi “la coscienza vecchia di appena tremila anni?” Ma siamo matti? e prima che c’era? come funzionava l’essere umano?” La coscienza è un derivato del linguaggio “ insisteva Jaynes “ha le stesse impostazioni linguistiche di condensazione e di spostamento, quelle che Freud aveva stabilito per il sogno, ovvero anche lo stesso sogno è una manifestazione di un linguaggio, come ha osservato Lacan, mettendo sul piatto la concezione di inconscio e quelle che De Saussure aveva sancito nel suo “corso di Linguistica Generale, come assi portanti di una lingua ovvero la metafora e la metonimia, che debbono essere intese come un trattato di retorica strutturalLa straordinaria importanza di un linguaggio, spiega Jaynes nel suo libro risiede nella sua capacità di conformare analoghi, analoghi tra la volizione e il comportamento “com’è quella data cosa? bhe e’ proprio come quel…. “è come…” è così che il lessico di una lingua si arricchisce, nomina le cose, le fa più vicine o più distanti, più a portata, meno a portata, le fa ….“come..” .ovvero immettendo una esperienza precedente come a collaudo di una nuova, inserendo tra di esse un giudizio di rassomiglianza; l’uomo nomina le cose attraverso la metafora e la metonimia, tutte le cose che fanno via via parte del suo ambiente, ma solo piuttosto tardi nella storia della sua evoluzione riesce a cogliere la sua presenza in relazione a quelle date cose, prima difatti non disponeva di un analogo riguardante sè stesso da mettere in relazione all’ambiente, in una parola diciamo che non era in grado di “narratizzare”. Ecco appunto! la coscienza è questo tipo di narratizzazione di sè stesso in relazione a... è in altre parole : un “analogo io” Si risponde così a quella domanda “cosa c’era prima della coscienza?” non c’era una analogo io, c’era qualcosa altro, qualcos’altro in grado di assolvere a tutte quelle funzioni eminentemente pratiche, si da assicurare un perfetto adattamento e inserimento nell’ambiente circostante, sia a livello naturale, che a livello di aggregazione, di gruppo, un qualcosa che rappresentava una sorta di codifica e amalgama di tutte le prescrizioni, tutti gli ammonimenti, tutti gli accorgimenti che nel corso del tempo e dell’evoluzione, l’ambiente esterno aveva richiesto all’individuo e alle sue successive aggregazioni: da clan, a gruppo, a tribù, a città, appunto quel qualcosa che appunto Jaynes denomina “mente bicamerale” In cosa consiste quindi questa Mente Bicamerale???? Detto così alla buona in una vera e propria formazione neuronale che aveva la sua topica nell’emisfero destro del cervello e in stretta corrispondenza di quello sinistro, in quelle aree che ancora adesso si ritengono deputate al linguaggio: la corteccia motoria supplementare, nella parte alta del lobo frontale sinistro, l’area di Broca, più in basso sempre nello stesso emisfero ed infine l’area di Wernicke, la più estesa che occupa la quasi totalità della parte posteriore del lobo temporale sinistro e che si ritiene fondamentale ai fini della formazione del linguaggio articolato. La domanda che Jaynes si fa e la cui risposta costituirà il paradigma della sua straordinaria ipotesi è “come mai le aree del linguaggio, una peculiarità così fondamentale per la nostra stessa essenza di esseri umani, si trovano tutte e solo nell’emisfero sinistro? Perchè questa marcata settorializzazione e sopratutto cosa c’è nelle corrispondenti parti dell’emisfero destro? la famosa plasticità del cervello, oggi consente di verificare che in individui che hanno subito danni all’emisfero sinistro, data l’assoluta importanza della funzione del linguaggio, questa si sposta appunto sulle corrispondenti aree dell’emisfero destro, ma ecco!... si tratta pur sempre di casi eccezionali, sporadici e non probanti ai fini di una vera risposta alla domanda di fondo: cosa c’è, o magari cosa c’era, nell’emisfero destro in alternativa al linguaggio? L’emisfero destro è notorio, è tradizionalmente, ma anche un pò fumosamente e misteriosamente, ritenuto il ricettacolo della intuizione, delle emozioni, della fantasia; se stimoliamo le aree corrispondenti a quelle individuate nell’emisfero sinistro, non abbiamo nessun effetto di vistosa sintomatologia, tipo afasia, arresto, imbrigliamento di parole, dimenticanza o quant’altro, niente