Ho citato in precedenti articoli su questo blog, ma anche in altre sede , il mio spasmodico interesse per quella sorta di cambiamento che si verifica quando da un certo stato di acquisizione di esperienza, diciamo così fissa “, di stato“ si passa ad un’altra prospettiva che non può più definirsi di stato, ma piuttosto “di divenire”, quando e l’ho detto molto chiaramente nel precedente articolo sul ballo dove ho preso l’immagine di Fred Astaire e Ginger Rogers,raccordandola con un’opera di architettura la cosidetta “tancici Dum o Casa danzante” di Praga dell’architetto Ghery, si passa dalla considerazione di un singolo punto ad un flusso continuo che per molti versi si rifa’ ai famosi paradossi di Zenone, che tanto mi colpirono al primo anno di studio della filosofia cioè intorno ai 15 anni: “ la freccia che vola sta ferma” e “il piè veloce Achille non può mai raggiungere la tardigrada tartaruga” Come dimenticare quei primi fremiti di fervore intellettuale, che dovevano portare all’esaltazione del Panta rei” del grande Eraclito detto l’oscuro e alla ricusa pressocche’ totale del “concetto” platonico ovvero “quell’uno che sta per molti” origine di tutti i dualismi e di tutti i giudizi di valore stabilendo il distinguo tra una cosa che vale (il mondo delle idee, dove per Platone risiederebbero gli originali delle nostre rappresentazioni) e una cosa che non vale, ovvero il mondo terreno delle nostre rappresentazioni immediate, che sarebbero solo copie di quel mondo che Platone chiama Iperuranio. L’anno seguente ritrovai lo stesso dilemma previo l’esame di un altro filosofo Leibniz e lo studio non scolastico del calcolo infinitesimale che veniva a dar man forte a quella mia esigenza di trovare una sorta di passaggio tra stato e divenire, tra atomo o come la vuoi definire , particella, corpuscolo, a continuum, flusso, onda, e poi ma questo c i arriverò dopo, stringa. Per la verità non era solo Leibniz che incanalava tale curiosità, perche l’essenza stessa del procedimento matematico del calcolo infinitesimale fu inventato anche da un altro grande pensatore piu’ famoso come scienziato che come filosofo Isac Newton. Il punto non punto, ma ecco diciamo flusso era ritrovare la velocità di ogni punto nello spazio, una sorta di procedimento inverso di quello di Zenone e come misurarne il tempo che comportò come espediente quello di utilizzare la proiezione di numeri negativi per accedere ad una nuova accezione di insiemi numerici, quello dei numeri immaginari. Numeri immaginari che, attenzione se moltiplicati per l’inverso di segno davano luogo ad un altro insieme di numeri quello dei coniugati che restituiti alla loro parte reale consentivano di operare calcoli in limiti, derivate e integrali. E’ giustappunto con il secentesco calcolo infinitesimale messo in atto dai due matematici sopracitati, che si arriva ad una nuova possibilità quella di definire la velocità di un qualcosa in relazione ad ogni tratto di spazio/tempo del suo percorso, ovvero quando la distanza tra due punti e l’intervallo di tempo per andare da un punto all’altro diventano sempre più piccoli (infinitesimali) e tendono a zero (limite) . Anche in matematica come trecento anni dopo in fisica , il problema è anzitutto scoprire cosa succede quando si passa dal moto tra due punti, ovvero dalla considerazione di due particelle infinitesimali di spazio, tempo e velocità a quel movimento fluido che in linea teorica individua un punto ben preciso , In verità ci si rese subito conto che quando si scende a scale sempre più piccole, la misurazione diventa aleatoria . Ecco quindi la grandezza di Leibniz e di Newton che ognuno per suo conto del tutto autonomamente pervenne ad un risultato anticipatore anche del famoso effetto della doppia fenditura in fisica quantistica: il punto, il singolo punto non esiste, esso è un concetto della realtà del tutto immaginario e così i vari punti non esistono nella realtà fisica, ma solo nell’immaginazione dei matematici, lo stessa dicasi della singola particella che si trasforma in un movimento fluido tra i punti, un flusso che fu Newton per primo a a chiamare “flussione” Tale termine di flussione fu di lì a poco cambiato con quello di “derivata” ...quindi