mercoledì 10 febbraio 2021

GIOCO COME STORIA (ARCHE' DISCRETO E CONTINUO)

 

Avevo un amico carissimo, parecchio più grande di me, quindi un po’ fratello maggiore che un certo giorno cominciò ad inculcarmi la sua passione per il gioco…. dice il gioco come passatempo? con le carte? come costrutto e con regole? No, no …che avete capito, lui il gioco lo considerava nei suoi risvolti di approccio alla conoscenza, sia la conoscenza diciamo così letteraria/filosofica, sia quella scientifico/matematica. Era per lui sempre una questione di “gioco” con uno svolgimento però tipo” solitario” che per qualsivoglia scibile partiva da una configurazione iniziale di propria scelta per applicarvi via via una serie di regole inderogabili che andavano alla ricerca di una successione di strutture la cui dinamica aperta, periodica, ricorrente, rimandava all’andamento di tutti i fenomeni, sia quelli culturali che tecnici, andando ad appuntarsi su una sorta di necessità biologica che però si piegava ad accogliere anche dati non prettamente biologici, ma emozionali e di fantasia, tipo schemi, rituali, costrutti logici ma anche illogici. Come ho detto tutto rientrava in tale “gioco” e forse per questo era così facile per lui attrarre, portare sulla sue posizioni le persone che giudicava sufficientemente competenti da seguirlo. Be’ lo ammetto, dall’età di 13 anni io ero diventato una di queste persone, un ragazzetto studente della terza ginnasio, con qualche problemino psicologico di passaggio che mi portava ad essere fortemente ricettivo rispetto a discorsi, ragionamenti, riflessioni, ecco, non proprio convenzionali. Ripeto lui era parecchio più grande di me e lo avevo sempre visto affacciarsi nella mia vita, praticamente dalla mia nascita in quanto abitava al piano sopra casa mia, quello che non aveva più gli oblunghi e limitati balconi, ma un vero e proprio terrazzo sul quale si poteva andare in bicicletta o coi pattini tanto era sviluppato. “vuoi venire a fare un giro su da me “ mi aveva detto un pomeriggio vedendomi colla Legnano 28 “eh bum, questa è una Legnano 28 mica un triciclo!” gli avevo risposto, per convenire però appena dopo che quel terrazzo era davvero ampio sicchè potevi tranquillamente andarci anche a velocità in bicicletta, facendo solo attenzione a non andare a sbattere nella fontana coi pesci o nelle piante. Lo vedi anche quello con la bicicletta è un gioco e così lo aveva inteso lui cercando poco dopo di farmi passare dal divertimento ludico e tutto fisiologico di girare i pedali, staccare le mani dal manubrio, ad un gioco invero differente ove più che il fattore fisico di sperimentazione, mettici pure di allenamento corporeo, si passa a quello mentale, ove certo e’ sempre in primo piano il biologico, ma in una accezione più variegata, come ho detto all’inizio di approccio a tutti i fenomeni culturali e tecnici riconoscendovi sempre una sorta di esigenza biologica che dalla scelta del tema da affrontare e dalla sua referenziazione si piegava ad accogliere ogni valenza di settorialità “Vuoi che parliamo della bicicletta? No, piuttosto noioso vero? in bicicletta ci si va non se ne parla….ed allora passiamo a qualcosa di più interessante. Come vai in matematica? Male!? lo supponevo, va meglio in latino vero? Ebbene cominciamo a giocare , facciamo in modo di utilizzare lo schema che usi quando devi fare una versione e applichiamolo ad un teorema di geometria o ad uno di quegli odiosi problemi di matematica”. In famiglia non era da un giorno che si diceva che quel ragazzo che abitava al piano di sopra era una sorta di genio. Era venuto a stare ovviamente con la famiglia, una decina di anni prima, la madre tedesca di Germania alta bionda, il padre un ufficiale dell’esercito in servizio effettivo che era diventato amico di mio nonno essendo all’epoca, grosso modo ai tempi del ritiro dei tedeschi da Roma, come lui Colonnello pur avendo una quindicina di anni in meno, ma con l’aquila dello Stato Maggiore sul berretto. Eh si il ragazzo era in