lunedì 25 agosto 2025

I BAFFONI DI UMBERTO

UMBERTO I  RE 1878 - 1900
Sentimentalmente  e sottolineo sentimentalmente io sono monarchico. E’ forse un sentimento che mi ha trasmesso la mia maestra delle elementari Lilia Marinelli  che sembrava  un po’ l’incarnazione della Maestrina dalla penna rossa del Cuore e un po’ quella della finzione cinematografia, di mi pare il primo film di Don Camillo e Peppone, che voleva essere sepolta con il tricolore si, ma  con al centro lo stemma e corona sabauda. La Marinelli era monarchica e aveva un debole per me  fin dal primo giorno di scuola quando facendo l’elenco  scopri’ che ero nato il 9 giugno 1948 , ovvero lo stesso giorno che lei bimbetta  omaggio’ di un mazzetto di fiori il Sottotenente che entro’ per primo a Monfalcone la sua citta’ giustappunto il 9 giugno 1915 e di cui  ricordava ancora perfettamente il numero sul fregio del berretto della Brigata Ferrara che, guarda un po’ era lo stesso del mio anno di nascita, debole che ando’
la classe della Marinelli. il compagno Ferro e' il secondo 
 da sinistra, io l'ultimo 
ulteriormente accrescendosi quando seppe che i miei nonni erano Colonnelli, il padre di mio padre degli alpini di cui io ragazzetto piuttosto sveglio capii subito l’antifona che la passione della maestra mi sarebbe tornata utile e cominciai a portarle  i cimeli di cui era ancora disseminata la mia casa a via Nicolo’ V , la medaglia della guerra 15-18 fusa nel bronzo dei cannoni catturati al nemico con le fascette che indicavano tutti gli anni, il distintivo in argento di mutilato, la medaglia pure d’argento con il nastrino azzurro sfilacciato e ovviamente qualche foto , dell’altro nonno , il padre di mia madre colonnello di fanteria  che era ancora in servizio e comandava un reggimento mi pare a Bari, non avevo nulla, ma lei la Marinelli gli citava sempre il padre quando la invitava a partecipare  delle riunioni monarchiche presieduto dal Grande Invalido DelCroix, cui ovviamente mi toccava di partecipare anche a me e fingermi interessato. Nell’ora di musica si andava in una grande aula al piano terreno dove si cantavano tutte le canzoni patriottiche, le ragazze di san Giusto, Addio mia bella addio, monte Grappa tu sei la mia patria e ovviamente il Piave mormoro’, a proposito del quale ci fu il piccolo grande incidente del compagno di classe ripetente Ferro che aveva qualche cosa come dodici tredici anni e abitava nelle baracche che stavano a ridosso di Monte del gallo, che chiosò a modo suo con un poderoso “zom zom” quel finale della canzone con “non  passa lo straniero” Apriti cielo, la Marinelli che difficilmente perdeva le staffe quella volta fu una furia  e si produsse in una ramanzina da sturbo cacciando il povero Ferro dall’aula “tu hai osato fare zom zom  in una canzone scara della patria, per la quale molti hanno fato la vita, vergogna!!!” Morale della favola astenersi dall’enfatizzare la qualsiasi canzone anche se il ritornello specie sul finale lo stimolava. Di segno opposto l’incazzatura di mio padre, che si definiva socialista di Nenni, ma era fortemente simpatizzante per il PCI,  quando venne a sapere che sempre lei ci faceva pregare per i bambini dell’Ungheria  (eravamo quindi nell’autunno del 1956) Ma ne’ mio padre,  ne’ le canzoni che canticchiava lui  che parlavano di bandiere rosse e di soli dell’avvenire mi entusiasmavano, anzi ad essere proprio sincero, mi davano un senso di fastidio perche erano cantate anche da persone avvinazzate, vestite male, con la barba lunga che mangiavano pane e porchetta e fumavano le cicche delle sigarette li’ nel comizio/manifestazione a ridosso del cinema Giulio Cesare in Prati, vuoi mettere le marziali marce militari, le canzoni patriottiche   e si anche quella fasciste che un signore di via Nicolo’ che aveva fatto parte della Milizia Fascista, mi fece ascoltare, suscitando subito la mia approvazione e favore. Sulla mia preferenza monarchica si stagliava maestosa e piena di fascino  l’apparecchiatura di rappresentanza, le belle uniformi, i pennacchi, le sciabole, e peculiarita’ che, l’avrei scoperto dopo,  erano di riferimento alla figura di mio nonno e mio omonimo, tipo i baffi che così del tutto, diremmo sempre con un senno un po’ di poi, inconsciamente ed emozionalmente senza alcuna traccia di razionalita’ mi affascinavano. Ora qual’era il re che piu’ di tutti aveva baffi da primato? Non Carlo Albero,che i baffi addirittura non li aveva  ne’ Vittorio Emanuele III che era troppo goffo e con pizzo e neppure i sovrani stranieri , i baffi a spillo di Napoleone III o i favoriti di Francesco giusepppe…. Eh si! i piu’ bei baffi di tutti, i piu’ belli di tutti, che si diceva che misurassero da una punta all’altra  23 centimetri erano quelli di re Umberto, i “baffoni di Umberto” appunto. Umberto e i suoi baffoni , ma non solo quelli, anche tutto il periodo del suo regno, la cosidetta