possiamo affermare che la “derivata o flussione” rappresenta quello spazio/tempo misterioso e ineffabile in cui dal movimento passo per passo si passa al fluire del cambiamento continuo. Il compito del terzo procedimento base del calcolo infinitesimale è quello dell’integrale, ovvero reintegrare il flusso in un vero e proprio cammino (esempio canonico l’integrale sui cammini di Feynman ) fino a definire tutte le possibilità insite in ognuno dei diversi percorsi della ex particella fattasi flusso e ricomposta in area. E’ piuttosto evidente come con l’invenzione del calcolo infinitesimale e l’uso dei numeri immaginari, ovvero proiezioni di numeri negativi restituiti alla loro parte reale tramite l’impiego dei numeri coniugati (segno positivo) siamo passati da una impostazione fissa degli spostamenti ad una concezione che deve tutto al continuo fluire di una valutazione di percorso fatto di spazio tempo e velocità, ivi compresa la accelerazione e rallentamento, in altre parole siamo passati da una concezione statica del movimento ad una misurazione impostata sul processo; ed ecco che fa prepotentemente il suo ingresso la danza: per imparare a ballare bisogna memorizzare i passi, una alla volta, un qualcosa di preciso, una volta però imparati tali passi, si comincia del tutto impercettibilmente a ballare sul serio, si entra cioè nel movimento ed è un qualcosa di molto differente dal ripetere i movimenti giusti….ci si dimentica di tutte le istruzioni non si è più consapevoli dei singoli passi, uno per uno, si cambia modalità, da uno stato si passa ad un flusso e si entra quindi in un’altra consapevolezza: quella di colui che balla : Fred Astaire, Ginger Rogers...., in architettura la Casa danzante dell’architetto Ghery a Praga. . La consapevolezza del flusso, che per ora abbiamo circoscritto al calcolo infinitesimale, ai numeri immaginari e coniugati, ai limiti, derivate (flussioni) e integrali e che abbiamo posto non solo in matematica, ma altresì al cuore della fisica quantistica con l’effetto della Doppia Fenditura, e al trasferimento di singoli elettroni colti nel loro porsi sia come particelle che come flusso, quindi onde, si riferisce quindi al movimento, simboleggiata nel ballo, ma anche nell’architettura e un po’ in tutto nel processo di apprendimento umano, la musica, l’arte, il pensiero tutto. In tempi recenti (per la verità sono passati quasi cent’anni da quel 1924) fu l’aristocratico e grandissimo fisico quantista Louis De Broglie che per primo postulò la dualità tra particella e onda della materia , asserendo appunto che ad ogni particella in movimento sia essa un atomo, un elettrone, un fotone è associata un’onda e quindi non resta che assegnare alla materia, tutta la materia un duplice aspetto corpuscolare e ondulatorio. Ovviamente su tale postulato doveva riversarsi di lì a pochi anni tutta la compagine dei più geniali fisici che sarebbero stati definiti quantistici . Il giovane Heisenberg approfondì la cosa con il suo famoso Principio di Indeterminatezza pervenendo all’altrettanto famoso assioma che è impossibile per la materia rivelare contemporaneamente tutte le sue caratteristiche , aggiungendovi anche la questione del disturbo dell’osservatore, che sempre condiziona l’atto stesso di osservare il fenomeno (più conosciamo la posizione meno sappiamo quanto è la quantità di moto e viceversa) . Bohr col suo principio di complementarietà arrivò alla conclusione che è impossibile propendere per un qualsiasi stato o divenire in assenza di parametri di misurazione, evidentemente non pago della possibilità di accedere al reale attraverso la coniugazione dei numeri immaginari , e quindi non poteva mancare Einstein , di cui tra l’altro l’americano Compton dimostrò l’esistenza dei fotoni che lui aveva ipotizzato. Einstein è famoso per quella sua celeberrima risposta appunto a Bohr che “dio non gioca a dadi con l’universo” proprio perché non era assolutamente d’accordo a dare la qualifica di probabilità allo studio dell’andamento della materia, così come la “interpretazione di Copenaghen” che altro non era che la scuola di Bohr e dei suoi seguaci ovvero Heisenberg, Pauli, aveva sancito ed anche categorizzato in quell’oramai