venerdì 29 novembre 2024

UMANESIMO E RINASCIMENTO LA PESTE NERA DEL MONDO

 

La storia che la stragrande maggioranza di libri, soprattutto quelli di scuola e anche di universita' ci hanno propinato sono un lungo e anche profondo inganno, o meglio una grande farsa con tanto di copione di messa in scena: magari ecco non proprio da sempre, ma perlomeno dal 1348 con l'occasione della  prima grande pandemia dell'occidente, e' da allora  che si e'  andati avanti con  tale  farsa che ha forse avuto, ecco nei tempi odierni, in questo secondo ventennio del terzo millennio la sua manifestazione piu' eclatante e piu' preoccupante.  Le revisioni della nostra storia si rendono quindi assolutamente necessarie se vogliamo uscire dall'attuale dittatura ideologica fondata sulla menzogna e anche  su tutti quegli pseudo punti di vista che fino ad ieri prevalenti possono ed anzi debbono presentare un carattere decisamente iconoclastico. E' di grande aiuto tornare al pensiero di uno studioso
realmente libero e originale quale solo un pensatore di "destra" puo' essere, come Julius Evola che affronta proprio il concetto di evoluzione secondo il suo reale andamento che e' stato di involuzione e decadimento. Giustappunto una delle prime revisione affrontate da Evola fu quella del cosiddetto Rinascimento: questo periodo difatti viene correntemente considerato come una delle massime glorie della storia universale ed in particolare  italiana;  forse non è stato il Rinascimento, più che una antichità troppo remota, a conferire all’Italia la dignità di madre delle lettere e delle arti? Certo: ma altrettanto vero è che non per ultimo alla “tradizione” del Rinascimento si deve il fatto, che l’Italia fino ad ieri valse sì come un meraviglioso paese delle lettere, dei musei e dei monumenti, però abitato da un popolo, che dal punto di vista etico e politico non godeva proprio della miglior fama. In ogni civiltà “normale” il centro non può cadere nelle lettere e nelle arti: esso cade invece nei valori ascetici ed eroici, in una salda severa formazione della vita aliena da “espressionismi”, nella quale i principii superindividuali, le opere e le azioni stanno al disopra della “genialità” e della soggettività del singolo. Non è detto che in sensibilizzazione intuitiva ai principii generali – in sé stessi superiori al mondo delle arti e della “creatività” – che stanno al centro di una determinata civiltà. Ora, proprio l’opposto si è verificato nella civiltà del
Rinascimento. In essa si è avuta una vera e propria orgia della soggettività “mediterranea” liberata da ogni vincolo, un pullulare tropicale di “creazioni” di ogni genere prive, in fondo, di ogni nesso unitario, non obbedienti ad un significato superiore, staccate da ogni forza formatrice politica o spirituale unitaria. Perciò, malgrado il suo splendore esteriore, la civiltà umanistica della Rinascenza rappresenta, da un punto di vista superiore, una caduta di livello, lo spezzarsi delle fila di una più seria e più profonda tradizione. Essa fu la controparte culturale e artistica di un individualismo disordinato, che si espresse politicamente nello stile delle Signorie e nelle eterne liti delle città italiane e dei loro condottieri. Essa contenne i germi, che dovevano dare a conoscere la loro vera natura nell’ illuminismo, nel razionalismo, nel naturalismo e in altri fenomeni della decadenza moderna. Infatti non è un caso che il Rinascimento goda di una predilezione non solo in ambienti letterari “neutri”, ma anche in ambienti massonici. Ancor parlando della famigerata Società delle Nazioni, in un congresso massonico internazionale, nel 1917, a Parigi, si celebrò “la rivolta, di cui l’umanismo della Rinascenza e la filosofia della grande rivoluzione francese sono le fasi salienti, più note e più prossime, e di cui lo spirito massonico esprime la stessa anima”. Il miraggio delle meravigliose creazioni del Rinascimento non deve in realtà far dimenticare il significato profondo relativo al fatto che la sua contemporaneità appunto con l’umanismo, col naturalismo e con la stessa Riforma, né deve far perder di vista la precisa funzione polemica e dialettica che tutti questi fenomeni, nel loro insieme e nella loro sinergia, ebbero di fronte alla precedente civiltà medievale. Chi non conosce la retorica della “affermazione della vita”, della “riscoperta della sacralità del corpo e della bellezza”, del superamento del “despotismo teologale e politico” e di tante altre espressioni di colorito fra l’immanentismo e il massonico che sono state applicate alla civiltà e al pensiero della Rinascenza? E lo stesso termine “Rinascenza” non svela già di per sé stesso l’istanza polemica, rivoluzionaria e antitradizionale ora accennata? Si rinasce da una morte o da un sogno: e ciò sarebbe stato il Medioevo imperiale, ghibellino, feudale e
dantesco; il Medioevo, che noi possiamo senz’altro chiamare ario e romano-germanico e che come tale, per noi, fu esso la vera Rinascenza. Là dove forze prima contenute rigidamente in una unità per via di una tensione superiore passano di nuovo allo stato libero, si può aver la sensazione ingannevole di una maggiore vitalità, di un dinamismo, di un risveglio. invece non si tratta che di dissoluzione e di dispersione centrifuga. Questo è il vero senso del Rinascimento. Non è che in esso si manifestasse una vita nuova e giovane: al contrario. Tutte le sue creazioni non si spiegano che sulla base della lesione della tensione metafisica e politica del precedente mondo imperiale feudale medievale: esse rientrano nella via di colui che – per usare l’espressione di Guénon – si e distaccato dai cieli con la scusa di conquistare la terra e, possiamo aggiungere noi, di scoprire l’“uomo”. A chi abbia un senso della “terza dimensione della storia” su tale base si rendono comprensibili altri fenomeni connessi all’epoca del Rinascimento; come per esempio l’intero ciclo delle “scoperte” e lo slancio dell’Europa verso le avventure e le conquiste transoceaniche. Quel potenziale, che prima si concentrava sulla direzione verticale, che trovava cioè il suo oggetto adeguato in valori trascendenti, nel punto in cui perdette contatto con tale punto di riferimento, si scaricò, per dir così, sulla direzione orizzontale, cioè nel dominio umanistico, fisico, naturalistico, particolaristico: da qui uno slancio senza precedenti, da qui l’orgia delle arti, delle lettere, del “pensiero”, della “libera soggettività”; da qui la espansione illimitata verso mari e terre sconosciute: ma, soprattutto, come conseguenza, da qui una fondamentale irrequietezza ed instabilità, una insoddisfazione che nulla varrà più a placare, quell’impulso, che Spengler dirà “faustiano” e che, a parte tutti gli orpelli intellettualistici, tradisce solo un male simile a quello del morso della tarantola. Non si può infatti placare con oggetti di questa terra un impulso cui poteva esser solo adeguata una realtà trascendente e l’approssimazione temporale ad essa, cioè l’Impero. Nel punto in cui l”uomo occidentale tradì la sua più alta vocazione, si è creato in sé stesso, nell’inquietezza e nell’insoddisfazione già indicata, la pena per questo tradimento.Da un altro punto di vista, col Rinascimento va a prender definitivamente il sopravvento una componente  “mediterranea”, individualistica, insofferente di ogni superiore principio di ordine, che già nel Medioevo era stata un focolare perpetuo di anarchia e di divisione, resistendo ad oltranza alla renovatio romani imperii, al tentativo romano-germanico di formare l’Occidente cristiano secondo una superiore concezione. Là dove nella civiltà dell`alto ghibellinismo, nell’etica feudale dell’onore e della fedeltà, nell’ideale umano dei grandi ordini Cavallereschi, nel simbolo ascetico-guerriero del crociato e così via tornarono ad imperare, in Occidente, vene della razza “solare” dell’uomo ario, ario-romano e nordico-ario, nella civiltà del Rinascimento venne invece al primo piano la razza obliqua  dell’uomo “bottegaio" Chi non ricorda la ballata di Lorenzo de Medici che sottolinea la caducità dell’esistenza e conclude con le parole: «chi vuol esser lieto, sia – di doman non v`è certezza»? Questa è la controparte pratica della “grande parata” dei creatori di quel periodo: è l’antitesi di quel senso dell’eterno e di quella volontà dell’eterno, che caratterizzò l’alto Medioevo. Qui deve anche esser chiarito l’equivoco di coloro che pensano davvero che la Rinascenza sia stata una ripresa dell’antichità classica e “pagana”: ciò che fu ripreso, effettivamente, furono solo gli aspetti negativi, già decadenti e “afroditici”, esterioristici e razzialmente sospetti della civiltà antica, non quelli originari, eroici, sacrali, tradizionali. Non Sparta e non il simbolo dorico, ma Atene e Corinto. Non la Roma sacrale e catoniana, ma la Roma ellenizzata e soprattutto il crepuscolo dell’antichità: il mondo ellenistico-alessandrino. In più, nella Rinascenza mancavano i presupposti per poter cogliere e discriminare quel che di valido, malgrado tutto, poteva sussistere perfino in questa parte del mondo antico Oltre che di un uomo “afroditico”, abbiamo parlato di un uomo prometeico. Ad esso si riferisce propriamente l’umanesimo della Rinascenza. Contro quel si è or ora detto, qualcuno, a testimoniare la ripresa di elementi spirituali e perfino iniziatici del mondo antico da parte della Rinascenza, potrà citare nomi, come quelli di Bruno, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola. La funzionalità di simili elementi nella Rinascenza, peraltro, si connette proprio a quanto di più oscuro ha agito in una tale epoca. Noi abbiamo infatti un vero e proprio processo di inversione consistente nel materializzare lo spirituale per divinificare la materia, Dio divenendo l’uomo e l’uomo divenendo Dio. Questo, in fondo, è il senso ultimo dell’Umanesimo. Questo è l’oscuro mistero che fu celebrato in sette e in gruppi occulti, i quali dovevano continuarsi proprio nella massoneria e qui tradurre senz’altro in termini di una azione sovvertitrice politica metodica e cosciente la “tradizione” da essi ricevuta. Si ricordi che la stella sia dei Massoni che dei Soviet, simbolo dell’uomo bottegaio e anche  collettivizzato e materializzato onnipotente e senza Dio, è un simbolo magico che proprio nei gruppi iniziatici
dei quali non pochi esponenti della Rinascenza subirono direttamente o indirettamente l’influsso, è un segno, tra i tanti, della inversione propria all’“umanismo”, culto terrestre dell’uomo divinificato. Bisogna rendersi dunque conto che la sovversione combattuta oggi nelle sue forme estreme dalle nostre rivoluzioni restauratrici, ha avuto origine  nella Rinascenza, secondo le intime connessioni di essa con l’umanesimo, la riforma e il naturalismo. Non siamo partiti dal punto di vista artistico, quindi il valore che nel dominio tecnico delle arti hanno la creazione della Rinascenza resta del tutto impregiudicato. A chi esplora la “terza dimensione” della storia, ciò non impedisce tuttavia di riconoscere, che lo splendore apparente, l’opulenza e la genialità di simili creazioni sono valse, un po’, come le cortine di fumo che in una guerra moderna talvolta si usano per coprire una avanzata. E l’avanzata è stata di forze, nelle quali chi oggi si sente compenetrato da una nuova serietà, da una nuova volontà di formazione ario-romana tradizionale e virile del carattere e della vita,  difficilmente saprebbe riconoscersi.