"era Umbertina" si andavano colorando di un fascino incommensurabile, il fascino di ieri come sublimato in mille particolari: lo stile Liberty, dei palazzi,  degli arredi, la   linea curva , il vitraggio seppia delle fotografie e ancora i fili di perle della moglie, la regina Margherita che aveva dato anche il nome alla pizza che andavo a mangiare da Brandi a Napoli, ed ancora l'atmosfera dei cafe' Chantant, le uniformi degli ufficiali coi gradi a fiore sulle maniche, baffi , baffetti e e baffoni dappertutto, persino l'esotico delle campagne d'africa  con imperatori e imperatrici e feroci ras abissini, insomma una monarchia coincidente col fascino unico  di una intera epoca che solo verso il finale andava appannandosi (la battaglia di Adua, le cannonate di Bava Beccaris con l'epilogo dell'uccisione  del Re a Monza nel 1900 che a rigore secondo anche la copertina di Beltrame  e' un anno che appartiene ancora al XIX  secolo. Ebbene questo re  rappresenta la quintessenza della mia fascinazione per la monarchia, ma proprio dalla lettura di un saggio del mio pigmalione culturale Guglielmo Ferrero  vado a dedurre alcune note che mi inducono ad ulteriori riflessioni sull'arcano di questo mio trasporto. In un mio precedente  articolo di commento al libro Potere - i geni invisibili della citta', avevo molto apprezzato questa
deduzione  sul principio di legittimita' che funziona come collante  nella tenuta di un consesso sociale, quale uno Stato, che Ferrero chiama appunto i geni invisibili della citta', intendendosi appunto per citta' una entita sociale  tipo lo Stato e che suddivide in due grosse categorie un  principio di legittimita' monarchico , che io tenderei a denominare aristocratico,  e un principio di legittimita' popolare che sarei propenso a chiamare democratico . Ebbene per Ferrero  appunto il Re Umberto, il Re a me piu' caro fors'anche per essersi identificato nel periodo, come ho sopradetto,  per me piu' fascinoso, quello  dello stile, anzi direi vero e proprio codice
di uniformita' epocale il Liberty, della epoca del libro Cuore di de Amicis con quell'incontro di Coretti giusto giusto con il Re Umberto che stringe la mano al padre che era stato con lui nel Quadrato di Villafranca alla battaglia di Custoza (episodio che la Marinelli ci aveva sciorinato perlomeno cinquanta volte),  era stato la vittima espiatoria dei due Geni Invisibili della citta' in conflitto tra loro. Il Regno che umberto aveva ereditato  era potenzialmente bellissimo  ma per farne un vero Stato moderno in linea con altri di maggiore vetustita',  bisognava fare tutto e bene,  ma purtroppo  quel che era stato fatto da  suo padre era stato davvero fatto maluccio : una differenza tra nord e sud che invece di lenirsi si era andata acuendo, anche per il trascinarsi di una sorta di vera e propria guerra civile, passata sotto la dizione di campagna contro il Brigantaggio, una guerra contro l'Austria malamente condotta e ignominiosamente perduta con sconfitte per terra e per mare (Custoza e Lissa) , altre rivolte e quasi rivoluzioni domate nel sangue o con l'eliminazione fisica degli avversari (il caso dell'ex garibaldino siciliano e organizzatore di picciotti Giovanni Corrao divenuto capo di un movimento contro l'annessione della Sicilia  e la sua eliminazione nell'agosto  del 1863, ascritta come primo omicidio di Mafia , la cosidetta rivolta del sette e mezzo di Palermo  dell'ottobre 1866 in cui la citta' sollevatasi contro il Governo centrale rimase  appunto per sette e giorni e mezzo in mano agli insorti, finche ' non intervennero marina e esercito per ristabilire l'ordine, la conquista di Roma resa possibile solo dalla caduta di Napoleone II sconfitto nel settembre 1870 a Sedan e infine anche l'ascesa al  potere della sinistra nel 1876 che aveva acuito invece di eliminare la discrasia tra i due poteri democratico (Parlamento)  e aristocratico (Dinastia) creando nel primo una sorta di ibrido tra Destra e Sinistra nel cosidetto "trasformismo" di De Pretis e nel secondo solo un entita' che non aveva piu' il potere  di poter governare come aveva fatto nel Regno di Sardegna in piena legittimita', ma doveva giocoforza attenersi alla volonta' del Parlamento . Ferrero fa un inquietante parallelo con il era persona che Regno di Luigi Filippo  asserendo che entrambi i regni poggiavano su di un vuoto , rifacendosi ad una antica frase di Metternich che identificava questo vuoto con la menzogna.  Ci tramanda Ferrero che Umberto al contrario del padre e vieppiu' di quanto sara' il figlio era persona intelligente  che conosceva gli uomini  e che sapeva prendere decisioni ( era anche di un certo spirito, come quando nel 1878 da poco salito al trono  subito dopo l'attentato di Passanante un cuoco che aveva cercato di pugnalarlo,  attardandosi per il
pranzo affermo' caustico "non facciamo aspettare i cuochi ! avete visto di cosa sono capaci!") pero' il suo temperamento era melanconico, esitante, con poca fiducia in se' stesso pertanto  rimase tutta la vita atterrito per il compito che gli incombeva, delle cui difficolta' si rendeva meglio conto di tutti coloro che gli stavano intorno. non trovando in nessuno quell'appoggio,  che ad esempio aveva trovato Luigi Filippo con Guizot, e che forse fu la fortuna di suo figlio Vittorio Emanuele II che lo trovo' per i primi 15 anni del suo Regno in Giolitti . Ne' Drepretis col suo trasformismo, ne' Cairoli che pure  lo salvo' ma solo fisicamente dall'attentato di Passanante prendendosi la pugnalata al posto suo, ne' Crispi, ne' un ancora non smaliziato Giolitti che si scoraggio' sopratutto sullo scandalo della Banca Romana,  ne' di Rudini',  ne' Pelloux che ne rappresentarono solo la parte piu' reazionaria e con tutta probabilita' gli propizio' l'uccisione quel fatidico 29 giugno 1900