fama di genio, ma il padre era uno di quegli ufficiali che contano molto, a 43 anni si era guadagnato appunto il grado di Colonnello e non certo per merito di guerra, ma sembra che facesse parte di importanti uffici dello Stato Maggiore a livello tecnico, ma anche politico. Baistrocchi lo aveva considerato il suo pupillo e lo stesso dicasi di Pariani, ovvero i Capi di Stato Maggiore di prima della guerra, però lui sebbene avesse sposato una tedesca, oh dio se vogliamo andare per il sottile, non una tedesca di Germania, ma una austriaca, addirittura pare di un paese vicino a quello misteriosissimo dove era nato Hitler, nazista non lo era stato mai, anzi…. aveva fatto una certa fronda rispetto all’alleanza Italia Germania gia’ dal 1938, in cui paradossalmente era stato scelto come interprete per la visita di Hitler a Roma, dato che parlava perfettamente tedesco. Classe 1901 era entrato all’accademia militare di Torino con la Grande Guerra non ancora finita , uscendone Sottotenente del genio nel 1920, ma successivamente si era laureato in matematica ed era uscito tra i migliori ai corsi di Scuola di Guerra nei primi anni trenta , per essere inviato addetto a Berlino nel 1935 dove aveva appunto conosciuto la moglie che veniva da un paesetto austriaco . Tornato in Italia nel 1937 come ufficiale superiore, aveva via via accentuato la sua opposizione al nazismo senza nascondere le sue fortissime perplessità sull’alleanza, contrarissimo all’entrata in guerra era stato chiamato da Balbo in Africa Settentrionale, ma dopo la morte di questi era tornato in patria per assolvere solo a uffici tecnici di Stato Maggiore . Non aveva stima neppure della tanto strombazzata efficienza militare germanica e non aveva nessuna considerazione dei grandi generali tedeschi, Rommel in primis che considerava solo un passabile giocatore tipo “carta vince carta perde” Di concerto con alcune leve dello S.M. nell’ottobre 1943 aveva fatto finta di aderire al famoso discorso dell’Adriano del Maresciallo Graziani (anche di questi non aveva alcuna stima , per la verità gli unici Generali che degnava di una qualche considerazione erano il vecchio Maresciallo Enrico Caviglia e il suo ex superiore Federigo Baistrocchi ) e quindi si era trovato a dar di gomito con il comando tedesco, ma solo per favorire i programmi degli Alleati e di quel tanto di parvenza di Comando Italiano, sicchè appena liberata Roma era stato nominato Colonnello per meriti straordinari e il Luogotenente Generale del Regno Principe Umberto lo aveva insignito della croce di Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia . Ecco e’ proprio in questo periodo che si era stabilito nel palazzo dove abitavo io, al piano di sopra con la famiglia, la moglie austriaca trentatreenne con il figlio di 6 anni e una bambina di tre, ed è anche in questo periodo che aveva fatto grande amicizia con mio nonno che era un vecchio combattente dell’altra guerra, richiamato anche in quella presente, prima in Grecia come ufficiale superiore e poi con compiti non più di linea stante l’età, ma l’assegnazione a compiti di ufficio al Quartier Generale di Lubiana, dove pure non ce l’aveva fatto a passare scartoffie e avuto notizia che un convoglio, pieno di vettovaglie ma anche armi, munizioni e incartamenti proveniente da Udine era stato bloccato da forze partigiane titine, si era spinto nell’interno della foresta slovena per raggiungerlo e con una ardita manovra di sganciamento portarlo in salvo. In quella che era stata una perfetta ritirata strategica però la camionetta sulla quale esercitava la sua azione di guida e comando, era stata raggiunta da una granata e lui era rimasto gravemente ferito. Tra la vita e la morte per parecchi giorni il Comandante del Corpo d’Armata Generale Gastone Gambara che era stato suo commilitone negli alpini durante la Grande Guerra ed essendo rimasto suo intimo amico, malgrado la differenza di grado, dando per scontata la sua morte, lo aveva proposto per la medaglia d’oro al valore militare.