giovedì 28 novembre 2024

LA DISTORSIONE FONDAMENTALE

La grande distinzione  nella percezione di un evento, qualsiasi evento buono o brutto che sia, ma soprattutto brutto,  e’ la tendenza dell’individuo e spesso e volentieri di un gruppo, di una comunita’, financo di un intero Paese e come abbiamo visto in tempi recenti (2020) di una quasi totalita’ del mondo conosciuto,  ad attribuire  la causa di tale evento al proprio comportamento, cioe’ all’interno di se’  o piuttosto alle condizioni del fuori da se’,  ambientali, sociali, insomma esterne. In psicologia  si parla di luogo del controllo e fu sancito verso la meta’ degli anni cinquanta da uno psicologo comportamentale statunitense  Julian Rotter che sviluppo’ la “teoria dell’apprendimento sociale” giustappunto imperniata su questo luogo di controllo interno/esterno denominandolo “Locus of control. In verita’ in filosofia si e’ sempre argomentato su questa sorta di alternativa tra interno ed esterno , un po’ la res cogitans e la res ex-tensa di Cartesio, o anche il diverso approccio al calcolo infinitesimale di Leibniz (la vis viva come dentro di se’) e la modalita’ tutta esteriore dal mondo delle cose di Newton, Kant
con le sue distinzioni tra cosa in se’ noumeno e fenomeno. Ovviamente questo distinguo e’ vivissimo nel caso della malattia che e’ con tutta probabilita’ l’evento che maggiormente incide sulla vita delle persone in quanto pregiudicativo della salute e quindi del benessere della persone e di conseguenza; una inusitata diffusione della malattia, una epidemia o pandemia,  come che la si voglia chiamare,  e’ giocoforza la quintessenza del diverso modo di approcciare  questo “locus of control” . Dicevo che lo abbiamo toccato con mano in questi ultimi anni con quanto accaduto al mondo intorno al 2020 e protrattosi acutamente per due anni, per declinare progressivamente, ma con ancora degli strascichi in
questo preciso momento in cui si scrivono queste note (novembre 2024). Hanno dato un nome diverso,  a chi si rapportava riguardo alla epidemia:  non piu’  di “diretto dall’interno”  o “diretto dall’esterno” come Leibniz o Newton, o come un qualsiasi esempio di  test di psicologia, usando terminologie spesso e volentieri sprezzanti che richiamavano esempi di precedenti e similari conflittualita’ sanitarie, anche molto indietro negli anni,   tipo “untori” “monatti”, rispolverando diverse “colonne infami”  e quant’altro,  divenuti “negazionisti” “complottisti” “no vax”, per coloro che non riconoscevano la causa esterna al proliferare del presunto virus e meno che mai ne riconoscevano la cura nei cosidetti “vaccini”. Piu’ che mai questi ultimi 4 anni hanno dunque provocato una netta distinzione in merito a questo “Locul of control” lasciando pero’  trasparire precise indicazioni di merito e di giudizio: dalla parte della res Extensa cioe’ dal “diretto di fuori” la gran massa delle popolazioni di tutto il mondo irretite dai mezzi di comunicazione servi di un potere oligarchico di stampo iper capitalista  ha fatto quadrato sulla veridicita’ della malattia, attenendosi solo a un certo “sentito dire” una sorta di significante maligno, quale appunto quello dei cosidetti “media”  e soprattutto ne ha avallato con fanatico pecoronismo la indiscriminata somministrazione favorendo così i fortissimi interessi economici delle classi di potere, e probabilmente anche di  egemonia e controllo sulla popolazione, indubbiamente un qualcosa  di forte  stampo distopico, alla romanzo di Orwell o di Huxley. Dall’altra, una minoranza che ha contrastato con vigore tali intenzioni e per questo e’ stata fatta oggetto di un ostracismo e  di un’avversione di livore estremo, che probabilmente per i caratteri di universalita’ della cosa, non ha riscontri nella storia del genere umano. L’inciso di tutto l’assunto di quanto finora descritto, lascerebbe pensare che alla fin fine il potere e la maggioranza, niente affatta silenziosa, ma anzi livorosa e prevaricatrice abbia avuto partita vinta, ma per uno di quei casi misteriosi del destino, della storia, possiamo anche chiamarla provvidenza, ad un certo livello dell’intera operazione mediatica qualcosa e’ venuto a mancare e i fautori del “controllo esterno” ovvero di tutto cio’ che veniva dal di fuori della persona “virus, batteri, esperimenti di laboratorio e altre idiozie del genere” hanno cominciato a indietreggiare. Cosa e’ veramente successo? Nessuno puo’ dirlo con esattezza , io personalmente propendo per la tesi che “non si sono messi d’accordo!” non credo difatti alle tesi del “pueblo unido” che non saraì mai battuto, mai e poi mai una rivoluzione, una sommossa,una guerra, un qualsiasi cambiamento sociale e politico, non e’ stato manovrato dall’alto, da poteri piu’ o meno occulti che hanno fatto della storia solo un teatrino a loro uso e consumo con copione prefissato: anche questa farsa del “corona virus” non e’ stata differente da altri eventi similari, solo che probabilmente la posta in gioco (un controllo attraverso l’emergenza sanitaria dell’intera popolazione mondiale) era davvero troppo e tra gli stessi artefici di tutto il meccanismo non si e’ trovato il necessario accordo di come gestire questo
enorme e, diciamolo pure, inusitato investimento. Ma io andrei ora a investigare  quella differenza tra interno ed esterno,  scegliendo appunto lo specifico della malattia ispirandomi magari ad un articolo dell’amico Mauro Sartorio tra i piu’ rilevanti seguaci di Rick Geerd Hamer e delle sue 5 Leggi Biologiche in merito a cosa significa schierarsi da una parta interna invece che cedere alle lusinghe delle componenti esterne di un evento diffatti sostiene giustamente Mauro, il modello delle 5 Leggi Biologiche introduce numerosi elementi di novità nella scienza e nella cultura odierna per cui  possiamo oggi operare  una revisione del concetto fornendogli una accezione nuova e applicata all'ambito della salute. Finora diffatti la cosiddetta "malattia" era un male che dapprima si pensava inviato dalla malasorte o come punizione dagli dei, poi si pensava provocato dalla malignità di certi organismi microscopici e invisibili, poi da un malfunzionamento della macchina biologica, poi da un "difetto di fabbrica" genetico ereditato. Diciamo quindi che il male il "male" aveva sempre una origine esterna e  poteva essere controllato e vinto solo proteggendosi da esso con strategie che non a caso incontravano, o meglio si sposavano integralmente con gli interessi economici, industriali e finanziari dei vari