giovedì 21 agosto 2025

IL PRINCIPIO DI LEGITTIMITA' COME GENIO DEL POTERE

 

C’è uno storico che qualsivoglia sia il periodo che affronti nei suoi saggi, riesce sempre a farti sobbalzare dalla sedia. Sto parlando di uno storico italiano, sconosciuto ai piu’ o perlomeno , mettiamola in altri termini, molto poco conosciuto anche da noi in Italia , Guglielmo Ferrero, che come detto qualsiasi periodo affronti ti colpisce per la sua originalità e per le sue argomentazioni che gettano sempre nuova luce su eventi e personaggi affrontati. Gia’ parecchi anni fa la rilettura di un suo saggio sulla prima campagna d’Italia di Napoleone quella del 1796/97 “Avventura”, mi illumino’... eh si !.... "quasi d’immenso" ribaltando completamente l’opinione, un po’ da libro di scuola e da filmati agiografici tipo il famoso film Napoleon di Abel Gance, che avevo sul cosidetto “grande Corso”. Ma quale grande generale? Uno squattrinato militare asceso a gli alti gradi in un periodo e contesto in cui le carriere vertiginose (che solo molto tempo dopo furono da lui appunto definite napoleoniche) erano quasi la norma, dovute tra l’altro sempre alla presenza
di una sorta di pigmalione, nel suo caso l’influentissimo Paul Barras che appunto nel 1793 in seguito ad una operazione  che questi gli aveva affidato durante
l’assedio di Tolone e che  lui da giovane capitano di artiglieria aveva condotto  con una certa brillantezza (la conquista del forte dell’Eguillette), gli fece conferire la nomina diretta a Generale di brigata. Barras fu l’anno seguente uno dei principali artefici della deposizione di Robespierre e non fece troppo caso alle voci che indicavano  il giovane generale nell'entourage nell’entourage del fratello del Dittatore, ricordandosi di lui lo scelse per sedare una rivolta di realisti presso la Chiesa di san Rocco  dove nuovamente  fece il suo dovere di esperto di artiglieria, sparando questa volta sulla folla . Ma piu’ di queste gesta di perizia prettamente militare, Napoleone ancora Buonaparte e non Bonaparte, si era messo in mostra con il sempre piu’ potente oramai accreditato  protettore, condividendone l’amante ovvero una avvenente e anche intelligente creola che era stata la moglie di un generale ghigliottinato  Alexandre de Beauharnais. Per carita’ trattavasi di una condivisione per nulla segreta, anzi Josephine Beauharnais , era famosa per la spregiudicatezza con la quale era solita cambiare partner  e il fatto di essere sempre legata a Barras era diventato per lui un vero e proprio peso.
PROLOGO AL CDO D'ARMATA 
Napoleone era solo uno dei tanti amanti  pero’ e questo
fatto comincio’ a farsi strada nella mente del piu’ influente membro del Direttorio, poteva essere il soggetto ideale per togliersi dai piedi l’oramai ingombrantissima amante . Bastava promettere all’ambizioso e giovane generale un qualcosa di veramente eclatante : il comando di una Armata , per la verita’ non una Armata  della stessa importanza di quelle sul fronte occidentale, ma pur sempre un’Armata combattente , l’Armata  d’Italia. Contraccambio ? Sposare la Joesephine Beauharnais sicche’ liberarlo dalla donna che oramai era per lui solo motivo di litigi e preoccupazioni . Ecco l’esordio del piu’ grande genio militare dei tempi moderni, un accomodamento con contropartita alquanto squallidiuccia, e non dubitiamo, Ferrero con il suo saggio “Avventura” provvedera’ a dettagliare che anche le sue famose folgoranti vittorie sul suolo italiano da Cairo Montenotte al Ponte di Lodi, ad Arcole, a Rivoli e al successivo armistizio di Campoformio furono piu’ che altro merito dei suoi subalterni generali Divisionari in primis Andre’ Massena , quindi il rozzo Augereau e anche il piu’ compito e istruito Serurier (era l’unico generale proveniente dai ranghi ufficiali dell’esercito) che provvide ad erudire il giovane generale sulle spregiudicate e dirompenti teorie tattiche  di un Generale della generazione precedente Guibert, che costituirono l’ossatura del successo della campagna di Napoleone in quel 1796/97 ( estrema agilita’ e velocita’ delle truppe, niente carriaggi, salmerie o artiglieria pesante , riferimento alle antiche compagnie di ventura che vivevano di razzia (la guerra che si alimenta della guerra) e soprattutto, cosa in cui il nostro fu davvero maestro: massima spregiudicatezza, nessuna assicurazione , e nessun rispetto di limiti o confini  di stati anche neutrali. Nel saggio Avventura di Ferrero tali notizie sono riportate con dovizia di particolari e  maniacale precisione, sicche’ si puo’ dire che se Ferrero fosse solo diventato un tantino piu’ famoso , del mito di napoleone genio militare oggi non ci sarebbe traccia . In un altro libro meno circostanziato “POTERE:  i Geni Invisibili della citta’” sono numerose le certezze che vengono meno,  grazie alla arguzia e allo spirito davvero critico e anticonformista culturale di questo autore  “l’uomo” afferma il Ferrero “e’ la piu’ paurosa delle creature  e trascorre la vita in mezzo ad ogni sorta di paure , ma pur vivendo così  si distingue dagli animali perche’ aspira ad essere coraggioso. Fra tutte le contraddizioni  della natura umana quella piu’ basilare  e’ “ l’uomo e’ un essere pauroso  che vuole vincere la propria paura”  E’ questa la contraddizione  che definisce  compiutamente la civilta’. In tal senso Ferrero fa un po’ il verso al Freud de Il disagio della civilta’ quando afferma che lo Stato, la societa’ stessa  non furono create per l’amore o la conoscenza ma piuttosto  per acquisire sicurezza e far fronte alla paura. Nel cercare un senso al suo stesso titolo e sottotitolo  pero’ Ferrero  fa una precisazione non da poco conto : man mano che l’uomo si libera delle sue paure  tende a istituire dei princìpi, princìpi che Ferrero definisce di legittimita’. L’intima natura dei princìpidi legittimita’ e’ la facolta’ di esorcizzare la paura , anche quella paura misteriosa e reciproca che insorge sempre tra il Potere e i suoi soggetti . E’ giusto quindi che tali principi siano venerati come  “Geni della citta’”  Se in un Societa’ coloro che detengono il potere e coloro che vi ubbidiscono  concordano  su tali princìpi, li riconoscono giusti e si impegnano a rispettarli ecco che i “geni della citta’” sono operanti  e quindi nasce l’accordo di legittimita’ che e’ in sostanza un qualcosa che umanizza e addolcisce sia il comando che l’obbedienza. Ad esempio e’ un errore rappresentarsi le monarche assolute del passato come regimi di terrore e di oppressione, questa tendenza di “senno di poi” e’ fuorviante e non permette di capire nulla di un dato periodo storico e diciamoci la verita’ e’ un errore in cui specie la societa’ moderna e post moderna e’ incorsa praticamente sempre “la storia la fanno i vincitori “ e’ piu’ di una frase veritiera , e’ una attestazione di fatto  e ha una derivazione anglosassone e americana,  le nazioni o meglio le civilta’ che hanno vinto le ultime due grandi guerre mondiale all’insegna di quello spirito commerciale e utilitaristico che il sottoscritto bolla come “spirito bottegaio” Purtroppo tutta la storia del XX secolo e vieppiu’ questo inizio del XXI che e’ anche l’inizio di un terzo millennio sembrano dimostrare che l’unico principio di legittimita’ in vigore e’ quello appunto “bottegaio” fondato sul commercio sull’economia e sui mercati , quindi detto in una parola.  fondato sul denaro  che e’ tra l’altro sempre meno tangibile e concreto e sempre piu’ virtuale e finanziario: v’e’ anche da aggiungere una connotazione spaziale ovvero l’individuazione di una localizzazione in determinate nazioni che hanno sviluppato determinate peculiarità’ invece che altre, e qui giova assumere un altro grande pensatore il filosofo geo politico Carl Schmitt che nel suo libello Terra Mare e successivamente nel piu’ corposo “il
Nomos della terra” ha  distinto appunto potenze di terra e potenze di mare come peculiari di un modo di rapportarsi con la legittimita’ del proprio potere . Le prime le potenze di terra  contando sulla territorialità e appartenenza del propria essenza, ovvero tradizione, confini, regole, disciplina  le seconde potenze di mare, fondate invece sulla fluidita’ del mare, senza confini, senza tradizioni se non formali e sempre soggiacente a meccanismi  utilitaristi e commerciali ( titoli nobiliari concessi  fin dal cinquecento a pirati, briganti e a tutt’oggi appannaggio di gente
che ha fatto fortuna economicamente, che e’ un buon business: dal capitano d’industria, al commerciante, al filosofo  sempre e comunque con riscontro economico  tipo chesso’ Popper, o  anche al cantante famoso tipo i Beatles, Tom Jones all’attore Alec Guinnes ma anche Sean Connery, al  campione di formula ,  John Surtees, Jack Brabham,  Jackie Stewart , etc.) . Ebbene se si vanno a studiare giustappunto le vicende storiche di questi ultimi duecento, forse anche trecento  anni vedremo che esse con poche eccezioni hanno sempre questo scontro di civilta’, terricola o talassica e quindi di differente legittimita’. Il deprecato postmodernismo, le famose invettive di Spengler, Guenon, Evola contro il mondo moderno, hanno di controparte la almeno finora,  vittoria della tendenza talassica e quindi commerciale:  la predominanza della lingua inglese, l’esasperato consumismo, i detti informanti tipo "ognuno ha il suo prezzo", l’esaltazione del successo commerciale, la finzione e il recitare parti alla bisogna per tutto e anche fatti, eventi, financo persone fisiche completamente inventate e estrapolate dalla realta’ con un massiccio onnipresente impiego di mezzi (stampa , cinema, televisione, mass media, oggi i cosiddetti social );  vedi come esempio la realta’ parallela e del tutto inventata di Hollywood, John Waine che non aveva fatto neppure il soldato divenuto Colonnello dei Marines per merito cinematografico, i massacri dei nativi americani come fulgida epopea, e non solo Hollywood anche da noi italiano  si vincono i premi, con le menzogne, i rifacimenti , i falsi storici ,   non parliamo di tempi ancora piu’ recenti : un virus inventato addotto prima a pipistrelli poi a chissa’ quale fantomatico microbo, spacciato per una pestilenza micidiale in grado di paralizzare l’intero pianeta in nome di una pandemia totalmente inventata che non ha spostato di una virgola l’indice di mortalità per nazione, la menzogna elevata a sistema, la cosidetta democrazia  mortificata da annullamento di elezioni  in caso di risultato non gradito dal potere in vigore, e così via. Insomma il cosidetto potere di legittimita’ forse lo si puo ‘ intendere ancora in vigore, purchè lo si intenda di legittimita’ della menzogna elevata a sistema dominante, mentre la connotazione  distintiva storica fondamentale individuata da Ferrero  nei due principi  del monarchico e democratico risulta forse piu’ profonda  se accoglie anche la connotazione spaziale di terricola o talassica di Carl Schmitt

