FEBBRAIO 2021 Eh si. Ne sono sempre stato convinto ... quel famoso episodio del Britannia nel 1992, in netta correlazione con quella buffonata iperpilotata di Tangentopoli, che hanno segnato la fine del patrimonio industriale, economico e monetario d’Italia IN EFFETTI PIÙ CI SI DOCUMENTA, PIÙ SI APPROFONDISCE....ecco che PIÙ SI EVINCE CHE SIAMO SEMPRE STATI pilotati, ingannati, raggirati, schiavizzati. Quello cui siamo arrivati oggi ha un cuore antico, proprio come diceva Carlo Levi 'il futuro ha un cuore antico ' e questo mannaggia mi dà proprio fastidio, perché allora davvero non c'è speranza.
Ecco prendiamo ad esempio cosa sono riusciti a fare in questo ultimo anno: inscenare la farsa e il colossale inganno di un virus, di una pandemia del tutto inesistenti e diffonderli così capillarmente nella paura della gente da assicurarsi la messa fuori gioco di un personaggio che contravveniva al loro progetto di schiavizzazione dell ‘intero pianeta, in nome di una diabolica alleanza tra consumismo e comunismo, che in verità si sono rivelati le due facce di una stessa medaglia.
Parlo di Trump, che al di la' del suo aspetto un pò pittoresco e folcloristico da Capitan America si è rivelato uno dei pochissimi individui nella storia del mondo capace di contravvenire agli squallidi dettami di alcuni magnati e le forze di cui facevo cenno poc'anzi(un consumismo e comunismo irrelati e un ipocrita buonista mentalità sinistrorsa come grimaldello per scardinare storia tradizione e libertà ) quindi uno dei grandi di ogni epoca, ma quelli veri non "i recitante di parte" tipo Smith, Napoleone, Cavour, Garibaldi, gli inglesi, io intendo i grandi che non si sono piegati al mercimonio, ovvero Metternich, Teyllerand, Radetzsky, Franz Joseph, Rodolfo d'Asburgo, Roosevelt Teodoro e Franklin Delano, Freud, Jung, Einstein, Bohr, Schrodinger, Keynes, Balbo, Grandi, Parri, Caffè , Merzagora, Mattei, Kennedy, Havel, Kuhn, Hamer e sai anche chi ci aggiungo a pieno titolo FRANCESCO COSSIGA L’ULTIMO VERO Grande Presidente del nostro Paese, tornato in questi giorni all’onore delle cronache per il lapidario giudizio che a suo tempo diede di Mario Draghi, l’uomo che oggi molti vedono come carismatico salvatore di una situazione apparentemente disperataQuel
giorno i massimi vertici dell’economia italiana – il presidente della Banca
d’Italia Carlo Azeglio Ciampi, il
ministro del bilancio Beniamino Andreatta (i due che dieci anni prima avevano
siglato il tragico “divorzio” tra Bankitalia e Tesoro), il direttore generale
del Tesoro Mario Draghi, i vertici
dell’Eni, dell’IRI, delle grandi banche pubbliche e
delle varie aziende e partecipate di Stato – si incontrarono al largo di
Civitavecchia sul panfilo della regina Elisabetta, il “Britannia”,con la crème
de la crème della grande finanza internazionale per
pianificare a tavolino il saccheggio dell’economia italiana, in primis
attraverso la privatizzazione e la liquidazione, a prezzi di saldo, degli
straordinari patrimoni nazionali. All’inizio degli anni Novanta, infatti, la quasi totalità del settore bancario e oltre un terzo delle imprese di maggiore dimensione in Italia erano ancora in mano pubblica: un’eresia intollerabile nel momento in cui si andava imponendo in tutto l’Occidente il dogma del liberismo e del mercatismo selvaggio. L’Italia aveva bisogno di una “terapia shock”, alla sudamericana, per essere ricondotta sulla retta via.Questo momento storico coincise con il “golpe bianco” di Tangentopoli, che poco prima aveva spazzato via praticamente tutti i partiti della prima Repubblica, spianando così la strada alla peggiore classe politica che questo paese abbia mai avuto, ovverosia a quegli esponenti dell’establishment italiano – Ciampi, Draghi, Amato, Andreatta, solo per citarne alcuni, che a loro volta erano espressione di uno “Stato nello Stato”, comprendente anche grandi aziende economiche ed editoriali, figure tecniche, movimenti della società civile, intellettuali e pezzi della magistratura – che da tempo sognavano di liquidare una volta per tutte il modello Stato-centrico italiano per mezzo del vincolo europeo, anche al costo di ridurre l’Italia a colonia dei centri di comando europei.
