E’ piuttosto noto l’esperimento della Doppia Fenditura che sancì inequivocabilmente che gli elettroni si comportano come particelle nel caso che vengano sparati attraverso una fenditura ed invece come onde se vengono sparati attraverso due fenditure; in realtà ciò non fece che confermare l’essenza stesso del procedimento matematico del calcolo infinitesimale inventato verso la metà del ‘600 da due grandi scienziati Leibniz e Newton. Il punto era ritrovare la velocità di ogni punto nello spazio e come misurarne il tempo che comportò come espediente quello di utilizzare la proiezione di numeri negativi per accedere ad una nuova accezione di insiemi numerici, quello dei numeri immaginari. Numeri immaginari che, attenzione se moltiplicati per l’inverso di segno davano luogo ad un altro insieme di numeri quello dei coniugati che restituiti alla loro parte reale consentivano di operare calcoli in limiti, derivate e integrali. E’ giustappunto con il secentesco calcolo infinitesimale messo in atto dai due matematici sopracitati, che si arriva ad una nuova possibilità quella di definire la velocità di un qualcosa in relazione ad ogni tratto di spazio/tempo del suo percorso, ovvero quando la distanza tra due punti e l’intervallo di tempo per andare da un punto all’altro diventano sempre più piccoli (infinitesimali) e tendono a zero (limite) . Anche in matematica come trecento anni dopo in fisica , il problema è anzitutto scoprire cosa succede quando si passa dal moto tra due punti, ovvero dalla considerazione di due particelle infinitesimali di spazio, tempo e velocità a quel movimento fluido che in linea teorica individua un punto ben preciso , In verità ci si rese subirto conto che quando si scende a scale sempre più piccole, la misurazione diventa aleatoria . Ecco quindi la grandezza di Leibniz e di Newton che ognuno per suo conto del tutto autonomamente pervenne ad un risultato anticipatore anche del famoso effetto della doppia fenditura in fisica quantistica: il punto, il singolo punto non esiste, esso è un concetto della realtà del tutto immaginario e così i vari punti non esistono nella realtà fisica, ma solo nell’immaginazione dei matematici, lo stessa dicasi della singola particella che si trasforma in un movimento fluido tra i punti, un flusso che fu Newton per primo a a chiamare “flussione” Tale termine di flussione fu di lì a poco cambiato con quello di “derivata” ...quindi possiamo affermare che la “derivata o flussione” rappresenta quello spazio/tempo misterioso e ineffabile in cui dal movimento passo per passo si passa al fluire del cambiamento continuo. Il compito del terzo procedimento base del calcolo infinitesimale è quello dell’integrale, ovvero reintegrare il flusso in un vero e proprio cammino (esempio canonico l’integrale sui cammini di Feynman ) fino a definire tutte le possibilità insite in ognuno dei diversi percorsi della ex particella fattasi flusso e ricomposta in area. E’ piuttosto evidente come con l’invenzione del calcolo infinitesimale e l’uso dei numeri immaginari, ovvero proiezioni di numeri negativi restituiti alla loro parte reale tramite l’impiego dei numeri coniugati (segno positivo) siamo passati da una impostazione fissa degli spostamenti ad una concezione che deve tutto al continuo fluire di una valutazione di percorso fatto di spazio tempo e velocità, ivi compresa la accelerazione e rallentamento, in altre parole siamo passati da una concezione statica del movimento ad una misurazione impostata sul processo; prendiamo ad esempio la danza: per imparare a ballare bisogna memorizzare i passi, una alla volta, un qualcosa di preciso, una volta però imparati tali passi, si comincia del tutto impercettibilmente a ballare sul serio, si entra cioè nel movimento ed è un qualcosa di molto differente dal ripetere i movimenti giusti….ci si dimentica di tutte le istruzioni non si è più consapevoli dei singoli passi, uno per uno, si cambia modalità, da uno stato si passa ad un flusso e si entra quindi in un’altra consapevolezza: quella di colui che balla : Fred Astaire, Ginger Rogers...., in architettura la Casa danzante dell’architetto Ghery a Praga.
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