Rockfeller, Rotschild, Morgan, Gates, Soros, e quindi  grandi societa’ multi finanziarie come Big Pharma, Vanguard, per cui riprendendo la teoria di  Rotter   il locus of control della malattia è sempre stato esterno senza eccezioni. Ora il paradigma 5LB impone un ribaltamento prospettico: prima di tutto la "malattia" non è un male ma come sostiene Hamer  la manifestazione di un programma biologico sensato; in secondo luogo i sintomi sono risposte dell'organismo alla percezione che esso ha di situazioni ambientali,  ovverose passiamo dalla res extensa alla Res cogitans , cioe’ all’interno di noi la malattia e vieppiu’ una epidemia che e’ malattia di molti   non è più qualcosa fuori controllo da cui difendersi, ma ha a che fare con un conflitto tra percezione interiore e condizione situazionale, e ciò sposta completamente il baricentro della concezione di salute. Se è pur vero che l'elemento ambientale improvviso e inaspettato, quindi esterno, è essenziale ad attivare il processo, esso prende il significato di traumatico e scioccante solo per una disposizione percettiva interiore del soggetto. Infatti non è vero, per esempio, che tutte le persone avranno un tumore a causa di una separazione da un proprio caro; è vero invece che la risposta tumorale si innesca quando la separazione è percepita drammaticamente con un significato soggettivo specifico, il quale attiva la risposta sensata di un organo altrettanto specifico per la situazione. Ecco dunque che dalla scoperta delle 5 Leggi Biologiche il locus of control della malattia si sposta per la prima volta e inderogabilmente all'interno. Poiché siamo a cavallo di una importante rottura epistemologica nell'evoluzione scientifica, è ovvio e comprensibile che oggi le procedure sanitarie procedano per inerzia e necessità con un locus totalmente esterno, nella lotta contro virus e batteri, ma vieppiu’ contro cancro e affezioni genetiche   Possiamo concludere quindi,  assumendo il
DISTORSIONE COGNITIVA = BIAS

punto di vista di Hamer riportato da Mauro Sartorio, che la tendenza di attribuire la causa della malatta a fattori esterni e’ una grandissima distorsione cognitiva (secondo Rotter : BIAS) anzi un vero e proprio errore fondamentale di attribuzione, che applicato al paradigma delle 5 Leggi Biologiche
si ha in tutte quelle circostanze  in cui ad un sintomo si attribuiscono cause esclusivamente esterne, e si cercano ossessivamente solo quelle, ignorando completamente gli aspetti interiori della risposta mente-corpo. Va notato però che  l'errore fondamentale di attribuzione si pone per la "malattia" ma anche per la "guarigione" che non e ‘ mai determinata dall’esterno (quindi ne’ farmaci, ne’ medicine, ne’ tantomeno vaccini ) ma sempre e solo da una corretta interpretazione di quel  rapporto tra mente e corpo, che dovrebbe essere sempre il primo dei nostri intendimenti .

 


lunedì 25 novembre 2024

UNA TRADIZIONE MORTIFICATA

 

Oggi 25 novembre anniversario della nascita di mio nonno Mario Nardulli (1888) , riadatto un mio vecchio articolo, rivedendo un tantino la storia di una tradizione : quella degli alpini: E’ nel contesto di dopo la terza guerra di Indipendenza del 1866 che aveva visto una nostra non esaltante prova militare (la prima del nuovo Regno) sconfitti per terra (Custoza) e per mare (Lissa) ma che grazie alla vittoria dell'esercito Prussiano su quello austriaco a Sadowa, ci aveva portato all'annessione del Veneto, che nel 1872 il capitano Giuseppe Perrucchetti  propose la costituzione di un nuovo corpo militare con peculiarità assai specifiche, quello della difesa dei valichi alpini, fidando sulla appassionata benevolenza di un politico come Quintino Sella allora Capo del Governo che era un appassionato montanaro, tra i fondatori del Club Alpino (il Cai) e del Ministro della Guerra il Gen. Cesare Ricotti Magnani anche lui appassionato montanaro: fu proprio quest’ultimo che avendo particolarmente apprezzato un articolo del capitano Perrucchetti sulla Rivista Militare in merito alla costituzione di reparti addetti alla difesa alpina, trovò l’escamotage per la costituzione del nuovo corpo, predisponendo  la costituzione di 15 compagnie di soldati a  reclutamento regionale presso i 10 corpi d’armata in cui  era suddiviso il territorio nazionale, con compiti mascherati da  militari distrettuali, per ovviare alle opposizioni che sarebbero certamente arrivate se fosse stato proposto chiaramente l’istituzione di un nuovo Corpo militare, in un periodo di forti ristrettezze economiche e dove appunto per bocca dello steso Capo del Governo le tali economie dove essere “fino all’osso”  La caratteristica principale del nuovo Corpo che in prima istanza si doveva contentare di sole 15 compagnie, era appunto il tipo di reclutamento, non nazionale, ma regionale, anzi addirittura locale, perché, e su questo punto il Perrucchetti era stato chiaro, la cosa più importante per un impiego tempestivo a livello di difesa montana doveva essere la velocissima mobilitazione dei complementi, quasi con il fucile da portare a casa, come faceva l’esercito svizzero. Nascevano così gli alpini nell’ottobre del 1872 con un Regio Decreto di Vittorio Emanuele II in data 15 ottobre 1872 , abbiamo detto, quasi di soppiatto: 15 sperimentali compagnie  che però pochissimi anni dopo nel 1878, con il nuovo Re Umberto I  venivano portate a 36 inquadrate in 10 battaglioni che assumevano la denominazione dei luoghi di reclutamento. In quanto all’uniforme era del tutto identica a quella della fanteria, con l’adozione del colore verde come sorta di distintivo, qualcuno dice per il verde delle montagne, ma le montagne specie ai confini sono per lo più ammantate di neve e quindi a rigore il colore avrebbe dovuto essere il bianco, però, e forse qualche dotto studioso era andato a ritrovare che ai tempi di Augusto esisteva una  “Legio” , detta dal nome della famiglia dell’Imperatore  Augusto: Julia, con peculiarità di difesa montana che adottava il verde come colore distintivo. E verde sia, per le bande dei pantaloni, per le filettature della giubba ed infine anche per le mostre nel 1883 in correlazione con il nuovo simbolo dello stesso Esercito italiano: le stellette. Gli ufficiali continuavano a portare il kepì con le strisce argentee del grado e i Generali la Greca su fondo rosso, ma i soldati, ecco i soldati non ne vollero quasi subito sapere del banale kepì; volevano distinguersi anche e soprattutto nel copricapo da quella che proprio allora cominciavano a chiamare “la buffa” ovvero la fanteria.

