lunedì 7 novembre 2022

CENNI DI CLASSICO

Una cosa è certa di tutte le cose che ho fatto, giuste e sbagliate quella degli studi classici è una delle migliori. Il latino, il greco, la filosofia, la letteratura e quella stessa impostazione culturale delle varie materie, perfino una matematica, trattata classicamente ovvero con la filosofia di Leibniz stante la passione /curiosita' per il calcolo infinitesimale e l'impiego dei numeri immaginari ovvero proiezioni di negativi, era tutto materiale sul quale poi sarei tornato innumerevoli volte e che ha costituito un costante riferimento, direi proprio della mia essenza più profonda. Vado a citare alcune frasi, alcuni personaggi, financo una singola parola "asfodeli" "Orcomeno" "ventilabro" capaci di innescare emozioni e sensazioni particolari al Virgilio di Roma, al Meli di Palermo, professori eccezionali come Di Salvo di greco e latino o come il prof. Noto di filosofia che mi faceva "Nardulli!!! tutte queste facezie di "la freccia che vola sta ferma" l'acqua, il fuoco l'Apeiron, da uno come te pretendo in primis che mi sappia parlare dell'enantiodromia di Eraclito e poi del Concetto di Platone e del Sillogismo di Aristotele. Punto e basta. "E la patristica, la scolastica???" Baggianate! in seconda liceo manco a stare a perdere tempo con il dubbio di Cartesio e le monadi di Liebniz, a me bastano Hume e Kant, e per il terzo Hegel, Hegel e ancora Hegel! - E li' il mio primo grosso contrasto "per me Hegel e' una negghia (dialetto siculo che significa incapace, idiota, ma per capirci appieno : una minchia ) Le amanti di Foscolo alla maturità, mi avevano avvertito: "guarda studiati bene le amanti di Foscolo, una per una" "ma dai, queste sono boutades" e invece paffete eccola là la domanda fatidica propiziata da "Luigia Pallavicini caduta da cavallo" Ma non posso crederci! avevo esclamato davanti la commissione "me le avete chieste per davvero le amanti di Foscolo!!!" mi duole darvi una cattiva notizie, ma io le conosco tutte quante!" Di D'annunzio allora (meta' anni sessanta) vigeva un "vietato parlarle bene" ma io avevo fatto un parallelo sulla pura lirica delle "fresche ti sien le mie parole ne la sera con il fruscio che fan le foglie" con l'altrettanto purissime "chiare fresche e dolci acque" di Petrarca. e dai che l'otto ci sta tutto, anche otto e mezzo come il film di Fellini, ma non si può mettere nei quadri. Il nove che a rigore doveva essere un dieci, ma dieci alla maturità di allora non si poteva dare, in storia...eh bhe!!!! e chi altro era in grado di elencarti tutti i retroscena dell'Impresa dei Mille? gli interessi degli inglesi, l'episodio di Bronte, Rosolino Pilo e Corrao sopratutto Giovanni Corrao, che può essere considerato tre anni dopo il primo ucciso di mafia (una mafia a stretto contatto colla politica), quindi sempre a Palermo la rivolta del sette e mezzo e le cannonante del Gen.Cadorna padre di quell'altro fellone della Grande Guerra. Un professore indubbiamente esperto di storia ci aveva provato a mettermi in difficoltà, ma per sua disgrazia era entrato nell'apoteosi della mia competenza storica : la 1^ guerra mondiale, dove eh bhe si, sembrerebbe un pò da sbruffone dirlo, ma lo avevo letteralmente stracciato. Insomma che posso dire al ricordo? una, mille, centomila osanna per la maturità classica. In genere noi che abbiamo fatto il liceo classico e quando c’era ancora la terribile maturità, con tutte le materie dei tre anni di corso da portare, siamo rimasti colpiti da certi episodi, da certe frasi che poi ci hanno accompagnato tutta la vita come facevo cenno sopra, : la discesa di Odisseo nell’Ade, il prato ricoperto di asfodeli sul quale si allontana l’ombra di Achille, dopo che ha profferito