 

domenica 17 agosto 2025

ANTI SIGNORAGGIO

E’ storia notoria  che la speculazione finanziaria internazionale, di cui una larga fetta di estrazione ebraica, sul marco tedesco aveva, da  subito dopo la guerra provocato il crollo dell’economia della germania  con un grado di inflazione monetaria che mai prima di allora aveva avuto riscontro nella storia delle nazioni – abbiamo tutti presente l’immagine di persone che per acquistare un filone di pane erano costretti a trascinare  carriole ricolme di marchi - Le finanze dello Stato in quella meta’ degli anni venti  si erano azzerate  e enormi quantita’ di immobili e di terreni erano state acquistate da banche e speculatori, di cui buona parte, come sopra accennato, ebrei: da tale assunto un barlume di giustificazione per la sordida rabbia della popolazione per questa  etnia che non vuole essere una giustificazione della persecuzione generalizzata avviata contro di essa negli anni successivi alla presa del potere del Nazional Socialismo, ma semmai  fare un distinguo tra massa e potere e grado di facinoroso indottrinamento quando vengono toccati elementi di vitale importanza come cibo, sussistenza e anche salute. Comunque sia, c'e' da rilevare come le condizioni  della popolazione tedesca per tutti gli anni venti e anche l’inizio dei trenta fosse davvero tragica :  la gente moriva di fame, conduceva una esistenza misarabile ne’ poteva contare su aiuti di nessun genere da parte dello Stato in quanto  la distruzione della sua moneta nazionale  aveva spazzato via tutti i risparmi e anche provocato il collasso  della piccola e media impresa, si da non consentire nessuna azione di rimedio.  Come dice Proietti nel libro Nazione Sovrana  “La Germania in uno scenario del genere era annichilita  e non poteva far altro che soccombere al debito e alla speculazione internazionali". Uno dei punti fondamentali del programma di ristrutturazione economica messa in atto dal partito Nazional socialista fu proprio quello di riacquistare il controllo sulla creazione della moneta,    opponendosi quindi al cartello  delle banche internazionali e iniziando a stampare moneta propria. 
Fu giustappunto questo il motivo della veemente e furibonda reazione del sistema  finanziario internazionale alla germania naziolnalsocialista. Siccome buona parte di questo sistema era di etnia ebraica  ecco spiegato il motivo della reazione germanica; c’è da dire pero’ che non fu tanto la germania a dichiarare guerra alla comunita’ finanziaria internazionale, quanto il contrario, ovvero il sistema speculativo finanziario  fortemente rappresentato dall’Inghilterra e vieppiu’ americano e con larga rappresentanza ebraica, fu questo tipo  diffuso di potere  che fin dall’avvento di Hitler nel marzo 1933 e specie dopo la ratifica sui pieni poteri nell’autunno dello stesso anno, dichiaro’ guerra alla germania, una guerra ancora non armata ma  che si succedette senza esclusione di colpi fino a quel giugno 1939 quando usci’ la legge che nazionalizzava la Banca
di Emissione Germanica ratificando così a beneficio dello Stato la proprietà della moneta Era dalla fine del XVII secolo, quando in Europa si era imposto il “signoraggio” ovvero una proprietà congiunta di  enti non statali sulla moneta, che non si verificava un evento simile, e questo,  su opinione di parecchi storici non asserviti al diktat dominante dei Paesi vincitori,  fu il vero motivo dello scoppio della seconda guerra mondiale, il momento preciso in cui l’alta finanza internazion
ale a dominanza anglosassone cui presto si sarebbe aggiunto il colosso statunitense con quelle famose rilevanti frange ebraiche, decise che non avrebbe piu’ tollerato le provocazione naziste, come era successo con l’Anchuluss con l’Austria  e con i Sudeti  nel 1938 e con l’invasione della Cecoslovacchia nel marzo 1939, che tutto sommato non avevano mai rappresentato questo grande  ostacolo ad una politica di compromesso. Lo stesso non avvenne con l’invasione della Polonia, ma il fatto nuovo era non questa nuova provocazione  che in se’ non si discostava granche’ dalla politica espansionista germanica che tendeva a riprendersi quella territorialità che aveva prima della guerra, ma proprio la promulgazione della legge sulla nazionalizzazione della moneta da parte della Banca Centrale del Reich. Il punto e’ che Hitler aveva cominciato la sua rivoluzione economica piuttosto canonicamente con un vasto programma di lavori pubblici,  in osservanza alla teoria di John Maynard Keynes, un economista inglese  e in forte similarità’ con il cosidetto “New Deal” di Franklin Delano Roosveelt  per riparare alla grande crisi del 1929, e anche con l’operativita’ delle Partecipazioni Statali del regime fascista che avevano portato alla formazione dell’IRI (Istituto Ricostruzione Industriale) sotto la guida e direzione di Alberto Beneduce, ma la novita’ della prassi nazionalsocialista e’ che  ne aveva  indicato il costo in un miliardo  di marchi non inflazionati chiamati “certificati lavorativi del Tesoro” stampati dal Governo che non avevano riferimento nel  sistema aureo della finanza internazionale, bensì in beni tangibili. Hitler stesso aveva sancito l’assioma “per ogni  marco  stampato noi richiediamo  l’equivalente di un marco di lavoro svolto o di bene prodotto” in verita' Hitler si era