Cento penne ha il bersagliere” diceva una delle prime canzoni degli alpini “ma l’alpin ne ha una sola, penna d’aquila, penna nera….” bhe magari proprio all’inizio la penna non fu d’aquila, ma di corvo e comunque la sua origine di adottarla come corredo necessario e imprescindibile del cappello, dato che si voleva enfatizzare  la costituzione del nuovo corpo militare, il primo del nuovo Regno d’Italia con un richiamo a qualcosa del Risorgimento, fu scelto il copricapo del protagonista dell’Opera Ernani di Verdi, che aveva giustappunto una bella penna sul lato, così come enfatizzato dal famoso quadro “Il bacio” di Hayez, anche se il cappello ivi ritratto somiglia più a quello che fu scelto una quarantina di anni dopo piuttosto che quello detto “alla calabrese” in feltro nero a tronco di cono  con la tese rialzate,che fu adottato come copricapo delle nuove truppe, per motivi anche essi legati al Risorgimento, dato  che nel 1848 era stato addirittura proibito in un’ordinanza della Polizia di Milano per il suo carattere sovversivo, cui i patrioti solevano mettere, proprio dal lato sinistro della tesa rialzata,  piume, pennacchi, penne appunto, per aumentare lo sbeffeggiamento delle autorità. Come  fregio fu dapprima disposta una stella a cinque punte , ma ben presto una quanto mai fastosa aquila ad ali a metà tra spiegate e abbassate, con croce sabauda e cornetta e fucili incrociati.
Dieci anni dopo la loro costituzione nel 1882, furono istituiti i primi sei reggimenti alpini, di cui uno dei comandanti fu il futuro Generale e Capo del Governo, all’epoca Colonnello Luigi Pelloux. Oramai gli alpini erano entrati nell’oleografia militare dell’epoca, ne parla De Amicis nel libro “Cuore” e fece scalpore una marcia attraverso i monti dell’allora Capitano Davide Menini con la sua compagnia per rendere puntuali omaggi alla Regina Margherita nel 1881.
Proprio questo ufficiale Davide Menini, divenuto Tenente Colonnello doveva caratterizzare il battesimo del fuoco del Corpo, non tra le montagne o le valli alla cui difesa gli alpini  erano stati predisposti, ma tra le ende, gli acrocori  i tondeggianti colli e gli sterminati valloni etiopici, giù in terra d’Africa. Era difatti stato nominato Comandante  del primo battaglione  alpino d’africa, un organico di circa 1000 uomini  con 20 ufficiali. Gia’ in precedenza  degli alpini erano stati inviati in Africa, ad esempio il famoso Galliano, distintosi in più occasioni e divenuto leggendario nella difesa del forte di Makallè, era un ufficiale proveniente dagli alpini, ma  era la prima volta in quell’inverno del 1895, che un intero battaglione tutto di alpini veniva impiegato  in operazioni belliche. Anche in Africa gli alpini non avevano rinunciato alla loro penna e l’avevano applicata sul casco coloniale, che era ricoperto di panno colore bianco, ingiallito, come d’altronde le uniformi coloniali, in bagni di foglie di tè. Battesimo del fuoco quanto mai tragico in quanto il battaglione che era stato inquadrato nella Brigata di Riserva del Gen. Ellena, tentò di tamponare la avanzata abissina nell’infausta battaglia di Adua, presidiando il Colle Rajo  e opponendo una strenua resistenza che costò la vita a oltre 400 alpini, ivi compreso il suo comandante e a
numerosi ufficiali tra cui uno dei comandanti di compagnia, il capitano Pietro Cella, che fu la prima medaglia d’oro al valor militare, ovviamente alla memoria, della storia del Corpo. Perché gli alpini abbiano nuovamente a che fare con battaglie  si dovrà attendere una quindicina di anni e nuovamente in Africa, non in Etiopia, ma in Libia e Cirenaica, ma in questi 15 anni molte cose erano cambiate: anzitutto le uniformi, non più turchine o blu per gli ufficiali con gradi a fiore sulle maniche, ma grigioverdi  e anche il cappello si era modificato, non più alla calabrese, ma sul tipo di quello usato tra i montanari, con le falde assai più larghe, grigioverde anche questo, di panno e floscio con la penna che i veci portavano in genere molto lunga a “bilanci’arm” come si diceva in gergo. A rigore anche gli ufficiali potevano utilizzare lo stesso cappello con penna nera d’aquila fino al grado di Capitano, bianca d’oca da Maggiore in su, ma per la verità preferivano il berretto a tuba, che era un chepì assai più rialzato, sempre con i gradi a fettucce, lasagne e greca  tutt’attorno, aboliti i gradi sulle maniche “ a fiore” si portavano ora sulle controspalline a stellette, una due e tre  fino a capitano, mentre gli ufficiali superiori portavano la controspallina bordata, sempre con le stellette e i Generali interamente bianco argenteo dove solo il Re arrivava a tre stelle in quanto Generale d’esercito, mentre anche il Capo di Stato Maggiore e  i comandanti di Corpi d’Armata e poi d’Armata arrivavano solo a due che contrassegnava il grado di Tenente Generale, dove il ruolo di Superiore Comando era dato da una corona dorata e  bordata di rosso situata tra le due stelle. Una evoluzione che era cominciata proprio dagli alpini nel 1906 con il cosidetto “plotone grigio”; la risonanza dei terribili massacri della guerra Russo Giapponese avevano difatti sollevato la questione  della mimetizzazione e del colore troppo vistose delle nostre uniformi. Non era un problema solo nostro, i francesi iniziarono la grande guerra con i famosi “pantalons rouges” che erano una pacchia per le mitragliatrici tedesche, e anche le altre nazioni europee non erano da meno in quanto a rutilare di colori.
Fu un borghese certo Luigi Brioschi,  presidente della sezione milanese del Cai, che perorò con fervore la causa dell’adozione di un colore più mimetico per le truppe , riuscendo a portare dalla sua parecchi ufficiali tra cui il Tenente Colonnello Donato Etna che era il comandante  del battaglione alpino Morbegno, che a sua volta riuscì a farsi  autorizzare a eseguire una sperimentazione di un plotone vestito con la nuova uniforme mimetizzata che venne “provata” al poligono di tiro in relazione a quella ordinaria. La divisa non era ancora il grigio verde che verrà però adottato di li’ a poco, ma aveva una tinta più color creta, con giacca chiusa bottoni coperti e colletto rivoltato, pantaloni sbuffati  con calzettoni o le celebri e famigerate fasce mollettiere che costituiranno la disperazione di tutte le leve a venire fino alla seconda guerra mondiale. L’esperimento suffragò le tesi di Brioschi che nel suo fervore era andato anche a scomodare Dante Alighieri perché nel suo inferno aveva fatto assumere a dei dannati che dovevano perdersi nel panorama, lo stesso colore delle rocce; ad una distanza  stabilita difatti il manichino con indosso  la vecchia uniforme veniva centrato 8 volte da tiratori scelti del plotone, mentre  quello con la nuova uniforme una volta sola. Le sagome erano state disposte in vari modi, a terra, in ginocchio e in piedi, inoltre dopo  500 metri, mentre la vecchia uniforme soprattutto in piedi era ancora perfettamente individuabile, quella grigia  si confondeva col terreno  e in piedi era stata colpita solo tre volte  contro le 24  di quella turchina. Ovvio e naturale che di lì a poco, l’esempio di quel  cosidetto “plotone grigio” fu seguito per tutto l’Esercito, influenzando tutti gli eserciti del mondo che presero spunto dal modello italiano.  In Libia dunque  l’esercito si presentava  nella nuova tenuta, certo qualche ufficiale adottava ancora la
