giovedì 25 aprile 2024

MA QUALE FESTA !?

 

Festa il 25 aprile? Anzitutto non e’ una data esatta, il 25 aprile non sanci’ ne’ la fine della guerra ne’ la resa di tedeschi o italiani della Repubblica di Salo’, e quindi non libero' alcunche', difatti tutto quello che dovrebbe rievocare avvenne solo parecchi  giorni dopo:  la fine della guerra con resa incondizionata addirittura l’8 maggio 1945. Semplicemente il 25 aprile inizio’ la ritirata dalle citta’ di Milano e Torino di truppe tedesche e italiane, ma rimasero parecchie sacche di resistenza in tutta l’Italia settentrionale,  Mussolini ad esempio venne fu ucciso  solo il 29 aprile e la repubblica Sociale tracollo’ senza neppure una resa ufficiale, mentre la X Mas non si arrese a nessuno , ma semplicemente smobilito’ e i suoi ufficiali a cominciare dal suo comandante Junio Valerio Borghese furono oggetto del massimo rispetto da parte dei membri del CLN, che li lasciarono liberi.  Una data quindi inesatta come un po’ tutta la storia della cosidetta resistenza, con una canzone-inno “Bella ciao” fabbricata a tavolino vent’anni dopo da raffinati  artisti e cultori di musica popolare : gli interpreti  del  Nuovo CanzoniereItaliano (Roberto Leydi, Gianni Bosio,  Fausto Amodeo, Michele
 Straniero, Sandra Mantovani, Giovanna Marini, etc.) che l’avevano presentata al Festival dei due Mondi di Spoleto del 1964, eventi di valore strategico molto dubbi e stradiscussi tanto da indurre il cte alleato Gen, Alexander a lanciare un proclama nel dicembre 1944 ove si invitava le forze partigiane dal desistere dalle loro azioni di guerriglia in quanto assai spesso contrastanti con la strategia degli eserciti regolari, un comando fortemente egemonizzato dal Partito Comunista e quindi operante per obiettivi politici di parte, anzi di partito, e infine, elemento che solo pochi (vedi Giampaolo Pansa)hanno cercato di mettere in luce, un intento strettamente vendicativo, assai spesso con motivazioni del tutto  personali, che ha fatto decine di migliaia di vittime, del tutto da estrapolare a fattori bellici, di cui irrilevanti sono i dati di riscontro. Insomma una resistenza che di resistente ha molto poco, per non parlare di una alea di spirito guerriero che ha una  indicizzazione di caduti e feriti irrilevanti, ascrivibili piu’ ad azioni di polizia e ritorsione, che  a reparti combattenti tra loro. Si e’ provato nel dopoguerra, specie negli anni sessanta quando le forze di sinistra si fecero piu’ pretenziose,  a stabilire una sorta di ideale nesso tra Risorgimento e Resistenza, ma in verita’ nell’immaginario collettivo della Nazione tale connubio non e’ mai passato. Questo in verita’ non perche’ vi e’,  come sembrerebbe di primo acchitto una troppa vistosa
sproporzione di valori e ideali tra i due mementi storici, quanto perche’ quella stessa sinistra che aveva caldeggiato la cosa si cominciava a rendere conto negli anni ottanta e novanta con la critica storica fattasi piu’ profonda e articolata che anche il Risorgimento era un movimento che aveva magagne grosse come una casa, anzi come intere citta’
 (vedi il film Bronte, le revisioni sulla Impresa dei Mille, il ruolo dei Rotschild nel finanziare il massone e faccendiere degli inglesi Conte di Cavour, l’altra faccia del fenomeno del cosidetto Brigantaggio nel sud italia che impegno’ le forze armate del nuovo Regno assai piu’ di quelle impiegate in tutte le campagne contro l’Austria  ) 
 La Resistenza non era una mammoletta, ma il Risorgimento con cui era stato tentato l'accostamento,  era forse addirittura peggio:  se sulla prima  pesava l'influenza di un partito, quello comunista  e una troppo spiccata partigianeria,  sul secondo  si stendeva l'ombra della massoneria e gli interessi di una potenza straniera l'Inghilterra, che aveva fatto dell'inganno e della mercificazione l'emblema del suo potere . La perfida albione, la nazione bottegaia come l'aveva definita Napoleone, si ripresentava sul panorama nazionale questa volta affiancata  dalla sua degna erede, gli iper consumisti e capitalisti per eccellenza ovvero gli Stati Uniti d''America : quell'Isola piu' grande che il filosofo e geo-politico Carl Schmitt aveva indicato  come naturale raccoglitrice dello spirito commerciale e quindi bottegaio inglese, ecco qui si che poteva allacciarsi una qualche associazione, dove a ben vedere il nostro Paese, l'Italia era sempre nella parte del complemento oggetto, la nazione da sfruttare da farci esperimenti, dal dominare tramite l'interesse economico : una terra di conquista per farne appunto una propaggine di bottega, una terra non di bottegai in quanto padroni di bottega, ma semplici garzoni . Ecco l'Italia che noi settantanove anni dopo dovremmo festeggiare  

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