mitico congresso della Solvay del 1927 ovvero che non esiste realtà in assenza di misurazione e qualsivoglia particella o flusso sarà sempre influenzata dalla nostra osservazione. La probabilità che la scuola di Copenaghen aveva negletta con la scusa della misurazione, e consegnato alla indeterminatezza e complementarietà, tornava però prepotentemente alla ribalta grazie ad un altro fisico, non giovanissimo e neppure particolarmente accreditato, che fino ad allora si era tenuto un po’ di riserva: Erwin Schrodinger, quello del celeberrimno gatto vivo o morto dentro la scatola, che si inventò l’equazione d’onda, definendola “onda di probabilità” ovvero la descrizione dell’evoluzione temporale di una grandezza appunto in termini di probabilità, laddove la probabilità non va considerata in termini di misurazione come volevano Heisenberg e Bohr e quindi l’interpretazione di Copenaghen, neppure stessimo a fare il verso a Protagora e al suo “uomo misura di tutte le cose” bensi’ in termini di relativismo (che anche se non è a rigore la relatività, in qualche modo vi si associa ) ovvero la Funzione d’onda ammette che non sappiamo tutto, ed è in sostanza quello che dovrebbe essere sempre, in ogni tempo, la scienza: La lettera greca psi( Ψ) che giustappunto Schrodinger scelse come espressione della funzione d’onda indica quale è la probabilità che una misurazione quantistica abbia un certo risultato, tenendo conto però che prima che avvenga tale misurazione , il sistema osservato si trova in uno stato di sovrapposizione , ovvero tutti gli stati sono possibili ed è solo quando viene fatta la misurazione che avviene il crollo della funzione d’onda e il sistema collassa, per cui il risultato sarà uno solo in tale stato . Qualche anno dopo nel 1948 il grande Richard Feynman riprese tale ragionamento in termini di integrale in un calcolo infinitesimale che fu chiamato “ Integrale sui cammini “ e rappresenta un univoca misurazione appunto integrale in un sistema dalle infinite probabilità. Limite e derivate concorrono alla equazione d’onda di Schrodinger laddove non è che venga negato che l’oggetto dell’osservazione è sia preda del principio di indeterminazione (Heisenberg) sia di quello di complementarietà (Bohr) , ma semplicemente che il confine non è netto , ma sempre relativo , e in verità è la soggettività che è un inganno , nessuno può pretendere di raggiungere un punto di vista assolutamente oggettivo perché già quell’espressione “punto di vista” lo esclude. Scartiamo le tracotanti presupponenze di un Hegel, tipo cio’ che è razionale è reale e viceversa, e rifacciamoci piuttosto al molto più onesto Kant che asseriva appunto che non c’è modo di accedere alla “cosa in sé” stante le nostre limitate strutture mentali, semmai ecco prendiamo il limite a nostro beneficio, utilizziamo i meccanismi antichi e moderni di cui siamo arrivati a disporre e valutiamo che la nostra mente non è la sola a modificare l’osservazione, ma anche il percepito la modificherà, perché quello che sopratutto la fisica quantistica ci ammaestra che sia la mente sia l’intero universo sono composti dagli stessi elementi , non c’è differenza tra percepito e percipiente , la distinzione tra soggetto e oggetto è sbagliata , dire che l’osservazione modifica l’ambiente è sbagliato perché la barriera non c’è , non c’è mai stata , ce la siamo costruita noi, non è mai stata reale né tanto meno razionale, semmai ecco è immaginaria, si proprio come l’escamotage del calcolo infinitesimale e dell’impiego dei numeri proiezione di negativi tramite moltiplicazione della radice quadrata di -1 = 1i con il suo coniugato -1i. Notiamo per inciso che siamo pervenuti in un accezione non più reale, non più immaginaria , ma simbolica che ha molto a che fare con il meccanismo di funzionamento dell’inconscio …. eh si! …Come un sogno, come un lapsus, una fantasia, un atto mancato, una svista. Vuoi scommetterci che arriveremo ad una certa simmetria tra fisica quantistica e meccanismi inconsci? E’ quanto mi ripropongo nei prossimi articoli e penso che non ci sia meglio che iniziare proprio dalla funzione d’onda di Schrodinger e dal suo collasso
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