vecchia uniforme , molto più marziale e oggettivamente assai più bella , ma oramai erano  una minoranza e anche i Generali indossavano il grigio-verde, che alla fine era stato giudicato il colore mimetico più adatto al tipo di terreno italiano. Coll’inizio della guerra con la Turchia, gli alpini  vennero inviati un pò alla spicciolata, ma l’anno seguente  si fecero le cose più in grande, non più compagnie o  battaglioni, ma un intero reggimento:  l’8° posto agli ordini di un Colonnello che diverrà una leggenda Antonio Cantore, e questa volta non ci sono disfatte, anzi l’8° rgt° alpini si era distinto in numerose occasioni e il suo irruento comandante anche se costantemente tenuto a bada dal Gen.Tommaso Salsa comandante della Divisione che era uno dei migliori ufficiali dell’Esercito, già Ispettore delle Truppe alpine,  si guadagnerà la promozione a Maggior Generale alla fine della campagna. Un’altra medaglia d’oro per un un alpino, e questa volta non alla memoria, il tenente Giovanni Esposito, che ritroveremo in Grecia nel 1941 Comandante della Divisione Pusteria e un fatto passato alla leggenda e ratificato in un monumento che ancora oggi è presente in Milano e in copia anche a Merano, quello di un
mastodontico alpino Antonio Valsecchi che durante un assalto alle difese avanzate di Derna in  un Ridottino denominato Lombardia, esaurite le munizioni sollevò un grande masso scagliandolo contro gli assalitori, presto imitato dai suoi commilitoni che riuscirono a respingere e mettere in fuga il nemico. Questo alpino Antonio Valsecchi di Civate (Como) cl.1888 venne decorato solo di una medaglia d'argento al v.m. come si vede nella foto che lo ritrae ad un raduno, dove la medaglia spicca sul bavero della giacca, ma e' stato l'unico uomo che si e' visto dedicare un monumento ancora vivente. Gli alpini nella prima guerra mondiale sono oramai troppo inseriti nell’immaginario collettivo di quella guerra, per aggiungere qualcosa. Solo alcune precisazioni: anzitutto quella del Gen. Cantore  che dopo appena pochi mesi di ritorno dalla Libia, si trovò Cte di Brigata in Trentino e subito diede  un diverso impulso alle direttive rigorosamente difensive affidate alla 1^ Armata dal Gen.Cadorna: conquista di Loppio, Mori e soprattutto della importante cittadina di Ala; tanto era bastato per il famoso “promoveatur ut moveatur” ovvero  nomina a  Cte di Divisione e trasferimento in Cadore all’8^ Armata , ma anche qui, il lupo perde il pelo, ma non il vizio: la sua fissa era  la cima del Castelletto e dilagare per la Val Travenzes, così non passava giorno che non facesse  ispezioni, controlli di postazioni e soprattutto non cessasse di guardare lontano col suo cannocchiale, oltre i Monti, l’Antelao, le Tofane, le vallate, alla ricerca di un varco dove far avanzare gli uomini della sua Divisione. Un po’ troppo, forse soprattutto per i suoi sottoposti, costretti a tenere il passo di quella specie di invasato. Il cecchino che si dice lo abbia centrato in piena fronte  quel giorno del 20 luglio alla Forcella Negra dellaTofana di Rozes, non e' mai stato identificato e fin dall’inizio le perplessitàsu quella strana pallottola con il foro sulla visiera, ha sollevato
non pochi dubbi. Cantore era un ufficiale espertissimo e se si esponeva così platealmente oltre le trincee è perché sapeva bene che i cecchini in quel punto erano fuori tiro, tant’è che prima del colpo fatale, ci fu un colpo che arrivo’ oramai innocuo a 20 metri dalla posizione del Generale, ma  se i cecchini in quel punto erano fuori tiro non altrettanto si poteva dire dei numerosi costoloni  a ridosso della trincea , posti a pochi metri  e saldamente in mano italiana: da lì sarebbe stato uno scherzo per chicchessia centrare in piena testa il Generale, e neppure servendosi di un fucile, ma di una semplice Beretta o Glisenti, le pistole in dotazione  agli ufficiali italiani. Ci fu anche un indagine pochi giorni dopo il fatto con tanto di venuta di un ufficiale dei carabinieri, ma  fu conclusa in tutta fretta, appena dopo il funerale del Generale a Cortina, dove specie gli ufficiali superiori erano in preda ad una curiosa euforia e come disse un testimone oculare, l’unica nota di tristezza  della cerimonia era il cavallo bianco del Generale tutto bardato, ma senza cavaliere. La voce che Cantore potesse essere stato ucciso da “fuoco amico” e con piena intenzione specie da qualche immediato sottoposto che era stato particolarmente vessato dalla severità del Generale  (pare che pochi giorni prima incrociando un ufficiale  gli avesse fatto una tale ramanzina da costringerlo alle lacrime!) fu subito molto diffusa e la inchiesta si era conclusa troppo rapidamente per non dare adito a dicerie di sorta, dicerie che sostanzialmente non giovavano a nessuno e che quindi furono  presto bandite con la concessione della medaglia d’oro al valor militare alla memoria, e l’annovero della figura del Generale nell’Olimpo degli Eroi. A tingere di giallo il  mistero, contribuì anche il fatto della immediata scomparsa del berretto del Generale, quello con il foro della pallottola sulla visiera, da cui si sarebbe potuto stabilire il calibro, un pò quello che doveva succedere per John Fitzgerald Kennedy, di cui scomparve addirittura il cervello da cui si sarebbero potuto fare delle congetture sulla provenienza dei colpi mortali. In verità il berretto lo aveva prelevato prima dell’inumazione della salma, un nipote che lo aveva conservato per decenni, ignaro delle ipotesi sulle uccisioni del nonno, e quando finalmente nel secondo dopoguerra lo consegnò alle Autorità per effettuare le indagini si stabili’ che era impossibile valutare, dato il tempo passato, se il foro  sulla visiera che era di cuoio e quindi si era deformato, potesse essere provocato da un arma austriaca o italiana. Una cosa è certa di Cantore si è detto che era severissimo e brutale, esigentissimo, ma soprattutto vero i suoi immediati sottoposti, ufficiali superiori e difficilmente inferiori al grado di capitano; con i soldati anzi era di una certa bonarietà tant’è che loro, i semplici alpini, lo elessero ad una sorta di novello San Pietro , custode di un particolare paradiso quello delle “penne mozze” ovvero di tutti gli alpini caduti in battaglia. 
E questo non è una cosa che gli alpini, i semplici alpini , concedano tanto facilmente, è molto molto di più di una, cento medaglie d’oro , è cosa che va oltre tutte le citazioni, i bollettini  di guerra, è un qualcosa che va anche oltre ogni retorica . Questi erano i Generali di quando gli alpini erano gli alpini, poi sono venuti altri tempi in cui i Generali non si aggirano piu' nelle trincee a fronte del nemico, non saltano sulle camionette per incitare i loro uomini a rompere l'accerchiamento del nemico, come Luigi Reverberi cte della Tridentina a Nickolayewka, ma comandano eroiche spedizioni contro inermi cittadini che non vogliono indossare museruole o non vogliono farsi iniettare sieri o vaccini per compiacere le lobbies farmaceutiche. Se questi sono gli eredi dei generali che erano i guardiani del Paradiso delle "penne mozze" , oggi non ci sono piu' penne ne' nere, ne' bianche ne' tronche e il Paradiso e' diventato il piu' sordido
degli inferni perche' e' stato messo in vendita, alla merce' dei bottegai, servi o padroni che siano, infima gentina che non ha mai avuto valori da scambiare, ma solo un unico, squallido, infame valore di scambio, e il coraggio che un tempo era il distinguo del cappello con la penna si e' trasformato nella paura di una paura inesistente, che si cerca di diffondere con l'inganno e il mercimonio