di niente, anzi si è altresì rilevato che in casi di asportazione chirurgica di vaste aree di detto emisfero, a volte dell’intera area corrispondente a quella di Wernicke nell’emisfero sinistro, non si sono riscontrati che deficit sorprendentemente esigui per l’intera funzione mentale e nessuno di entità linguistica, pertanto si è arrivati alla conclusione che l’emisfero destro è perlopiù un emisfero “muto” o perlomeno suscettibile di essere topicizzato come appunto ricettacolo di tutte quelle “fumose” manifestazioni riferibili genericamente all’emozione, alla fantasia, ad una non meglio precisata “intuizione”, che restano un qualcosa di poco catalogabile, senza precisi riscontri di causa effetto, nè tanto meno di ripetibilità. La tesi di Jaynes è che non avendo oggi le aree dell’emisfero destro, alcuna manifestazione importante osservabile, con tutta probabilità l’avevano un tempo, in una fase dell’evoluzione umana antecedente all’attuale, una fase in cui l’uomo non disponeva di quella funzione di narratizzare se’ stesso in relazione all’ambiente e al sociale, non disponeva cioè di un “analogo io” , e pertanto aveva bisogno che un altro analogo, gli desse indicazioni sul da farsi, su come far fronte alle necessità, ai bisogni che un mondo non certo accogliente, gli poneva costantemente di fronte. La mente bicamerale altro non è che tale paradigma: da una parte una funzione eminentemente operativa, strumentale, ovvero un linguaggio sempre più articolato che consente attraverso la metafora, quel …. “è come…” di nominare le cose e raggrupparle per per associazione di rassomiglianza si va ad allocare in una sola parte del cervello; dall’altra, nell’emisfero opposto, abbiamo una funzione, meno circostanziata, meno sintomatica, ma parimenti importantissima, eminentemente simbolica (nel senso proprio del termine: che ri-mette insieme comportamento e ambiente) dove la somma di tutte le situazioni, tutte le esperienze si vanno a codificare in un qualcosa di analogale si, ma con caratteristiche di ammaestramento: un linguaggio anch’esso, ma profondamente diverso e con elementi di ineluttabilità. Tali peculiarità si vanno a topicizzare nelle aree dell’emisfero destro del cervello, presumibilmente corrispondenti a quelle opposte del linguaggio articolato, e questo perchè, anche in questo caso si tratta di un linguaggio, anche se l’analogia non è incentrata su acquisizioni di nuovi termini, messi in relazione dalla metafora , quel “è come…” che opera per meccanisni di paragone e rassomiglianza, ma per prescrizioni di carattere comportamentale che è necessario che siano il più possibile categoriche. Un linguaggio e quindi una voce si, ma una voce un pò particolare, che più che per metafora operi per metonimia, ovvero non per condensazione di significazione di termini, ma per trascinamento di significante, un “sentito dire” che si fa prescrizione, norma , ammaestramento, ovvero una voce con carattere allucinatorio, non portata da apparati fonetici, ma evocata mentalmente da una formazione neuronale che si assume il compito di sostituirsi a quella ordinaria quando sono in gioco fattori di sopravvivenza dell’individuo e del gruppo. La componente allucinatoria e’ resa necessaria dal carattere prescrittivo del messaggio, che non può limitarsi al fatto di essere “udito”, ma deve essere “ubbidito” cioè “ob-audito”: non si tratta dell’acquisizione di un nuovo termine che arricchisca il linguaggio articolato, ma di un suggerimento, una prescrizione, una norma che non può essere elusa, una sorta di imperativo categorico, che non abbisogna di spiegazione, ma di esecuzione, pronta esecuzione: “vai a costruire quell’argine!” “porta arco e frecce quando ti indentri nella foresta!” “lascia delle tracce nel tuo cammino!”, un qualcosa che solo una voce allucinatoria, che promana però dal profondo della tua mente, può importi. Con tutta probabilità il primo referente di questo tipo di comunicazione altra, non metaforica, ma metonimica, con carattere prescrittivo,dovette essere il Capo del Gruppo, il membro dominante, il soggetto appunto preposto alla guida e alla conduzione del gruppo, le cui indicazioni assumevano un che di efficiente, di consolidato e di non discutibile, appunto quell’ob-audire=ubbidire, da parte dei