Ovviamente adoro Alain De Benoist, ma a parte i suoi numerosi e sempre interessantissimi saggi, lo scritto che qui intendo prendere in considerazione e’ un’ opera ormai piu’ che trentennale di Francesco Germinario, uno storico italiano alquanto originale e direi anche controcorrente, che proprio sulla figura di De Benoist, campione di una nuova cultura che affronta i problemi della modernita’ anzi si dovrebbe meglio dire, della post modernita’ in maniera davvero esemplare, scagliandosi contro globalismo, egualitarismo e neo liberismo, ha impostato la sua analisi: tutto uno scibile che De Benoist ed anche io, e prima di noi Julius Evola consideriamo peculiare di una sinistra perfettamente inserita alla tradizione giudaico cristiana, nonche’ caratteristica di una cultura e civilta’ fondata sul danaro, sul commercio e l’economia, ovvero una societa’ che ha abolito tutti i valori che un tempo le comunita’ si scambiavano in nome di un unico solo valore di scambio. Il titolo del saggio “La destra degli dei e’ quanto mai significativo proprio per l’approccio diciamo così inusitato dato alla tematica che presuppone o forse pospone una locazione degli dei (non in centro, non a sinistra, ma a destra ). In verita’ la tematica anche se con questa veste originale non e’ di nuova fattura, ma e’ perlomeno dalla meta’ degli anni sessanta che ha proprio in De Benoist uno dei maggiori propugnatori, ha cominciato a diffondersi, prima in Francia e poi in tutta Europa - fondazione della Nouvelle Droite – Il G.R.E.C.E. (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne è nato nel 1968 che non è un movimento politico ma una scuola di pensiero. Le attività che la contraddistinguono da ormai più di cinquant’anni (pubblicazione di libri e di riviste, indizione di convegni e di conferenze, organizzazione di seminari e di università estive, ecc.) si collocano sin dall’inizio in una prospettiva metapolitica. La metapolitica non è un’altra maniera di fare politica. Non ha nulla di una “strategia” mirante ad imporre un’egemonia intellettuale, né pretende squalificare altri possibili approcci o atteggiamenti. Si basa semplicemente sulla constatazione che le idee svolgono un ruolo fondamentale nelle coscienze collettive e, più in generale, nell’intera storia degli uomini. Il modo di procedere metapolitico è ancora oggi confortato da una riflessione sull’evoluzione delle società occidentali all’alba del XXI secolo. Si constata infatti, da un lato, la crescente impotenza dei partiti, dei sindacati, dei governi e dell’insieme delle forme classiche di conquista e di esercizio del potere, e, dall’altro, un’accelerata obsolescenza di tutte le linee di frattura che avevano caratterizzato la modernità, a cominciare dal tradizionale distinguo tra sinistra e destra. In un mondo in cui gli insiemi chiusi hanno ceduto il posto a reti interconnesse e i punti di riferimento si fanno sempre più vaghi, l’azione metapolitica consiste nel tentare di ridare un senso al più alto livello attraverso nuove sintesi, nello sviluppare al di fuori delle giostre politiche un modo di pensare risolutamente trasversale, ed infine nello studiare tutti gli ambiti del sapere al fine di proporre una visione del mondo coerente. Ora De Benoist ha tra i caposaldi della sua riflessione, proprio questa definizione di “meta politica” e non politica o peggio politicante, che lo porta ad radicale antiegualitarismo e una netta critica al giudeo-cristianesimo in favore del paganesimo. Secondo l’autore transalpino le ideologie affermatesi nella modernità sono “figlie” del monoteismo biblico; quindi il liberalismo, il marxismo, il nazionalismo di derivazione giacobina e illuminista, ma anche i totalitarismi che si sono affermati nel XX secolo fino ad arrivare ad un fenomeno relativamente recente, la mondializzazione capitalistica derivano dal biblismo di san Paolo e Abramo. Un altro tema ricorrente nella sterminata produzione saggistica di de Benoist, è il cosiddetto gramscismo di “destra”, per cui il filosofo francese riprende l’idea della conquista del potere culturale prima che di quello politico. Il paganesimo di de Benoist, osserva Germinario, è pertanto l’unica via che gli permette di essere a destra, in quanto, rifiutando la modernità, e vieppiu’ la post modernita’, si pone su una concezione ciclica o sferica del tempo in opposizione a quella lineare-vettoriale del progressismo e del monoteismo. Gli dèi per de Benoist rappresentano l’opposizione all’universalismo del Dio-unico del cristianesimo e di tutto quello che ne segue. De Benoist è stato molto criticato per il “differenzialismo” che, secondo i suoi detrattori non è altro che una forma di razzismo mascherato, ma una corretta analisi del suo pensiero ovviamente condotta sempre tenendo la destra, mostra come tutta la sua concezione sia a favore del mantenimento delle tradizioni, anche quelle di accezione non precisata di cui parlava Julius Evola e non stabilisce gerarchie di cultura, religione, costumi per tutte le razze ed etnie umane, rappresentando quindi un logico e idoneo precedente di quel mondo multipolare di cui un altro grande pensatore Aleksander Dugin va sempre piu' facendosi portatore
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