Le cose erano andate differentemente, l’edema cerebrale era rientrato e sia pure con molta lentezza andava rimettendosi per venire nell’estate trasferito all’Ospedale Militare prima di Udine e poi al Celio di Roma dove con la nomina per meriti eccezionale a Colonnello del Ruolo d’Onore era stato collocato in congedo, non ritenuto più idoneo a rivestire incarichi militari sia pure di sussistenza. I due Colonnelli con i loro 13 anni di differenza d’eta’ (mio nonno del 1888, il padre dell’amico di cui sto parlando del 1901) abitando nello stesso palazzo avevano fatto amicizia, ma c’era stato un ulteriore evento con relativo episodio che aveva cementato tale amicizia e che si collocava giusto a coincidenza con l’evento che aveva portato il secondo a venire a sistemarsi a Roma : la ritirata dei tedeschi da Roma, in particolare la ritirata lungo la via Aurelia.
Un carro armato della Wermacht si era infatti bloccato lungo la parte alta della via consolare nel tratto in cui dava di fianco ad un dirupo che accoglieva la ferrovia che si dipartiva dalla Stazione di san Pietro , in particolare si era bloccato a ridosso di una Villa patronale che affacciava per metà sulla via Aurelia e per metà sulla via Nicolò V, la Villa della famiglia Morelli, un facoltoso costruttore edilizio che era in società con un altro costruttore Sensi il cui figlio sarebbe divenuto nel dopoguerra un personaggio piuttosto famoso per essere a lungo Presidente della Società di Calcio Roma. Fu proprio questo ragazzo assieme al figlio del socio e proprietario della villa che si chiamava Morello e che era un Sottotenente della PAI , che si presentarono in casa di mio nonno ancora in convalescenza per indurlo a cercare di aiutarli a fare opera di convinzione verso l’ufficiale tedesco che stava cominciando a far minare il carro armato, dato che il suo ingombro nel mezzo della via pregiudicava non poco la ritirata lungo la via delle truppe. Tutti nel quartiere conoscevano le gesta ed anche il prestigio, la prestanza e l’imponenza del vecchio Colonnello degli alpini col suo oltre metro e ottanta di altezza, i baffi, lo sguardo fiero (somigliava ad un Vittorio De Sica più alto e robusto) laddove il cappello a larghe falde colla penna bianca, l’ampia mantella che portava fuori ordinanza fino a sfiorare gli speroni degli stivali, contribuivano non poco ad enfatizzare tale impressione, e quasi automaticamente i due giovani avevano pensato di rivolgersi a lui
“presto presto Colonnello, che quel capitano sembra non sentire ragioni, se fa brillare quel carro armato tutta la villa va giù e probabilmente anche i palazzi limitrofi” “e’ un capitano della Wermacht avete detto non delle SS !?” “si della Wermacht ha due croci di ferro” “Bene, andiamo!” fece non mancando di avvolgere, malgrado il caldo , con uno scenografico gesto l’ampia mantella attorno al corpo. Quello che il vecchio Colonnello disse al giovane capitano nessuno riuscì ad intendere per intero, ci fu chi disse che aveva fatto cenno appunto al fatto che un signor ufficiale della Wermacht non poteva uniformarsi ad un parvenu delle SS e portarsi come un volgare criminale, di certo la imponente presenza del vecchio combattente, il distintivo di invalido di guerra, i fregi delle ferite, i nastrini delle decorazioni, quella penna bianca che svettava sul cappellaccio d’alpino, un po’ tutto concorse al miracolo, il Capitano fece togliere gli esplosivi dal carro armato e con una serie di improvvisati pali ordinò di farlo rotolare lungo il dirupo, disponendo però una serie di argini per non farlo ruzzolare fino ai binari. Il giovane Colonnello di Stato Maggiore prese dimora sopra l’appartamento del vecchio Colonnello degli alpini all’incirca una settimana dopo questo episodio e fu tanta l’impressione che ne ebbe, che volle andare ad omaggiarlo, d’altronde bastò scendere una rampa di scale e così nacque quella conoscenza ch
e in breve si cementò in amicizia. Non essendo morto nel 43, mio nonno si vide declassata la medaglia d’oro in una medaglia d’argento e con il congedo oltre la nomina a Colonnello gli venne conferita la croce al merito di guerra; ora il nuovo amico che come detto era piuttosto influente nel nuovo consesso di Stato Maggiore fece in modo che per quell’azione di salvataggio della villa e dei caseggiati prospiciente gli venisse conferita nell’ottobre la stessa decorazione che Il Principe Umberto aveva conferita a lui : La croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia.

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