membri del gruppo, in quanto in gioco la sopravvivenza stessa di tale gruppo e nel suo farsi clan, tribù, comunità, città, stato. Però in seguito, con la morte fisica, di questo capo, di questo Re, le sue voci, i suoi precetti avrebbero rischiato di venire dimenticati se non fossero stati messi in atto determinate procedure che favorissero invece una costante rammemorazione : ecco che assistiamo quindi ad una serie di procedimenti riscontrabili in tutte le antiche civiltà: l’abitazione del capo morto viene dipinta di rosso, spesso e volentieri dotata di un parapetto rialzato dove viene acceso un fuoco che una classe sacerdotale è incaricata di mantenere acceso, lo stesso successore al suo ruolo di capo, viene investito di una funzione di interprete degli antichi ammaestramenti, finche’ alla sua morte fisica si stabilisce una sorta di continuità: l’antica abitazione, diviene la dimora non del singolo Re, ma di tutti i Re, dove continuano ad assommarsi tutti precetti, finchè ad un certo punto il Re morto impersonando se’ e i suoi successori, diviene un Dio vivente, il sepolcro diviene una statua da adorare, la casa un tempio, il più distinguibile, il più visibile possibile, quasi sempre al centro dell’abitato, in posizione rialzata e tutti quegli ammaestramenti, quei consigli, quelle voci non sono più ascrivibili ai singoli re, ma diventano un’unica grande voce, la voce del dio, degli dei viventi. E’ così che nell’uomo nel Gruppo si forma la idea degli dei, da una serie di stimoli visivi, ma sopratutto da stimoli auditivi, da una sorta di codice neuronale che localizzato attraverso termini in sempre continua evoluzione /specializzazione (il”come se…” della metafora) potessero essere tradotti nell’emisfero opposto in prescrizioni con la peculiarità di ricezione non metaforica, di condensazione di significato, ma come trasferimento di significanti, una comunicazione non esterna, portata da un linguaggio di attribuzione, ma interna con caratteristiche di voce non articolata, ma allucinatoria, che più che udita dovesse essere obbedita. Ho un po’ insistito su tali precisazioni : metonimia ovvero spostamento di significanti e non metafora o condensazioni di significati, allucinazioni auditive nell’accezione però di ob-audire e non semplice audire, una formazione neuronale degli dei prima che l’uomo arrivasse a quell’analogo io che gli consente di narratizzare se’ stesso, mettersi in situazione rispetto ad un ambiente che lo impegna …., cosa succede se applichiamo tutto questo paradigma a quella famosa, misteriosa, sconosciuta eta’ dell’oro (un simbolo anch’esso) e a degli dei , che proprio perché soppiantati da una coscienza derivata dal linguaggio, non ci parlano più, se non attraverso meccanismi che questa coscienza la eludono?????? Mi fermo per il momento in attesa di vagliare con maggiore dettaglio (e anche fantasia, secondo il famoso detto che la fantasia è il debito inconfessato di ogni conoscenza( mi pare di Lao Tze, ma adottato e ripetuto da molti pensatori del calibro di Einstein, Nietzsche, Wilde, Camus, etc. ) riportando uno stralcio di articolo di fisica quantistica applicato al momento attuale di distopia e crisi generale, che mi ha stimolato a approfondire e indagare la non e-voluzione, ma in-voluzione dell'essenza umana in un pensatore talmente profondo come Julius Evola, che concede poco all'ottimismo ed di converso ricercare qualche appiglio di reazione all'attuale andazzo: cosa che può far bene leggersi appunto il seguente articoletto
Pare ci siano ormai sufficienti indizi, per asserire che il tipo di essere umano che attualmente dimora sul pianeta, stia trascorrendo la sua esistenza in uno stato di sonno, un’incoscienza pericolosa che, oltre ad essere deleteria per il raggiungimento dei suoi scopi, lo rende facile preda di una minoranza sfruttatrice, disonesta e molto più sveglia.