avvalso delle  teorie economiche  di Hyalmar Schacht  un profondo studioso dei meccanismi economici gia' Presidente dal 1924 al 1930  della Reichsbank, seguace sia delle teorie di Keynes che delle prassi del New deal Roosveltiano e dell'IRI di Beneduce,  che era da lui stato nominato Ministro dell'economia  il quale era fermamente convinto che compito della Banca di emissione fosse  quello di mettere a disposizione tanto denaro  quanto fosse sufficiente allo scambio dei beni. Per questa ragione egli sosteneva  tutte le leggi che regolano le banche di emissione hanno introdotto la cambiale a pagamento delle merci quale elemento fondamentale della loro politica. La cambiale-merci attesta la vendita e lo scambio di una merce,  pertanto, Schacht riteneva che la concessione di crediti da parte della banca di emissione contro cambiali merci non comportasse alcun pericolo d’inflazione e difatti le voci attive della Reichsbank consistevano principalmente in cambiali a pagamento merci. I fornitori dello Stato, dunque, iniziarono a emettere ordini di pagamento (tratte) che venivano accettati dalla società MEFO che pagava con «cambiali-MEFO». era questa una vera e propria  moneta fiscale, ovvero intendendosi per essa l'uso di debiti del governo come mezzo di pagamento  tra privati, di cui appunto la   spicca l’impiego delle obbligazioni della Metallurgische Forschungsgesellschaft, le cosiddette  MeFo,  ideate appunto da Schacht e adottate  da parte del governo tedesco nel 1934.  Trattandosi di forniture di merci, le cambiali MEFO erano effetti commerciali cui prestavano triplice garanzia i fornitori, la società MEFO e lo Stato, giustificando così il loro sconto presso la Reichsbank. I funzionari della società MEFO controllavano che tutte le cambiali fossero state emesse solamente per forniture di merci e non per altri motivi: a ogni cambiale MEFO era legato uno scambio di merci proprio per compensare la circolazione monetaria con quella di beni. Le cambiali, che normalmente erano a tre mesi, ricevevano dalla Reichsbank il permesso di rinnovo fino a 19 volte per un periodo complessivo di 5 anni. Ciò era necessario perché la ricostruzione economica avrebbe richiesto un certo numero di anni. Con queste promesse di pagamento spendibili come il denaro ma unicamente entro i confini nazionali, gli imprenditori pagavano i fornitori. In teoria, questi ultimi potevano scontarle presso la Reichsbank in ogni momento e per qualsiasi importo a un interesse del 4% il che rendeva le cambiali MEFO non solo una «quasi moneta corrente» ma anche un denaro fruttifero che poteva essere ritenuto da banche, casse di risparmio e aziende. Non vi è dubbio che se gli effetti MEFO fossero stati presentati all’incasso massicciamente e rapidamente, oltre al rischio di inflazione, sarebbe diventato evidente ai paesi stranieri che la Germania stava incrementando le emissioni di moneta accrescendo i sospetti che la finalità fosse anche il riarmo. Ciò però non avvenne nel Terzo Reich poiché gli industriali tedeschi si servirono degli effetti MEFO come mezzo di pagamento fra loro: fino al 1938, in media, la metà degli effetti MEFO fu sempre assorbita dal mercato senza passare all’incasso presso la Reichsbank. Così queste obbligazioni diventarono una vera moneta a circolazione fiduciaria per le imprese che si protrasse per 4 anni, raggiungendo nel 1938 l’importo complessivo di 12 miliardi di marchi, con una media annuale di erogazioni pari a circa 3 miliardi l’anno.
Questa fu la mossa determinante che fece ritornare sotto il controllo politico la sovranità monetaria della Germania. Si realizzò in tal modo un mutamento fondamentale della strategia economica nazionale che permise allo Stato di riprendere in mano le leve del finanziamento dello sviluppo sostituendo la sua autorità a quella del mercato. Un esempio da manuale di come una politica di sostegno alla domanda finanziata da un’espansione monetaria non convenzionale abbia permesso all’economia di uscire dalla depressione e di conseguire la piena occupazione. La nuova moneta emessa dal Governo non produsse affatto l’inflazione prevista dalla teoria classica poiché offerta e domanda crebbero di pari passo lasciando i prezzi inalterati. Attraverso questo metodo in soli due anni, la piaga della disoccupazione  venne risolta e il Paese comincio’ vertiginosamente a risalire la china . Un altro metodo di grande efficacia del programma
nazionalsocialista , fu la tecnica del baratto  adottata negli scambi commerciali coi  paesi esteri, ovvero niente intermediari, nessun passaggio di denaro, ma solo scambio di materie prime, ovvero offrire agli altri quello che si aveva in gran quantita’ e ricevere quello di cui si abbisognava in sostanza il meccanismo di stimolo in ispecie nel settore manifatturiero  funzionava davvero comne un baratto di merci tangibili senza  utilizzo di denaro e evitando al masimo grado qualsiasi forma di intermediazione finanziaria e fuoriuscita di capitali;  si puo' dire quindi che questo sistema  di scambio diretto che come abbiamo fatto cenno ricalcava l
'antico baratto delle comunita' primordiali  era una sorta di scoperta dell'acqua calda che aveva il vantaggio   di non creare alcun debito o deficit commerciale e riusciva quindi in maniera veloce ad  assicurare  benefici e prosperita'. Così in pochissimio anni la Germania nazionalsocialista riusci' a realizzare un programma di sviluppo  che non solo assicuro' l'uscita dalla crisi economica che aveva afflitto il Paese dalla fine della guera, ma riusci' altresì a far decollare uno sviluppo inusitato praticamente in tutti gli scibili di pertinenza ella Nazione e non solo, ma in un periodo brevissimo, poco piu' di un decennio  dal 1944 al 1945, considerando anche l'emergenza dei tempi di guerra, sviluppare una scienza e una cultura,  alternativa a quella affermatesi nell'Europa e negli USA  in oltre due secoli, pervenendo altresì a risultati se non superiori perlomeno  equivalenti a quelli in cui la mobilitazione di tutti i cervelli delle potenze avversarie  erano arrivati ad esempio nella produzione dell'arma atomica previ gli studi sulla scissione dell'energia dell'atomo . E' difatti cosa certa che se non ci fosse stata la distruzione  dei depositi di acqua pesante in Norvegia  da parte di un commando di nativi norvegesi ma addestrati dal comando britannico (i celeberrimi eroi di Telemark) la germania sarebbe arrivata per vie del tutto diverse prima degli Alleati alla bomba atomica (le famose armi segrete di  Hitler di cui anche da noi in Italia nella repubblica Sociale si favoleggiava  che sarebbero arrivate per la primavera, laddove si cantava appunto "a primavera s'apre la partita e i continenti faranno fiamme e fior....) e di certo la storia avrebbe avuto una tuutt'altra narrazione 