lunedì 11 novembre 2024

DALLE STALLE ALLE STELLE

 

Incredibile come puo' cambiare tutto: quattro anni fa quando la cricca Soros/Biden riuscì con i brogli e la mistificazione ad allontanare Trump, quel tutto sembrava indicare che per il mondo fosse oramai arrivato quel Kali yuga, che per gli orientali era il declino finale della stirpe umana e anche la tradizione occidentale menzionava come eta’ dei servi; le
persone che non avevano ceduto ai ricatti  e alla paura che il sistema di potere stava perpetrando contro l’umanita’ in genere,  cominciavano a perdere la speranza e molti stavano  arrivando  a pensare che forse non  valeva piu' continuare la farsa di una vita straccata in preda a gentaglia come Soros, Gates, Schwab e tutto lo stuolo di perfidi figuri tra cui figuravano non pochi italiani  come Conte, Draghi, Colao, Speranza,  con il loro stuolo  stuolo infinito di lecchini, giornalisti, pseudo esperti, gente della comunicazione e dello spettacolo, tanto che le persone piu anziane tipo me, si rallegravano per essere alquanto avanti negli anni, perlomeno ci si ricordava  momenti di epoche molto piu’  felici e non si aveva nessun tipo di interesse, non parliamo di invidia, verso le generazioni piu’ giovani alle quali si stava consegnando un avvenire degno delle peggiori fantasie distopiche di Orwell  Huxley.
Guarda oggi invece dopo il fatidico esaltante, luminoso immagnifico "5 novembre 2024 " Per la prima volta quasi mi dispiace di essere tanto vecchio e non potermi godere il meraviglioso periodo che ci si prospetta, pero' perlomeno sono contento per i miei figli per i miei nipoti in particolare, che si spera non dovranno mai piu' subire una mortificazione e i soprusi della farsa della cosidetta pandemia di coronavirus del 2020. Oggi e' San Martino 11 novembre e si dice che sia anche la festa di quelli che ci ripensano (nella fattispecie i cornuti)... ebbene si tutti quanti noi che non si sono piegati, siamo un po' come cornuti, ci ripensiamo e cerchiamo di trovare una ragione a tutto il male che ci e' stato fatto. Ma questo forse valeva fino al ieri del 5 novembre, da oggi no, oggi siamo al sesto giorno della nuova era, il ritorno a quella esiodea eta' dell'oro che identifica la realtà come ripetizione di un archetipo divino.
Ogni aspetto positivo della vita ha un prototipo in una sfera superiore . «Fiumi, montagne, territori, città presuppongono un archetipo ultraterreno che ne è forma, quando non venga addirittura concepito come un doppione esistente ad un livello cosmico più alto» Esiodo (VIII-VII sec. a.C.) E' infatti Esiodo che ci offre la prima rievocazione di tale eta' dell' oro, che visse durante il regno di Crono, prima dell’avvento di Zeus: "Gli dei immortali … fecero una stirpe aurea di uomini mortali, che vissero al tempo di Crono. Era l'età dell'oro, e il mondo era cullato da un'eterna primavera. La terra produceva spontaneamente i suoi frutti, senza alcun bisogno di essere toccata dal rastrello, o squarciata dai vomeri. Gli zefiri accarezzavano i fiori nati senza seme, le messi e i campi erano sempre gialli di spighe, e fiumi di latte e nettare scorrevano sulla terra. Tali e quali agli dèi, gli uomini della stirpe aurea
l'eta' dell'oro
trascorrevano la loro esistenza con animo sgombro di angosce, lontani dalla fatica e dalla miseria. Trascorrevano il loro tempo tra svaghi e danze, in serena allegria. Senza alcuna fatica, si nutrivano di frutta selvatica: bastava loro allungare la mano per raccogliere i frutti del corbezzolo, le fragole montane, le corniole, le more attaccate alle siepi spinose, le ghiande che cadevano dalle querce. Senza bisogno di giudici e di leggi, essi onoravano spontaneamente la lealtà e la rettitudine. A quel tempo non vi erano villaggi né mura, né gli uomini si combattevano. Ciascuno viveva lieto, nell'ozio, e non conosceva altri luoghi se non quelli in cui nasceva. Non esistevano soldati, né elmi, corazze, o armi di alcun tipo. Sconosciuta era la guerra.Né incombeva su questa felice stirpe la odiosa  vecchiaia, ma sempre con lo stesso vigore nei piedi e nelle mani essi conducevano la loro lunghissima esistenza, lontani da tutti i malanni. E quando giungeva per essi il tempo della morte, chiudevano gli occhi, con la dolcezza di chi viene rapito dal sonno
.” L’archetipo divino o perlomeno emanazione di quel divino, ha assunto le sembianze di Donald Trump e della sua splendida moglie Melania, ben degna di essere assimilata al lignaggio di dea dell’Olimpo.  Con la figura tra lo storico e il mito,  del ritorno , dell’ “eterno ritorno” per dirla con Mircea Eliade , quale appunto e’ stato questo del 5 novembre (eh beh piu’ sospirato  ritorno di quello di Trump e Melania !?), ritengo che  sarebbe giusto far iniziare da esso un nuovo modo di
contare i giorni. Diceva Einstein  "non tutto cio' che puo' essere contato conta e non tutto cio' che conta pio' essere contato"  forse la cosa piu’ importante e’ osservare una nuova modalita’ di contare e quindi coniugare il tempo, che non consideri piu’ le sole categorie del passato, presente e futuro, ma dia ad ogni nuova piece di accadimento il senso di un av-venire che puo’ essere tale solo in una accezione di ri-assunzione di un passato di tradizione, una inusitata modalita’ che possiamo ritrovare in  un futuro non piu’ semplice ma composto, un futuro anteriore, quel “sara’ stato” che appunto da’ spazio, tempo e anche qualcosa in piu’ , per far contare quello che davvero conta.   

venerdì 8 novembre 2024

A VOLTE RITORNANO

 