Credo non sia necessario il parere di qualche sedicente “esperto” visto alla TV, per accorgerci che siamo a un passo da un baratro esistenziale. La sensazione di accelerazione che percepiamo e la pressione inaudita a cui oggi è sottoposta, senza eccezioni e su più fronti, l’intera comunità mondiale, sono tra le avvisaglie più evidenti che questi sono i tempi finali, la “fase acuta” di un’era e quindi di un comportamento, che ha ormai compiuto il suo ciclo. Tutto quello che sperimentiamo, compreso il nostro umore di oggi, viene condizionato in qualche modo anche da influenze esterne, poiché tutto è interconnesso a tutto. Ciò che stiamo vivendo, in piccolo come in grande, è assolutamente necessario e dipende della stupefacente perfezione che regola l’inarrestabile evoluzione dell’Universo. La società di oggi promuove la competizione a discapito della collaborazione ed è pertanto diventata insensibile ai problemi comuni. Protesa verso un mondo di piaceri effimeri, fatto di intrattenimento e banalità, non è più in grado di riconoscere cosa è importante per la collettività e cosa non lo è. La gente, isolata nel proprio dramma personale, non può che attendersi che qualcun altro pensi per lei, dopotutto cos’altro potrebbe fare immersa com’è nel caos dei propri impegni quotidiani, se non addirittura concentrata esclusivamente a sopravvivere. Impegni che, mediamente, ben poco hanno a che fare con la totalità e la realtà potenziale di cui tutti gli uomini potrebbero essere artefici. Il Sistema si è strutturato e prospera grazie a tendenze e obblighi ben congegnati, con lo scopo di umiliare la nostra eccellenza, di occupare e surriscaldare la mente per impedire alla coscienza di emergere e riprendere le redini. L’umanità, intimidita e confusa, ha così ingenuamente integrato nella propria cultura l’imposizione del lavoro, del debito, della tassazione, delle classi sociali, delle religioni, della burocrazia, della politica corrotta, della violenza, senza preoccuparsi troppo degli effetti collaterali, badando solo a ciò che concerne il proprio piccolo mondo personale. La maggioranza delle persone possiede idee preconfezionate e preferisce parteggiare per chi millanta potere, nella speranza di ottenere qualche privilegio o di poter far parte un giorno di quella stessa “cerchia ristretta” che l’ha privata di ogni facoltà. Un simile conformismo, alimentato dalla paura e dall’egoismo, non può certamente essere sano, un simile pensiero non può che portare alla mancanza di fiducia in se stessi e nel prossimo, all’atrofia dei propri valori e all’incapacità di soddisfare le proprie reali necessità. Ed è questa inettitudine che procura i “mali” che in gran parte ci affliggono. Un conformismo dannoso dovuto ad un lento condizionamento che, subito fin dalla nascita, rende “normale” e sopportabile qualsiasi abuso. Un’umanità triste, dove l’unica cosa importante diventa l’essere lasciati in pace con i propri fardelli, tra inutili vizi e false convinzioni, per continuare con rassegnazione la corsa verso il “baratro”… senza nemmeno contemplare possibili vie di fuga. Ma com’è nato il Sistema? Si è forse creato da solo, senza un ordine, per effetto delle selvagge leggi della natura, oppure lo ha creato l’uomo, intimamente malvagio e incapace di reprimere il proprio lato oscuro? Riflettendo capirete che l’essere umano non è fatto per questo genere di vita, ma è stato costantemente analizzato, controllato e indotto con il raggiro a fare le scelte sbagliate e meno vantaggiose per se stesso.Da “chi” potrebbe essere complesso spiegarlo con precisione ma, volgendo lo sguardo al passato e “unendo i puntini”, possiamo vedere come il disegno attuale sia il risultato di una serie di eventi che ciclicamente si ripresentano con intensità crescente. Mi riferisco agli innumerevoli tentativi di manipolazione, da parte di una minoranza elitaria che detiene il sapere ai danni di una maggioranza, mantenuta nell’ignoranza e indottrinata all’obbedienza.Una consuetudine che fin da tempi remoti ha caratterizzato la nostra storia, trascinandosi fino ad oggi. Con attacchi sempre più serrati, i governanti dei nostri giorni, stanno davvero bruciando le tappe per demolire la democrazia e concentrare ufficialmente e definitivamente il potere globale nelle loro mani. Per poterlo fare in modo impercettibile agli occhi dei più, si avvalgono di raffinati espedienti, di cui spesso infatti non siamo consapevoli. Ad uno sguardo superficiale, tutto appare normalmente gestito da un cinico “buon senso” e dall’ineluttabilità di eventi apparentemente casuali, ma guardando più attentamente, possiamo facilmente notare l’esistenza di un ordinamento e di una strategia ben