 

   

 

venerdì 15 agosto 2025

NAZIONE SOVRANA

 

Nazione sovrana e’ per me una qualifica diversa dei due termini presi a se’ che indicano degli –ismi di cui oggi si sta facendo un uso spropositato e speso e volentieri errato : con l’-ismo di nazione : nazionalismo, si  intende spesso e volentieri un significato di eccessivo attaccamento alla propria compagine nazionale che francamente risulta piuttosto esagerato solo in determinati eventi tipo campionati del mondo di calcio, olimpiadi, manifestazioni agonistiche e sportive in genere : in tali occasioni difatti viene fuori tutto quello spirito di attaccamento alla propria nazione  che puo’ anche risultare fastidioso per eccessiva partecipazione e anche per  una pronunciata mancanza di spirito critico e obiettività. Diverso e’ il termine sovran-ismo che indica una sorta di gestione di potere che si vorrebbe pertinenza della propria terra con comunanza di storia e tradizione . Il termine quindi congiunto di “Nazione Sovrana “ si riferisce a uno Stato che esercita piena sovranità, ovvero indipendenza e autonomia, su un determinato territorio e popolazione. In altre parole, è uno stato che non è soggetto al controllo o all'influenza di altri stati o poteri esterni ed e' anche una esptressione che dovrebbe lasciar intendere una entita’ univoca che riesca a conciliare  tutte le forze socioeconomiche  ma soprattutto di tradizioni, cultura e ideali che  contraddistinguono una popolazione e che danno luogo ad una determinata operatività  in tutti quegli specifici che possono adeguatamente rappresentare la propria comunita’ e anche perseguire attivita’ e iniziative di conservazione e anche di miglioramento  delle condizioni di vita nell’ambito della propria giurisdizione,  Il concetto di stato nazionale e’ in qualche maniera antitetico a quello di Impero o comunque di una federazione , come sappiamo dalle ben note differenze che venivano poste fin dagli anni del liceo tra lo studio e le analisi ad esempio di un Dante Alighieri rispetto ad un Francesco Petrarca o anche dalle diatribe belliche tra Impero e Papato o addirittura singoli Comuni che magari si costituivano in Lega solo occasionalmente ; insomma, detto in altre parole: aggregazione, unione, magari federazione, di Stati oppure singoli entita’ nazionali così come ratificato dalla pace di Westfalia del 1648  che pose fine alla guerra dei trent’anni e da cui appunto vennero ratificate  le diverse  entita’ nazionali  come piu’ compiuta espressione della borghesia  emergente che si sarebbe imposta nei secoli successivi. Io personalmente, pur nell’ammirazione del modello imperiale Romano, riproposto  successivamente in varie accezioni (il Sacro Romano impero  di Carlo Magno,  lo Stupor Mundi di Federico II,  la grande fioritura della Praga di Carlo IV  e l’impero su cui non tramonta il sole di Carlo V , sono piu’ orientato, probabilmente per tradizione e cultura, al modello delle singole entita’ nazionali, cercando pero’ di non  cadere in quelle esasperazioni che in genere si attribuiscono a tutte le ideologie nazionaliste . Nazionale dunque con le dovute cautele e riserve, ma sovranità imprescindibile per ogni singola entita’ nazionale, eh si anche e soprattutto quella sovranità monetaria di cui oggi si e’ tornato tanto  a discutere previa la delusione della fallimentare e catastrofica esperienza della cosidetta Unione Europea ovvero la UE delle Banche, dell’alta finanza, di un ipocrita Globalismo all’insegna della  mortificazione giustappunto della sovranità di ogni  compagine nazionale che per sua disgrazia ne e’ entrata a far parte  in coincidenza con l’inizio di questo disgraziato terzo millennio. La nazione che riuscira’ a sottrarsi al diabolico potere del diffuso mercimonio della UE dovra’ non piu’ fare riferimentio alla finanza, alle banche ad un esasperato e accomodato scientismo , dovra’ al contrario concepirsi come  l’unione organica di un popolo senza identificarsi in una determinata forma economica  come purtroppo e’ avvenuto nel nostro mondo occidentale , nell’accezione  della produzione e nello scambio di merci e sotto il totale dominio del dio denaro, (reale ed anche virtuale) vero e proprio feticcio del cosidetto mondo moderno e vieppiu’ “post moderno”, secondo l’accezione datane dai piu’ qualificati pensatori moderni , ovviamente  non  di fede liberista o neoliberista, per intenderci persone come De Benoist, Preve, Dugin, su ispirazione e riferimento con il meglio del pensiero della tradizione e della vera cultura (Evola, Guenon, Spengler, Schmitt, Junger) Ebbene c'è un libello di recente pubblicazione titolato appunto Nazione Sovrana dello storico  Daniele
Proietti  dove  viene avanzata la tesi che la piu' alta espressione di questo concetto di Nazione Sovrana  sia stato realizzato (ma successivamente interrotto dalla ben nota mobilitazione e crociata di tutto il mondo capitalista, erede di quello spirito bottegaio di origine anglosassone , ovvero Inghilterra e Stati Uniti ) dalla Germania Nazionalsocialista nei pochi anni dal 1933 allo scoppio della seconda guerra mondiale che riusci' ad annullare la dittatura del "Debito Pubblico"  e di converso nell'esiguo tempo di 6 anni  realizzare una indipendenza economica  e  un benessere sociale che mai aveva avuto confronti in una nazione del mondo  occidentale
. La parte ideale di questo programma che doveva avere tanto successo era come e' noto fondata su di un principio di pronunciato razzismo in particolare nei riguardi degli ebrei, che ha offerto il destro per una,  non solo critica, ma addirittura anatema generalizzato, messo in atto dalle potenze capitalistiche vincitrici del conflitto  che aveva visto i due mondi contrapposti dal 1939 al 1945, dei quali solo oggi si cominciano ad intravedere  dei risvolti (enfatizzati dall'autore del saggio) che sollevano parecchi dubbi sulle modalita’ ed anche sulle interpretazioni che le potenze vincitrici hanno dato della narrazione dei fatti  di tale contrapposizione. Anzitutto si registra una grossa esagerazione sulla portata della persecuzione degli ebrei con una drastica riduzione del numero delle vittime, anche se, c’è da rimarcarlo, duole che lo Stato nazionalsocialista se la sia presa tanto con la razza  ebraica sulla generali non facendo un necessario distinguo ed abbia finito quindi per penalizzare poveri diavoli e comunque gente di poca influenza,  lasciando del tutto indisturbati gli alti e altissimi livelli  della stessa razza che da tempo immemorabile, perlomeno dai tempi della Rivoluzione industriale dell’inizio del XVIII  secolo si erano impadroniti delle leve del potere economico finanziario mondiale ed erano quindi altamente responsabile dei fatti che si erano succeduti .