Pochi mesi prima dell’incontro del “Britannia”, infatti, era stato siglato il famigerato trattato di Maastricht, che impegnava l’Italia a una drastica politica di austerità fiscale e di abbattimento del debito pubblico. Ed è proprio facendo appello alle pressioni europee in tal senso che i privatizzatori nostrani giustificarono lo smantellamento dell’apparato industriale e di pianificazione pubblico italiano.
Fu Prodi artefice dello smantellamento dell’IRI in qualità di presidente dello stesso nel 1993-Erano obblighi europei! Mi [era] stato dato il compito da Ciampi che privatizzare era un compito obbligatorio per tutti i nostri riferimenti europei. In questa frase di Prodi è contenuto tutto il senso del vincolo esterno europeo, che ha agito (e continua ad agire) sia come pressione reale per riformare l’economia in senso neoliberale, sia come giustificazione per le élite nazionali, che a loro volta auspicavano quelle stesse riforme ma erano consapevoli che non sarebbero mai riusciti ad ottenerle «per le vie ordinarie del governo e del Parlamento», come disse Guido Carli, ministro del Tesoro al tempo della firma del trattato di Maastricht, cioè senza una pressione esterna che gli permettesse di aggirare i normali canali democratici.È così che in pochi anni venne svenduto un patrimonio inestimabile accumulato in quasi mezzo secolo di politiche pubbliche, privando l’Italia di una delle principali basi materiali della sua Costituzione: ovverosia ciò che fino a quel momento aveva permesso allo Stato di perseguire (con tutti i limiti del caso) politiche di sviluppo industriale, di orientamento dei consumi, di innovazione strategica, di coesione territoriale, di salvaguardia dell’occupazione. Non a caso è proprio in quegli anni che inizia il lungo declino dell’Italia, a cui verrà dato il colpo di grazia con l’ingresso nell’euro. A distanza di quasi trent’anni da quel tragico 2 giugno del 1992, sarebbe il caso di chiudere una volta per tutte questo triste capitolo della storia italiana, restituendo al popolo ciò che è suo: dai monopoli naturali come la rete autostradale e le reti energetiche – che negli anni sono stati smembrati e consegnati nelle mani di spregiudicati “prenditori”, che ne hanno ricavato rendite e profitti a scapito della qualità e dei costi dei servizi, e dunque a scapito di tutta la collettività – alle banche.Fino ad arrivare al bene pubblico per eccellenza: la moneta.
Fu Prodi artefice dello smantellamento dell’IRI in qualità di presidente dello stesso nel 1993-Erano obblighi europei! Mi [era] stato dato il compito da Ciampi che privatizzare era un compito obbligatorio per tutti i nostri riferimenti europei. In questa frase di Prodi è contenuto tutto il senso del vincolo esterno europeo, che ha agito (e continua ad agire) sia come pressione reale per riformare l’economia in senso neoliberale, sia come giustificazione per le élite nazionali, che a loro volta auspicavano quelle stesse riforme ma erano consapevoli che non sarebbero mai riusciti ad ottenerle «per le vie ordinarie del governo e del Parlamento», come disse Guido Carli, ministro del Tesoro al tempo della firma del trattato di Maastricht, cioè senza una pressione esterna che gli permettesse di aggirare i normali canali democratici.È così che in pochi anni venne svenduto un patrimonio inestimabile accumulato in quasi mezzo secolo di politiche pubbliche, privando l’Italia di una delle principali basi materiali della sua Costituzione: ovverosia ciò che fino a quel momento aveva permesso allo Stato di perseguire (con tutti i limiti del caso) politiche di sviluppo industriale, di orientamento dei consumi, di innovazione strategica, di coesione territoriale, di salvaguardia dell’occupazione. Non a caso è proprio in quegli anni che inizia il lungo declino dell’Italia, a cui verrà dato il colpo di grazia con l’ingresso nell’euro. A distanza di quasi trent’anni da quel tragico 2 giugno del 1992, sarebbe il caso di chiudere una volta per tutte questo triste capitolo della storia italiana, restituendo al popolo ciò che è suo: dai monopoli naturali come la rete autostradale e le reti energetiche – che negli anni sono stati smembrati e consegnati nelle mani di spregiudicati “prenditori”, che ne hanno ricavato rendite e profitti a scapito della qualità e dei costi dei servizi, e dunque a scapito di tutta la collettività – alle banche.Fino ad arrivare al bene pubblico per eccellenza: la moneta.
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