definita. Semplificando, si può vedere, ad esempio, come le grandi corporazioni industriali abbiano ottenuto il controllo del mercato, dell’informazione e di altre aree utili. Simili gruppi sono spesso utilizzati come mezzi con cui esercitare pressione su più livelli e in più ambiti sociali.Addentrandosi maggiormente, si scopre che ai piani superiori operano diverse “società” che, più o meno segretamente, si garantiscono il loro interesse contando sulla presenza di “personale strategico” opportunamente inserito in qualsiasi istituzione di rilievo. Ancora più in alto, ad un qualche livello di supremo potere, un manipolo di potenti sovrintende probabilmente le stesse società e decide l’andamento delle cose.A chi o a cosa si rifacciano questi individui non è del tutto noto, ma pare abbiano un’agenda precisa da rispettare e con cui sono certi di raggiungere il loro scopo: la morte della coscienza e in definitiva di tutto ciò che può rendere diverso il genere umano dal comune bestiame. Una visione decisamente desolante, soprattutto se si pensa che, per meri fini pratici, il piano per la sua realizzazione prevede come punto fondamentale una drastica riduzione della popolazione mondiale. Il tempo della sudditanza è però agli sgoccioli e presto dovrà lasciare il posto a quello della condizione che ci spetta di diritto. Con l’entusiasmo di chi sa di avere un compito importante, uomini e donne, si sono battuti e si battono per portare la verità in superficie. Il loro messaggio è per alcuni incomprensibile e inutilmente ripetitivo, per altri illuminante e oggi più che mai appropriato. Sono persone che si sono accorte del loro valore, che hanno ampliato il loro punto di vista e si sono, per dirla in breve, “risvegliate”. La verità che diffondono, è che l’uomo ha tutt’altro destino e che qualcuno vuole precludergli la possibilità di evolvere per spegnere la sua forza vitale, per renderlo irreversibilmente schiavo nel momento più importante della sua intera esistenza. Ma la soglia di tolleranza è stata abbondantemente superata e i futuri traumi agiranno da catalizzatori per le coscienze, riportando l’equilibrio e decretando l’inizio di una nuova era in cui l’uomo sarà finalmente desto e non accetterà più di essere manipolato. Insomma, siamo nel posto giusto al momento giusto!Parlano soprattutto di questo le profezie che vedono questi anni di tribolazione come la fine di un’era, non certo dell’estinzione dell’umanità. Parlano di una nuova “età dell’oro” che vedrà l’uomo in comunione con la spiritualità e non più con la materialità. L’Universo in tutte le sue espressioni è vita, è coscienza, è trasformazione e non esiste per distruggere se stesso, ma per espandersi con armonia. Se proprio di fine vogliamo parlare, allora sarà la fine dell’uomo duale, dell’uomo impaurito, dell’uomo ignorante. Sarà la fine di un lungo oblio che porterà la consapevolezza di ognuno a maturare per dar luogo a un nuovo paradigma. Comprenderemo finalmente chi siamo e dove stiamo andando, ma il buon esito della prova dipenderà da noi e dal coraggio che sapremo dimostrare nel trascendere i vecchi schemi che ci incatenano. Lo scatto evolutivo a cui siamo prossimi, sarà sicuramente accompagnato da molta confusione e coinvolgerà la Terra con tutti i suoi elementi, così come ogni singolo essere. Questo “rinascimento” sarà tanto traumatico quanto inatteso e non tutti parteciperanno allo stesso modo al suo compimento. La comprensione degli eventi sarà infatti prerogativa solo di chi avrà già raggiunto una certa sensibilità e pertanto il passaggio alla nuova consapevolezza sarà impegnativo funzionalmente al livello acquisito. Dopo una lunga repressione non può che rafforzarsi l’ideale di libertà, così come ad una contrazione succede naturalmente un’espansione, e questo sarà il punto di partenza per il grande cambiamento che molti intraprenderanno e realizzeranno. Ci aspetta un duro lavoro per ritrovare il potere in noi stessi, perché per farlo è necessario domare la nostra mente e mantenere una salda intenzione ma, quando ognuno avrà portato il suo contributo all’evoluzione, imparando a riconoscere e ad ascoltare l’essenza che lo sostiene, l’Universo gliene sarà grato, donando se stesso e tutti i suoi segreti
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