Un esempio classico in tal senso e’ la famiglia dei Rotschild ascesa ad un potere economico inusitato giustappunto in tale periodo e sempre correlata ad eventi di portata epocale sempre in direttiva di un aumento dei profitti e del potere internazionale con intromissioni in rivolte e rivoluzioni tipo la guerra dei
coloni americani contro la corona inglese, la Rivoluzione francese i cui capi erano tutti affiliati al movimento della Massoneria che era e sara’ nei tempi  la cartina al tornasole dell’influenza del principio mercantile anglosassone, così come individuato dal filosofo geo politico Carl Schmitt nei suoi due saggi Terra Mare e Il Nomos della terra  dove appunto suddivide la influenza sul mondo secondo i due principi terricolo e marittimo , nella contrapposizione di Nazioni di terra Francia, Germania, Austria, Russia, e Nazioni di mare (Gran Bretagna e poi quasi a passaggio di testimone gli Stati uniti ). Tornando quindi ai motivi del rammarico per la imperfetta divisione della problematica ebrea, che ha offerto l'occasione ai soliti noti per costruire tutta una narrazione unilaterale degli eventi storici, questo non significa che non dobbiamo analizzare con animo e pensiero scevri di pregiudizio un movimento che si e' mostrato tanto efficace contro quel diffuso sprito bottegaio che perlomenor da cimque secoli ci opprime. anzitutto proprio leggendo le pagine del volume del Proietti non possiamo  non rimarcare che  il programma che il Nazionalsocialismo si proponeva di realizzare  era anzitutto un 
programma spirituale , esso infatti doveva partire  dal popolo e solo in un momento successivo diffondersi sul piano politico e in ultimo su quello economico. Il netto contrario cioe' di quanto il modello di pensiero della nostra era moderna si era identificato, grazie appunto allo spirito talassico e bottegaio inglese nella tipologia dell'utilitarismo, liquidando i modelli precedenti ovvero il contrattualistico e il tradizionalista, secondo le modalita' individuate nell'articolo precedente su questo stesso blog analizzando l'opera del filosofo Costanzo Preve nel suo scritto "la filosofia del presente" Passando quindi  a tale parte economica ovvero al programma utilitaristico in senso stretto, vediamo come anche accettando le regole del gioco, ma modificandole in senso  non piu' padronale, ma popolare e di pertinenza di tutti, i risultati apparirono subito diversi: anzitutta una rigorosa e integrale  confisca dei profitti di guerra (piaga che aveva interessato tutte le nazioni belligeranti (peculiare da noi in Italia la dizione di "pescicani" ), quindi una statalizzazione   di tutte le aziende, come l'economista inglese John Maynard Keynes, che pure era stato membro (critico)  della Conferenza di Versailles, andava sostenendo, con  la partecipazione agli utili nelle grandi impres,   tema di base della dottrina  corporativista che il regime fascista aveva iniziato ad applicare in Italia, quindi un ampio sviluppo  della previdenza sociale  per le malattie, la vecchiaia, la disoccupazione, l'assistenza sanitaria per l'infanzia e la maternita', una generale attenzione a tutte le problematiche del lavoro e il rapporto tra Stato e piccole e medie imprese commerciali e di forniture di servizi,  il favorire un largo e variegato programma di infrastrutture pubbliche, senza dimenticare  le problematiche dell'agricoltura, dando avvio  ad una misurata riforma agraria  con l'introduzione di una legge  per l'espropriazione senza indenizzo della terra per scopi utili alla collettivita', l'abolizionme della rendita fondiaria eil perseguire con la massima severita' qualsiasi forma di speculazione fondiaria ed edilizia. Una eguale enfasi veniva perseguita in merito alla cultura e alla scolarizzazione: molto importante era difatti per il Nazional Socialismo che il popolo fosse ben istruito e in grado di discernere le
propagande avverse a questo tipo di programma che ovviamente il potere oligarchico internazionale e si, con anche grosse implicazioni dell'ebraismo di alto livello,  andavano mettendo in atto per contrastarne l'ascesa  che metteva fortemente in crisi proprio quel modello di utilitarismo della modernita' che con guerre, raggiri, epidemie e crisi economiche indotte,  lo spirito bottegaio anglosassone e ora anche nord americano, che sempre piu' ne andava raccogliendo il testimone, cercava di diffondere in tutto il mondo ; Vediamo come, sempre seguendo il testo di Proietti Nazione Sovrana, ma anche gli schemi della modernita' di Costanzo Preve sulla filosofia del presente,   il Partito Nazionalsocialista vinte le libere e regolarissime elezioni del marzo1933 e salito al potere, con la ratifiche delle successive elezioni del novembre dello stesso anno  sui pieni poteri,  riusci' a trasformare tutto questo  in fatti concreti e in una politica davvero differente da quella che quel famoso spirito bottegaio di origine anglosassone era riuscito ad imporre alla intera compagine
europea specie dopo la Grande Guerra del 1914-18,  coronando quella prassi mercantile  e quindi di modello economico/utilitaristico che aveva avuto un forte impulso dalla fine della guerra di Crimea nel 1855. I movimenti di stampo nazionalistico, tipo il fascismo italiano  e qualche suo correlato, tipo il regime di Dolfuss in Austria, il falangismo in Spagna, la Guardia di ferro di Codreanu in Romania e giustappunto il Nazionalsocialismo tedesco, furono in sostanza dei movimenti che cercarono di arginare l'avanzata del modello utilitaristico, facendo ritorno al modello tradizionalista  e optando per una certa revisione del modello contrattualistico, ponendo pero' una netta chiusura con un quarto modello quello venuto fuori da una ferraginosa ideologia denominata Marxismo dal nome del suo ideatore Carlo Marx  desunta dalla filosofia idealista di Hegel (vedi mio precedente articolo su questo stesso blog) e preso il nome di Comunismo, con modalita' di eccezionalita' dovute alla guerra in corso e finanziamenti neppure tanto oscuri della Germania (il famoso treno blindato con cui si rimando' in Russia il sobillatore Lenin) era andato al potere in Russia  previa la famosa rivoluzione bolscevica del 1917 e ancora lo era saldamente in quella meta' degli anni trenta 