Voglio proprio crederci! Comincia una nuova era : abbiamo scongiurato il Kali Yuga di cui era l’incarnazione la ipocrita faccia di kamala harris. Ora che il pericolo e’ passato e le forze del bene  hanno trionfato possiamo concederci un attimo di pausa e di rilassatezza.  Anzitutto pero’ riflettiamo un po’ : proprio sicuro che Donald Trump rappresenti quel vessillifero dell’eta’ dell’oro, incarnando nella sua persona tutte le istanze di rinnovamento nella tradizione  (quello che io chiamo la modalita’ temporale del “futuro anteriore” ovvero quell’avvenire propiziato dal ripensamento del meglio dell’ esperienza passata, che in genere tende a definirsi “tradizione” ) Sulle prime, quando si presentò per il partito  repubblicano contro quella sordida megera della moglie di Bill Clinton, io stesso, pur ovviamente parteggiando per lui, stante l’impresentabilita’ del candidato democratico, ero assai perplesso : conoscevo il personaggio per certe sue intemperanze e piu’ che altro per
essersi accaparrato una moglie bellissima, d’altronde non certo nuovo a tali imprese dato che tanti anni addietro ai tempi di Soldato blu e Conoscenza carnale, gli era stato attribuito un flirt con una delle donne che mi sia mai piu’ piaciuta:  la algida Candice Bergen, poi seguito da una altra stella del mio personale firmamento ovvero Carla Bruni (in condominio quest’ultima con forse un tantino troppi “accompagnatori” Mike Jagger, Eric Clapton, Kevin Costner, gli Enthoven padre e figlio, Sarkozy ), non mi era antipatico, ma di certo non lo consideravo uno statista;  ecco mi sembrava una versione esasperata,  soprattutto fisicamente con quel ciuffo biondo, del nostro Berlusconi e per altri versi una versione in terzo millennio di Capitan America). Anche quando vinse quindi non ne fui particolarmente impressionato : un Paese che aveva avuto come Presidente delle marionette come Reagan, Carter, Bush padre e figlio, Clinton/Livinsky e lo squallidissimo Obama, di certo  non si poteva gridare allo scandalo se anche un tipo come Trump arrivava alla massima carica dello Stato. Quando e’ che mi sono reso conto che invece il potenziale di Donald Trump poteva essere epocale,  addirittura tale da poter essere paragonato a John Fitzgerald Kennedy? Be’ non ci crederete,  ma da alcune note di uno dei
farneticanti libri di quel figuro di Klaus Schwab il Presidente del Global Economic Forum, laddove sosteneva che il famigerato “Great Reset” non avrebbe mai potuto inverarsi se non c’era l’adesione degli Stati Uniti, ma non gli Stati Uniti di Trump, ecco ci volevano gli USA di Obama, del suo vice presidente Biden, o comunque  di gente dell’entourage iper liberalista e turbo capitalista proprio del Partito Democratico, ovvero Nancy Pelosi, Kamala Harris, previo l’aiuto economico e finanziario di pseudo filantropi multimiliardari come Bill Gates,
Soros, Rockfeller, Rotschild; eravamo nel pieno della farsa del covid 19 con tanto di chiusure, divieti, restrizioni, sanzioni  che solo ad una mente malata potevano apparire misure di sicurezze e di interesse verso la salute pubblica;  io fin dal primo minuto di tale farsa avevo perfettamente capito chi e che cosa c’era dietro questa presunta emergenza sanitaria, poco dopo spacciata come pandemia e di certo la lettura del libro di Schwab mi aveva  confermato tale impressione con una punta di novita’ , una punta che ora riporto non certo come causa principale ma come una sorta di concausa su quello che in quei momenti si stava vivendo e
che appariva proprio come i famosi mostri di Garcia Lorca che il sonno della ragione in genere induce “e se tra le altre cose “ mi chiedevo” tutta questa baggianata del virus non sia anche al servizio di quello che dice questo mentecatto di Schwab, ovvero fare in modo di togliersi dai piedi Trump e quindi riportare gli USA nell’alveo del potere liberista e turbo capitalista e quindi procedere spediti verso questo famigerato Great Reset? “ “mmmm….” , mi fece un amico intelligente, di certo non un covidiota o un vaccini sta “….ma perche’ che c’entra Trump con il covid e la pandemia?””pensaci bene , a novembre di questo 2020 ci saranno le elezioni in America:  se c’è sempre questo spauracchio del virus e del contagio sara’ enormemente consigliato e pubblicizzato il voto da casa,  per corrispondenza e  non e’ forse proprio il restare a casa uno degli elementi piu’ strombazzati per evitare il contagio? quindi restate a casa e votate da casa, non affollate i seggi, non rischiate di ammalarvi. Tradotto in termini di conteggio di voti questo significa poter aumentare in maniera esponenziale la possibilita’ di brogli elettorali e quindi determinare quasi certamente la vittoria di una parte e la sconfitta dell’altra. Ecco quindi come hanno liquidato Trump, con la paura del virus che ha fatto aumentare a dismisura il voto per corrispondenza, piu’ che mai suscettibile di manipolazione, così come i risultati riportati dal rimbambito Biden hanno evidenziato” La domanda che semmai mi faccio oggi dopo lo strepitoso trionfo  di Trump contro Kamala Harris “Come mai oggi non ce l’anno
fatta come 4 anni fa?” “elementare Watson!" risponderebbe Sherlock Holmes  : - non hanno piu’ il virus e non hanno neppure piu’ la paura del contagio!  nessuno, o perlomeno molta gente di meno, vota da casa , quindi la possibilita’ di bissare i brogli del 2020 e’ pregiudicata . Il geniale Richard Feynman ci avrebbe studiato per benino uno dei suoi integrali sui cammini per delineare la probabilita’ di un percorso dove determinate traverse sono interdette, un po’ il netto contrario del virgiliano “flectere si nequeo Superos Acheronta movebo” ovvero le strade superiori (Superos) sono tornate percorribili e quelle sotterranee (acheronta) interdette . E che cosa ha reso interdette le “strade sotterranee” ?  (gli acheronta) - di nuovo il nostro Sherlock tornerebbe alla carica col suo “elementare Watson” : non si sono messi d’accordo! chi, dove, come? I vari Schwab, Soros, Gates, o magari Blackrock, Vanguard, Big Pharma, non hanno trovato quella concordia, quella  affinita’, quella comunanza di intenti  nel malvagio piano di assoggettamento ad un nuovo ordine che pure sembrava nelle prospettive di tutti in quella prima parte della farsa , diciamo fino all’entrata in campo dei vaccini . A mio parere gli interessi multimiliardari dell’immissione del vaccino anticovid ha giocato negativamente  sul fattore della solidarieta’ nel crimine. Con gli stratosferici guadagni sono arrivati anche i problemi di ingordigia tra mascalzoni e quindi si e’ finito per venire meno ad una strategia di sfondamento totale che ripeto tutti, non solo Schwab, Bill Gates o Soros, ma  anche le persone e i gruppi apparentemente neutrali,   tipo l’ex Presidente della Repubblica Italiano Giorgio Napolitano, giornalisti di grido, capi di Stato in carica come Trudeau o Macron, Presidenti di Enti, politici di ogni schieramento, una industria come la Coca Cola, giornali, televisioni, uno stuolo di
cosidetti esperti tipo virologi, improbabili scienziati che affollavano i teleschermi  peggio della pubblicita’ in una televisione commerciale, ripetevano a gran voce “ il vecchio mondo e’ finito” non si tornera’ mai piu’ come prima” “e’ una nuova era” Con grande loro dispetto invece le cose sono tornate spaccate a come erano prima, e il loro diabolico piano di sottomissione totale di massa tramite vaccinazione  fondato sulla paura e’ pian piano venuto meno. Merito del popolo, merito della consapevolezza delle persone, merito di una unita’ delle masse succubi ; Macchè! Popolo e masse indistinte non hanno mai mosso un sassolino nella storia dell’umanita’ -  tutte le rivoluzioni, guerre, cambiamenti sono sempre state pilotate dall’alto, da quei pochi, pochissimi che in ogni epoca hanno indirizzato gli eventi, solo che per riuscirci appieno c’è bisogno della coesione di tutti gli elementi in campo, se interviene il piu’ piccolo contrasto ecco che tutto salta all’aria, e sono proprio questi contrarasti,  nel non essersi messi d’accordo tra padroni che ha portato non dico i servi a ribellarsi, ma perlomeno a cominciare a segnare crepe sempre piu’ vistose nel disegno dell’utilizzo della paura. Dicevo che ho preso coscienza del fatto che Trump poteva essere quell’elemento dirompente degli schemi del padronato, dalla lettura di alcuni passi del libro di Schwab sul Great Reset, difatti solo uno che proveniva dal mondo dei padroni, straricco, multimiliardario  e unisse un comportamento un po’ fuori delle regole, imprevedibile, bizzaro, anche un tantino non affidabile, insomma dei modi di essere non riconducibili agli usuali dettami, poteva rappresentare una alternativa al sistema . Era successo un po’ quello che si era verificato  con John Kennedy negli anni sessanta : uno di loro che contravveniva alle regole, solo che per Kennedy dato che forse si era spinto un po’ troppo nel mettere in crisi gli schemi di potere si pensò bene di toglierlo di
mezzo con precisione millimetrica, invece Trump proprio per quel suo essere piu’ guascone, come ho gia detto, per quel suo essere  sempre un po’ Capitan America, e’ stato preso piu’ alla leggera, gli attentati  erano meno accurati, diciamolo un po’ cialtroneschi e forse si era  un po’ troppo sottovalutato il fatto che potesse rifarcela.... “a volte ritornano” diceva il titolo di un famoso romanzo di Stephen King  film . Questa volta Trump e’  tornato e il mondo promette di cambiare si, ma nella direzione diametralmente opposta a quella che volevano i mascalzoni del Great Reset e i vili  bottegai della paura.