l’invettiva “preferirei essere l’ultimo degli uomini, un porcaro alle prese coi porci nella terra riscaldata del sole, che il signore di queste ombre che la morte ha consunto” il remo scambiato per un ventilabro, nel paese immerso da nebbie, di uomini che non conoscono il sapore del sale” in primo liceo c’era un passo dove nelle Storie Erodoto, raccontava di un uomo alla corte del Re di Persia, che era perfettamente consapevole del disastro un cui stava andando incontro... incredibile a dirsi sono riuscito su internet a ritrovare proprio quel passo dove "l'uomo di Orcomeno“ riferisce a Erodoto quell'episodio ed io mi ricordo la traduzione che ne feci allora, enfatizzandone il significato con il professore di greco Di Salvo "colui che molto sa non ha potere su nessuno" un pò diversa dalla traduzione che se ne fa nel brano a seguito riportato, ma in sostanza lo stesso concetto. "quanto segue l´ho sentito raccontare da Tersandro, uno dei cittadini più illustri di Orcomeno. Mi raccontò Tersandro di essere stato invitato pure lui da Attagino ad un banchetto, a cui partecipavano anche cinquanta personaggi di Tebe. Gli invitati non si sistemarono su divani separati, ma su ogni lettuccio c´erano un Persiano e un Tebano. Dopo il pasto, mentre si beveva, il Persiano con cui divideva il posto gli chiese in greco di dove fosse e lui gli rispose che era di Orcomeno. Il Persiano allora proseguì: "Poiché sei stato mio compagno di tavola e hai brindato con me, voglio lasciarti un ricordo di ciò che penso, perché tu, preavvisato, possa riflettere bene su quello che ti conviene fare. Tu vedi questi Persiani che banchettano e l´esercito che abbiamo lasciato accampato sulle rive del fiume? Di tutti costoro fra non molto tu ne vedrai ben pochi ancora vivi\". Diceva così il Persiano, e intanto piangeva, piangeva. Tersandro meravigliato delle sue parole gli domandò: \"Ma non sarebbe il caso di dirlo a Mardonio e agli altri che, dopo di lui, godono di maggior prestigio fra i Persiani?\". Ma quello rispose: \"Straniero, quel che gli deve venire dal dio nessun uomo può stornarlo; e anche se dài avvertimenti degni di fede, nessuno vorrà prestarti ascolto. Siamo in tanti, fra i Persiani, ad essere convinti di ciò che si prepara e non ci opponiamo, obbligati dalla necessità. Ed è questa al mondo l´angoscia più odiosa: capire molto e sentirsi impotenti\". Questo sentii da Tersandro di Orcomeno; ed anche che ne aveva parlato subito ad altri, prima che avesse luogo la battaglia di Platea. Un pezzo che mi è rimasto particolarmente impresso negli anni grazie anche a quel professore del Meli di Palermo Di Salvo, che era giovane (34 anni) e capace di mobilitare l'interesse e financo l'entusiasmo sia pel greco che per il latino e che aveva con me un rapporto particolarmente affabile e scherzoso "Nardulli ego irrumabo te et pedicabo" mi faceva "e che significa professore?" "ignorante non conosci Catullo?" "si ma questa frase non l'ho trovata da nessuna parte!" "eh, eh!" faceva quello ridendo sotto i baffi "le cose migliori sono sempre occultate! attivati, fai ricerche" Niente! solo parecchi anni dopo mi capitò di leggere un'edizione integrale delle poesie di Catullo e ....limortacci sua quel marpione di Di Salvo ci era andato giù pesante e non ho mai avuto modo di rincontralo per dirgli "professore!!! si ricorda Nevio col suo "fato metelli Romae fiunt consules?" "Certo!" e si ricorda come risposero i Metelli al poeta?" Certo "Malum dabunt Metelli Naevio poetae" appunto!!!! e a proposito di quello che mi diceva al liceo, ci metta quell'irrumabo et pedicabo al posto di quel Malum e faccia un pò lei chi potrebbe essere oggi i Metelli e chi Nevio!"

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