 

venerdì 1 agosto 2025

CONTI CON MARX (E NON SOLO)

 

Diciamo che ho tratto occasione  della lettura di Costanzo Preve che come ho piu’ volte detto e’ un filosofo che trovo particolarmente stimolante, probabilmente per il fatto di essere stato un pensatore che era in origine un marxista e poi avvicinatosi sempre piu’ alle mie idee che sono ancestralmente quanto di piu’ distante dal comunismo, socialismo, financo socialdemocrazia.  Diciamo che ritrovo in Preve e nella sua filosofia quello che in politica  ho ritrovato in Marco Rizzo. C’e’ da dire che parimenti sono anche sempre stato ferocemente anti capitalista, anti liberalista e visceralmente ostile a tutto cio’ che attiene a quello che ho sempre definito con il massimo disprezzo “spirito bottegaio”  riconoscendogli una matrice prettamente anglosassone  con continuita’ statunitense. Nel precedente articolo su questo stesso blog ho trattato dell’occasione che ho tratto dalla lettura di Preve per fare qualche conticino con la filosofia di Hegel che parimenti al cominismo, parimenti al liberalismo, ho sempre disprezzato al massimo grado, ora e’ il caso di profittare sempre del saggio di Preve sulla filosofia del presente per fare qualche altro conticino con Marx. Il dato di partenza e’ sempre  quello di cosa si debba intendere per costituzione categoriale  della modernita’ storica, ovvero quel periodo che si diparte (questa e’ un po’ una mia costruzione) dalla fine del medioevo sancita dalla grande pandemia del 1347/48 e la nascita  non fulminea ma sistematica dello spirito mercantile e bottegaio di matrice anglosassone  ratificatasi con la Rivoluzione industriale  e la setta della Massoneria. Questo spirito che Preve chiama modello  utilitaristico con il suo perseguire il primato dell'economia sul sociale  ha finito per dominare e soppiantare gli altri due modelli che avevano cercato di contrappoglirsi  quello tradizionalista e quello contrattualistica  che nel periodo sopracitato avevano anch'essi cercato di incanalare l'era moderna. Stravittoria di tale modello, ovvero economia, mercato, commercio, quindi denaro  e suo scambio (valore di scambio e nessuno scambio di valori )  come rappresentazione integrale della legittimazione e della riproduzione sociale, che io ho indicato nel suo momento saliente  in un fenomeno storico sociale  come la Rivoluzione Industriale ed in una setta come la Massoneria, entrambi fenomeni di spirito anglosassone  e Preve
coerentemente al suo essere filosofo,  adduce, non a caso,  ad una idea di un singolo filosofo, nella fattispecie David Hume che con le sue  critiche alla teoria della casualita' e l'esaltazione del soggetto come flusso di impressioni non piu'  correlate alla religiosita',  
giustappunto nel periodo immediiatamente precedente ai fatti sociali sopracitati, aveva fatto pulizia del tentativo del modello contrattualistita di Locke e Rosseau che a loro volta avevano fatto precipitare il modello tradizionalista. Passando da questi presupposti sulla costituzione  categoriale della modernita’ storica  che ha visto il primato, tuttoria indiscusso  del modello utilitaristico, ovvero dello spirito bottegaio di stampo anglosassone e prosecuzione statunitense, come correttamente analizzato da Carl Schmitt sia nel suo libello Terra Mare che sul piu’ articolato saggio “Il nomos della terra” ad affrontare una prima precisazione con Hegel  ed ora con  Marx tanto per analizzare le due voci che tradizionalmente passano per antitetiche a tale modello, c’è da osservare come in primo piano e per entrambi balzi alla ribalta la parola “ideale”.  Abbiamo visto che in Hegel tale termine sia in sostanza il vero referente del suo celebre aforisma “cio’ che e’ razionale e’ reale” e viceversa : ideale qui sta per quel che deve essere fatto  e sostituisce il significato, anzi direi soprattutto il significante, di reale, si da imprimere una sorta di impulso alla fattualita’ opportuna  al termine di razionale;  diciamo per dirla un po’ alla De Saussure, ma anche un po’ alla Lacan, che si presenta un po’ piu’ nei  termini di una metonimia ovvero di spostamento di significante, invece che in quelli di condensazione della metafora. Passando a Marx ci troviamo nuovamente al cospetto con il termine di ideale e questa volta per contrapporsi a quello super abusato di materiale,  o meglio passiamo all’-ismo  per intenderci piu’
STORICO,DIALETTICO,SCIENTIFICO
chiaramente , essendo il materialismo la caratteristica piu’ ricorrente con il quale la filosofia di Marx e’ stata caratterizzata  attribuendogli gli ulteriori due attributi di dialettico e di scientifico  e magari aggiungendovi anche il terzo di storico ; materialismo scientifico storico e dialettico
“ ne volete di piu’ ?  “basta la parola” direbbe  il vecchio Tino Scotti nel suo carosello sui confetti Falqui anche se qui le parole per definire questo benedetto materialismo sono addirittura tre. Che Marx sia sopratutto un materialista, sia pure con le oramai assodate tre attribuzioni, si da' per scontato praticamente dappertutto sia ovviamente a sinistra, che anche a destra, ma ecco che Preve costituisce una robusta eccezione:  ma vediamo cosa dice in proposito lo stesso Preve nel suo oramai ben battuto (da me ) saggio La Filosofia del presente : “Marx  nella crtica al presunto idealismo di Hegel, sostiene  che questi si e’ di fatto inventato l’universale ovvero “il frutto”  dimenticando che nella realta’ materiale esistono  solo pere, mele , etc. ma questa non e’ una critica materialistica , ma solo l’ennesima riproposizione della critica empirista, da Occam a Hume, contro il concetto di universalita’ in generale.”  Questa confusione  nel riproporre la vecchia critica  nominalistica all’universale, che ha origine nel famoso “rasoio” di Occam con 
il suo “entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem” che e’ il massimo dello spiritualismo, e propizia l’affermarsi del modello utilitarista su quello contrattuale di Hume,   accompagna, ironizza Preve, tutta la storia del marxismo come il buffone di corte accompagna  il suo sovrano ubriaco(una bella immagine che non ce l’ho fatta a non riportare).    Il punto e’ che proprio nel periodo di passaggio tra  il tradizionalismo e contrattualismo e ancor piu’ con l’affermarsi dell’utilitarismo, si decise di chiamare materia  il primato della struttura (le forze produttive, le classi, i rapporti sociali, etc.) sulla sovrastruttura ( le idee, le ideologie, le arti e anche la filosofia),  ma questo non e’ materialismo , e’ sempre  strutturalismo anche se diverso da quello di Levi Strauss  Qui ci vuole  l’Heidegger della Lettera sull’Umanesimo, per mettere le cose nel giusto verso “E’
necessario che ci si liberi delle ingenue rappresentazioni relative al materialismo e dalle critiche che dovrebbero colpirlo - l’essenza del materialismo  non sta nella affermazione che tutto e’ pura materia, ma piuttosto in una determinata metafisica secondo cui tutto l’essente  appare come  materiale del lavoro” Ma il lavoro non e’ la fonte dei valori d’uso, che e’ un qualcosa che appartiene alla natura, il lavoro  e’  solo la “fonte”  di un “valore di scambio “ solo nel
mondo alienato della produzione di merci, cioe’ nel mondo bottegaio del commercio e del mercato che ha nel nome di questo unico valore rimasto, abolito tutti quei valori che ancora nel mondo della tradizione si scambiavano e in quello del contrattualismo erano oggetto di trattativa. Pacifico dunque che la filosofia di Marx non ha niente di materialismo, figuriamoci quindi che fine fanno quei tre epiteti che gli hanno appiccicato addosso.  In buona sostanza la filosofia di Marx si esplica in una forma di idealismo naturalistico in quanto fondata  su  di una ipotesi metafisica  di tipo appunto idealistico e cioe’ sulla tesi di una alienazione storica della natura umana all’interno  della scissione in classi antagoniste, caratterizzate da differenziali di sapere e di potere, scissione  che trova nella produzione generalizzata di merci del capitalismo il suo momento culminante: quindi sempre e solo una filosofia legata a doppio filo a quello spirito bottegaio  che ha espresso il primato dell’economia e quindi il piu’ spocchio utilitarismo  della classe che si e’ giovata  derll’intero processo.  Se ne evince pertanto che il famoso materialismo dialettico storico e scientifico di Marx si riduce  ad una replica del piu’ rinomato degli idealisti ovvero Giorgio Hegel. Il cosidetto materialismo storico dialettico e pure scientifico (nessuno ha qualche altro epiteto da aggiungere?) e' una  chimera filosofica  che si basa su una nozione errata di "materia" , eh gia' perche' il vero fondamento  di tutta la teoria Marxiana e' sulla nozione di alienazione nel lavoro, che come abbiamo visto non e' un dato di natura , ma e' solo una fonte di un valore di scambio nel mondo alienato dell'economia ovvero della produzione e del mercato di merci. Sotto sotto agisce acriticamente, specie nei seguaci di Marx che ne hanno perpetuato l'errore, la ripresa inconsapevole del modello primitivo di unione tra macrocosmo e microcosmo, ovvero l'animismo delle origine e l'evoluzione del pensiero greco che aveva introdotto  i concetti di misura, equilibrio  e a armonia per un modello che pervenisse ad una  unita' ontologica delle categorie della natura e del sociale.   Qui le pagine di Preve si fanno ironiche, allusive e anche molto spassose nel descrivere l’impatto che simili “eresie” sulla filosofia del “maestro” possono provocare  sui  militanti del marxismo e del sinistrismo in genere :  “anatema, scomunica, follia, bestemmia borghese, frutto di congiura capitalistica pagata coi soldi della CIA, Marx e’ materialista, che di piu’ non si puo’, l’idealismo e’ la filosofia dei preti, dei capitalisti, dei padroni…” e aggiungeva, stante i tempi in cui  queste righe sono state scritte, primi anni del nuovo millennio “ ...del padre polacco e di Berlusconi “ - superfluo sottolineare  chi sarebbero oggi,  per i galoppini del PD o i residui del Movimento delle 5 stalle, o i patetici sindacalisti piegati al valore del ragionerucolo del capitalismo, i mandanti di tanta efferatezza ideologica : ovviamente  quella
sorta di per loro vampiro immortale che e' il neofascismo,  e la trionfante  Meloni  che in cotanto revisionismo si fa  influenzare  dal nuovo mostro e anatema del mondo moderno : il trionfalmente rieletto dopo 4 anni di faziosa e truffaldina congiura, mescolata con terrorismo sanitario di una farlocca epidemia,  il 47°Presidente degli Stati Uniti d'America  Donald Trump.  

 

 

 

 

IL PERCHE' CI SIAMO SALVATI

  Quando eravamo ai tempi più crudi della farsa pandemica, c'è stato in me un momento di grande sconforto, in particolare nel periodo de...