venerdì 1 novembre 2024

LA PAURA E' UN VENTO DI MARE

Suvvia,  per dirlo alla siciliana “ oramai mi sono fatto piu’ che convinto che l’unica spiegazione delle malattie, tutte le malattie, e’ quella di addurla ad un unico fattore : la paura. “ dal raffreddore al cancro  con punta massima nelle cosiddette pandemie,  sempre e solo lei : la paura. Altro che batteri e soprattutto altro che virus che tra l’altro hanno anche la peculiarita’ di non esistere -  aveva proprio ragione Bernard “il terreno e’ tutto, il microbo niente” considerando per “terreno”, anche il nostro corpo,   come una sorta
di campo suscettibile di deterio - ramento e quindi in grado di far degenerare la struttura stessa del microrganismo che in un primissimo tempo all’insorgere della defaillance si era mobilitato per intervenire e porre rimedio all’emergenza….e torniamo a ripetere quale era stata la causa della defaillance del terreno o per intenderci meglio del  campo corporeo dell’individuo ed anche di una teoria di individui ? : semplice ! sempre e solo lei  la paura, che come un tarlo che corrode si impadronisce del cervello e innesca meccanismi di pensiero incentrati su di essa e sui  suoi effetti, fino alla saturazione, fino a non consentire che si sposti su qualsiasi altro pensiero. Si obiettera’ “ma il freddo per il raffreddore e le bronchiti e l’influenza?, la genetica per le cosidette malattie autoimmuni o per il cancro ? l’alimentazione, e l’esercizio fisico, un certo tenore di vita? come palliativi per vivere in salute ?  Tutte concause il cui rafforzamento e’ dato sempre dalla paura e dai pensieri ad essa inerenti. Il punto da sottolineare e’ che nel corso di questi ultimi due secoli ci hanno imbottiti di false informazioni, coprendo la loro vacuita’ con il pochissimo verificato epiteto di “scienza”-  Dici scienza ed e’ come una etichetta che appiccichi su di un prodotto i cui termini sono inventati da chi ne ha interesse, tipo le lobbies  farmaceutiche ed anche tutta l’industria che gira
attorno a quel generico termine di Sanita’, di cui la storia ci insegna,  fin dall’inizio si sono occupati i vari Rotschild, Rockfeller e oggi Soros, Gates, Morgan e  grandi complessi finanziari tipo Vanguard o Blackrock . Bastera’ ripercorrere la storia degli ultimi settecento anni per vedere come la paura e in special modo la paura della malattia, cioe’ qualcosa in grado di minare l’integrata’ del tuo principale campo di riferimento, ovvero il tuo corpo, abbia sempre costituito il leit-motive della prassi delle classi di potere che possiamo benissimo identificare con la suddivisione esiodea delle varie eta’ dell’umanita’ (“oro/dei” , “argento/ guerrieri”, “bronzo/mercanti ”, laddove quella ultima del “ferro/servi”, dsovremmo ben appurare se non si sia presentata  alquanto accellerata proprio in questi ultimi quattro anni con la gonfiatissima  farsa della fantomatica
epidemia di “corona virus” . Di sicuro,  al di la’ se sia il caso di individuare nella massiccia moltitudine dei “covidioti” ovvero quelli che hanno creduto alla covid-farsa,  i soggetti “servi” indicati da Esiodo, la eta’ da prendere in questione e’ ovviamente quella del bronzo/mercanti che io preferisco chiamare “bottegai” in quanto si e’ fatto del mondo, a partire al dopo altra grande bolla di paura nel 1348, una bottega, con tutte le piccolezze sempre alquanto meschine  dell’accaparramento del denaro, l’interesse verso il profitto, il mercato come enfatizzazione del commercio e l’unico valore quello di scambio. Operazione che e’ stata portata alle estreme conseguenze dalla nazione bottegaia per eccellenza l’Inghilterra del XVI secolo che individuando nell’elemento marino, ovvero quell’elemento fluido senza confini, ideale per quel commercio  fondato appunto su di un unico valore, e’ riuscita ad imprimere al mondo quel riferimento obbligato(il denaro) che rafforzatosi con la rivoluzione industriale e l’avvento delle macchine nella produzione dei beni , ha finito per stravolgere a suo uso e consumo l’intero pianeta. Lo spirito anglosassone  come spina dorsale del capitalismo, molto ma molto di piu’ di quel weberiano protestantesimo,  che pure e’ un prodotto di marca anglosassone. L’eta’ dei mercanti iniziata nel 1348 con la distruzione, tramite la paura di malattia,  del vecchio ordine medioevale fondato sulla partecipazione e la cooperazione della comunita’ sia pure in una accezione ancora viziata dai poteri di una aristocrazia che non era riuscita a mantenere quella spiritualita’ dell’Impero su cui ancora facevano leva, in pratica un Federico II di Svevia e in teoria un Dante Alighieri con la sua Divina Commedia, doveva divenire onnicomprensiva proprio con l’avvento della macchina e il sempre maggiore rafforzamento del principio economico.
Con il passaggio di testimone dallo spirito bottegaio anglosassone a quello iper capitalistico degli USA dopo la prima guerra mondiale 1914/18, ovvero a quell’”Isola piu’ grande” come aveva chiaramente individuato il filosofo geo-politico Carl Schmitt nel suo saggio “Terra e Mare” nel 1942, il mondo viene di fatto nella sua quasi interessa consegnato al principio mercantile del denaro e della sua diffusione nel commercio e nel mercato (bottega allargata) e quindi supportata dal progresso industriale e da una economia sempre piu’ virtuale , contrassegnata dai grandi gruppi finanziari e di speculazione monetaria. Tutto questo e’ stato reso possibile proprio grazie al ricorso alla “paura” tanto per dare un senso al presente articolo, in quanto ad ogni  piccolo allarme che potrebbe minare lo strapotere del denaro e del commercio, oramai neppure piu’ reale, ma virtuale grazie appunto ai meccanismi della finanza, ecco che la paura viene tirata in ballo tramite una fantomatica malattia che proprio il diffondersi della sua semplice denominazione (ieri peste nera, o spagnola, oggi appunto Covid), grazie anche al potere coercitivo degli attuali iper sviluppati mezzi di comunicazione,   ha il potere di creare dal nulla i sintomi. Un meccanismo che i padroni della bottega (finanzieri, bancari, industriali, etc)  hanno ben capito e i loro garzoni (giornalisti, pseudo esperti tecnici, e cosidetti “influencer” ) sono incaricati di diffondere per seminare sempre piu’ il panico e far lievitare la paura, che statene pur certi, ci vuole pochissimo a passare dalla diceria al sintomo vero e proprio e quindi informare di tale paura una gran parte della popolazione, quella che per sua stessa costituzione non e’ abituata a usare troppo la ragione

IL RISVEGLIO DELLA RAGIONE NEL FUTURO ANTERIORE

  Io un buon libro di di saggistica lo leggo mediamente dieci quindici volte, con punte di oltre cento e magari duecento, per saggi davvero ...